SAPONARO, Giacomo
SAPONARO, Giacomo. – Nacque a Fasano di Brindisi il 3 giugno 1906 da Arturo, commerciante, e da Angela Guarini, quartogenito dopo Palma, Elena, Luigi e prima di Vittorio.
La sua precoce inclinazione alla musica fu severamente osteggiata dal padre, che solo dopo ch’egli ebbe conseguito la maturità classica (a Conversano presso il Collegio vescovile, di cui era stato convittore), gli accordò il permesso d’iniziarne lo studio, imponendogli però due condizioni: che si sarebbe comunque laureato e che si sarebbe trasferito non a Napoli (come il desiderio del figlio e le ragioni della storia sollecitavano) ma a Firenze, dove tramite la longa manus di un suo corrispondente commerciale avrebbe potuto vigilare su di lui. Presso quel Conservatorio fu allievo di Vito Frazzi per l’armonia e di Eriberto Scarlino per il pianoforte dal 1924 al 1926, avendo fra i suoi condiscepoli Luigi Dallapiccola, con il quale contrasse in quegli anni una duratura amicizia.
Nel 1927, finalmente emancipato dall’autorità paterna, decise di trasferirsi a Milano, dove lo attirava il più ampio ventaglio di esperienze e di opportunità che quella città gli prospettava. Quivi da Ildebrando Pizzetti, ufficialmente suo docente ma anche direttore del Conservatorio, fu affidato a Mario Pilati per un’integrazione dello studio conservatoriale in materia di armonia, contrappunto e fuga; gli fu collega in questa vicenda, anch’essa fomentatrice di una forte amicizia, Gianandrea Gavazzeni. Di Pilati restò fedele discepolo anche quando, nel 1930, quegli si trasferì a Napoli per assumere in quel Conservatorio la cattedra di armonia e contrappunto e fuga; a Napoli perciò Saponaro completò il suo corso di studi musicali, conseguendo i diplomi di pianoforte (da privatista, nel 1933) e di composizione (da interno, nel 1935, con Gennaro Napoli), non senza aver prima tenuto fede all’impegno assunto con il padre: già nel 1929 si era laureato in giurisprudenza nell’Università di Milano. Ancora sulle orme di Pilati, nel 1933 vincitore a Palermo della cattedra di composizione, trascorse il biennio immediatamente successivo nel capoluogo siciliano come supplente di armonia complementare. Con la medesima qualifica tornò nel 1938 a Napoli, dove il 23 febbraio dello stesso anno aveva sposato Paola Galante (dal matrimonio nacquero Angela, Elena e Francesco Arturo).
Nominato titolare con decorrenza dall’ottobre del 1939, continuò a prestar servizio nella stessa sede fino all’agosto del 1943, quando, richiamato alle armi, fu destinato a Roma. Le vicende politiche e belliche seguite all’armistizio dell’8 settembre lo svincolarono dagli obblighi militari, ma gli impedirono di rientrare a Napoli; fu perciò temporaneamente aggregato al Conservatorio di Santa Cecilia e solo nell’ottobre del 1945 poté riprender servizio nella sua sede di titolarità, dove rimase fino al giugno del 1962, aggiungendo o avvicendando all’insegnamento di armonia complementare quelli di armonia e contrappunto (dal 1954-55 al 1957-58, per incarico) e di musica corale (dal 1959-60 al 1961-62, per comando interno). Trasferitosi a Foggia per assumervi, nel giugno del 1962, la direzione e l’insegnamento di composizione nel liceo musicale pareggiato Umberto Giordano, rientrò a Napoli l’anno dopo come titolare di armonia e contrappunto, e vi restò fino al 1967, quando chiese e ottenne di essere trasferito a Roma. Dal 1968 al 1970 fu a Reggio Calabria, incaricato di dirigervi le operazioni d’impianto del Conservatorio Francesco Cilea; la stessa funzione assolse a Potenza dal 1971 al 1972 per l’istituendo Conservatorio ch’egli stesso suggerì d’intitolare a Carlo Gesualdo. Fu in seguito direttore di ruolo nei conservatori dell’Aquila (1972-74) e di Perugia (1972-76).
Per circa un ventennio, dopo il compimento degli studi, affiancò con successo all’attività didattica quelle di compositore e di direttore d’orchestra. Fu autore di musiche vocali e strumentali. Emergono fra le prime le Tre liriche di carattere popolare per canto e pianoforte (vincitrici a Firenze, nel 1939, di un concorso bandito nella Quinta rassegna nazionale di musica contemporanea), poi rimaneggiate, ampliate e ribattezzate Quattro canti popolari napolitani per soprano e orchestra (Napoli, Teatro di San Carlo, maggio 1957); fra le seconde il Tema, variazioni e finale per quartetto, poi per orchestra d’archi, presentato alla Seconda rassegna nazionale di musica (Roma, 1937): entrambe più volte eseguite in Italia e in altri Paesi europei ed extraeuropei. Alla direzione d’orchestra s’era preparato seguendo nel Conservatorio di Napoli le lezioni di Franco Michele Napolitano; nel triennio 1939-41 seguì il corso tenuto da Bernardino Molinari nell’Accademia di Santa Cecilia. Esordì nel 1936 alternandosi con Franco Capuana sul podio del San Carlo per la direzione del balletto Il salice d’oro di Riccardo Pick-Mangiagalli; la vittoria ottenuta l’anno successivo nell’ambito di una rassegna regionale per giovani direttori indetta dal sindacato nazionale dei musicisti gli propiziò un ampio giro di concerti in Italia; né mancarono escursioni all’estero, fra le quali va almeno menzionata l’organizzazione, nel 1942, di una mostra di autografi musicali e bozzetti teatrali di autori italiani, con esecuzione di musiche sue, nella Settimana italiana indetta a Francoforte sul Meno dalla Società Dante Alighieri.
