BONOMI, Gian Francesco
Nacque da Domenico a Bologna il 6 ag. 1626. Nella città natale, presso il collegio gesuitico di S. Luigi, compì i suoi primi studi letterari, trasferendosi poi a Parma dove completò la propria educazione dedicandosi alle dottrine giuridiche. Si addottorò poi a Bologna in utroque iure: ciògli valse la nomina a dottore del magistrato degli Anziani e dei tribuni della plebe.
In patria strinse vincoli di amicizia con Andrea Barbazza, che gli fu familiare e maestro nell'attività letteraria, anche se non v'è da dubitare, per esplicita attestazione del B., che questa dovette cominciare ad assorbirlo sin dagli anni trascorsi a Parma: lo si rileva dalla lettera dedicatoria dei Virgulti di Lauro indirizzata al duca di Parma Ranuccio II Farnese ("I miei studi legali e poetici ebbero i loro principi e progressi in codesti famosi licei di Parma, ove già i miei poveri antenati prestarono omaggio di servitù a' serenissimi eroi Odoardo il grande padre e Francesco Maria cardinale zio di Vostra Altezza").
In data imprecisabile il B. prese moglie (ma non si conosce di lei né il nome né il casato) e sembra che, per le precarie condizioni di salute della consorte, egli fosse spinto a rinunciare ai sollecitanti inviti che gli procurava la sua buona fama di letterato. Fra l'altro, fu chiamato a Vienna in qualità di poeta cesareo, ma neanche l'invito ufficiale della corte e le persuadenti esortazioni dell'amico Francesco Maria Fioravanti riuscirono a distoglierlo dal proposito di rimanere nella città natale.
Qui egli trascorse un'esistenza tranquilla tra i doveri connessi alle sue cariche pubbliche e gli svaghi letterari che riempirono la sua lunga vita. Fu ascritto a varie accademie (della Crusca, degli Indomiti, dei Filoponi, dei Filergiti, dei Concordi e dei Gelati col nome di Affaticato) e intrattenne relazioni epistolari con letterati e scrittori rappresentativi della sua epoca, fra i quali Angelico Aprosio. Morì il 19 sett. 1705 a Bologna.
La produzione letteraria del B. è significativa perché abbraccia, nella duplice fisionomia di scrittore in volgare e in latino, quasi tutti i generi più in voga dell'epoca, e, dislocata com'è lungo la fascia centrale del secolo XVII, costituisce uno specimen abbastanza caratteristico di ciò che rappresenta la cultura letteraria del tardo barocco.
La prima fase della produzione del B. è dominata dalla tradizione poetica che fa capo al Marino, se si pensa che a questa ascendenza si ricollegano direttamente le giovanili raccolte di rime dello scrittore bolognese (Poesie varie, Bologna 1655, e i citati Virgulti di Lauro, Bologna 1660).Ad altro genere letterario, che risale ad una fortunata attività di Pierio Valeriano innestandosi poi sul gusto assai vivo in tutto il Rinascimento per l'emblematica, si riconduce la terza opera a stampa del B.: Veneris speculatio emblematica,hierogliphica (Bononiae 1660), mentre una prima sottolineatura moralistica, sicuramente non incoerente rispetto a quel gusto ed anzi ad esso legata nella prospettiva di una simbolica trasportata al morale, si ha con il Chiron Achillis,seu Novarchus humanae vitae. Emblemata moralia, Bononiae 1661, che fu tradotto l'anno successivo in italiano e stampato sempre a Bologna. Nello stesso 1662 il B. mise insieme una raccolta di carmina (Variorum epigrammatum collectio, Bononiae 1662)e stampò una nuova operetta morale: Heraclitus sive morales fletus, Bononiae 1662, ove si realizza una perfetta corrispondenza con i temi della riflessione morale di tradizione gesuitica.
Nel 1663 fu pubblicata la prima edizione dell'opera più importante del B.: Epistolarum pluriumque Miscellanea (ristampata a Bologna tre anni più tardi), in cui il B. fece confluire non soltanto l'ampia corrispondenza che egli aveva tenuto con i più significativi personaggi della sua epoca, ma una serie di scritti minori che ebbero anche (o avranno per il successo dei Miscellanea)una diffusione autonoma, come il Saggio delle cure di Domiziano e la Monarchia Apollinis. Nel 1663 fudato inoltre alle stampe il Democritus,sive morales risus in quinque Aphorismorum Centurias editi, che è la continuazione, o controparte, retorica e morale dell'Heraclitus; nel 1666 ilB.pubblicò le Consonanze patetiche al P. Fulgenzio Armino di Avellino predicatore quaresimale, cui fece seguire una raccolta di rime e prose dal titolo inusitato Del parto dell'Orsa,idea in Embrione (Bologna 1667).
Al 1667 risale un discorso letto per la prima volta nell'accademia dei Gelati e poi stampato a Bologna nel 1681: Che ogni scrittore illustrar dee l'idioma nativo,e anche arricchirlo talora con alcune forme giudiciosamente portate dal latino, in cui il B. dà atto di un tradizionale procedimento retorico, ravvivato dalla tecnica dei predicatori e dalle esigenze della trattatistica morale. Poi si registra nell'abbondante produzione dello scrittore bolognese un periodo di stasi, interrotto nel 1680 dall'edizione di un'ode su un soggetto abbastanza attuale in clima barocco: Le due germane Dipintura e Poesia geniali alli due fratelli Conti Pietro e Nicolò Fava, e l'anno successivo dalla pubblicazione di un discorso in chiave satirica, anche questo perfettamente intonato allo stile delle tornate accademiche del tempo, intitolato Le lodi dell'ubriachezza. Ma nello stesso anno il B. ritornò al livello della sua produzione più impegnata con due trattati morali, intitolati rispettivamente Il Seneca e Il patrocinio di Epicuro, editi entrambi a Bologna nel 1681. Infine, nel 1688, fu pubblicata, sempre a Bologna, La Manna Eucaristica ossequiata in pochi versi a tempo che la parrocchiale dei SS. Fabiano e Sebastiano celebrava la generale processione del Corpo di Cristo. Completano il quadro della sua produzione edita alcune poesie che figurano in raccolte collettive, di cui dà diligente notizia il Fantuzzi.
Se si tiene conto di questa imponente attività, si resta quasi stupefatti che la notorietà dello scrittore sia rimasta sempre limitata entro un orizzonte di cultura provinciale. In effetti abbastanza limitata fu la sua stessa cultura anche nel campo di quella produzione lirica in cui l'aggancio con la poetica del concettismo avrebbe potuto garantire al suo contributo una maggiore incidenza. Tuttavia l'importanza dello scrittore va giudicata in ordine a quella forte pregnanza simbolica, cui tendono anche le manifestazioni marginali della sua attività (continuazione della lirica latina, prosa moraleggiante, potenziamento dell'eloquenza italiana con forti innesti degli scrittori latini meno consueti). Non a caso le opere più tarde del B. sono quelle a carattere più chiaramente devoto e oratorio: ciò che può solo in parte spiegarsi con una rivivescenza dei fervori religiosi, e deve invece trovare una più ampia giustificazione supponendo una partecipazione dello scrittore bolognese ad una ricerca, soprattutto retorica, in cui si travagliò tutta la sua epoca.
Fonti e Bibl.: A. Aprosio, Bibliotheca Aprosiana, Bologna 1673, pp. 72, 128, 145, 328, 330; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1681; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi..., II, Bologna 1782, pp. 305 ss.; C. Jannaco, Il Seicento, Milano 1969, ad Indicem.