DE GASPARI (De Gasparis), Giambattista
Nato a Levico (Trento) il 18 ag. 1702 da Monica (ignoto il cognome) e Antonio, di famiglia nobile, studiò nel collegio dei gesuiti di Trento e poi a Innsbruck, dove nel 1720 conseguì la laurea in diritto civile e canonico. Si applicò intensamente, sin quasi a sentirne danno alla salute, alle lingue classiche e cominciò a raccogliere le antiche epigrafi della provincia di Trento; nel 1722 si trasferì a Vicenza, presso il canonico Giambattista Checcozzi, che lo avviò agli studi di storia sacra ed ecclesiastica mettendolo in contatto con gli ambienti colti di Padova. Mortogli il padre, il 3 genn. 1724, interruppe gli studi, rinunciando alla progettata carriera ecclesiastica e tornò a Trento a curare gli interessi della famiglia, di cui vendette tutti i beni, nel vano tentativo di ristorare le finanze. Nel 1729 accettò l'incarico di gentiluomo di corte dell'ambasciatore cesareo a Venezia, ma poco dopo lasciò il posto, vivendo per qualche tempo con traduzioni dal francese in latino ed italiano; entrò in contatto con Antonio De Rubeis e Apostolo Zeno, il quale lo invitò a passare a Milano come segretario della nobildonna e mecenate Clelia Del Grillo moglie di G. B. Borromeo Arese (1733-35).
Dal vivace ambiente milanese nel 1736, per iniziativa dell'amico P. Borzi, fu richiamato a Trento per assumere la carica di auditore di corte del principe vescovo Domenico Antonio di Thun, ma nel 1737, deluso dalle difficoltà frapposte alle sue ricerche archivistiche, accettò l'offerta di una cattedra di storia nell'accademia dei nobili di Ettal, in Baviera.
Poco dopo fu chiamato a Salisburgo dal vescovo Leopoldo Antonio Eleuterio di Firmian, con l'incarico di consigliere e bibliotecario e, ben presto, di storico ufficiale della diocesi; il vescovo voleva difendersi di fronte all'opinione pubblica europea dall'accusa di aver espulso otto anni prima (31 ott. 1731), senza alcuna valida giustificazione, tutti gli eretici della sua diocesi e dunque gli affidò l'incarico di stendere una storia organica dell'origine, progressi e decadenza dell'eresia nell'arcivescovato di Salisburgo. Per due anni il D. compì accurate ricerche nell'archivio concistoriale e nel 1740, per respingere le accuse di non dedicarsi con pieno impegno all'opera, rese pubblico il piano generale della sua Historia Haereseos in Archiepiscopatu Salisburgensis (che fu stampato poi nella Nuova Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici di Antonio Calogerà [XXVIII, Venezia 1775, diss. VIII e IX] come Specimen Salisburgensis Historiae ad celsissimum et reverendissimum Vigilium Firmianum archiepiscopum Salisburgensem insieme con la Refutatio censurae in historiam Lutheranismi a theologo quodam Salisburgensi, allora diffusa negli ambienti colti della diocesi).
Nella città di Salisburgo frequentò la vivace Accademia degli eruditi dove si parlava "della necessità e vantaggio grande dell'Arte Critica, onde distinguere la verità dalle menzogne e dalle invenzioni del fanatismo", e si celebrava "spesse fiate il merito immortale del sig. Ludovico Muratori", di cui si procurava la lettura e ristampa delle opere De ingeniorum moderatione e Degli esercizi spirituali (L. Gaspari, Della vita..., p. 42);la cultura aperta e moderna dell'accademia suscitava le aspre reazioni dei "fanatici" della locale università, che insinuavano tendenze ereticali negli "eruditi" (Muratori sarebbe stato uomo di sospette dottrine e addirittura iniziatore della setta dei Liberi Muratori!).
