FAURE, Giambattista
Nato a Roma il 25 ott. 1702, studiò nel seminario romano, distinguendosi ben presto per la sua perizia nella teologia morale (il suo primo lavoro è costituito dalle Quaestiones theologico-morales ad literas indictionis universalis Iubilei anni sancti MDCCXXV publica dissertatione dirimendae in Seminario romano a Iosepho Regnoni, et Ioanne Baptista Faure eiusdem Seminarii alumnis, Romae 1724). Il 30 marzo 1728 entrò nella Compagnia di Gesù e fu addetto subito all'insegnamento della filosofia, della teologia e della Sacra Scrittura. Pronunciò i quattro voti solenni dei gesuiti il 15 ag. 1738.
Rimase quasi sempre a Roma, nel Collegio Romano. Qui, in difesa delle posizioni teologiche della Compagnia, iniziò un'attività di polemista che lo condusse a scrivere numerosissime opere, quasi tutte anonime. Il suo primo scritto fu All'autore delle due Epistole contro la dissertazione dei casi riservati in Venezia. Avviso salutevole acciò conosca se stesso (Napoli 1744).
L'autore confutato era il domenicano D. Concina, il quale aveva pubblicato contro la Dissertatio in casus reservatos Venetae dioeceseos (Venetiis 1743) del gesuita veneziano B. Benzi due Epistolae theologico-morales ad illustrissimum et reverendissimum episcopum N. N. adversus librum inscriptum: Dissertatio... (ibid. 1744). Il Benzi, con una notevole dose di imprudenza (data la presenza di continuate accuse di lassismo lanciate contro la Compagnia), nell'esemplificazione di casi che non dovevano essere oggetto di riserva nell'impartire l'assoluzione, aveva definito come atti "subimpudici de se veniales" il carezzare le guance o il toccare il seno delle monache da parte del confessore, senza scopo di libidine, ma soltanto come gesto bonariamente affettuoso o casuale, mentre dovevano ritenersi peccati mortali e soggetti ad assoluzione riservata al vescovo quegli stessi atti soltanto se compiuti "ex pravo affectu, vel ex prava intentione". L'opera del Benzi venne condannata dal S. Uffizio il 16 apr. 1744, dopo che era stato già composto dal F. lo scritto contro il Concina. Il F. rimprovera sostanzialmente al domenicano due fatti: in primo luogo di aver chiaramente forzato le affermazioni del Benzi, quasi che questi avesse detto essere sempre veniali tali carezze (gli avversari dei gesuiti coniarono la definizione di "teologia mamillare" nei confronti della loro casuistica); in secondo luogo di aver attribuito a tutta la Compagnia una consonanza con le tesi del Benzi. Al contrario il F. testimonia che i primi revisori assegnati dai superiori all'esame dello scritto del Benzi avevano mosso parecchie obiezioni alle opinioni di questo e lo avevano "censurato come degno di non publicarsi" e che soltanto nuovi revisori che avevano sostituito i primi su istanza del Benzi, "benché di mala voglia, pur furono più indulgenti". Inoltre il F. afferma che dopo la pubblicazione, "andatene le copie a Roma, e venute anche qui a Napoli dispiacquero ai Gesuiti universalmente". Egli ravvisa l'errore del Benzi non nell'esemplificazione incautamente compiuta su problemi tanto delicati, ma nei fondamenti stessi della dottrina, in quanto anche azioni de se veniali possono essere riservate ove concorrano altre circostanze esterne che possano creare scandalo: in generale, perché possa impartire l'assoluzione il confessore ordinario, occorre che "sia sodamente probabile" che non vi sia la riserva (pp. 66 ss.).Dopo la condanna dell'Indice il F. pubblicò un secondo libello, All'autore delle due Epistole contro la dissertazione dei casi riservati in Venezia. Secondo avviso salutevole acciò conosca se stesso (Napoli 1744), accusando il Concina d'aver fatto di espressioni contenute in un "libricciuolo" indirizzato ai confessori della diocesi di Venezia, e quindi destinato a rimanere sconosciuto al pubblico, "lo sporco divertimento di molte conversationi d'Italia, ... l'indegno trastullo degl'ignoranti nelle botteghe" (p. 57).
Questo scritto non fu oggetto di condanna, ma Benedetto XIV chiese al generale dei gesuiti di prendere provvedimenti contro il F., deplorando che la Compagnia si fosse schierata compatta nella difesa di un confratello autore di un'opera condannata.
