SAVELLI, Giacomo.
– Nacque a Roma il 28 ottobre 1523 da Giovan Battista e da Costanza Bentivoglio.
Imparentato con i Farnese – la nonna materna era Camilla Farnese – godette, fin dalla giovinezza della protezione di Paolo III che lo inviò a Padova, dove conseguì la laurea in utroque iure e fu quindi avviato alla carriera ecclesiastica. A sedici anni, nel 1539, grazie anche al sostegno della fazione farnesiana e del cardinale Alessandro Farnese, fu creato cardinale diacono con il titolo di S. Lucia in Settisolio che mutò, nel corso della sua lunga carriera, con altri titoli: S. Lucia in Selci, Ss. Cosma e Damiano, S. Nicola in Carcere. Dal 5 novembre 1540 al 19 novembre 1554 amministrò la diocesi di Nicastro e dal 29 maggio 1555 fu vescovo di Gubbio fino al 6 febbraio 1556, ma l’anno seguente rinunziò a questa sede episcopale in favore del fratello Mariano e riprese la diocesi di Nicastro – nella quale fra il 19 novembre 1554 e il 6 febbraio 1556 si era insediato il fratello Mariano – che mantenne fino al 26 gennaio 1560. Nel 1545 era stato nominato vescovo di Teramo (15 aprile 1545-26 maggio 1546). Fu legato della Marca dal 1551 al 1555, dove si adoperò anche per difendere le coste dagli assalti dei turchi.
Paolo IV, nel 1557, lo chiamò a far parte della congregazione dell’Inquisizione e come membro del S. Uffizio firmò gli atti del processo contro Pietro Carnesecchi sotto papa Carafa: dalla citazione del protonotario (25 ottobre 1557) alla sentenza di contumacia (24 marzo 1558) fino alla condanna (6 aprile 1559). Fu invece escluso dalla congregazione che esaminò, nell’aprile del 1559, la causa del cardinale Giovanni Morone, sebbene avesse preso parte regolarmente alle precedenti sedute. Il 19 gennaio 1560 fu nominato vicario di Roma da Pio IV che, nella riforma dei tribunali romani, aveva stabilito che la carica fosse affidata a un cardinale. Fin dall’inizio mise in atto una serie di provvedimenti in linea con i principi tridentini per ridurre gli abusi, moralizzare il clero, disciplinare il culto delle reliquie e, soprattutto, rimodellare e sostenere le funzioni pastorali dei parroci, come mostrano bandi ed editti firmati da Savelli che riguardano il controllo e il governo dell’ordine e della morale nella città di Roma. Il 26 gennaio 1560, grazie all’intervento del cardinale Alessandro Farnese, gli era stata assegnata la diocesi di Benevento.
Non era presente nella città quando, nel 1566, scoppiò il tumulto contro la bolla dell’Inquisizione e i processi seguiti a questi disordini furono gestiti dalle autorità cittadine e dal suo vicario. Visitò la diocesi solo nel 1567, a causa della sua presenza in numerose congregazioni romane e per l’impegno nelle visite, compiute con il papa alle chiese dell’Urbe, e vi tenne il sinodo e un concilio provinciale per provvedere all’attuazione dei decreti tridentini. Tornò a Benevento nel 1571 proprio per verificare l’applicazione e il progresso dell’opera di riforma affidata a un suo vicario, ma anche per dar forza al processo di accentramento dell’autorità pontificia anche nel Beneventano.
Nel 1561 fu promosso cardinale prete con il titolo di S. Maria in Cosmedin. Nel 1562, quando furono portati a dieci i membri della congregazione dell’Inquisizione, Pio V chiamò anche Savelli a farne parte: in essa si occupò principalmente della corrispondenza con vicari e inquisitori periferici come mostrano, a esempio, le missive inviate agli arcivescovi di Napoli o ai loro vicari riguardo a casi di stregoneria, eresia, poligamia. Nel 1565 fu deputato da Pio IV a far parte della congregazione cardinalizia incaricata della fondazione del Seminario romano.
Fu molto legato alla Compagnia di Gesù e, nella chiesa del Gesù, aveva iniziato a far costruire una cappella nel transetto sinistro, da ornare con marmi preziosi e con un crocifisso scolpito, ma alla sua morte non era ancora finita. Lasciò agli eredi una somma cospicua con il legato di terminarla, ma sull’eredità gravava una causa che non permise il compimento del progetto. Fece restaurare la porta principale della basilica lateranense e ad Albano, feudo della famiglia, avviò la costruzione della chiesa di S. Pietro. Mutato il titolo di S. Maria in Cosmedin con quello di S. Maria in Trastevere, nel 1577 fu creato cardinale vescovo di Sabina, l’anno seguente di Tuscolo e nel 1583 di Porto. Seguace di Filippo Neri, elargì in seguito «molti favori» alla Congregazione dell’oratorio. Nel 1577, alla morte del cardinale Scipione Rebiba, in quanto decano del S. Uffizio, divenne inquisitore maggiore. Partecipò, come vicario, alla congregazione voluta da Pio V per provvedere alla riforma del clero romano e, nel 1574, fece parte della congregazione per «ridurre le cerimonie all’uso antico e levar gl’abusi nella venuta de’ principi, et di molt’altre cose» (Noto, 2003, p. 68), divenuta in seguito la congregazione del Cerimoniale.
