GIAMBERTI, Marco, detto Marco del Buono
Nacque a Firenze nel 1403 come attestano le dichiarazioni catastali del padre Buono di Marco, cardatore di lana, nato intorno al 1357; la madre Margherita era nata nel 1369.
Il non meglio noto Giamberto da cui il G. trasse il proprio cognome dev'essere stato di grande importanza per lui poiché egli diede questo nome anche al figlio primogenito. Dei figli del G., Giamberto svolse l'attività di "choregiaio"; il secondogenito, Antonio, fu pittore; e il più giovane Buono, nato nel 1438, legnaiolo.
Sono numerosi i documenti relativi alla famiglia e alla sua vita. Il G. e la moglie Masa, di due anni più giovane, vivevano insieme con i genitori di lui. Nel 1427 la famiglia del G. abitava in via della Ghora (ora via Montebello), nel "popolo" di S. Lucia d'Ognissanti; nel 1431 risiedeva in via della Scala, nel gonfalone del Liocorno, quartiere di S. Maria Novella, in una casa in cui il G. viveva ancora nel 1480; il figlio maggiore, Giamberto, viveva in una seconda casa, contigua alla prima, già dal 1470. A quell'epoca tutti e tre i figli del G. erano sposati.
Difficile da interpretare è invece l'attività professionale del Giamberti. Non si sa dove ricevette la sua formazione di pittore; né si conoscono dipinti o commissioni affidati espressamente a lui, sebbene nel 1424 risulti essere membro della Compagnia di S. Luca; il 29 luglio 1426 fu immatricolato nell'arte dei medici e speziali. Ebbe vari soci in momenti diversi della sua attività. Nel 1433 dovette lavorare con Giovanni di ser Giovanni, lo Scheggia; ma non si conoscono né la durata né l'esatta natura della loro collaborazione.
La società più duratura fu quella con Apollonio di Giovanni, documentata dal libro di bottega dal 1446. Essa era ancora attiva nel 1458, come confermato dal fatto che Bernardo di Stoldo Rinieri, per il quale Apollonio eseguì molti lavori, il 22 dicembre di quell'anno intestava alcuni pagamenti al G., in quanto socio. La società tra i due non è menzionata nel testamento di Apollonio del 27 ag. 1465, per cui si può presumere avesse cessato di esistere. D'altro lato Apollonio lasciava la sua bottega e quanto in essa contenuto al figlio del G., Antonio, per cui si può concludere che i rapporti personali e professionali tra Apollonio e il G. furono e rimasero molto stretti.
Solo pochi giorni dovette durare, invece, la società tra il G. e Bernardo di Stefano Rosselli, iniziata il 15 giugno 1475 (Bernacchioni).
Una prima ricostruzione dell'attività del G. e di Apollonio di Giovanni si deve alla pubblicazione da parte di Schubring nel 1915 della copia seicentesca del libro di bottega appartenuto ai due pittori, con l'elenco dei cassoni loro commissionati. Nel 1949 Stechow individuò in un pannello di cassone, L'invasione della Grecia da parte di Serse, dell'Allen Memorial Art Museum di Oberlin, Ohio, uno di quelli elencati nel libro: si tratta del primo riferimento concreto all'attività della bottega. L'opera fu attribuita a entrambi i pittori senza che ci fosse la possibilità di distinguerne la mano. Da allora in poi le tavole precedentemente ascritte al Maestro del Virgilio, al Maestro dei Cassoni Jarves, al Maestro del Torneo di S. Croce, al Maestro di Didone e al Compagno di Pesellino furono attribuite al G. e ad Apollonio di Giovanni insieme. Nel 1955, tuttavia, Gombrich sulla base di un epigramma scritto da Ugolino di Verino in onore di Apollonio, identificò quest'ultimo con il pittore dei pannelli raffiguranti Scene dell'Eneide della Yale University Art Gallery. Questa identificazione relegò il G. ancora una volta nel limbo, perché non chiariva il suo ruolo nella bottega né identificava il suo stile. Le società tra artisti infatti non erano rette da regole comuni universalmente accettate e i soci non lavoravano necessariamente alle stesse opere. Inoltre, non conoscendo l'originale libro di bottega, ma solo la copia seicentesca, non si sa quali annotazioni siano state omesse dal copista in quanto non pertinenti ai propri interessi. Apollonio adesso è conosciuto per avere dipinto un vasto assortimento di arredi a uso domestico: cassoni con o senza spalliere e soffitti, nonché manoscritti e immagini sacre legate alla devozione privata; non sussistono pertanto motivi per ritenere che il G. si limitasse a dipingere i soli cassoni.
