PIAZZETTA, Giacomo
PIAZZETTA, Giacomo. – Figlio di Domenico, nacque a Pederobba (Treviso) all’inizio degli anni Quaranta del XVII secolo; ignoto è il nome della madre.
L’anno di nascita si può desumere, approssimativamente, dal certificato di morte, datato 4 febbraio 1705, in cui Piazzetta è definito «d’anni 64 in circa» (Lacchin, 1928-29); Domenico Maria Federici (1803) riporta come anno di nascita il 1643.
Pochissime le notizie certe sulla sua vita. Arrivato a Venezia intorno al 1665, probabilmente per impiegarsi nella bottega di Santo Pianta, si stabilì nella parrocchia di S. Felice, dove il 20 maggio 1677 contrasse matrimonio con Angela, morta di parto nel 1685. Tre anni prima era nato Giovanni Battista Valentino, destinato a diventare uno dei più importanti pittori del Settecento (Ravà, 1921). Anche della sua formazione in ambito veneziano si sa poco o nulla, ma dagli esiti successivi è certo che Piazzetta si dimostrò molto attento e sensibile alle istanze più innovative dell’epoca, anche in una disciplina, l’intaglio ligneo, non particolarmente ricettiva in questo senso. Il suo primo lavoro documentato è la complessa e articolata decorazione, in legno di noce, della Biblioteca del convento dei padri domenicani nella basilica veneziana dei Ss. Giovanni e Paolo, certamente conclusa nel 1683, quando padre Jacopo Maria Gianvizio, priore del convento, ne cantò le lodi definendo l’autore «sculptorum in ligno palmifer & celebris» in un volumetto celebrativo dell’evento (Biblioteca almi conventus SS. Joannis et Pauli, Venetiarum Ordinis Praedicatorum nuper aperta a Fr[atre] Jacobo Maria Janvitio, Venetiis 1683, p. 17). Il testo era corredato da un’incisione di suor Elisabetta Piccini che mostrava l’aspetto originario dell’interno della sala in cui gli scaffali apparivano inframmezzati da ventotto figure di telamoni raffiguranti Gli eretici vinti dalla dottrina domenicana; lavori andati poi dispersi a causa dei decreti napoleonici del 1807. Della decorazione sono rimasti in loco soltanto gli intagli del soffitto e il fregio sottostante con ventotto medaglioni in rilievo in cui sono effigiati i ritratti dei padri domenicani; dei telamoni rimangono invece come unica testimonianza ventiquattro dei bozzetti preparatori in terracotta oggi sparsi tra la Ca’ d’Oro di Venezia, dove sui basamenti di cinque opere sono incise date che vanno dal 1679 al 1681 (Moschini, 1942-43), il Bode Museum di Berlino e la National Gallery di Ottawa.
Si tratta di opere di grande maturità esecutiva e compositiva che offrono un variegato panorama di atteggiamenti, frutto in gran parte di un’attenta rimeditazione del linguaggio di ascendenza rubensiana mediato dalle sculture di Josse (Giusto) Le Court.
Ai lavori della Biblioteca domenicana seguì pochi anni dopo – la stipula del contratto risale al 1687 (Lacchin, 1928) – la realizzazione per la Scuola di S. Maria della Carità degli armadi, del ‘tribunal’ e della ‘banchetta’ della Cancelleria: lavori anche questi dispersi dopo la soppressione della Scuola in seguito ai decreti napoleonici e oggi in parte ricoverati nella sacrestia del Duomo di Adria. Per la stessa Scuola veneziana Piazzetta portò a termine, all’inizio del Settecento, quattro grandi dossali con pannelli raffiguranti Storie di Maria e dell’Infanzia di Cristo. Dopo le soppressioni napoleoniche i dossali furono trasferiti nella basilica dei Ss. Giovanni e Paolo dove, nel 1867, due di essi andarono perduti nell’incendio che distrusse la cappella del Rosario. Il ciclo venne realizzato con la partecipazione di Francesco Bernardoni, che da tempo collaborava con Piazzetta e che nel 1705 sposò sua figlia Caterina, succedendogli anche nella conduzione della bottega che proseguì l’attività fino al 1713, ben oltre la morte del titolare.
Gli armadi del ciclo dei Ss. Giovanni e Paolo erano inframmezzati da possenti telamoni, che rappresentano una sorta di marchio di fabbrica della produzione dell’artista lungo l’arco di tutta la sua carriera; a tal proposito, di recente gli sono stati attribuite anche quattro grandi figure di questo tipo collocate sulla cantoria dell’organo della chiesa di S. Pietro a Lido di Pellestrina (Tulić, 2010).
