RUFFO, Giacomo
– Nacque nel 1628 da Pietro, figlio cadetto del duca di Bagnara, e da Agata Balsamo, viscontessa di Francavilla.
Dopo la morte del nonno materno Giacomo Balsamo, Agata nel 1622 si era investita del feudo e dopo qualche anno aveva sposato Pietro Ruffo. Dall’unione nacquero tre figli, Giacomo, Maria, che si monacò, e Carlo. Il primogenito, non ancora ventenne, collaborava con il padre nella conduzione degli affari (Archivio di Stato di Messina, Fondo Avarna, vol. 9, cc. 637r-638r). Agata morì nel 1648. Morto Pietro Ruffo nel 1668, Giacomo s’investì come erede della madre. Nel frattempo, nel 1659, aveva sposato Agata Ansalone.
Già con il padre era cominciata la volontà dei Ruffo di legare il loro nome a quello della città siciliana vicina al fiume Alcantara. Ma fu con il governo del nuovo visconte Giacomo, «coltissimo» e dedito per tutta la sua gioventù agli studi matematici e astronomici, ai quali era stato avviato prima in patria e poi a Pisa da Giovanni Alfonso Borelli, che Francavilla assunse una nuova configurazione urbanistica diventando una ‘corte’.
Giacomo, che è stato definito « il maggior rappresentante [...] della cultura alternativa» nell’isola (Dollo, 1984, p. 69), era legato allo zio Antonio Ruffo del quale condivideva i profondi e molteplici interessi scientifici e la curiosità di leggere il «gran libro della Natura» sulla scorta degli insegnamenti della scuola galileiana. Il visconte aveva però in prima persona legami stretti e personali con personaggi di alto livello scientifico quali Borelli e Marcello Malpighi e con altri intellettuali di rango come il poeta Simone Rao. Nel 1657 era a Pisa, dove si era trasferito anche Malpighi come professore di medicina teorica.
Nella città toscana il medico entrò in familiarità con Lorenzo Magalotti, Valerio Chimentelli, Borelli e con Ruffo. Borelli, che insegnò a Pisa tra il 1656 e il 1667, era giunto allo Studium messinese la prima volta nel 1635 e fino al 1656 aveva rappresentato l’elemento propulsore del rinnovamento culturale della città e in generale dell’isola. Fu per merito soprattutto suo se a Messina arrivò un protagonista del panorama scientifico europeo come Malpighi. Da Messina quest’ultimo tenne informati Borelli, Lorenzo Bellini e Carlo Fracassati delle sue decisive scoperte nella biologia animale, mentre con Ruffo continuò la fraterna familiarità degli anni pisani. In più occasioni il famoso medico ricorderà con nostalgia i soggiorni nelle residenze dei Ruffo, sia nel palazzo del principe Antonio sia nella villa di Ruffo appena fuori Messina e nella terra di Francavilla. Oltre che all’Accademia degli Investiganti, Malpighi appartenne anche a quella dei Lincei, cui, proprio per suggerimento di Ruffo, il medico trasmise i risultati delle sue ricerche sul tatto. Questi legami sono indicativi della sensibilità intellettuale del visconte. Durante il suo secondo soggiorno messinese, dal 1662 al 1672, Borelli visse in casa di Ruffo che, nel proprio testamento, gli destinò un vitalizio alla stregua di un familiare.
Nella seconda metà del Seicento attorno alla nobiltà e agli honorati di Messina gestori more rei pubblicae delle istituzioni cittadine «s’aggrega quanto l’intellighentia siciliana è in grado di dare sul terreno della ‘investigazione’ sperimentale, medica, naturale, astronomica» (Giarrizzo, 1989, p. 326). In quel contesto Borelli fu coinvolto nel fronte antispagnolo e costretto a lasciare Messina nel 1672. Ruffo, vicino allo scienziato anche sul versante politico, era sul fronte antispagnolo, ma morì a Francavilla l’anno stesso dello scoppio della rivolta di Messina contro la Spagna, nel 1674.
Il visconte lasciò al convento dei cappuccini di Francavilla tutti i suoi libri; in un codicillo successivo (2 ottobre 1674) al testamento però donò 60 dei suoi libri ad Antonino Reitano e Furnari e 25 « matematici» al siracusano Vincenzo Bonaiuto, probabilmente libri di scienza e di astronomia, poiché allo stesso Bonaiuto lasciò anche il telescopio, i globi e il ritratto di Galilei.