Nella sua attività inquisitoriale fu particolarmente legato al cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santori, con il quale collaborò attivamente nel controllo e repressione di eresie, superstizioni e stregoneria. Si occupò dell’esame delle opere di Michele Bajo e il 30 gennaio 1580 firmò l’istruzione per la loro censura inviata al teologo Francisco de Toledo Herrera. Nel conclave del 1585 fu proposto fra i papabili dalla fazione farnesiana, ma sulla sua candidatura gravava una fama negativa, diffusa dagli oppositori, che gli attribuiva diversi figli naturali. In realtà Savelli era considerato un alter ego di Alessandro Farnese (Visceglia, 2013, p. 346) e su di lui pesava l’esclusiva della fazione medicea guidata dal cardinale Ferdinando de’ Medici. Savelli inoltre era ascritto alla fazione spagnola, come testimoniavano i suoi rapporti con l’ambasciatore di Filippo II a Roma, il conte di Olivares Enrique de Guzmán.
Proprio il solido e duraturo rapporto con il cardinale di Santa Severina condizionò negativamente, anche in seguito, l’atteggiamento di Sisto V nei suoi confronti: nel 1586, contro ogni prassi, il papa inviò memoriali di pertinenza del S. Uffizio direttamente a Santori e non al decano Savelli. Come ricorda proprio il cardinale di Santa Severina, «alcuni giudicavano ch’egli [Sisto V] facesse ciò per dishunire la stretta amicitia ch’era fra il Signor Cardinale Savello e me» (Autobiografia, in Vita del card. Giulio Antonio Santori..., 1890, p. 174). Il 10 giugno 1587, quando si aprì il processo per la canonizzazione di Felice da Cantalice, Savelli in qualità di vicario, delegò il vescovo Giulio Ricci come suo rappresentante.
Morì a Roma il 5 dicembre 1587 e, ancora una volta, Sisto V dette prova del suo rancore nei confronti del farnesiano Savelli quando il «suo testamento fu dal papa, per denari, vigliaccamente e brutalmente annichilito e guasto» (p. 181). Fu sepolto nella chiesa del Gesù e l’iscrizione commemorativa fu fatta apporre nel 1694 dal principe Giulio Savelli. Il suo ritratto, opera di Scipione Pulzone, si conserva nella Galleria Corsini a Roma.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, S. O., Decreta (ad annos); Archivio storico del Vicariato, Atti della segreteria, 2, Liber variarum, secc. XVI-XVII; 38, Liber edictorum, 1566-1607, cc. 13r- 96v; Bandimenta, Liber edictorum, 1566-1587, cc. 3v-59v; Bandimenta, Edicta Vicarii Urbis, 1566-1609, cc. 1r-7v, 125r-135v, 141r-143v, 153rv, 154r-155r, 163rv, 169r-170v, 173rv, 187r, 234r-235v, 197rv, 209r, 225r, 229r-230v, 243r-244r; Biblioteca Angelica, Mss., 215, cc. 3r-7v; 895, ins. 11, cc. 51r-53v; Decreta edita in Synodo Beneventana anno Domini MDLXVII ill.mo et rev.mo D. Iacobo Sabello, tit. S. Mariae in Cosmedin S.R.E. Presbytero Card.li Beneventanae Ecc.ae Arch.po, Romae 1567; Pompei Ugoni romani oratio in funere Iacobi Sabelli cardinalis Summi Pontificis Vicarij et generalis Inquisitoris habita in templo Iesu farnesiano X kal. Ianuarij MDLXXXVII, Romae 1587; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edifici di Roma..., X, Roma 1877, p. 482 n. 801; Vita del card. Giulio Antonio Santori detto il card. di Santa Severina composta e scritta da lui medesimo, a cura di G. Cugnoni, in Archivio della R. Società di storia patria, XII (1889), pp. 329-373; XIII (1890), pp. 151-205; Il primo processo per San Filippo Neri..., a cura di N. Vian - G. Incisa Della Rocchetta, I-IV, Città del Vaticano 1957-1963, ad ind.; Il processo di Domenico Morando, Documenti, in Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone. Edizione critica, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, Roma 1981-1995, V, p. 445; R. Lefevre, Ricerche e documenti sull’Archivio Savelli, Roma 1992, ad ind.; Ch. Weber, Legati e governatori dello Stato Pontificio, Roma 1994, p. 600; G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), Bologna 1997, pp. 127, 134, 136; I processi inquisitoriali di Pietro Carnesecchi (1557-1567). Edizione critica, a cura di M. Firpo - D. Marcatto, I-II, Città del Vaticano 1998-2000, ad ind.; S. Ricci, Il sommo inquisitore. Giulio Antonio Santori tra autobiografia e storia (1532-1602), Roma 2002, pp. 74, 115, 312, 333; Le lettere della Congregazione del Sant’Uffizio ai Tribunali di Fede di Napoli 1563-1625, a cura di P. Scaramella, Trieste-Napoli 2002, ad ind.; M.A. Noto, Tra sovrano pontefice e Regno di Napoli. Riforma cattolica e Controriforma a Benevento, Manduria 2003, ad ind.; Della giurisdittione e prerogative del Vicario di Roma. Opera del canonico Nicolò Antonio Cuggiò segretario del tribunale di Sua Eminenza, a cura di D. Rocciolo, Roma 2004, ad ind.; I. Fosi, S. G., in Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da A. Prosperi con la collaborazione di V. Lavenia - J. Tedeschi, III, Pisa 2010, pp. 1384 s.; Ch. Black, Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura, Roma 2013, pp. 134, 152, 188 s., 333; C. Mazzetti di Pietralata, Scipione Pulzone, Ritratto del Cardinale G. S., in Scipione Pulzone. Da Gaeta a Roma alle Corti europee (catal., Gaeta), a cura di A. Zuccari - A. Acconci, Roma 2013, pp. 279 s.; M.A. Visceglia, Morte e elezione del papa. Norme, riti e conflitti. L’età moderna, Roma 2013, pp. 346, 416 nota, 418 nota.