SETACCIOLI, Giacomo
SETACCIOLI, Giacomo. – Nato a Corneto (oggi Tarquinia) l’8 dicembre 1868 da Filippo, calzolaio, e da Angela Leonardi, fu compositore, didatta e saggista.
Contribuì al movimento di rinascita della musica strumentale italiana fra Otto e Novecento guardando ai modelli tedeschi, pur senza rinnegare l’appartenenza alla tradizione del melodramma, sancita dalla produzione di opere d’ispirazione verista. Un’ampia parte della sua produzione rimase inedita e andò perduta subito dopo la morte, circostanza che rende ardua una valutazione critica complessiva della sua personalità artistica.
Dopo Giacomo, i genitori ebbero cinque figli: Maria, Laura, Domenico, Maddalena e Parisia; nel 1879 decisero di trasferirsi a Roma per consentire al figlio maggiore di intraprendere lo studio del flauto presso il liceo musicale, nella classe di Filippo Franceschini. Iscrittosi nel 1880, conseguì il diploma nel 1886. Al contempo iniziò lo studio della composizione nella classe di Cesare De Sanctis, ricevendo una medaglia speciale dal ministero in occasione del diploma nel 1892. Già dal 1887 fu impiegato come flautista nelle file dell’orchestra del teatro Costanzi.
Nel 1893 ottenne, presso il Teatro drammatico nazionale di Roma, un’audizione al pianoforte della sua opera L’ultimo degli Abenceragi (12 ottobre 1893, perduta), dal dramma di Heinrich Heine Almansor, basata su una vicenda storica già messa a frutto negli Abencérages di Luigi Cherubini e nell’Esule di Granata di Giacomo Meyerbeer. A seguito dell’audizione, ricevette dalla celebre coppia di cantanti formata da Gemma Bellincioni e Roberto Stagno la commissione dell’opera La sorella di Mark, soggetto proposto dalla stessa Bellincioni e versificato da Enrico Golisciani (perduta, se ne conserva il libretto). L’opera andò in scena, con buona accoglienza, il 6 maggio 1896 al Costanzi di Roma con la stessa Bellincioni protagonista e Stagno responsabile della messinscena. A partire da quello stesso anno Setaccioli assunse l’incarico di docente di armonia nel liceo musicale S. Cecilia di Roma, cui affiancò, dal 1904, anche l’incarico di docente di composizione.
Sulla scia del successo di La sorella di Mark, Stagno affidò al compositore il compito di musicare un’Adriana Lecouvreur, ancora su libretto di Golisciani. Setaccioli ne intraprese la composizione già nel 1898, prima che Francesco Cilea avesse reso noto il suo interesse per il medesimo soggetto; ma l’opera venne completata solamente nel 1903, dopo il debutto dell’omonimo, acclamato melodramma del compositore calabrese. Visto il trionfo di Cilea, Setaccioli decise di ritirare il proprio lavoro: la sua Adriana, oggi perduta, rimase ineseguita.
In questi anni iniziò anche ad approfondire l’interesse per la musica antica e nel 1901 pubblicò il madrigale a voce sola accompagnata Sede d’amore (in Le cronache musicali, II (1901), 17, pp. 141-143), seguito dai Tre madrigali op. 9 (Roma 1902), una raccolta che si inserisce nel filone del nascente neomadrigalismo; seguirono poi Due mottetti (Roma 1915). Nel 1904 sposò Stefania Ines Quintini di Collalto, dalla quale ebbe sei figli, fra i quali Alba Maria, che intraprese la carriera di attrice e ricoprì incarichi di insegnamento presso l’Accademia di arte drammatica di Roma. Gli altri figli furono Angela, Brunilde, Filippo e Giorgio e una sesta figlia morta in tenera età.
Setaccioli si dedicò spesso anche alla composizione di musica sacra: il primo lavoro importante in questo campo è una Messa da requiem per coro e orchestra, composta nel 1905 in memoria di re Umberto I, dedicata alla regina Margherita. Un secondo Requiem per quattro voci miste fu composto nel 1914, risultando vincitore di un concorso di composizione indetto dalla Reale Accademia filarmonica romana, istituzione di cui Setaccioli assunse la direzione artistica nel 1920-21. La pagina sacra fu eseguita al Pantheon il 14 marzo 1914 e ripresa nel 1920.