Tra le altre opere databili con certezza vanno ricordate l’Immacolata in legno policromo per la chiesa di S. Francesco a Pergola, nelle Marche, realizzata nel 1692, e alcuni manufatti in marmo, primo tra tutti il S. Giovanni Battista per il fonte battesimale della chiesa dei Ss. Apostoli di Venezia, realizzato nel 1697; di due anni successivo (Lacchin, 1928-29) è il gruppo marmoreo con S. Romualdo portato in cielo da due angeli per l’altare omonimo della chiesa di S. Michele in Isola. Della non copiosa produzione in marmo di Piazzetta si ricordano il gruppo con S. Giuseppe, il Bambino e due angeli nella chiesetta della villa Bellati di Feltre, datato intorno al 1703; le due statue di S. Austricliano e S. Valeria sull’altare di S. Marziale nell’omonima chiesa veneziana databili agli inizi del Settecento, e altre opere eseguite probabilmente in anni precedenti come i Ss. Pietro e Paolo per la facciata della parrocchiale di Fratta Polesine e il S. Agostino e il S. Girolamo sull’altare del Santissimo Sacramento in S. Lorenzo a Mestre. Spettano a Piazzetta anche la nutrita serie di telamoni in pietra tenera che decorano il prospetto di destra del corpo principale di villa Contarini a Piazzola sul Brenta (Guerriero, 2009), parenti stretti di quelli che scandiscono gli armadi oggi ad Adria ma ben più caratterizzati dal punto di vista fisiognomico.
Tra i molti lavori di recente attribuitigli (Guerriero, 2009; Tulić, 2010; De Grassi, 2011) va ricordato il pregevolissimo Battista in legno dorato sul fonte battesimale della chiesa veneziana di S. Maria del Giglio, realizzato probabilmente allo scadere del Seicento, come anche i due pregevoli busti raffiguranti la Madonna e S. Simeone Stock colorati a finto marmo che fiancheggiano l’altare della cappella al piano terra della Scuola Grande dei Carmini a Venezia. A un momento leggermente successivo risalgono invece le tre statue di santi (S. Antonio da Padova, S. Marco e S. Lorenzo) in legno dipinto un tempo sull’altare maggiore della cappella della villa Correr a Rorai Piccolo di Porcia e oggi nei depositi del Museo civico di Pordenone.
Attende ancora un’adeguata ricognizione critica la produzione di Piazzetta nel campo dei Crocifissi da processione: risale sicuramente al 1703 (Gamulin, 1970) l’esemplare ligneo nella chiesa dei domenicani di Cittavecchia a Lesina, in Dalmazia, e spettano a lui, per ragioni stilistiche, almeno i grandi Crocifissi nelle chiese di S. Nicolò dei Tolentini e di S. Fantin a Venezia (De Grassi, 2013), entrambi collocati sopra preziose croci intarsiate con madreperla.
Alle opere di carattere sacro, di gran lunga preponderanti nel catalogo dell’artista, si possono affiancare una serie di lavori di ricercato mobilio a destinazione privata, lavori in cui spesso la fantasia si sostituisce quasi del tutto alle tradizionali strutture compositive lasciando spazio a inedite soluzioni metamorfiche. Rientrano in questo tipo di produzione due statuette con Giove e Giunone già in collezione Bellati a Mantova (Ravà, 1921, p. 2) e uno spettacolare tavolo da muro in bosso (De Grassi, 2014) in cui la tradizionale struttura è di fatto sostituita da figure di dei e semidei.
Il piano del mobile appare sorretto agli angoli da quattro esuberanti satiri barbuti che reggono lunghi tralci fitomorfi, a loro volta chiusi alle estremità da enigmatici mascheroni, mentre al centro del lato lungo trova posto un paffuto amorino in atto di dispensare fiori; i satiri poggiano su volute issate sulla schiena di draghi alati.
Non dissimile una coppia di poltrone, sempre in bosso (ibid.).
I braccioli sono costituiti dai corpi estremamente allungati di altrettanti draghi alati e dotati di una lunga coda serpentiforme, con le teste collocate all’innesto dello schienale e intente a divorare dei satiretti urlanti; le code sono a loro volta sorrette da figure satiresche, ora maschili ora femminili, colte nel tentativo di sottrarre i propri piccoli alle fauci dei draghi: il tutto innestato su di un più consueto basamento che mima robusti e frondosi rami di quercia.
In questi lavori, che possono essere collocati intorno alla fine del Seicento, in un momento di piena maturità dello scultore, si può cogliere un parziale superamento del linguaggio lecourtiano, recepito nella sua accezione coloristico-decorativa senza tuttavia venir meno alla saldezza plastica del modello di riferimento. Nella ricchezza formale e progettuale del tavolo appare infatti evidente come il maestro veneziano avesse cominciato progressivamente ad assimilare, per quanto possibile, la lezione di Filippo Parodi e del barocco romano, che sul finire del secolo, con molto ritardo, doveva apparire ai suoi conterranei pressoché imprescindibile, traducendosi da un lato in un sostanziale alleggerimento delle strutture formali e dall’altro in una declinazione più libera e ariosa degli apparati decorativi.
Morì a Venezia dopo una breve malattia il 4 febbraio 1705 (Lacchin, 1928-29).
