Scultore (Palermo 1656 - ivi 1732). Formatosi a Palermo nella tradizione artigiana dello stucco, seppe raffinarne la tecnica, portandola a mezzo espressivo di autentico e altissimo valore. Richiami alla cultura barocca romana (non necessariamente recepita con un soggiorno a Roma) e più ancora a quella contemporanea napoletana s'intrecciano, nelle opere di S., con riferimenti alla traccia lasciata a Palermo dai Gaggini, oltre che alla statuaria classica; con esuberanza inventiva egli riuscì ad affiancare, temperati da estrema leggiadria e grazia, motivi dal vero e dalla fantasia, dispiegando nelle sue decorazioni putti, eleganti allegorie, ornati, rilievi prospettici, inquadrati come "teatrini". La sua prima realizzazione palermitana pervenutaci è l'oratorio della Madonna del Deserto in S. Mercurio (1678), cui seguirono alcune opere perdute, come l'Oratorio della Carità in S. Bartolomeo degli Incurabili (1679) e il monumento equestre a Carlo II a Messina (rimane un bozzetto in bronzo, 1680-81, nel museo Pepoli di Trapani) e gli altari per il transetto della chiesa del Carmine (1684): nelle spirali delle gigantesche colonne salomoniche si annidano scene ricche di figure già segnate da elegante linearità. Evidente è qui anche il rapporto con l'architettura effimera e la familiarità con architetti come P. Amato e G. Amato, elementi che si devono tener presenti per le opere successive, prevalentemente decorazioni di oratorî, che mostrano una sempre più controllata strutturazione compositiva: oratorî del Rosario in S. Zita (iniziato nel 1686; la parte absidale realizzata nel 1717), di S. Francesco in S. Lorenzo (1700-1705), del Rosario in S. Domenico (1710 circa -17), ecc. Sue opere anche ad Agrigento e Alcamo. Della bottega di S., che operò anche in altre città della Sicilia (Messina, Alcamo, ecc.), fecero parte il fratello Giuseppe (1653-1718) e il figlio Procopio (1677 circa -1755).