DORE, Giampietro
Nacque a Orune (Nuoro) il 4 maggio 1899. La famiglia si trasferì a Roma alla fine del 1913, quando il padre, Francesco, cattolico democratico, venne eletto deputato per la XXIV legislatura nelle liste sostenute dai radicali. Nella capitale il D. si iscrisse all'università, prima frequentando i corsi di matematica., poi la facoltà di lettere e filosofia, ma senza completare gli studi.
Si iscrisse all'Azione cattolica italiana, ove continuò a militare fino alla morte, entrando subito in contatto con gli ambienti della Federazione degli universitari cattolici italiani (FUCI); vi ebbe un importante incarico alla fine del conflitto mondiale, quando l'organizzazione decise di potenziare la propria stampa facendo divenire organo nazionale Gioventù nova, fino ad allora espressione del solo circolo romano della FUCI, per assumere l'eredità della rivista Studium. IlD., già consigliere del circolo romano, ne venne nominato direttore, mantenendo tale incarico fino al 1924; nel 1920 il periodico riprese il vecchio nome di Studium, assumendo sempre più - sotto la guida del D. - il ruolo di punto di riferimento culturale.
Nel congresso della FUCI, tenuto a Ravenna nell'agosto 1921, fu il D. a tenere la prima relazione, preparata in collaborazione con Ludovico Montini, sul tema della formazione spirituale del giovane universitario: egli metteva l'accento sulla necessità per i giovani cattolici di affrontare senza paure e con passione i problemi della cultura moderna. Nel consiglio direttivo di Firenze del settembre 1921 annunciò le sue dimissioni da direttore di Studium a causa dei suoi continui e crescenti impegni personali. La presidenza della FUCI però, riconoscendo in lui un direttore non facilmente sostituibile, lo convinse a restare e a gestire una direzione collegiale, così che tutto il peso dell'organizzazione della rivista non cadesse sulle sue spalle. Gli furono affiancati G. Grifone e F.M. Berini, mentre la segreteria di redazione venne affidata a L. Pinto e G. Spolazzi. E così durò fino al 1924, anno in cui il D. lasciò definitivamente la direzione di Studium.Gli interessi e le adesioni del D., durante i primi anni del dopoguerra, andarono non solo in direzione della FUCI, ma anche in quella del Partito popolare di Sturzo, nel quale, pur non ricoprendo mai ruoli di primo piano, condusse con discrezione la campagna antifascista.
Sturzo ebbe subito modo di apprezzarlo per le sue alte doti intellettuali e lo fece lavorare nella casa editrice del partito (SELI) e al Bollettino bibliografico, "iniziativa alle quali teneva particolarmente al fine di mantenere vive le ispirazioni ideali, culturali e politiche del partito" (Malgeri, p. 326). L'incondizionata ammirazione del D. andava a F. L. Ferrari, intransigente antifascista, del quale curerà nel secondo dopoguerra gli articoli scritti sul Domani d'Italia.
A causa della sua militanza nel Partito popolare e della posizione di rilievo tenuta nella FUCI, il D. fu costantemente tenuto sotto controllo dal regime anche quando, negli anni Trenta, si era in pratica ritirato a vita privata pur rimanendo, insieme con altri ex esponenti popolari (I. Giordani, G. B. Migliori, G. Spataro, V. Del Giudice, F. Degni, ecc.), un interlocutore discreto e ricercato di G. B. Montini e I. Righetti rispettivamente, in quegli anni, assistente ecclesiastico e presidente della FUCI.
Attraverso il suo intenso impegno nella FUCI e nell'Azione cattolica il D. contribuì all'educazione culturale dei giovani universitari cattolici, curando tra l'altro nel 1928 la prima traduzione italiana di Primauté du spirituel di J. Maritain (Milano).
Un certo rumore provocò una sua relazione tenuta al congresso fucino di Cagliari nel 1932 sulla dottrina cattolica del concetto di proprietà: la prefettura di Cagliari segnalava a Roma "le riserve del Dr. Dore che ha svolto la prima relazione, in contrapposizione alla pratica attuale relativa alla proprietà" (cfr. Arch. centrale dello Stato, Ministero degli Interni ...) Non gli fu possibile durante il Ventennio lavorare come giornalista in qualche testata a causa del suo passato (molto breve fu infatti la sua collaborazione al quotidiano cattolico milanese L'Italia, che fu costretto ad allontanarlo perché non gradito al regime).