Uno scritto polemico del D., il Commentarium de Lutheranismi primordiis in Salisburgensi provincia Lugio archiepiscopo imperante, circolò in città accrescendo le ire dei "fanatici" (sarà poi pubblicato nel 1778 nella Nuova Raccolta..., XXXII, opusc. 1). In aspra contrapposizione ad alcune prediche dei locali frati cappuccini, pubblicò le anonime Vindiciae adversus Sycophantas Iuvavienses (Colonia, ma Venezia, 1741), che ottennero il consenso di eruditi come Gerolamo Tartarotti, e Giovanni Lami. In questa vivace Salisburgo degli anni '40 il D., né illuminista né giansenista ma solo, come ha scritto il Cetto, "un cattolico illuminato di mente aperta alla comprensione e al rispetto delle opinioni altrui, geloso della propria indipendenza di giudizio e dei diritti della ragione, pur riconoscendone i limiti" (Uno storico..., p. 369), rappresentò emblematicamente "uno dei primi e più puri frutti del momento muratoriano nella storia spirituale austriaca" (Garms-Cornides, L. A. Muratori, pp. 347 s.).
La sua battaglia per una più moderna e "illuminata" cultura ottenne peraltro un significativo successo e proprio a Salisburgo il governo attuò una radicale riforma degli studi superiori fondata "sul principio muratoriano che base di ogni scienza sono una sicura erudizione e un buon metodo critico" (Donati, Ecclesiastici..., p. 47). La sua progettata storia di Salisburgo, e in particolare delle vicende del luteranesimo, procedette però con fatica, per le ostilità dei conservatori locali, l'avversione di alcuni teologi, le preoccupazioni politiche delle autorità, timorose di alienarsi le potenze protestanti; tardò anche l'approvazione della romana Congregazione dell'Indice, dove il p. A.M. Orsi gli rimproverò l'eccessivo rilievo dato alla corruzione della Chiesa nei secoli XIV e XV (Cetto, Uno storico..., pp. 80-89).
L'opera non uscirà integralmente e se ne possono conoscere le linee ispiratrici oltre che nel citato Commentarium, in due ampi stralci, pubblicati a cura del fratello Lazzaro nel 1775 e 1779: nel De protestantium germanorum in catholicos gestis historica narratio (Venetiis 1775) egli dimostrò la legittimità storica delle persecuzioni cattoliche contro i protestanti, autori di innumerevoli azioni anticattoliche e responsabili di ripetute violazioni degli accordi di tolleranza di Augusta, Spira, Norimberga; nelle Archiepiscoporum Salisburgensium res adusque Westphalicos conventus in Lutheranismum gestae (ibid. 1779) tracciò un profilo delle vicende della Riforma e della Controriforma nella diocesi di Salisburgo, con numerose notizie di prima mano tratte dall'archivio arcivescovile di Salisburgo e da quello delle Diete dell'Impero. Nel 1790 uscirà a Salisburgo, a cura di F. X. Huber, la Aktenmässige Geschichte der berühmten Salzburgischen Emigration, una traduzione tedesca tratta dal manoscritto della sua storia. Le continue diatribe coi "fanatici locali" ed il desiderio di una migliore sistemazione lo indussero nel maggio 1742 a lasciare Salisburgo; accolse così l'invito del vescovo di Dresda Zaluschio a recarsi in Polonia, col miraggio di posti di prestigio e dell'incarico di scrivere la storia della Polonia. Ma la protezione del prelato si rivelò illusoria o inefficace e per giunta le operazioni militari in corso lo costrinsero a un periodo di inoperosa permanenza (maggio 1743- marzo 1744) a Lipsia e a Dresda, sinché nel giugno 1744 tornò a Salisburgo, dove nel frattempo la sua opera sul protestantesimo venne definitivamente accantonata; anzi il nuovo vescovo meditava di togliergli l'incarico di bibliotecario della diocesi. Nel settembre di quell'anno il D. si recò a Vienna, con l'intento di accompagnare a Milano il generale Gian Luca Pallavicini, nominato (primavera 1745) governatore della Lombardia, ma poi rinunciò e si impegnò a scrivere un memoriale sui diritti dell'Impero su Guastalla. Nel marzo del 1747 fu nominato dall'imperatore Francesco I governatore del feudo di Castiglione delle Stiviere, che resse per nove anni, con grave dispendio di energie e logorio della salute; inaugurò la sua amministrazione con l'arresto ed il processo dell'ex governatore Allemano Passerini, accusato di tradimento, e si impegnò attivamente per estirpare il banditismo dalla zona, ripristinare un corretto funzionamento della giustizia e rivendicare diritti fiscali lesi od usurpati, ma le consuete difficoltà di ogni opera riformatrice e fors'anche il suo rigore gli alienarono potenti famiglie del luogo che chiesero un sindacato sul suo operato, da cui egli peraltro uscì con piena soddisfazione e anche con la condanna dei detrattori. I fastidi del governo in un piccolo centro periferico non lo isolarono però dalla vita culturale del suo tempo: si faceva mandare libri, conservava o allacciava fecondi rapporti con eruditi ed intellettuali, seguiva attentamente la polemica sulle lamie sollevata dal Tartarotti. Subito dopo la sentenza a lui favorevole, il 5 giugno 1758, rinunciò al governo e venne destinato da Maria Teresa a coprire la cattedra di storia dell'Impero nell'università di Vienna e nominato consigliere di reggenza dell'Austria Inferiore e quindi, nel 1759, sovrintendente degli studi di umanità e belle lettere e consigliere nella commissione per gli affari degli studi delle province ereditarie.