Con molta probabilità del F. è anche la Ritrattazione solenne di tutte l'iniurie, bugie, falsificazioni, calunnie, contumelie, imposture, stampate in vari libri da fra Daniello Concina contro la Compagnia di Gesù (Napoli 1744), violento attacco alle tesi non solo del Concina ma anche di altri domenicani fra cui T. M. Mamachi, libro che fu posto all'Indice con decreto del 17 giugno 1744.
La controversia continuò finché il 19 febbr. 1746 il S. Uffizio proibì l'uscita di altri scritti sull'argomento.
In questo periodo il F. dimostrò la sua curiosità e versatilità intellettuale dedicandosi a studi teorici intorno all'elettricità, campo in cui la scienza muoveva allora i primi passi (al 1745 risale la costruzione del primo condensatore, la bottiglia di Leida), con le Congetture fisiche intorno alle cagioni de' fenomeni osservati in Roma nella macchina elettrica all'illustrissimo signore Giambattista Collicola... (Roma 1747).
Lo scritto mostra una buona conoscenza degli studi contemporanei, in particolare quelli di C.F. de Cisternay du Fay, il primo a distinguere tra energia positiva ed energia negativa, ma rimane avviluppato nella teorizzazione di uno schema newtoniano di attrazione delle masse, concludendo che la corrente elettrica non è "propagazione di una forza, ma trasporto di materia, alimentato dai corpi che attraversa".
Negli anni seguenti il F. si dedicò tutto all'insegnamento, a sostegno del quale pubblicò alcuni scritti di carattere didattico: Tabulae chronologicae Io. Dominici Musantii e Societate Iesu quae sacra, politica, bellica, fortuita, literas, et artes ad omnigenam historiam complectuntur ab orbe condito ad annum post Christum MDCCL…, Accessit dissertatio historico-critica, qua chronologiae his tabulis traditae specimen apologeticum exhibetur... (Romae 1750) con l'aggiunta di una Dissertatio historico-critica, quae chronologiae in Io. Dominici Musantii tabulis expositae specimen apologeticum exhibet... Baptista Faure e Soc. Iesu (altre due edizioni: Romae 1751; Bononiae 1752); Breve compendio della sacra storia del Vecchio e Nuovo Testamento. Traduzione dal francese regolata secondo la cronologia delp. Dionisio Petavio della Compagnia di Gesù (Napoli 1750).
Il 12 sett. 1749 la congregazione dell'Indice aveva condannato la quarta edizione della Bibliothèque janséniste, ou Catalogue critique des livres jansénistes et jansénisants (Bruxelles 1744; la prima edizione era del 1722) del gesuita francese Dominique de Colonia. In questa edizione dell'opera nell'elenco delle opere giudicate "giansenizzanti" figurava l'Historia pelagiana del cardinale E. Noris, uno dei massimi esponenti della scuola agostiniana nel Settecento; e sulla scorta di questo giudizio l'Inquisizione spagnola nello stesso 1749 aveva inserito lo scritto del Noris nell'elenco delle opere proibite "donec corrigantur". Mentre i giansenisti frances; traevano motivo di soddisfazione per la decisione dell'Indice, tra i gesuiti romani la condanna della Bibliothèque del de Colonia fu percepita come un sopruso dei domenicani che avevano il controllo di quella congregazione. Dapprima fu Pietro Lazzeri a scrivere una Epistola doctoris Sorbonici ad amicum Belgam (Parisiis 1749), in cui veniva attaccato il segretario della congregazione dell'Indice, il domenicano T. V. Ricchini; poi, dopo la condanna dello scritto del Lazzeri, entrò in campo il F. con il Commentarium in bullam Paulum III "Licet ab initio" datam anno 1542, qua Romanam Inquisitionem constituit, et eius regimen non regularibus, sed clero seculari commisit... Accessit appendix historico-theologica de proscriptione sub annum 1725, extorta contra Duacenam Sanctae Romanae Sedi addictissimam, s.l. 1750.
