SURIAN, Giacomo
– Nacque a Venezia il 25 settembre 1529, terzo degli otto figli maschi di Agostino di Michele e di Chiara Dolfin di Alvise. Il padre morì a Creta, dove si trovava come capitano e viceduca, attorno al 1545; più prestigiosa fu invece la carriera di suo fratello Antonio, che fu ambasciatore in varie corti europee.
Raggiunto il requisito dell’età, Surian fu savio agli Ordini per il semestre ottobre 1554-marzo 1555 e poi ancora, per lo stesso periodo, nel 1555-56. Delegato al fratello Gerolamo il compito di assicurare la continuità del casato (che peraltro si sarebbe estinto nella seconda metà del XVII secolo), negli anni che seguirono Surian si accostò saltuariamente alla politica, per dedicarsi alla vita culturale e mondana in una città ricca di tali eventi. Fece parte pertanto della prestigiosa Accademia della Fama, quindi (2 dicembre 1559) venne eletto ambasciatore presso il duca di Ferrara in occasione della successione al trono di Alfonso II d’Este.
Fu una missione di rappresentanza, quasi una preparazione in vista della successiva ambasceria cui venne destinato il 2 novembre 1563; la sede era la Francia, ove due anni prima aveva sostenuto la legazione suo cugino Michele, per cui Giacomo conosceva bene la situazione politica del Paese e i personaggi emergenti della corte con i quali avrebbe dovuto rapportarsi.
Erano in corso le guerre di religione e il giovane sovrano Carlo IX, coadiuvato dalla madre Caterina de’ Medici, si muoveva fra le difficoltà di un regno lacerato fra ugonotti e cattolici, questi ultimi aiutati dalla Spagna e da Pio V, che premeva per un’applicazione integrale dei dettami del Concilio tridentino. Per questa ragione Surian non fu ricevuto dai sovrani nella capitale, ma a Lione, nel corso di un lungo viaggio che essi stavano compiendo nelle regioni liberate dai protestanti. Pertanto il 12 giugno 1564 assistette assieme al predecessore, Marcantonio Barbaro, al solenne ingresso di Carlo e Caterina nella città vittima delle «infinite crudeltà» perpetrate dagli ugonotti, che avevano devastato le chiese, rubato gli arredi sacri, profanato gli altari, imprigionato i sacerdoti (Archivio di Stato di Venezia, Senato, Dispacci, Francia, filza 5, n. 100).
Da Lione i sovrani, e Surian con loro, si portarono ad Avignone, Tolosa e altre città della Provenza, evitando di recarsi a Parigi, dove più forti erano i contrasti tra la fazione cattolica riconducibile al cardinale di Lorena, Carlo di Guisa, e quella protestante facente capo al maresciallo François de Montmorency. Da Tolosa la corte si spostò a Bordeaux, dove rimase sino al 20 maggio 1565 per poi ritornare in Provenza, a Bayonne, onde consentire alla madre del re di incontrare l’amata figlia Elisabetta, moglie del re di Spagna, Filippo II. Premesso che i dispacci di Surian, normalmente alquanto stringati, presentano una lacuna fra il 13 dicembre 1565 e il 5 marzo 1566, non sembra che egli sia mai stato a Parigi, poiché i sovrani continuarono a tenersene lontani, soggiornando in varie località della costa atlantica (La Rochelle, Nantes) e, più a lungo, del Borbonese (Moulins, Nevers). In subordine alla politica interna, largo spazio nella primavera del 1566 è dedicato, nei dispacci, alle vicende scozzesi, dove la regina Maria Stuart viveva analoga situazione a causa del conflitto religioso, complicato da personali vicende sentimentali. Il quadro si era a tal punto aggravato che il 17 aprile 1566 egli scriveva al Senato che: «bisognò se la regina volse [...] salvarsi, che uscisse per una finestra, perché la avevano fatta come prigioniera. Ha scritto due lettere a mons. ill.mo di Lorena suo zio, le quali sono così piene di compassione, ch’a pena [i reali di Francia] hanno potuto nel leggerle contenir le lagrime» (ibid., filza 6, ad diem).
Non dissimile la realtà fiamminga, come riferiva il 1° settembre 1566: «Vanno di giorno in giorno tanto accrescendosi li disordini nella Fiandra, per l’insolentia degli heretici, che molto presto è da temere dover veder in quel paese una tragedia simile a questa di Franza» (ibid.). Né furono solo frasi di circostanza, perché Surian, come avrebbe testimoniato la sua vita futura, sentì con profondo turbamento il dramma che si stava consumando. Scrisse il suo ultimo dispaccio da Bourbon, il 19 febbraio 1567, e tornò a Venezia con le insegne di cavaliere, ma non fece la relazione, forse perché era ancor fresca la memoria di quella stilata dal cugino Michele.