Dopo i notevoli riscontri ottenuti tra i contemporanei, la fortuna critica di Piazzetta, sostenuta anche dalla fama del figlio Giambattista, subì un notevole appannamento nella seconda parte del secolo e per tutto l’Ottocento. Il recupero critico e storiografico operato alla fine degli anni Venti del Novecento da Enrico Lacchin (1928) è proseguito con fortuna altalenante fino ad anni recentissimi, quando una nutrita serie di interventi ne hanno considerevolmente arricchito il catalogo e ne hanno tratteggiato il profilo facendone una delle figure più interessanti del panorama della scultura veneta a cavallo tra XVII e XVIII secolo.
Fonti e Bibl.: D.M. Federici, Memorie trevigiane sulle opere di disegno, Venezia 1803, p. 138; E. Ravà, G.B. Piazzetta, Firenze 1921, pp. 1-3, 51; E. Lacchin, La Biblioteca dell’ospedale Civile di Venezia scolpita in legno da G. P. nel 1683, Venezia 1928; Id., G. P. scultore, in Dedalo, IX (1928-29), 8, pp. 490-513; V. Moschini, Modelli di G. P. per la biblioteca di S. Zanipolo, in Le Arti, V (1942-43), pp. 260 s.; Id., Sculture ignote di Enrico Meyring e G. P., in Arte veneta, XVIII (1964), p. 182; C. Semenzato, La scultura veneta del Seicento e del Settecento, Venezia 1966, pp. 45-47, 115; G. Gamulin, Drveno raspelo G. Piazzette u starom gradu na Hvaru (Un crocifisso ligneo di G. Piazzetta a Stari Grad nell’isola di Lesina), in Prilozi povijesti umjetnosti u Dalmaciji (Contributi di storia dell’arte in Dalmazia), XVIII (1970), p. 78; E. Szmodis-Eszláry, Sculptures de G. P. dans les collections hongroises, in Boulletin du Musée Hongrois des beaux-arts, 1971, n. 37, pp. 55-64; K. Prijatelj, Dodatak katalogu G. Piazzette (Aggiunte al catalogo di G. Piazzetta), in Peristil (Peristasi), 1971-72, nn. 14-15, pp. 141 s.; L. Moretti, Notizie e appunti su G.B. Piazzetta, alcuni piazzetteschi e G.B. Tiepolo, in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CXLIII (1984-1985), pp. 360-364; S. Claut, Nuove opere di Terilli e P., in Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, LVI (1985), 250, pp. 32-35; E. Noè, G. P.: la sagrestia di Adria riconsiderata, in Rivista dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte, s. 3, X (1987), pp. 225-255; E. Merkel, La scultura lignea barocca a Venezia, in Scultura lignea barocca nel Veneto, a cura di A.M. Spiazzi, Milano 1997, pp. 171-178; F. Negri Arnoldi, I modelli dei telamoni di G. P. per la Biblioteca domenicana di S. Zanipolo, in Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria. Atti del I Convegno, Pergola… 1997, a cura di G.B. Fidanza, Ponte San Giovanni 1999, pp. 131-136; S. Zanuso, G. P., in La scultura a Venezia da Sansovino a Canova, a cura di A. Bacchi, Milano 2000, pp. 775 s.; M. De Grassi, Un’aggiunta al catalogo di G. P., in L’impegno e la conoscenza. Studi di storia dell’arte in onore di Egidio Martini, a cura di F. Pedrocco - A. Craievich, Verona 2009, pp. 190-195; S. Guerriero, Per G. P. scultore in legno, ibid., pp. 184-189; Id., Per un repertorio della scultura veneta del Sei e Settecento. I, in Saggi e memorie di storia dell’arte, 2009, vol. 33, pp. 207, 273-281; S. Guerriero - M. De Vincenti, Intagliatori e scultura lignea del Settecento a Venezia, in Con il legno e con l’oro. La Venezia artigiana degli intagliatori, battiloro e doratori (catal., Venezia), a cura di G. Caniato, Sommacampagna 2009, pp. 121-128; P. Rossi, La scultura a Venezia al tempo del Brustolon, in Andrea Brustolon 1662-1732 (catal., Belluno), a cura di A.M. Spiazzi - M. De Grassi - G. Galasso, Milano 2009, p. 77; D. Tulić, Per un catalogo delle opere veneziane di G. P., scultore in legno e marmo, in Zbornik za umetnostno zgodovino (Atti di storia dell’arte), n.s., XLVI (2010), pp. 105-122; M. De Grassi, Nuove proposte per G. P. e Melchior Barthel, in Arte in Friuli Arte a Trieste, 2011, vol. 30, pp. 47-58; F. Benzi, Alcuni inediti di Francesco Pianta e qualche considerazione sul mutamento di stile della scultura barocca a Venezia a metà Seicento, in Storia dell’arte, n.s., 2012, n. 132, pp. 125-138; M. De Grassi, Il crocifisso ligneo della chiesa di S. Gaetano in Padova, in L’uomo della Croce (catal., Padova), a cura di C. Cavalli - A. Nante, Verona 2013, pp. 184 s.; Id., Tra ‘bizzarria’ e ‘nobiltà’: novità su G. P. e Francesco Bernardoni, in Arte veneta, LXX (2014) (in corso di stampa).