La tesi del F., di netto radicalismo, è che fosse stato un grave errore (in contrasto con l'intendimento originario di Paolo III) l'aver affidato l'Inquisizione a un Ordine religioso: ciò aveva provocato la crescita di potere dell'Ordine domenicano a scapito degli altri Ordini regolari. Nel ripercorrere rapidamente la storia del tribunale dell'Inquisizione, il F. rimproverava ai domenicani numerosi episodi di imprudenza e faziosità, che avevano avuto come risultato il discredito della S. Sede e delle stesse congregazioni del S. Uffizio e dell'Indice (p. 288: "Quantum autem odii, et contemptus in optimos Romanos Pontifices ex universo orbe catholico derivetur, ipsamque Indicis Congregationem, hac istorum Regularium usitata praxi, bardus, ac stupidus est, qui non intelligat"). In particolare metteva in evidenza l'eccessiva indulgenza usata nei confronti dei giansenisti, che erano stati più volte tutelati (come nel caso della proscrizione nel 1725 di una censura lanciata contro di loro dalla facoltà teologica di Douai). Nonostante la durezza delle argomentazioni, dovettero passare sette anni prima che il pamphlet del F. fosse posto all'Indice (21 luglio 1757).
Nello stesso 1750 il F. pubblicava a Roma una nuova edizione del Manuale controversiarum del gesuita Martiri Becanus, uscito per la prima volta nel 1623 a Wúrzburg. L'anno successivo, sotto lo pseudonimo di Giovanni Battista Chiarelli, dava alla luce una difesa dell'opera di Scipione Maffei, Dell'impiego del danaro (La dottrina della Chiesa romana circa l'impiego del danaro difesa dalle recenti imputazioni..., Lucca 1751), sostenendo che essa era in linea con quanto dettava l'enciclica Vix pervenit di Benedetto XIV del 1º nov. 1745.
Seguì una serie di scritti, nati per l'insegnamento: Apparatus brevis ad Theologiam et Ius canonicum, complectens indicem historico-chronologicum conciliorum, paparum, antipaparum, patrum et scriptorum ecclesiasticorum, necnon haereticorum, et compensiosam iuris utriusque praenotionem. Accedit appendix de textibus ac versionibus Sacrarum Scripturarum, de priscis Decretalium compilationibus, de poenitentialium canonum libris, de praecipuis sacrae generalis historiae scriptoribus, de martyrum, aliorumque Ss. Historia, de liturgicis antiquorum operibus, de authoribus tum geographiae, tum chronologiae... (Romae 1751); Notizie geografiche ad uso de' giovani che vogliono disponersi allo studio della moderna geografia (Lucca 1751); Notizie storiche della Chiesa di Gesù Cristo, dal I secolo sin al XIII ad uso di que' che voglion disporsi allo studio della sacra erudizione (Napoli 1751); Notizie storiche delle monarchie, regni, e dominii principali, ad uso di quei che vogliono disporsi allo studio della profana erudizione. Raccolta dalle opere storiche e cronologiche de' pp. Filippo Briezio e Filippo Labbe..., Opuscolo primo, delle monarchie assiria, persiana, e greca, inseritavi una breve idea della storia egiziana e cartaginese (Napoli 1752); Opuscolo secondo, del regno, e republica, e monarchia de' Romani fino a Costantino il Grande... (ibid. 1752).
Di non grande rilievo anche una serie di dissertazioni e tesi che servivano come base per le "disputationes" che si tenevano tra i professori del Collegio Romano: Dissertatio polemica adversus Richeristas de ecclesiastica, ac politica potestate, deque investituris iuste proscriptis per s. Gregorium VII eiusque successores ad Callixtum II... (Romae 1752), Dissertatio polemica de iure regaliae et primarum precum, contra publicistas Protestantes, ac praecipue Vitriarum, Pfeffingerum, Grübnerum, Bohemerum... (ibid. 1753); Dissertatio polemica in recentiora quaedam erronea systemata de morum dogmatibus in qua I. De systemate quietistarum. II. De Gottefridi Leibnitii harmonia praestabilita. III. De regula honestatis, sive de theoria actionum humanarum, omnisque naturalis iuris, et obligationis per Christianum Wolfium asserta... (ibid. 1753); Theses polemicae, de Romano Pontifice, conciliis et Ecclesia... Accedit dissertatio de capitulis s. Caelestino I olim tributis, eorumque dogmatica auctoritate... (ibid. 1754).