Risale al 1948 l’apertura di un quarto fronte, quello della critica musicale, nel quale fu dapprima collaboratore di Alfredo Parente nel quotidiano Risorgimento fino al 1952 e nel periodico La rassegna musicale (per la rubrica Lettera da Napoli) dal 1950 al 1956, poi titolare nell’edizione napoletana di Paese sera dal 1952 al 1962, e infine corrispondente da Napoli nella rivista Realtà del Mezzogiorno dal 1961 al 1966. Nell’esercizio di quest’attività Saponaro non si limitò a pronunciare giudizi di natura estetica o tecnica, ma ebbe sempre presente la valenza civica e politica dell’evento recensito nel suo contesto sociale: ciò lo condusse a ingaggiare talvolta polemiche anche dure, come quella – affatto solitaria – mossa nel gennaio del 1960 contro le competenti autorità cittadine e la sovrintendenza del San Carlo che avevano passivamente subito il veto imposto dalla Curia arcivescovile, per presunto ‘vilipendio alla religione’, alla messinscena del Martyre de Saint Sébastien di Gabriele D’Annunzio e Claude Debussy, che per l’occasione fu infatti ‘derubricato’ da mystère a «composizione sinfonico-corale» ed eseguito in veste di oratorio.
Dopo il 1960 l’istituzione della scuola media unica lo indusse a riflettere sul problema, allora emergente, della formazione degli insegnanti di educazione musicale, che in tale scuola veniva finalmente introdotta, e sulle modalità con le quali il conservatorio avrebbe potuto assolvere questa funzione (e ancora, in un più largo orizzonte, sulla problematica collocazione della musica nella cultura italiana).
In una relazione svolta su questo tema nel Convegno su «Musica e cultura» tenuto a Firenze e a Fiesole nel 1966 egli, dopo aver invitato i colleghi a un «severo esame di coscienza», ricordava loro il «grave limite del Conservatorio come istituto di cultura» (Musica e cultura, 1968, p. 63), e sulla base dell’assunto che «la cultura è sempre storica» proponeva un primo rimedio con un «potenziamento almeno degli studi storico-musicali» aggiungendo al già esistente biennio «necessariamente e rapidamente informativo» un secondo biennio «finalmente formativo». Propugnava poi l’istituzione di un corso di pedagogia musicale con accesso limitato a studenti già in possesso della licenza normale di composizione, modellato sull’esempio di una facoltà universitaria, ovvero affidato non a un singolo docente ma a un collegio di specialisti di singole discipline pedagogiche e storico-musicali, e avente come finalità di base quella di «potenziare al massimo la formazione culturale dei futuri insegnanti».
Nel 1970 fu eletto rappresentante del personale docente dei conservatori nella Quinta sezione del Consiglio superiore delle antichità e belle arti, e in quella sede si batté per il riconoscimento a quegli istituti della qualifica di Scuola superiore. Collocato a riposo il 30 settembre 1976, completò il cursus honorum nel 1977 con l’elezione ad accademico di Santa Cecilia; nel medesimo anno gli fu conferita dal capo dello Stato, su proposta del ministro della Pubblica istruzione, la medaglia d’oro per i benemeriti della cultura, dell’arte e della scuola.
Morì a Napoli il 23 settembre 1992.
Fonti e Bibl.: Napoli, Conservatorio di musica San Pietro a Majella, Archivio storico, San Pietro a Majella, Archivio didattico, Fascicoli alunni, f. 1021: Saponaro Giacomo; Archivio amministrativo, f. 9/B/214: M° Saponaro Giacomo Titolare di Armonia complementare (si ringrazia Tommasina Boccia per le ricerche); Roma, Archivio privato di Francesco Arturo Saponaro (che si ringrazia per le ricerche); Musica e cultura, Firenze 1968, pp. 61-67, 131-139; Il Teatro di San Carlo, a cura di R. Ajello et al., II, La cronologia 1733-1987, a cura di C. Marinelli Roscioni, Napoli 1987, pp. 559, 601, 691, 693, 699, 716, 909; G. Gavazzeni, Il sipario rosso. Diario 1950-1976, a cura di M. Ricordi, Torino 1992, pp. 113, 143, 183, 297, 381; R. Di Benedetto, Ricordo di G. S., in Nuova Rivista musicale italiana, XXVII (1993), pp. 334-337; A. Giannelli, Orazio Fiume musicista del Novecento, Bari 2005, pp. 18, 24, 38, 40, 43, 55, 86, 97, 99.