RUSCA, Giambattista
– Nacque a Briga Marittima (oggi La Brigue, in Francia) il 27 novembre 1759 dal notaio Rainiero e da Dorotea Gaber. Fece i propri studi universitari tra Torino e Pavia, dove si laureò in medicina nel 1784. Nel 1789 iniziò a lavorare nell’ospedale militare di Monaco per poi ottenere l’anno successivo l’abilitazione all’esercizio della professione dal principe Onorato III ed esser nominato medico comunale a Mentone.
Presto contagiato dal verbo rivoluzionario di Francia, sul finire del 1792, profittando dell’ingresso delle truppe transalpine a Nizza, vi si trasferì e subito ottenne la nomina a ufficiale di sanità presso l’Armée d’Italie. Nominato capo battaglione nel maggio del 1793, si schierò risolutamente dalla parte della Montagna e nel mese di agosto, nel pieno della rivolta federalista, chiese nella società popolare di Nizza la soppressione del locale convento delle clarisse. Al tempo stesso fece propaganda a favore della costituzione dell’anno I appena votata dalla Convenzione e prese parte all’assedio di Tolone, che si era data alla flotta inglese. Il suo civismo venne apprezzato dal convenzionale in missione Augustin Robespierre, che trovò il modo di lodarlo ripetutamente presso il Comitato di salute pubblica.
Il sostegno del giovane convenzionale e del governo lo spinse a impegnarsi ancor di più nella carriera delle armi. Nella primavera del 1794 partecipò, agli ordini del generale Andrea Massena, alla campagna d’Italia, che portò alla presa di Oneglia, Saorgio e della stessa Briga. Ovunque Rusca, distruggendo i simboli dell’aristocrazia e facendo discorsi esaltati, confermò il proprio sostegno al governo rivoluzionario dell’anno II, cui tennero dietro alcune imprudenti dichiarazioni che lasciano intendere quanto sarebbe stato dispiaciuto di lì a breve per la caduta, a seguito del Termidoro, dei due fratelli Robespierre. In ogni caso, le brillanti gesta militari di quelle settimane, dove mise a frutto la perfetta conoscenza del territorio, gli permisero di uscire indenne dalla repressione contro i sostenitori dell’anno II.
Il trionfo dei termidoriani fu però decisivo per convincerlo a lasciare la politica attiva e puntare tutto, invece, sul mestiere delle armi. Sul finire del 1794, fatto capo di battaglione, passò all’armata di stanza sui Pirenei. Terminate le ostilità con il re di Spagna, tornò all’Armée d’Italie e partecipò nel novembre di quell’anno alla battaglia di Loano, che gli valse la nomina a generale di brigata. L’anno successivo, al momento dell’avvio dell’avventura italiana del giovane Napoleone Bonaparte, Rusca fu con lui a Montenotte, Dego e Mondovì, per distinguersi in modo particolare alla battaglia di Lodi del 10 maggio 1796, che aprì ai francesi le porte di Milano. A luglio partecipò poi al fatto d’armi di Salò, dove venne ferito; ristabilitosi, in ottobre venne posto a capo delle truppe di stanza in Emilia, da dove Bonaparte lo destinò sul finire dell’anno a guidare una spedizione in Garfagnana e nella Lucchesia per reprimervi le sollevazioni popolari contro i francesi. Per l’occasione Rusca usò le maniere forti e riportò in breve l’ordine. Bonaparte volle allora destinarlo in Romagna, dove nel febbraio del 1797 venne chiamato ad animare lo spirito patriottico, diffondendovi il verbo rivoluzionario, ma non esitando a reprimere quanti fossero ostili al nuovo ordine di cose. Rusca vi si trattenne circa un anno, senza seguire Bonaparte in Egitto.
Ottenuto un congedo di tre mesi, neppure partecipò, nel febbraio del 1798, alla presa di Roma, ma vi venne destinato nell’aprile del 1798. Sul finire dell’anno partecipò, però, alla guerra avviata contro i francesi dal re Ferdinando IV di Napoli e qui dispiegò tutto il suo valore. Alla guida di una divisione, trionfò nella battaglia di Torre di Palme (28 novembre 1798) che aprì la via di Napoli alle truppe francesi. Rusca vi fece ingresso da porta Capuana il 20 gennaio 1799, combattendo armi alla mano la resistenza dei lazzari. La nomina a generale di divisione, il 3 febbraio 1799, sancì i meriti acquisiti nel corso della campagna militare. Nella breve stagione della Repubblica napoletana non ebbe incarichi di rilievo e seguì i francesi quando questi – a causa dell’invasione austro-russa nel Nord Italia – furono costretti a risalire la penisola. Nel corso della battaglia della Trebbia (19 giugno 1799) venne ferito e trasferito a Piacenza, dove fu fatto prigioniero dagli austriaci.