Durante l'anno scolastico 1754-55 il F. tenne un ciclo di lezioni di teologia morale contro la teoria del Quesnel in materia di sacramenti, richiamandosi alla condanna fatta dalla S. Sede con la bolla Unigenitus, e cominciò a stampare un trattato per uso scolastico (Dissertatio dogmatica de praxi quesnelliana in dilatione sacramentalis absolutionis ad propositiones LXXXVII et LXXXVIII ex CI proscriptis in bulla "Unigenitus", Romae 1755).
In esso il F., riaccendendo la polemica contro i rigoristi, attaccava anche l'opera di A. Arnauld De frequenti communione: questi (il Concina scrisse nel 1755 il trattato De sacramentali absolutione impertienda aut differenda recidivis consuetudinariis) ritennero scandalose alcune tesi sostenute dal F. sulla nozione di recidività che doveva essere limitata ai casi in cui il penitente si presenta in tre condizioni: "frequens relapsus post plures confessiones; relapsus in eadem specie peccati; defectus omnis etiam inchoatae emendationis". La stampa dell'opera del F. fu sospesa alla pagina 80 (decreto del S. Uffizio del 23 sett. 1757) e venne pubblicata integralmente soltanto postuma, molti anni dopo, In Arnaldi librum de frequenti communione, Mediolani nuper recusum, et in alterum eiusdem de traditione Ecclesiae, in quibus Quesnelliana ab Ecclesia damnata praxis de absolutionis dilatione adstruitur: dogmatica dissertatio ... (Romae 1791).
Nel 1755, nello stesso anno in cui appariva l'edizione S. Augustini... Enchiridion ad Laurentium, sive de Fide, Spe etCharitate liber unus (Romae) curata dal giansenista P. F. Foggini, il F. con intento polemico pubblicava la prima parte di S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi Enchiridion de Fide, Spe et Caritate, notis et assertionibus theologicis illustratum... (ibid.), ricco di note contro i giansenisti accusati di essere pessimi interpreti del pensiero agostiniano.
Negli ultimi mesi del 1756 Benedetto XIV, su sollecitazione di Luigi XV che desiderava il ristabilimento della pace religiosa in Francia turbata dalle polemiche sorte intorno all'accettazione della bolla Unigenitus, inviava ai membri dell'assemblea del clero di Francia una lettera enciclica in cui, con espressioni molto moderate, si raccomandava il rispetto della bolla: soltanto chi "pubblicamente e notoriamente" si dichiarava contrario all'osservanza di essa doveva essere escluso dalla comunione. Negli ambienti più fortemente antigiansenisti questa enciclica apparve troppo debole. Il F. fu sospettato di essere autore di un libello, Epistola amplissimis S.R.E. cardinalibus et clarissimis theologis in urbe Praeneste congregatis post pacem Ecclesiae Gallicanae restitutam, et methodum propediem edituris pro studiis peragendis ab alumnis Collegii Urbani de Propaganda Fide ad haereticos profligandos, ad gentiles et atheos in sinum Ecclesiae reducendos (s.l. 1757), forte satira contro l'enciclica del papa, accusato di aver abbandonato la linea seguita dai predecessori contro il giansenismo. Questo scritto fu condannato con breve di Benedetto XIV in data 5 sett. 1757.
Seguì un'altra serie di tesi e brevi dispute teologiche: Disquisitio, de indulgentiis, ubi de earum potestate, antiquitate, et necessaria dispositione (Romae 1757); Sancto Paulo apostolo theses theologicas de iure naturae ac gentium contra Hugonem Grotium, Thomam Hobbesium, Samuelem Puffendorfium, Christianum Thomasium, aliosque protestantes iuris naturae aut publici tractatores disputandas... (ibid. 1757); S. Ignatio Loyolae Soc. Iesu institutori theses theologicas et polemicas in Collegio Romano disputandas de usu luminis naturalis in asserenda unitate Dei contra manichaeos, et Trinitate aliisque mysteriis cqntra socinianos selectas alias theses de praedestinatione et gratia de Ecclesiae notis et sacramentis... (ibid. 1757).
Negli anni fra il 1758 e il 1767 lavorò al completamento dell'edizione dell'Enchiridion di S. Agostino, che vide la luce in forma integrale soltanto molti anni dopo a cura dei confratelli A. Ballerini e C. Passaglia (S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi Enchiridion de Fide, Spes et Caritate, notis et assertionibus theologicis illustratum. Editio nune primum absoluta, Neapoli 1847): l'apparato critico del F. era divenuto un vero e proprio trattato sulla grazia. Del lavoro di questi anni ne trassero vantaggio i suoi allievi, tra i quali vi era G. V. Bolgeni, che subì una forte influenza dalle idee del maestro, ma soprattutto dal suo metodo, improntato alla linearità e alla chiarezza dell'esposizione.