Nel 1906 apparve il suo primo contributo rilevante in ambito didattico, la traduzione italiana del Manuale di armonia di Hugo Riemann, cui seguì una nutrita serie di scritti di carattere didattico e di critica musicale. Fra gli scritti più importanti vi fu il saggio Debussy è un innovatore? (Roma 1910): Setaccioli, pur riconoscendo l’originalità dello stile musicale del compositore francese, negò che la sua musica rappresentasse una valida alternativa al linguaggio musicale tradizionale, peccando d’indefinitezza melodica, monotonia, assenza di forma, eccessiva uniformità timbrica. In questo, come negli scritti successivi, emerge la parziale avversione di Setaccioli nei confronti dei nuovi linguaggi sperimentali e la propensione verso un più cauto modernismo. Tale posizione si manifesterà anche in una serie di scambi polemici con Alfredo Casella, apparsi rispettivamente sulle riviste Musica e Orfeo.
Negli anni successivi Setaccioli si concentrò soprattutto sulla produzione di musica strumentale: nel 1907 compose il poema sinfonico La morte di Gaulo (inedito, perduto), su soggetto tratto dai Canti di Ossian. Debuttò con successo all’anfiteatro Corea il 12 aprile 1908, sotto la direzione dello stesso autore; fu in seguito eseguito a Berlino (18 dicembre 1909) alla Sing-Akademie, con lusinghiere recensioni che ne misero in evidenza la raffinata strumentazione e sottolinearono l’insolitamente ampio utilizzo di sassofoni e flicorni. Altri lavori importanti in ambito strumentale furono il Quartetto d’archi in sol minore op. 18 (composto nel 1910; Firenze 1912), la Sinfonia in la maggiore (1916, inedita, perduta) e la Sonata per clarinetto e pianoforte in mi bemolle maggiore op. 31 (Milano 1921). La sinfonia, composta nel 1916 ed eseguita il 6 gennaio 1918 all’Augusteo sotto la direzione di Bernardino Molinari, fu salutata come segno di rinnovata vitalità della produzione strumentale italiana. L’ampia analisi offertane da Giulio Cesare Paribeni (1919) consente di riconoscerne i debiti contratti con lo stile di Giuseppe Martucci e di apprezzarne il saldo impianto formale. Il capolavoro di Setaccioli va probabilmente individuato nella Sonata per clarinetto, pagina d’ispirazione brahmsiana, ma non esente da influssi francesi. È divisa in tre movimenti dotati di un titolo (Meriggio, Notturno, Alba), preceduti da alcuni versi tratti dal sonetto di Giosue Carducci Sole e amore (Rime nuove, II, XXI, 1872). Non vi si ravvisano però tracce di descrittivismo musicale, bensì una fedele adesione alle forme classiche. Fu eseguita per la prima volta alla sala Sgambati di Roma da Lucio Jucci (clarinetto) e Augusta Coen (pianoforte) il 25 febbraio 1921.
Nel 1915 Setaccioli entrò a far parte dell’Accademia dell’Arcadia; nello stesso anno gli fu affidato il corso libero d’istrumentazione e orchestrazione presso l’Accademia di S. Cecilia. Frutto di quel corso furono i saggi Intorno all’arte dell’orchestrare (Roma 1916) e Lezioni d’istrumentazione e orchestrazione (Roma 1916). Nel 1916 tornò a progettare un lavoro operistico, ottenendo da Sem Benelli il permesso di musicare Il mantellaccio, un dramma ambientato nella Firenze cinquecentesca incentrato sul tema del rapporto tra poesia aulica e poesia popolare. L’opera fu completata nel 1923; per la parte del tenore protagonista (il Novizio) Setaccioli contattò Beniamino Gigli, ottenendone la scrittura. L’opera non venne però mai rappresentata, in seguito alla morte del compositore; grazie all’interessamento di Guido Pannain, ne fu fatta un’esecuzione radiofonica parziale nel 1954, sotto la direzione di Alfredo Simonetto. Nel 1917 Setaccioli si confrontò anche con la nascente arte cinematografica componendo il commento musicale per il film muto Fabiola (1918), su soggetto di Fausto Salvatori e diretto da Enrico Guazzoni per la Palatino film (perduta la partitura).
Di una certa consistenza fu anche la produzione di brani vocali da camera, fra i quali di qualche interesse sono i Cinque canti giapponesi (Milano 1922) e i Canti popolari romani (Roma 1925). Nel 1922 Setaccioli fu nominato titolare della cattedra di fuga e composizione nel Conservatorio di S. Cecilia, dove insegnò fino alla morte; dal 1923 ricoprì l’incarico di vicedirettore. Nel 1925 ricevette l’incarico di direttore del Conservatorio L. Cherubini di Firenze, succedendo a Ildebrando Pizzetti. Fra i suoi allievi più notevoli vi furono Vittorio Gui, Oliviero de Fabritiis, Mario Rossi, Renzo Rossellini, Carlo Zecchi.
