BOGNETTI, Giampiero
Nacque a Milano il 15 giugno 1902 da Giovanni e Margherita Frova. Qui svolse gli studi ginnasiali e liceali nell'istituto diretto dal padre. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Pavia, si laureò sotto la guida del Solmi, il 1º luglio 1925 con una tesi Sulle origini dei comuni rurali del Medioevo (Pavia 1926), che gli aprì le porte della carriera universitaria: con l'anno accademico 1927-28 veniva nominato professore incaricato di storia del diritto italiano presso l'università di Urbino.
L'insegnamento del Solmi determinò nel B. una particolare inclinazione per la storia delle istituzioni pubbliche, sebbene in questo primo lavoro, come nei seguenti, non trovino posto i presupposti metodologici dell'indirizzo economico-giuridico. La sua analisi rimane ancorata sul terreno concreto della ricerca, con un'apertura di visuale che lo avvicina all'impostazione critica del Besta. E dal Besta certamente il B. mutuò la tendenza a orientare la ricerca socio-giuridica in campo pubblicistico verso un punto di riferimento centrale, la formazione cioè del potere statuale e dei suoi istituti. A quest'ambito di problemi può essere ricondotto lo studio Per la storia dello Stato visconteo, in Arch. stor. lombardo, s. 6, LIV (1927), dedicato alla formazione interna, strutturale di uno Stato signorile come il visconteo, a cui il B. lavorò tra il 1924 e il 1927, e che rimase tuttavia una parentesi nella sua attività di studioso. Su questo solido terreno di puntualizzazione storica avrebbero dato nuovi frutti anche le suggestioni della vecchia polemica tra "romanesimo" e "germanesimo", di cui il B. aveva raccolto ancora gli echi dal vivo insegnamento del Tamassia. Doveva anzi essere stata quella la traccia attraverso cui egli avrebbe sempre più legato alla ricerca storico-giuridica la sua particolare sensibilità ai fenomeni culturali e soprattutto religiosi, sensibilità che il B. acquisiva, prima ancora che da una approfondita conoscenza dell'idealismo crociano, dalla sua educazione cattolica.
Nel lavoro Sulle origini del comune rurale aveva tra l'altro ripreso il filo di alcune obiezioni da lui svolte in una recensione al "fondamentale libro dello Schneider" (Die Entstehung von Burg und Landgemeinde in Italien, Berlin 1924). Partendo dallo studio dei compascui appenninici ricordati dalla Tavola della Polcevera e dei fundi ricordati nella Tavola Velleiate, oltre ad altri documenti epigrafici della Lombardia settentrionale raffrontati alle situazioni, sempre della Lombardia settentrionale o della zona collinare tra Varese e Lecco, il B. aveva tratto la persuasione che effettivamente si potesse parlare, contro le ipotesi dello studioso tedesco, di una sostanziale continuità di organizzazione fra mondo antico e mondo medievale, anche se nella vita dei diritti di godimento dei beni comunali si fosse avuta una notevole modificazione per il feudalizzarsi - attraverso il "dominatus loci" - dei diritti di giurisdizione e di fiscalità.
Il B. doveva tornare un decennio più tardi sull'argomento. L'insegnamento pisano - nel 1930, dopo aver conseguito l'ordinariato, era stato chiamato dalla università di Pisa a coprire la cattedra di storia del diritto italiano - orientò nel frattempo i suoi interessi verso l'ambiente marittimo medievale.
Prendendo spunto da un lavoro del Lattes, venne indagando il valore del termine "securitas", e da questa esile traccia nacque un grosso lavoro di ricerca negli archivi pisani e genovesi, fino ad allargare la visuale a tutto il sistema di relazioni commerciali nel Mediterraneo orientale ed a prendere in considerazione le forme giuridiche e politiche di guarentigie allo straniero con un lavoro intitolato Note per la storia del passaporto e del salvacondotto, Pavia 1933.
Questa ricerca, che pare isolata, si innesta, invece, su altre indagini, come la relazione sulla situazione dei cartolari notarili genovesi (Per l'edizione dei notai liguri del sec. XII, Torino 1938) - nel 1934 il B. era stato chiamato dall'università di Genova a coprire la cattedra di storia del diritto italiano - che spinsero il B. a guardare da un'angolatura visuale più ampia e più ricca di sfumature il problema della "continuità" tra mondo romano e altomedievale, su cui aveva tanto insistito la storiografia giuridica anteriore.
Quando dunque, intorno al 1938, tornò a occuparsi principalmente di storia longobarda, e fu questo poi il tema dominante dei suoi studi e del suo insegnamento milanese - dal 1940 fu titolare della cattedra di diritto comune e dal 1945, succedendo al Besta, di quella di storia del diritto italiano (nel 1945 per un breve periodo coprì anche la carica di prorettore dell'università statale), il B. aveva modificato alquanto le proprie originarie conclusioni, accedendo, anche se non completamente, alle tesi dello Schneider, ma dando nel contempo maggior risalto alle modificazioni strutturali apportate dai Longobardi.
