PALLADINO, Giacomo
PALLADINO, Giacomo. – Nacque a Teramo nel 1349. L’anno di nascita si ricava dalla sua opera più famosa, il Liber Belial o Consolatio peccatorum, dove si legge che l’autore, canonico della diocesi di Aversa, nel 1382 – l’anno in cui completò l’opera – aveva trentatré anni. Dal prologo della stessa opera si ricava che fu studente di diritto canonico a Padova: «Iacobus de Theramo [...] in iure canonico Padue minimus discipulus».
La Consolatio peccatorum seu lis Christie et Belial ha circolato in Europa tra il XV e il XVI secolo attraverso numerosissime edizioni a stampa con il nome di Lis Christi et Belial iudicialiter coram Salomone iudice a sede divina dato agitata super spolio et violencia per eundem Christum in inferno commissum o Processus Luciferi contra Jhesum coram iudice Salomone, ma è comunemente denominata Liber Belial. L’autore, prendendo le mosse dalla discesa di Gesù agli inferi e dalla liberazione delle anime dei patriarchi, immagina che i diavoli non accettino di buon grado la spoliazione subita e decidano di promuovere un’azione giudiziaria nei confronti di Gesù. Satana, conferita la procura a Belial, si appella alla giustizia divina ed ottiene la possibilità di avviare una causa giudiziaria che Palladino segue in tutte le sue fasi: dal giudizio di primo grado, presieduto da Salomone a quello di secondo grado tenutosi davanti al patriarca Giuseppe e, infine, all’esame dell’intera controversia da parte di un collegio arbitrale composto da Isaia, Geremia, Ottaviano e Aristotele.
Attraverso la discesa dei protagonisti nell’agone giudiziario, essa individua i complicati e oscuri meccanismi processuali, svelandone – in una godibile forma romanzata - gli arcana al vasto mondo dei profani: l’intreccio tra teologia e diritto, abilmente intessuto con l’evidente finalità di offrire ai lettori una chiara esposizione del processo civile in tutte le sua fasi e un’allegoria dello scisma d’Occidente, conferisce alla Consolatio un carattere alquanto singolare. Alcuni aspetti del Belial illuminano sulle posizioni politiche e teologiche di Palladino: emerge un fervente sostenitore della causa del papa romano – l’entrata di Gesù agli inferi e la liberazione delle anime dei Patriarchi era la rappresentazione allegorica della “presa di Avignone” e del ritorno del papato a Roma, mentre il processo di intentato da Satana rappresentava la reazione degli “avignonesi” – e un convinto millenarista.
Il libro, offerto a Urbano VI che proprio quell’anno visitò la diocesi, fu molto apprezzato tanto che Palladino fu nominato cubicularius, scrittore della penitenzieria e registratore dei brevia presso la curia romana (Mercati, p. 157), carica che tenne fino all’11 ottobre 1391 quando Bonifacio IX lo nominò vescovo di Monopoli (Eubel, p. 347). Fu l’inizio di una carriera che lo mise in evidenza, durante quei decenni di scisma, come una figura di rilievo tra gli uomini più vicini alla curia romana. Bonifacio IX lo nominò vescovo di Taranto il 24 marzo del 1400 (ivi, p. 473) e poi vescovo di Firenze il 16 novembre 1401 (ivi, p. 251). Quest’ultima nomina fu ratificata da Giovanni XXIII (Ughelli, I, p. 1267) che il 18 luglio 1410 lo nominò vescovo di Spoleto, sede da lui retta fino al 1417 (Eubel, p. 461), anno della morte.
Palladino partecipò al Concilio di Pisa nel 1409 (Cerracchini, p. 127) dove fu firmatario della deposizione di Gregorio XII (Mercati, p. 158). Alessandro V lo sottopose ad un processo per eresia dovuto a un altro suo scritto, il Somnium Nabugodonosor sive Statua Danielis: di tale opera il Mercati (ivi, p. 159) ha trovato traccia nella bolla del 23 luglio 1410 con la quale Giovanni XXIII vanificò tutte le accuse. È possibile che il processo fosse stato avviato per sloggiare il vescovo dalla città di Firenze a favore del celebre giurista Francesco Zabarella. Cerracchini (p. 127) infatti afferma: «La città di Spoleti al di cui spiritual governo passò il nostro Vescovo, lasciò alla città di Firenze libero campo all’elezione del successore». Il passaggio nel 1410 di Palladino da Firenze a Spoleto rasserenò gli animi e sortì l’effetto di far cadere nel nulla l’accusa di eresia.