Quando nell'estate del 1768 la crisi delle relazioni tra la S. Sede e le corti borboniche raggiunse il suo culmine, Clemente XIII, incerto se dovesse compiere qualche passo in campo ecclesiastico-disciplinare, interpellò anche il F. con il quesito "se vi sia rimedio conveniente alla Santa Sede nelle turbolenze presenti, e qual sia". Questi rispose l'8 sett. 1768 con il Parere delp. Giambattista Faure, pro veritate (Roma, Bibl. naz. Vittorio Emanuele II, Ms. Gesuitico, 106, ff. 1-55).
Il F. suggerisce di lasciare ogni indugio e di procedere a una condanna solenne delle idee regalistiche: "La propagazione delle ree applaudite dottrine esser giunta a tal segno, che non vi è luogo ad onesta dissimulazione, o per così dire tolerantismo; ma la Santa Sede essere in preciso gravissimo obbligo di spiegarsi, ed insegnare al Popolo Cristiano qual sia la cattiva dottrina, qual sia la buona" (f. 5v). Quanto al modo di pronunciare tale condanna, scartate le ipotesi di una bolla papale, che sarebbe stata inefficace nei confronti di quanti non riconoscevano l'infallibilità del papa, e quella della convocazione di un concilio ecumenico, per la difficoltà di poter in breve tempo avere il consenso degli episcopati nazionali e dei regnanti, il F. suggeriva di convocare un concilio romano al quale dovevano partecipare tutti i vescovi dello Stato della Chiesa "con invitarvi eziandio quegli altri, che volessero intervenirvi". Una decisione presa collegialmente sarebbe stata accolta e rispettata anche da chi sosteneva che l'infallibilità delle decisioni pontificie dipende dal consenso della Chiesa (ff. 42 ss.).
Negli anni seguenti, dopo l'avvento di Clemente XIV e nonostante il mutamento del clima politico e religioso, il F. non smise di svolgere l'attività pubblicistica: dapprima si dedicò alla raccolta dei propri scritti, che divise in tre nuclei: Selectae dissertationes polemicae (I-III, Romae 1771); Selectae dissertationes de sacramentis (I-III, ibid. 1771); Miscellanea dissertationum polemicarum (ibid. 1772); quindi partecipò alla polemica suscitata dallo scritto di C. Blasi intorno alla devozione al S. Cuore di Gesù, con i Biglietti confidentiali critici contra il libro del sig. Camillo Blasi avvocato romano stampato in Roma quest'anno 1771, col titolo de Festo Cordis Iesu dissertatio commonitoria cum notis, et monumentis selectis (Venezia 1772).
Nel difendere tale devozione, egli smontava con abilità la distinzione che veniva fatta dagli avversari tra cuore "simbolico" e cuore "materiale", imputando la vera motivazione della loro ostilità alla volontà di attaccare comunque la Compagnia di Gesù: "Parliam chiaro: se la Ven. Margarita d'Alacoque invece d'intrigar i Gesuiti nella propagazione del Culto del Sacro Cuore si serviva dei RR.PP. Agostiniani, la cosa andava liscia" (p. 12). Alla risposta dell'agostiniano A. A. Giorgi (Cristotimo Amerista), egli replicò con i Saggi teologici per formare un'errata corrige da aggiungersi a' due volumi che per apologia del sig. Blasi e suo commonitorio de Festo Cordis Iesu contro l'impugnazione de' tre biglietti confidenziali critici ha recentemente pubblicato Cristotimo Amerista, Saggio primo (Lugano 1773); Saggio secondo (ibid.; a Roma, Bibl. Corsiniana, ms. 1550, ff. 94-121, 141-169, 470, vi sono scritti del F. contro il Blasi).
L'anno successivo, in polemica con il maestro del Sacro Palazzo, il domenicano T. M. Mamachi, scrisse contro la beatificazione del Palafox (causa che stava a cuore alle corti di Spagna e di Portogallo e a tutto lo schieramento antigesuitico) i Supplementi alle prime animadversioni che contro la causa del v. monsig. Giovanni di Palafox ha fatte monsig. Sampieri, promotore della fede (s.l. né d., ma 1773).