Cosi, ad esempio, alla concezione dell'arimannia come colonia militare su terra fiscale, istituzione parallela alle colonie militari bizantine sui fondi di confine, il B. veniva con chiarezza sostituendo l'identificazione dell'arimannia con la "fara territorializzata" (Arimannia nella città di Milano, in Rend. dell'Ist. lomb., Accademia di scienze e lettere, LXXII [1938-39], 2, pp. 173-220). Di qui la ricerca doveva poi allargarsi anche alla storia della proprietà fondiaria specie in relazione alla condizione giuridica e sociale dei coltivatori romani al tempo dell'invasione longobarda, che lo portò al superamento delle varie categorie di servi, coloni e liberi piccoli coltivatori diretti e alla formulazione di un'unica categoria di "tributarii" (La proprietà della terra nel passaggio dal mondo antico al Medioevo occidentale, in Atti del congresso internazionale di diritto agrario [Firenze 22-24 ottobre 19551, Milano 1958, pp. 3-65).
Nell'ambito delle sue ricerche longobardistiche fin dal 1939 il B., con un saggio su Le origini della consacrazione del Vescovo di Pavia..., in Atti e mem. del IV Congresso storico lombardo (Pavia 1939), Milano 1940, pp. 91-97, venne affrontando un tema che doveva essere foriero di notevoli sviluppi critici nelle sue posteriori ricerche storiografiche sull'alto Medioevo, quello della vita religiosa longobarda, investendo di qui anche l'aspetto politico, e non solo quello delle relazioni, come si era sempre studiato, fra Stato e Chiesa, ma quello delle più intime correnti interne della vita civile longobarda.
L'argomento si ripropose al B. in quello che è il suo maggior lavoro storiografico, lo studio su S. Maria foris portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi (in S. Maria di Castelseprio, a cura della Fondazione Treccani degli Alfieri per la storia di Milano, Milano 1948, pp. 11-511).
In esso il B., attraverso l'impiego di un ricchissimo materiale documentario e un vasto bagaglio di strumenti ermeneutici, che vanno dall'archeologia medievale alla storia artistica, all'epigrafia, alle tradizioni popolari, alla toponomastica, alla glottologia, alla storia giuridica, riusciva a tessere un affresco suggestivo, pieno di notizie erudite e di spunti critici, della civiltà longobarda.
In Castelseprio trovava inoltre ulteriore puntualizzazione il problema, già affacciato nel lavoro del 1938, della fara longobarda come primo gruppo di insediamento longobardo, a cui si accompagnava l'idea di una diversa colonia arimannica, più strettamente legata all'azione dei re. Per questa via si delineava un quadro delle istituzioni politiche e militari longobarde, che permetteva di combinare insieme l'azione politica della monarchia e la formazione di una società prefeudale.
Questo tema ebbe numerosi sviluppi analitici ulteriori specie nei contributi del B. alla Storia di Milano della Fondazione Treccani e nella sua relazione alla VII settimana di studio [7-13 aprile 1959] del Centro italiano di studi sull'alto Medioevo di Spoleto (La rinascita cattolica dell'Occidente di fronte all'arianesimo e allo scisma, Spoleto 1960, pp. 15-41). Del Centro il B. era del resto uno dei maggiori e più attivi esponenti. Fu inoltre dal 1952 presidente della Deputazione di storia patria per la Lombardia, membro effettivo dell'Istituto lombardo di scienze lettere e arti e socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, nonché socio dell'Institut de France (Academie des Inscriptions et Belles Lettres) e dell'Accademia di Monaco di Baviera.
Nel 1955 era stato chiamato a dirigere l'Istituto per la storia dello Stato e della Civiltà veneziana della Fondazione G. Cini, alla cui organizzazione si dedicò assiduamente, traendone lo stimolo per compiere alcune ricerche di storia veneta.
Il B. morì a Milano il 22 febbr. 1963 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria foris portas di Castelseprio.
Bibl.: C. G. Mor, Ricordo di G. P. B., in XI settimana di studi di Spoleto, Spoleto 1963, pp. 67-73; F. Calasso, G. P. B. (necrologio), in Annali di storia del diritto, VII (1963), pp. 351-54; G. Vismara-C. Magni-E. Arslan-M. Marcazzan, G. P. B., in Rend. dell'Ist. Lombardo, XCVII (1963), pp. 76-125; C. G. Mor, G. P. B., storico milanese, in Arch. stor. lomb., XC (1963), pp. 9-15; G. Tabacco, I liberi del re nell'Italia carolingia e post carolingia, Spoleto 1966, pp. 24-36; G. Vismara, G. P. B., storico dei Longobardi, introd. a G. P. Bognetti, L'età longobarda, I, Milano 1966, pp. V-XIX (con bibl. completa delle opere del B.); F. Calasso, G. P. B., in Storicità del diritto, Varese 1966, pp. 69-90.