BARBERINI, Gian Battista
Nacque a Laino in Val d'Intelvi nel 1625 circa (Hoffman). La sua opera è di altissimo artigianato, come per molti artisti del lago e delle valli del Comasco, di tradizione familiare o locale,. e sovente, affinando mezzi e sensibilità, divien vera e originale arte.
Dubbia è l'attribuzione al B. della decorazione dell'altar maggiore della parrocchiale di S. Michele a Biumo Inferiore (Varese, 1645), anche se proprio lì esistono tuttora sei statuine in legno d'ulivo, opera di Ercole Ferrata, lo scultore che avrebbe maggiormente influenzato il Barberini. Lasciando sospesa questa attribuzione, le opere più antiche del B. sarebbero, per ora, le Sibille e i Profeti a tutto tondo sui pennacchi degli archi della collegiata di Bellinzona (1661, Hoffman), e subito dopo gli stucchi della parrocchiale di S. Lorenzo a Laino, ove dal 1664 al 1667 nascono le esuberanti e mosse decorazioni delle volte e i sei riquadri con le Storie di S. Lorenzo; i Santi a tutto tondo contro le lesene della navata, Sant'Andrea, San Rocco, San Sebastiano,ecc., sarebbero molto più tardi, addirittura del 1689.Sempre a Laino, nell'oratorio di S. Vittore, sono sue la statua del santo e le decorazioni a stucco; né è del tutto improbabile che questo lavoro preceda quello della parrocchiale, per la quale il B. fungeva anche da sovrintendente ai lavori, consigliere ed economo. Il Conti gli attribuisce in Val d'Intelvi statue nell'oratorio di S. Giulia di Claino e in quello della Madonna di Garello.
Del 1666 sono gli altorilievi con episodi della Passione nella cappella omonima della chiesa di S. Agostino a Cremona, una delle opere più insigni del B., e, secondo il Panni, anche le dodici statue di Patriarchi e di Profeti nella navata centrale. Tra il 1667 e il 1669 lo troviamo a Vienna, per le decorazioni della chiesa dei serviti di Rossau, decorazioni che completerà in un secondo tempo tra il 1680 e il 1682. Nel 1672 il B. scolpisce a Genova le otto statue di Benefattori,mosse teatralmente entro nicchie e di viva espressività, per lo scalone d'onore dell'Albergo dei poveri, mentre nel 1674 orna di stucchi molto ampollosi la facciata interna di palazzo Valenti in Mantova e forse pone mano anche alla fronte verso strada, completando l'opera con terrecotte e con un Giove fulminatore a tutto tondo. L'anno dopo, 1675, inizia gli ornati e le cornici degli organi e dell'altar maggiore di S. Petronio di Bologna; nel 1678 è a Mantova per l'altar maggiore della chiesa gesuitica della SS. Trinità e vi ritorna nel 1683,dopo una seconda parentesi viennese, per la complessa e impegnativa decorazione di palazzo Sordi (ingresso, corte, scalone e grande sala), con opere ad altorilievo molto felici e altre a tutto tondo (Madonna col Bambino, Ratto di Proserpina, Minerva,ecc.) in cui sono però evidenti interventi di aiuti.
Nel 1687 il B. torna nel Canton Ticino per gli stucchì di Castel San Pietro e per i putti e le decorazioni delle prime due cappelle della Collegiata di Bellinzona dove già aveva lavorato nel 1661. Del 1687 sarebbe anche l'elegante e fine ornamentazione della volta della chiesa di S. Cecilia in Como, che effettivamente preannuncia il Settecento ed è tra le sue creazioni più alte. Sempre a Como, il Giovio gli attribuisce i Profeti nella chiesa dell'Anunciata e il Conti quelli della chiesa di S. Pietro. Il Monti, poi, afferma esplicitamente che il disegno dell'ancona lignea dell'altar maggiore della parrocchiale di Roveruia, eseguita nel 1692,èopera sua, mentre nell'eccellente guida di Vicenza del 1953 gli si attribuiscono dubitativamente i riquadri nella facciata del palazzo Trissino Baston. In base a documenti reperiti dallo Hoffman, il B. muore tra la fine del 1691 e il principio del 1692, non nel 1666 come si credeva, male interpretando un'iscrizione nella chiesa dì S. Agostino a Cremona.
La storia dei plasticatori e stuccatori italiani che, dalla seconda metà del Seicento e per tutto il Settecento, abbellirono delle loro decorazioni fastose chiese e palazzi e ville di mezza Europa è ancora tutta da fare. E di quest'arte che, come la pittura a buon fresco, esige rapidità di concezione e di esecuzione, prontezza d'occhio e di mano e sapienza di stecca, il B. è uno dei padri e precursori. Le sue opere e quelle dei suoi adepti - i maestri avevano numerosi apprendisti e aiuti - sono certamente assai più numerose di quanto per ora non appaia. Per la pura decorazione, la sua arte parte da motivi rinascimentali di grottesche, girali, festoni vegetali e geometrici, che egli porta a raff-????mate, ma sempre corpose realizzazioni, e che saranno ripresi per oltre un secolo da una folla di imitatori e di seguaci. Per l'altorilievo, egli si ispira soprattutto ai frescanti lombardi dell'ultimo Rinascimento, da Gaudenzio Ferrari sino al Morazzone e al Fiammenghino, appoggiandosi, tra teatralità di pose e svolazzar di panni e gesti, alla loro vena più facile e popolare. Per le statue a tutto tondo, lo Hoffffian vede soprattutto l'influenza di Ercole Ferrara, il notevole scultore, intelvese come il B. e a lui contemporaneo, che svolse però quasi tutta la sua attività a Roma; ma è influenza minore a paragone di quella dei frescanti surricordati. Si deve comunque riconoscere al B. la vivacità e sicurezza della sua plastica, l'equilibrio delle sue composizioni, soprattutto nei bassorilievi, e la forza espressiva spesso felice, intensa e originale dei volti e delle figure.
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