Dopo la pubblicazione del breve Dominus ac Redemptor (21 luglio 1773) con cui Clemente XIV sopprimeva la Compagnia di Gesù, il F. fece parte di quel gruppetto di gesuiti (tredici, compreso il padre generale L. Ricci) che venne rinchiuso a Castel Sant'Angelo e sottoposto a un durissimo regime carcerario, tanto che, oltre al Ricci (il 24 nov. 1775), altri due padri, G. Comolli (il 13 genn. 1774) e O. Stefanucci (febbraio 1775), morirono durante la detenzione. La motivazione che fu data al F. per il suo arresto era che si temeva potesse scrivere qualche libello contro il breve di soppressione.
Il F. venne liberato da Castel Sant'Angelo nell'agosto 1775, dopo quasi due anni. Quasi subito si ritirò a Viterbo. Qui pubblicò il secondo volume delle Memorie apologetiche in risposta alle opposizioni contro il decreto del re de' Longobardi Desiderio, che inciso in antico marmo, si conserva in Viterbo nel Palazzo del Magistrato (I-II, Viterbo 1774-79: il primo era stato scritto prima della soppressione della Compagnia), con un'Appendice... per servir di risposta a quanto sopra di esso si oppone nel libro intitolato: Memorie storiche ec. di F. A. Turiozzi.
Quando nel 1778 il padre generale degli agostiniani, F. S. Vazquez, inviò al suo Ordine una circolare per proibire l'uso delle opere di s. Tommaso in materia di grazia, dal momento che i domenicani ormai si erano schierati contro la scuola agostiniana, il F. scrisse l'Enciclica del rever. padre prior generale degli agostiniani, e motivi pressanti per mandarla a tutti i conventi, esposti in alcune lettere fedelmente tradotte dalla francese nell'italiana favella (Ratisbona s.a.). Il papa costrinse il Vazquez a ritirare la circolare.
Il F. morì a Viterbo il 25 apr. 1779.
Postumi uscirono alcuni scritti. Anzitutto la Relazione istorica, e theologica del Baianismo, del Giansenismo e del Quesnellismo (in Supplemento al Giornale ecclesiastico di Roma, IV [1792], pp. 445-513; V [1793], pp. 3-49), a cura dell'abate L. Cuccagni. Molti anni dopo, a cura dei gesuiti A. Ballerini e C. Passaglia, videro la luce le Dubitationes theologicae de iudicio practico quod super poenitentis, praecipue consuetudinarii aut recidivi, dispositione formare sibi potest ac debet confessarius, ut eum rite absolvat (Lucani 1840). Quest'opera, che ebbe altre tre edizioni (Lugduni 1843; Lucani 1858; Lovanii 1865), suscitò una polemica fuori tempo, per l'indulgenza che riteneva dovessero avere i confessori nei confronti dei penitenti.
Fonti e Bibl.: Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, I, Firenze 1941, p. 536; III, ibid. 1942, pp. 440, 733; G. Boero, Osservazioni sopra l'istoria del pontificato di Clemente XIV scritta dalp. A. Theiner prete dell'Oratorio, Monza 1854, II, pp. 109-111, 149; Notice bibliographique sur lep. J.B.F. de la Compagnie de Jésus, Louvain 1865; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 1, Roma 1933, pp. 137, 260, 263; XVI, 2, ibid. 1933, pp. 248, 252, 257; E. Valentini, Un inedito del Bolgeni sulla grazia, in Salesianum, II (1940), pp. 190 s., 199 s.; R. G. Villoslada, Storia del Collegio Romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù (1773), Romae 1954, pp. 227, 323-333; E. Dammig, Il giansenismo a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vaticano 1945, ad Indicem; G. Alberigo, Lo sviluppo della dottrina sui poteri nella Chiesa universale. Momenti essenziali tra il XVI e il XIX secolo, Roma-Freiburg-Barcelona-Wien 1964, pp. 303, 308; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-eccles. …, ad Indicem; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, Bruxelles-Paris 1892, Coll. 558-568; Dict. de théologie et de liturgie, V, Paris 1913, coll. 2100 s.; Encicl. cattolica, III, coll. 1061 s.