BASSI, Giambattista
Figlio di Francesco e di Rosa Barbieri, nacque a Massalombarda il 20 febbr. 1784. Trasferitosi a Bologna, vi frequentò l'Accademia di Belle Arti e verso il 1810 cominciò a partecipare alle prime importanti mostre collettive. Nello stesso anno, con il quadro Il paese, vinse un pensionato triennale a Roma. Qui divenne compagno di T. Minardi e di G. Monti e strinse amicizia con il Canova e soprattutto con Pietro Giordani, che familiarmente lo chiamava "Bassino". Fu appunto il Giordani che, anirnirandone le qualità pittoriche ed umane, lo sostenne e lo incoraggiò in tutti i modi, introducendolo nell'ambiente artistico, culturale e mondano della città, e gli procurò la prima importante commissione di due quadri per il sovrano di Napoli.
Il B. predilesse fin dall'inizio della sua attività il paesaggio e per questo fu definito ai suoi tempi "maestro del verismo", perché amava ispirarsi direttamente alla natura interpretandola con finezza e spontaneità. Tali caratteri appaiono evidenti nelle tre tavole che rappresentano la Campagna nelle ore del mattino (il tempio di Diana con il lago di Albano, che fu acquistato da un conte Esterházy), La campagna nelle ore del mezzodì (la grotta di Posillipo, della quale furono dipinti vari esemplari, l'originale per Enrico dì Prussia, una replica per il principe Hercolani di Bologna; il Perticari inoltre, quando nel 1819 descrive le tre tavole, accenna a un sesto esemplare eseguito per il conte Archinto di Milano), La campagna nelle ore della sera (gli Orti farnesiani al Palatino).
Massimo d'Azeglio ammirò molto la pittura del B. e nel Ricordi lo pone tra i principali paesisti europei; Giulio Perticari ne lodò con entusiasmo l'opera ricordando come vari suoi lavori fossero in collezioni europee e americane. Ma negli ultimi anni della sua vita il B., dimenticato dal pubblico, cadde in povertà. Vanamente egli chiese aiuti, anche alla sua stessa città natale, e invano il suo allievo prediletto, il Magni, cercò di suscitare intorno a lui nuovo interesse. Trascorse i suoi ultimi anni nell'oblio, pur continuando nel lavoro, che non abbandonò fino alla morte, avvenuta a Roma il 5 luglio 1852.
Il B., pur nella lunga residenza romana, conservò intatto il ricordo della sua terra e dei primi orientamenti pittorici in essa ricevuti. Assai giovane, infatti, aveva seguito l'insegnamento del paesista Vincenzo Martinelli: ed è certo che l'artista continuò con delicato sentire la tradizione del paesaggio bolognese e ne tradusse molti aspetti nel linguaggio del suo tempo, trasmettendo così nell'Ottocento un filone importante e sensibile della secentesca pittura italiana.
Il soggiorno romano dovette potenziare e valorizzare tali caratteri: infatti, dai suoi paesaggi migliori, fini e ricchi di delicate sfumature, sembra affiorare, in senso genuino e schietto e non per sola imitazione, la visione serena e lùnpida del paesaggio del nostro Seicento.
Tutto questo conferisce al B., anche se non in modo clamoroso, un significato ben definito e per sé stante nella pittura italiana dei primo Ottocento, lontano dal neoclassicismo ortodosso e, più tardi, dall'elifatica retorica del post-neoclassicismo. E ciò soprattutto per la semplicità di una visione serena e idillica e la. sincerità della rappresentazione di una natura senza ombre le senza torinento, che egli seppe più di ulia volta raffigurare liricamente.
Ciò è anche più evidente nei suoi dipinti conservati nel Museo Thorvaldsen di Copenaghen e lì posti per documentare un aspetto del neoclassicismo italiano: ma essi, confrontati con le altre opere più strettamente neoclassiche che sono loro vicine, rivelano caratteri che quasi lì avvicinano alle soglie del Romanticismo, richiamando al ricordo la più tarda. scuola di Posillipo.
Tra le opere più note del B. sono da ricordare: al Museo Thorvaldsen di Copenaghen Foresta presso un corso d'acqua, datata 1816; Viottolo tra case e muro di cinta (1820); Rovine al Palatino; Sentiero nel bosco (1824); all'Accademia di Belle Arti di Ravenna Castel Gandolfo, firmato e datato (1851); Rocce, firmato; Il bosco di Papigno. Alla Pinacot. di Brera è conservata la Veduta della Valle dell'Aniene e alla Galleria Nazionale d'arte moderna di Roma Villa Pamphili e la Salita di Ariccia (lascito principessa Ruffo di Motta Bagnara).
Bibl.: G. P. [G. Perticari], Pittura di paesi, G. B. B., in Giornale arcadico, II, (1819), pp. 277 ss.; Tambroni, Pittura di paesi, B. bolognese, ibid., VIII, (1820), pp. 251-255; E. Lovery, Due-paesaggi di G. B. da Massalombarda, in Memorie romane di antichità e di belle arti, III (1826), pp. 406-10; T. Barberi, in Giornale arcadico, C (1844), p. 363; A. Monti, Lo studio del pittore B. Lettera all'avvocato D. Taglioni, in L'Album, XVIII (1851), pp. 351 s.; Id., Cenni sulla vita di G. B., ibid., XIX (1852), pp. 274 s.; B. Magni, Sopra due dipinti di G. B., in Prose d'arte, Torino 1875, pp. 97-109; M. d'Azeglio, I miei ricordi, Torino 1921, p. 89; P. Giordani, Lettere, Bari 1937, 1, pp. 56, 57, 61, 75 s.; L. Venturi, G. B., in Commentari, II (1951), pp. 124-126 (con ill. e bibl. ulteriore); Id., Lezioni di storia dell'arte moderna. La pittura dell'Ottocento (dispense), Roma 1954, pp. 53 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 14; Encicl. Ital., VI, p. 34.