Ben documentate sono invece le botteghe del Giamberti. Nel 1427 egli ne prese in affitto una da Ciullo Buondelmonti, che manteneva ancora nel 1431, in borgo Ss. Apostoli, gonfalone della Vipera, dove il Buondelmonti aveva varie case. Nel 1433 aveva in borgo Ss. Apostoli una bottega che affittava da mona Lisa, vedova di Soleto Baldovinetti. Nel 1442 dichiarava di essere un pittore del gonfalone del Liocorno, nel quartiere di S. Maria Novella, riferendosi evidentemente alla sua residenza in via della Scala. Nel 1458 risulta che avesse tre botteghe: una in affitto da Cristofano Baldovinetti che sembra essere quella originale in borgo Ss. Apostoli; un'altra con Apollonio di Giovanni nel gonfalone del Drago di S. Spirito; e una terza in affitto da Silvestro d'Agostino, tintore, nel gonfalone della Vipera. Nel 1470, eliminate le altre, aveva solo quest'ultima bottega. Nel 1480 dichiarava al Catasto di aver cessato ogni attività.
Il G. è documentato per l'ultima volta il 5 maggio 1481, quando fu testimone a un accordo per un pagamento a Sandro Botticelli, che viveva non lontano da lui in via della Porcellana. Non si conosce la data della sua morte.
Nelle dichiarazioni catastali del G. il figlio Antonio è documentato dall'età di due mesi, nel 1433, fino a tutto il 1470 (Callmann, 1974), e se ne ha notizia ancora nel 1472, quando prese in affitto una bottega a borgo Ss. Apostoli (Bernacchioni). Il G. nella sua dichiarazione catastale del 1480 annota che il fratello di Antonio, Buono, aveva un figlio di un anno che si chiamava Antonio. Questo potrebbe fare ipotizzare che il nipotino avesse ereditato il nome dallo zio e che quindi Antonio fosse morto non più tardi del 1478-79.
Antonio con ogni probabilità si formò come pittore nella bottega di Apollonio di Giovanni, dal momento che non solo la ereditò, ma in base al testamento era obbligato a portare a termine i lavori in corso.
Non si conoscono opere di Antonio; tuttavia esiste un piccolo gruppo omogeneo di pannelli di cassone solitamente attribuiti alla bottega di Apollonio di Giovanni, che invece potrebbero essere di sua mano. Alcune caratteristiche che accomunano questi dipinti sono infatti estranee alla maniera di Apollonio, per esempio le figure ritratte di profilo, come nel caso del pannello con il Trionfo di Amore e di Castità della National Gallery of Scotland a Edimburgo (Callmann, 1974; H. Brigstocke, Italian and Spanish paintings in the National Gallery of Scotland, Edinburgh 1993, pp. 20 s.). Questa discrepanza potrebbe dipendere proprio dal fatto che le opere furono eseguite da Antonio durante gli ultimi tempi della malattia di Apollonio, oppure furono lasciate incompiute da quest'ultimo o cominciate non appena Antonio subentrò ad Apollonio.
Fonti e Bibl.: P. Schubring, Cassoni, Truhen und Truhenbilder…, Leipzig 1915, pp. 88 s., 111 s., 117 s., 430-437; G. Poggi, "The Annunciation" of S. Martino by Botticelli, in The Burlington Magazine, XXVII (1916), 129-137, p. 130; W. Stechow, Marco del Buono and Apollonio di Giovanni, cassoni painters, in Bulletin of the Allen Memorial Art Museum, I (1944), pp. 5-21; E.H. Gombrich, Apollonio di Giovanni…, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XVIII (1955), pp. 16-34; E. Callmann, Apollonio di Giovanni, Oxford 1974, pp. 2-6, 25, 29, 32, 37 s., 76, 83 s.; A. Garzelli, Miniatura fiorentina del Rinascimento, 1440-1525, I, Firenze 1985, p. 41; E. Callmann, Apollonio di Giovanni and painting for the early Renaissance room, in Antichità viva, XXVII (1988), 3-4, pp. 6 s., 16; A.M. Bernacchioni, Botteghe di artisti e artigiani nel XV secolo, in G. Trotta, Gli antichi chiassi tra Ponte Vecchio e S. Trinita, Firenze 1992, pp. 210, 212 n. 15; M. Haines, Il mondo dello Scheggia: persone e luoghi di una carriera, in L. Bellosi - M. Haines, Lo Scheggia, Firenze-Siena 1999, pp. 41-44.