Giacomo riscosse attestazioni di stima da intellettuali e artisti del suo tempo. Michele Caracoci, nella Dedica alle Rime di Simone Rao, ricorda «le ben servate leggi di quell’amicizia che nacque tra la Signoria Vostra Illustrissima [Giacomo] e Monsignore [Rao], per non mai morire». Rao nei suoi versi magnifica l’ingegno e gli studi di Giacomo: «Qui te Ruffo ingegnoso, il nostro ardente / di te disìo da’ studi tuoi rappella / Or che i mari tranquilla April ridente/ vedrai qui chiara qual più dubbia stella / Tue canne occhiute. E Tindari giacente / ai versi tuoi risorgerà più bella» (Palermo, Biblioteca centrale, Fondi Antichi, 4.39.A 53: S. Rao, Rime di monsignor D. Simone Rau, e Requesens).
Carlo Ruffo, nato presumibilmente a Francavilla in un anno non precisato, fratello minore ed erede di Giacomo, perse titolo e terra perché durante la rivolta antispagnola di Messina si schierò con i francesi (Ribot García, 2002) e, quando apparve evidente la sconfitta, fuggì in Toscana. Tornò in Sicilia in seguito all’amnistia concessa dal governo spagnolo nel 1702 e morì a Messina nel 1721. Con lui terminò il governo dei Ruffo su Francavilla, ma l’epoca del visconte Giacomo Ruffo rimane certamente il momento più alto della passata grandezza della città.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Messina, Fondo Avarna, vol. 12, cc. 5r-11r, 29r-30r, 33r-45r, 104r, 237r, 327r, vol. 9, cc. 1r, 5r, 8r, 12r, 20r, 62bis, 89r, 96r-97v, 100r-102r, 242r-302r, 505r, 547r, 635r-636r, 637r-638r, 888r-889v, vol. 15, cc. 99r, 123r, 515r-516v; Archivio di Stato di Napoli, Archivio Ruffo di Bagnara, vol. 2c, f. 1-9, cc. 1r-2r, vol. 63, cc. 5r, 13r-14r, 20rv, vol. 190, c. 33r, 65r, vol. 191, cc. 348r-383r, vol. 197, cc. 34-43, 216r-285v, 401r-402r, 406r-408r; Archivo general de Simancas, legajo 3519, 112 e 116; S. Rau, Requesens, Rime di monsignor D. Simone Rau, e Requesens dedicate all’illustrissimo Signor D. Iacopo Ruffo, visconte di Francavilla, con dedica di Michele Caracoci, Venezia 1682.
G. Arenaprimo, Argenterie artistiche messinesi del secolo XVII, Firenze 1901, p. 26; V. Ruffo, La Galleria Ruffo in Messina nel secolo XVII, Roma 1917 (estratto dal Bollettino d’arte, X (1916), 1-12), pp. 6, 61, 62, 64, 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 79, 140; U. Baldini, Borelli, Giovanni Alfonso, in Dizionario biografico degli Italiani, XII, Roma 1971, pp. 543-551; C. Dollo, Filosofia e scienze in Sicilia, Padova 1979, pp. 71-75, 158, 183 s., 263, 347, 356; Id., Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli 1984, pp. 69, 87, 132, 156 s., 162; G. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, XVI, Torino 1989, pp. 322, 326, 355; G. Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria dal XIII al XIX secolo, Torino 1995, pp. 146, 147; D. Bertoloni Meli, L’attività politica di G. A. Borelli a Messina, in Filosofia e scienze nella Sicilia dei secoli XVI e XVII, a cura di C. Dollo, I, Catania 1996, pp. 158, 188; L.A. Ribot García, La monarquía de España y la guerra de Mesina (1674-1678), Madrid 2002, pp. 523, 525, 545, 551, 606, 616; Id., La rivolta antispagnola di Messina. Cause e antecedenti (1591-1674), Soveria Mannelli 2011, p. 259; M.C. Calabrese, L’epopea dei Ruffo, Roma-Bari 2014, pp. 205-240.