Giovanni XXIII riconosceva che il libello era stato scritto «sub protestitionibus debiti et correctionibus ecclesie sancte Dei» e che, in ragione dell’esame fatto da una commissione di magistri in Romana curia, non avevano fondamento le ipotizzate accuse di eresia (Mercati, pp. 159 s.). Palladino pertanto veniva assolto plenarie et penitus. L’assoluzione papale vanificò anche un’accusa presentata presso la Curia romana da Giovanni «de Scribanis de Placentia in curia Romana ac procurator fisci domini pape» contro il medesimo opuscolo (ed è proprio la copia della denunzia di Giovanni, reperita da Mercati, a testimoniare le accuse di eresia mosse a Palladino). A parte una singolare nozione del peccato originale, Palladino elaborava una tesi millenarista particolare, srettamente legata alla situazione politica che la Chiesa stava vivendo in quel momento, derivante dallo scisma.
Probabilmente a causa della posizione assunta al Concilio di Pisa, Gregorio XII tentò di rimuoverlo dall’episcopato di Spoleto allo scopo di insediarvi Nicola Vivario: Palladino fu effettivamente deposto ma il Concilio di Costanza lo reintegrò nella sede (Ughelli, I, p. 1267).
Secondo le attendibili ricerche, fondate sui codici Reg. Lateran. del Mercati – che confuta su questo punto le asserzioni dell’Ughelli, secondo il quale il nostro, con il vescovo Ferdinando Hispano Lucenti, fu nominato nel 1417 da papa Martino V legato presso re Ladislao di Polonia – Giacomo Palladino morì nei primi mesi del 1417. Infatti il 16 maggio di quell’anno il capitolo della cattedrale di Spoleto gli eleggeva un successore. Mercati precisa, sulla base dei Reg. Vatic., che la bolla di nomina dei due nunzi in Polonia «è in data di Mantova 6 febbraio 1419 e riguarda pertanto un altro Giacomo, cioè da Campi» (Mercati, p. 158).
Una tarda tradizione erudita (Marchand, p. 117) attribuisce a Palladino altre cinque opere: un commentario al primo libro delle Clementine intitolato In Clementinis Lib. I; un trattato sul potere temporale dei papi intitolato Monarchialis, id est de Pontificis Romani Monarchia Lib. I.; un libro intitolato De prophetiis (Marchand prende la notizia da Matthias Flacius Illyricus, Catalogus testium veritatis qui ante nostra aetatem reclamarunt Papae, Basileae, per Ioannem Oporinum, p. 914); una Summa per confessori in dodici libri intitolata De Remediis Conversorum Libri XII; e infine un commentario sulle Sentenze di Pietro Lombardo.
Allo stato attuale solo il De Monarchia mundi ecclesiastica et temporali necnon sacerdotio et prophetia Monarchialis (1387) è stato individuato (Biblioteca Nazionale di Praga, Cod. 2811); per il resto si può solo supporre che il De prophetiis possa essere identificato con l’opera Somnium Nabugodonosor sive Statua Danielis di cui sopra si è detto. Il manoscritto del De Monarchia mundi ebbe una certa diffusione all’inizio del XV secolo ma non fu mai pubblicato. L’opera si inserisce nel filone relativo ai rapporti tra Impero e Papato: Palladino, utilizzando la forma dialogica, teorizza l’esistenza nel mondo di un potere supremo istituito direttamente da Dio, per il quale conia l’espressione Monarchiatum; poi dimostra – anche attraverso il ricorso a profezie e tesi teologiche al limite dell’ortodossia - come gli unici legittimi titolari di questo potere debbano considerarsi i romani pontefici.
Al di là della sua pur significativa sua carriera ecclesiastica, e di questa sua ulteriore produzione, il nome di Palladino è indissolubilmente legato alla rilevantissima fortuna della sua opera più significativa. Il Liber Belial è stato infatti uno dei testi più stampati e diffusi tra il XV e il XVI secolo. Il catalogo degli incunaboli della British Library alla voce Belial richiama 38 edizioni a stampa della seconda metà del secolo XV, dieci in lingua latina (Germania, Belgio, Francia e Olanda) e ventotto in idiomi nazionali (tedesco, francese e fiammingo). Sono conosciute due edizioni italiane, entrambe in latino: J. de Theramo, Liber Belial de Consolatione peccatorum, Vincentiae 1506, presso il tipografo Enrico Ca’ Zeno da Santorso; la seconda con il medesimo titolo a Venezia nel 1533 stampata per conto dell’editore Melchiorre Sessa dal tipografo Giovanni Antonio Nicolini da Sabbio. Alla prima edizione italiana del 1506 fa riferimento la Biblioteca Britannica, alla voce Ancharano Jacobi de Theramo. L’edizione veneziana del 1533 è stata ripubblicata nel 1985 a cura di A. Lettieri. Tuttavia a queste edizioni deve aggiungersi una terza, in volgare italiano, stampata a Venezia nel 1544 – ancora per conto dell’editore Melchiorre Sessa – dalla Società tipografica di