GIORGINI, Giambattista
Scrittore e uomo politico, nato a Lucca il 13 maggio 1818, morto a Montignoso il 18 marzo 1906. Divenne professore d'istituzioni criminali a Siena (1840), indi a Pisa (1843). Qui conobbe Vittoria Manzoni, che dopo una visita fatta col Giusti ad Alessandro, sposò (Nervi, 27 settembre 1846). Poco dopo egli passava dalle esercitazioni in verso (Preludi poetici, 1836) e dagli studî di diritto, filosofia e letteratura, a un'attività politica in senso liberale, collaborando a L'Italia, specie con articoli Sull'emancipazione degli Ebrei (luglio-settembre 1847), prendendo parte a quell'agitazione che condusse all'anticipata unione del ducato di Lucca alla Toscana, ma criticando il Guerrazzi. Nel 1848, capitano nel battaglione universitario, si ammalò e non poté partecipare a fatti d'arme. Rappresentante della Toscana al congresso federale di Torino, e antirepubblicano, fu dal Guerrazzi destituito dal suo ufficio d'insegnante; membro della commissione governativa toscana, che preparava il ritorno del granduca, invano e tardi sollecitò in Torino l'intervento piemontese per scongiurare l'austriaco. Trasferito da Pisa a Siena con la riunione delle due università, continuò una prudente attività politica nel partito moderato. Dopo il 27 aprile 1859, conquistato all'idea unitaria e collaboratore del Ricasoli, fu l'oratore della deputazione inviata dai Toscani a Vittorio Emanuele e di quella che, destinata a Parigi, si trattenne invece presso il Cavour: l'opuscolo Sul dominio temporale dei papi, per le notevoli rassomiglianze anche formali col più celebre Le Pape et le Congrès, fa pensare che anche questo fosse, direttamente o indirettamente, opera del G. Relatore alla Camera della legge che proclamava il regno d'Italia (marzo 1861), nell'opuscolo Dell'unità d'Italia (memorabile anche per le correzioni e le aggiunte di Alessandro Manzoni) proponeva Roma municipio neutrale; ma votò col Manzoni il trasporto della capitale. Deputato (1859-1865 e 1867-1871), senatore dal 1872, sostenitore dell'accentramento amministrativo e relatore d'importanti leggi finanziarie, si ritirò dalla vita pubblica nel 1887 per darsi a studî letterarî.
In questi, a parte gli scritti giovanili e i politici (aiutò anche Alfonso La Marmora a scrivere Un po' più di luce sugli eventi dell'anno 1866), gli epigrammi e le versioni (dal latino: Orazio, Pascoli; dal tedesco e dal danese: Goethe, Ohlenschläger; in latino dal Carducci e da D. Gnoli), e le poesie latine (notevoli gli esametri Anates, in risposta ai Volucres manzoniani) è da segnalare la lunga e affettuosa collaborazione col Manzoni, le cui dottrine sulla lingua furono dal G., servendosi indubbiamente del Sentir messa manzoniano, divulgate nella prefazione al Novo Vocabolario che intraprese insieme con E. Broglio, ma a cui collaborò solo fino al II volume. Sebbene non eccella né come politico né come letterato, il G. è una figura rappresentativa della cultura toscana del sec. XIX, importante per le sue relazioni e per il carteggio col Manzoni, il Giusti, il D'Azeglio, il Lambruschini, il Capponi, il Ricasoli, il Bonghi.
Bibl.: Manca una monografia completa; insufficiente A. Simoni, La vita, l'attività e gli scritti di G. B. G., Pisa 1925; incompleta anche la bibliografia degli scritti del G., di G. Sforza, in Atti e memorie d. R. Dep. St. p. p. le provincie modenesi, s. 6ª, X, i, Modena 1901. V. inoltre: A. D'Ancona, in Rass. bib., XVI (19087, p. 189; id., in Corriere della Sera, 14 marzo 1911; V. Cian, in Nuova Antologia, 1 luglio 1908; F. Martini, Confessioni e ricordi, Firenze 1922; G. Gentile, Gino Capponi e la cultura toscana, Firenze 1922; N. Vaccaluzzo, in Nuova Antologia, 16 febbraio 1922; Manzoni intimo, a cura di G. Gallavresi e M. Scherillo, Milano 1923, voll. 3; M. Minerbi-Pincherle, Dal carteggio Giorgini-Bonghi, in La Cultura, IX (1930), p. 442 segg.