Attivo riformatore, emanò nuovi piani per il regolamento degli studi, stampò nuovi corsi, visitò personalmente le scuole e dette il suo contributo ai lavori della neonata deputazione milanese per i nuovi statuti e regolamenti scolastici; del 4 febbr. 1764 è il decreto imperiale sulla riforma delle scuole di umanità cui segue il programma, steso dal D. (Instructio pro scholis humanitatis) e distribuito manoscritto in tutte le scuole. Della sua attività di docente universitario sono testimonianza la prolusione, Oratio de comparata cum disciplinis aliis historiarum praestantia, habita 3. idus nov. 1758 (Vindobonae 1759, poi ristampata nella Nuova Raccolta..., XXXI, Venezia 1777, op. IX) e le Positiones iuridicohistoricae de systemate Imperii Romanorum Germanici ad usum Collegiorum Publicorum (Vindobonae 1763), che trattano dell'origine e fondamenti giuridici dell'Impero romano-germanico da Carlo Magno a Carlo V e mancano di una progettata seconda parte. Esperto conoscitore della Bibbia, dei Padri della Chiesa, dei teologi medievali, fu in corrispondenza con Bottari, Muratori, Maffei, Mazzuchelli, Querini e altri eruditi della sua epoca; si occupò di storia longobarda, epigrafia e topografia del Trentino (preparò, ma non condusse a compimento, un trattato De Tridentinis antiquitatibus), raccolse notizie per una biografia su Sesto Festo Rufo e su Valerio Messalla Corvino, progettò uno studio su Senofonte Efesio e un trattato De caussis Imperii Germanorum Romani, mai realizzato. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: l'Historia critica de forma Boiorum ducatus sub stirpe Agilulfingica (in Nuova Raccolta..., XXIX, Venezia 1776, op. V), De rebus circa usum calicis pro Germania in Tridentino Concilio et in Salisburgensi Archiepiscopatu gestis (ibid., op. VI), il Commentarium de vita, fatis, operibus et opinionibus Francisci Pucci (ibid., XXX, Venezia 1776, op. XI), prima biografia documentata del noto eretico fiorentino convertito al cattolicesimo e morto a Salisburgo, l'opuscolo Delle lodi del cardinale Angelo M. Querini (Vienna 1764), l'Oratio de optima episcopi forma (Nuova Raccolta..., XXXI, Venezia 1777, op. XIII, ristampata a Venezia nel 1779 in appendice alle Archiepiscoporum Salisburgensium res..., pp. ccxxvii-ccxliii) e il Soteria Augustalia Dithirambus (Vindobonae 1767) scritto per la guarigione dal vaiolo dell'imperatrice Maria Teresa.
Il D., che si era sposato in età avanzata nel 1761 con Maria Chiara d'Haering di Graz, morì a Vienna il 27 ott. 1768.
Un elenco completo degli opuscoli a stampa e dei manoscritti del D., questi ultimi da lui distrutti in un accesso febbrile negli ultimi giorni di vita, si trova nella biografia del fratello Lazzaro (Della vita..., pp. 234 ss.) e nella F. Lazzari de Gasparis Praefatio ad opuscola posthuma Ioannis Baptistae de Gasparis (in Nuova Raccolta..., XXIX, Venezia 1776, op. IV).
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