Iniziò per Rusca un periodo di detenzione, che si concluse solo agli inizi di febbraio del 1801, quando, dopo il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) e il ritorno in forze di Bonaparte in Italia, gli austriaci, vinti a Marengo (14 giugno 1800), furono costretti a restituire i prigionieri. Il generale domandò con insistenza di essere subito reintegrato, ma non si trovò di meglio che destinarlo al comando dell’isola d’Elba, dove Rusca arrivò agli inizi del 1802 per rimanervi sino al giugno del 1805. Nel corso della sua permanenza sull’isola ottenne il grado di comandante della Legione d’onore e organizzò, senza troppo badare alle forme, il plebiscito che portò alla nascita dell’Impero dei francesi. Portatosi a Genova, pur mantenuto in servizio, chiese inutilmente sino al 1808 un altro incarico. Agli inizi dell’anno successivo, tuttavia, l’imperatore si ricordò di lui e lo destinò agli ordini del viceré d’Italia, Eugenio di Beauharnais chiamato a condurre la guerra contro gli austriaci.
Tra la primavera e l’estate del 1809 Rusca batté ripetutamente le truppe nemiche e dispiegò il pugno di ferro in Tirolo contro la rivolta contadina guidata da Andreas Hofer. L’anno successivo, terminate le operazioni militari, pur mantenendo il trattamento, venne però messo a riposo e si ritirò in una casa che possedeva nei pressi di Como. Qui rimase in silenzio fino al 1813, quando, a fronte dei primi rovesci napoleonici, chiese inutilmente di esser ripreso in servizio. Non ottenne nulla, perché proprio nel 1810 Antonio Pallavicini da Genova lo trascinò in tribunale sotto l’accusa di avergli sottratto la figlia. Invitato dal ministro della guerra, nel mese di luglio, a dare giustificazioni al riguardo, il generale – che nel frattempo era stato fatto barone dell’Impero – non sembrò persuasivo e da Parigi si pensò bene di porlo in disparte. Tuttavia, al momento dell’invasione della Francia, Rusca non attese più e si trasferì a Parigi, dove chiese di essere nuovamente impiegato.
A quel punto non si poté più andare per il sottile e il 12 gennaio 1814 il generale, posto al comando di una divisione di riserva, venne chiamato da Napoleone a tenere fino all’ultimo la posizione di Soissons. Il 13 febbraio, giunta l’avanguardia delle truppe russe, Rusca si rifiutò di consegnare la piazzaforte, ma l’indomani, nel corso degli scontri, venne colpito alla testa e morì dopo una breve agonia.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Ministero della Guerra, Carteggio, b. 1830; Parigi, Archives nationales, 284AP, cart. 16, dr. 5 e LH/2426/37; Vincennes, Archives du Ministère de la Défense, 7YD-306.
C. Mullie, Biographie des célébrités militaires dea armées de terre et de mer de 1789 à 1850, II, Paris 1851, pp. 517 s.; F. Turotti, Storia dell’armi italiane dal 1796 al 1814, I, Torino 1856, p. 115; J.B. Toselli, Biographie niçoise ancienne et moderne, II, Nice 1860, pp. 200-209; A. Emiliani, La battaglia di Porto di Fermo o di Torre di Palma, dalle memorie del barone Thiebault, Macerata 1909, pp. 27-31; G. Sforza, Il generale R. a Lucca e la sollevazione della Garfagnana e di Carrara degli anni 1796 e 1797, in Il Risorgimento italiano, n.s., XV (1922), n. 3-4, pp. 279-305; X. Emanuel, Le général R., 1759-1814, in Nice historique, XXVII (1924), 5, pp. 129-145; M. Dérot, Le docteur R., général et baron de l’Empire, ibid., LXVII (1964), 2, pp. 33-52 ; R. Diana, Les débuts du général baron Jean-Baptiste Rusca, ibid., LXXVI (1973), 3, pp. 97-139.