Senatore dall’ottobre del 1567, il 7 febbraio 1568 era nominato per un biennio riformatore dello Studio di Padova, carica cui solitamente venivano chiamati patrizi provvisti di buona cultura. I lavori per il completamento dei loggiati del Bo si trascinavano fra ripensamenti e ristrettezze finanziarie, per cui Surian preferì dare la priorità all’allestimento dell’orto botanico, ove poté valersi della competenza del prefetto, Melchiorre Guilandino.
La carica di riformatore dello Studio era compatibile con altre, e così Surian assunse quella di savio di Terraferma per il primo semestre degli anni 1568, 1569 e 1570, e fu anche ‘tansador’ della Camera dei XXV (3 novembre 1568), provveditore alle Fortezze (28 ottobre 1569-30 settembre 1570), procuratore sopra gli Atti del sopragastaldo (10 agosto 1570), esecutore delle deliberazioni del Senato (5 maggio 1571-4 maggio 1572), savio di Terraferma dall’ottobre al dicembre 1571, sopraprovveditore alle Pompe (5 gennaio-30 settembre 1572), membro del Consiglio dei dieci dal 2 marzo 1572, savio di Terraferma per il secondo semestre del 1572, nuovamente riformatore dello Studio di Padova per il biennio 26 aprile 1572-25 aprile 1574; tuttavia non portò a termine il mandato perché sin dal 24 aprile 1573 era stato eletto podestà di Vicenza.
In città fiorivano le iniziative artigianali e industriali, ma la vita sociale era travagliata dalle discordie della nobiltà, nonostante l’azione del vescovo Matteo Priuli. Ispirandosi al modello di Carlo Borromeo, Priuli cercò di combattere i focolai ereticali sulla scorta dei deliberati tridentini, appoggiandosi al teologo Antonio Pagani, apprezzato consultore del S. Uffizio. Surian aveva avuto modo di conoscerlo anni prima, allorché il frate aveva tenuto un discorso presso l’Accademia della Fama; lo ritrovava ora a Vicenza e rimase colpito dal suo impegno riformatore in circostanze difficili, delle quali Surian aveva potuto toccare con mano, in Francia, le devastanti conseguenze. Non fu difficile pertanto a Pagani persuaderlo a entrare nell’Ordine dei teatini (Surian aveva anche un fratello vescovo, Bernardo), rinunciando al posto in Senato cui era stato eletto il 12 settembre 1574.
A detta di Girolamo Priuli (Genealogie famiglie nobili, b. 28, c. 5016r) Surian morì a Venezia nel maggio del 1576, ma la notizia non è confermata dai Necrologi dei provveditori alla Sanità, forse perché il registro concernente tale anno si presenta lacunoso per l’alto numero di decessi provocati dalla peste.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Libro d’oro nascite, reg. II, c. 257; Miscellanea codici, Storia Veneta, 28: G. Priuli, Genealogie famiglie nobili, b. 28, c. 5016rv; Segretario alle voci, Elezioni in Maggior Consiglio, reg. 5, c. 146v; Segretario alle voci, Elezioni in Pregadi, reg. 2, c. 12v, reg. 3, cc. 11v, 53v, 73r, 78r, 103v, reg. 4, cc. 6v, 7r, 8v, 9v, 30v, 39r, 63v, 85v, 101v, 111v; Senato, Deliberazioni, Secreti, reg. 74, c. 89r; Senato, Dispacci, Francia, filza 4, n. 107, filza 5, nn. 100-134, filza 6, nn. 1-13, 15-18, 20-27, 29-31, 33-38, 47-50, 53-55, 57; Capi del Consiglio dei Dieci, Lettere di ambasciatori, Francia 1571-1700, b. 11, nn. 42-46; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. it., cl. VII, 18 (= 8307): G.A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio Veneto, IV, cc. 106r, 107v; Mss. it., cl. VII, cod. 824 (= 8903): Consegi, reg. 12, c. 334; cod. 827 (= 8906): Consegi, reg. 15, c. 282; cod. 828 (= 8907): Consegi, reg. 16, cc. 69, 229.
E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 63, III, 1830, p. 52.