Alla fine del secondo conflitto mondiale, "allorché fu ripristinata la democrazia, non posò ad antifascista della prima ora, non si dette a brigare per avere posti di prima fila nel partito" (De Rosa, p. 846). Difatti il D. non svolse nella Democrazia cristiana nessun ruolo di rilievo e rimase sempre in una posizione defilata, pur conservando una salda amicizia con molti esponenti del partito e soprattutto con A. Piccioni. Soltanto nel 1952 accettò di presentarsi candidato per il Consiglio provinciale di Roma, dove riuscì eletto. Non così avvenne nelle elezioni politiche del 1958, allorquando si presentò candidato al Senato.
La sua era una vocazione, più che politica, essenzialmente giornalistica e soprattutto editoriale. Tenne infatti, con molto successo, la direzione e poi la presidenza della casa editrice Studium dal 1946 al 1971. Impostò e promosse nuove collane ("Universale", "Verba Seniorum", "Testi e documenti", "Cultura"), in cui volle fare largo ai giovani scrittori cattolici, soprattutto nel campo filosofico, letterario, storico e sociale. Egli stesso curò nel 1946 la traduzione dell'Humanisme intégral diMaritain che tantissima influenza ebbe sui cattolici negli anni Cinquanta. Per il prestigio personale che seppe conquistarsi nel campo dell'editoria cattolica, guidò negli anni Sessanta, in qualità di presidente, l'Unione editori cattolici italiani. Alla fine degli anni Cinquanta gli venne affidata da E. Mattei la rappresentanza (insieme con l'avvocato G. Delitala) della Società editoriale Segisa che controllava il quotidiano Il Giorno, per gestire la delicata fase del passaggio dal fondatore e direttore G. Baldacci, dimissionario. perché in rotta con Mattei, al nuovo direttore I. Pietra (ottobre 1959).
Dalla Segisa passò a ricoprire la carica di presidente del consiglio di amministrazone del quotidiano bolognese L'Avvenire d'Italia, di cui divenne direttore nel 1967 succedendo al dimissionario R. La Valle. Erano i difficili anni immediatamente seguenti alla chiusura del concilio vaticano II, in cui anche l'editoria cattolica subiva i contraccolpi, soprattutto economici e politici, delle opposte tendenze presenti e operanti nel mondo cattolico italiano. La sua infatti fu una direzione di mera transizione, in quanto i vertici vaticani avevano deciso la fusione dell'Avvenire d'Italia di Bologna con L'Italia di Milano e il trasferimento dell'unica nuova testata nel capoluogo lombardo. Alla fine del 1968 il nuovo quotidiano Avvenire era già pronto. Il D. entrò a far parte insieme con altri esponenti di punta del mondo culturale e imprenditoriale cattolico (V. Bachelet, Bassetti ecc.) del consiglio di amministrazione. Altre cariche di rilievo ricoperte dal D. in questi anni furono quelle di membro del consiglio di amministrazione della RAI e della commissione di vigilanza dell'ente radiofonico.
Morì a Roma il 7 ott. 1974.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero degli Interni, Dir. generale di Pubblica Sicurezza, cat. G 1, b. 151: FUCI; G. Marcucci Fanello, Storia della FUCI, Roma 1971, ad Indicem; P. Murialdi, La stampa ital. del dopoguerra (1943-1972), Bari 1973, pp. 358, 486 ss.; G. B. Scaglia, Cinquant'anni delle edizioni Studium, in Studium, LXXIII (1977), pp. 569-578; R. Moro, La formazione della classe dirigente cattolica (1929-1937), Bologna 1979, ad Indicem; G. De Rosa, Ricordo di G. D., in Studium, LXXX (1984), pp. 845 ss.; F. Malgeri, D. G., in Diz. stor. del movim. cattolico in Italia, III, 1, Le figure rappresentative, Casale Monferrato 1984, pp. 328 ss.; A. Majo, La stampa cattolica italiana. Lineamenti e orientamenti bibliografici, Milano 1984, ad Indicem; S. Tramontin, La Democrazia cristiana dalla Resistenza alla Repubblica (1943-1948), in Storia della Democrazia cristiana, I, a cura di F. Malgeri, Roma 1987, p. 48; G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Roma-Bari 1988, ad Indicem.