Morì il 5 dicembre 1925, colto da infarto, mentre presenziava a un concerto di sue musiche presso l’Accademia Chigiana di Siena, su invito del conte Guido Saracini. Il 28 febbraio di due anni prima era rimasto vedovo. La perdita di buona parte delle sue composizioni ha gravemente ostacolato la diffusione del suo nome. La Sonata per clarinetto è l’unica composizione che oggi può vantare una certa frequenza di esecuzione.
Opere. Oltre a quelle citate nel testo: Nonetto per due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti e corno (prima esecuzione 12 gennaio 1895, diretta da Ettore Pinelli nella sala Dante; inedito, perduto); Ouverture per grande orchestra, 1898 (eseguita il 15 dicembre 1902 presso il liceo musicale S. Cecilia, Roma); Allegro di concerto per pianoforte e orchestra op. 17 (Firenze 1908); Preludio e fuga per organo op. 19 n. 1 (Roma 1913); Raccolta di dodici trascrizioni di autori classici per strumenti a fiato (Milano 1913); Cantabile per quattro violoncelli sul preludio della prima Sonata per violoncello di Bach (Milano 1922); Poema drammatico per violino e pianoforte (Milano 1923); Poema lirico per due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti, pianoforte (1924, inedito, eseguito nel maggio 1925). Scritti critici: Sull’indirizzo dello studio della moderna composizione musicale, Roma 1908; Il contenuto musicale del Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, Roma 1920; Note ed appunti al trattato d’armonia di Cesare De Sanctis in rapporto allo sviluppo della armonia moderna, Milano 1923; Studi e conferenze di critica musicale, Roma 1923.
Fonti e Bibl.: G.C. Paribeni, Echi di una sinfonia italiana, in Rivista musicale italiana, 1919, vol. 26, pp. 361-380; Id., Sonata in mi bemolle maggiore per clarinetto, ibid., 1921, vol. 28, p. 738; A. De Angelis, L’Italia musicale d’oggi: dizionario dei musicisti, Roma 1928, p. 466; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, II, Milano 1938, p. 502; R. Allorto - A. Ferrari, Dizionario di musica, Milano 1959, p. 466; G. S., a cura del Comune di Tarquinia, Roma 1969 (edizione ampliata a cura di M. D’Alessandro, Tarquinia 1995); V. Terenzio, La musica italiana nell’Ottocento, Milano 1976, pp. 452, 568 s.; M. Špendal, Maribor – prizorisce dogajanja v pogresani operi “La sorella di Mark” italijanskega skladatelja Giacoma Setacciolija (Maribor – luogo di ambientazione della “Sorella di Mark”, un’opera perduta del compositore italiano G. S.), in Muzikoloski Zbornik, XXI (1985), pp. 51-59; R. Zanetti, La musica italiana nel Novecento, I-II, Busto Arsizio 1985, ad ind.; R. Cognazzo, S., G., in Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti. Le biografie, VII, Torino 1988, pp. 242 s.; A. Quattrocchi, Storia dell’Accademia Filarmonica romana, Roma 1991, ad ind.; G. Sanguinetti, Un secolo di teoria della musica in Italia. Bibliografia critica (1850-1950), in Fonti musicali, II (1997), p. 228; E. Simi Bonini, Feste, concerti, matrimoni e cerimonie religiose alla corte dei Savoia (1861-1926), in Musica se extendit ad omnia. Studi in onore di Alberto Basso, a cura di R. Moffa - S. Saccomani, Lucca 2007, p. 760; M. De Santis, Aspetti della lirica da camera su testi di d’Annunzio, in D’Annunzio musico immaginifico, a cura di A. Guarnieri - F. Nicolodi - C. Orselli, Firenze 2008, p. 249; M. Giustini, La Teoria semplificata dell’armonia di Hugo Riemann, Bologna 2014, pp. 15-17, 35 s., 40-42, 56; A. Sessa, Il melodramma italiano, 1901-1925, Firenze 2014, pp. 829 s.; A. Rostagno, Stile del linguaggio musicale nella “Francesca da Rimini”. Arcaismo e modernismo europeo, in Meravigliosamente un amor mi distringe. Rivisitazione di Francesca da Rimini a cent’anni dalla prima, a cura di F. Fortunato - I. Comisso, Rovereto 2017, p. 336.