Bartolomeo l’Imperatore e suo genero Francesco con il titolo Beliale volgare intitolato Consolatione de Peccatori (in 8°, pp. 187). Questa edizione è stata di recente pubblicata con uno studio sulle citazioni giuridiche (Mastroberti - Vinci - Pepe). Per quanto riguarda i manoscritti in lingua tedesca è possibile far riferimento alla schedatura di Norbert H. Ott in Katalog der Deutschsprachigen illustrierten Handschriften des Mittelalters ( München 1993) che ne censisce novantanove. In Italia risultano due manoscritti, entrambi presso la Biblioteca apostolica Vaticana (Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. Ross. 780 e Cod. Ross. 797). Sono stati individuati due manoscritti in latino in Italia entrambi databili intorno alla metà del XV secolo: uno presso la Biblioteca del Sacro Convento di Assisi e l’altro presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano (Mastroberti – Vinci – Pepe). Messo al bando dal concilio di Trento con la prima edizione dell’Index del 1559, il Liber Belial compare come Processus Luciferi contra Jesum coram judice Salomone nella raccolta Processus iuris joco-serius, pubblicati a Hanoviae nel 1611. Tuttavia nel 1617 il giurista J. Ayrer (1569-1625) lo inserì nella sua raccolta Historicher Processus Juris, esplicitamente diretta alla pratica dei giudizi (opera che viene ripubblicata nel 1691 con addizioni di A. Fritsch). Fu il secolo dei Lumi ad avviare la demolizione del Liber Belial. Giudicato come comico da L. De Jaucourt ne l’Encyclopédie (1771, pp. 191-194), fu considerato come un insulso libercolo nella Storia della letteratura italiana di G. Tiraboschi (1807, VI, pp. 267 s.).
Fonti e bibl.: Su Giacomo Palladino: J. Trithemius, Catalogus scriptorum ecclesiasticorum, Coloniae 1531, c. 123r; M. Flacius Illyricus, Catalogus testium veritatis qui ante nostra aetatem reclamarunt Papae, Basileae 1556, p. 914; G. Eysengrein, Catalogus testium veritatis, Dilingae 1565, c. 149v; K. Gesner, Bibliotheca instituta et collecta, primum a Conrado Gesnero: deinde in epitomen redacta, & nouorum librorum accessione locupletata, tertiò recognita, & in duplum post priores editiones aucta, per Iosiam Simlerum Tigurinum, Tiguri 1583; C. Oudin, De scriptoribus vel scriptis ecclesiasticis a Bellarmino omissis, Parisiis 1686, p. 669; AA.VV., A new ecclesiastical history, containing an account of the controversies in religion, the lives and writings of ecclesiastical authors and abridgment and their work, London 1699, vol. XII, p. 75; L.E. Dupin, Nouvelle bibliothèques des auteurs ecclesiastiques, t. XI, Paris 1700, p. 84; L. Cerracchini, Cronologia Sacra de’ Vescovi ed Arcivescovi di Firenze, Firenze 1716, pp. 127-130; J. Grancolas, La Critique Abregée Des Ouvrages Des Auteurs Ecclesiastiques, vol. II, Paris 1716, p. 409; F. Ughelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae et insularium adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis, deducta serie ad nostram usque aetatem, t. I, Venetiis 1717, p. 1267; R. Gerius, voce “Jacobus de Theramo” in W. Cave, Scriptorum Ecclesiasticorum Historia Literaria a Christo nato usque ad saeculum XIV, Basilea 1745, Appendice, pp. 80 s.; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel regno di Napoli, Napoli 1749; J.A. Fabricius, Bibliotheca latina mediae et infimae aetatis, Padova 1754, t. IV, p. 3 e p. 19; P. Marchand, Dictionnaire historique, La Haye 1759, p. 117; L. de Jaucourt, Teramo, in Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des artes et des métiers, t. XXXIII, Losanna–Berna 1771, pp. 191-194; J.B. Ladvocat, Dictionnaire historique et bibliographique portatif, Paris 1777, t. III, p. 46; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, t. VI, Venezia 1795, p. 247; A. Chalmers, The general biographical dictionary, London 1815, p. 49; C.L. Richard, J.J. Giraud, Biblioteca Sacra ovvero Dizionario Universale delle scienze ecclesiastiche, t. XIV, trad. it. Milano 1836, pp. 455 s.; M. Muzi, Della storia di Teramo dialoghi sette, Teramo 1893, pp. 101 s.; C. Salutati, Epistolario, Roma 1896, vol. III, pp. 628 ss.; F. Savini, Septem Dioeceses Aprutienses Medii Aevii in Vaticano Tabulario. Notiziae ad Dioeceses, Adriensem, Aprutinam, Aquilensem, Marsicanam, Pennensem, Theatinam et Valvensem pertinentes ex Vaticano Tabulario excerptae ac singillatim et iuxta chronologicum ordinem concinnatae, Romae 1912; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi sive summorum pontificum, S. R. E. Cardinalium Ecclesiarum antistitum series ab anno 1198 usque ad annum 1431 perducta, Monasterii 1913; A. Mercati, Un vescovo fiorentino del primo Quattrocento millenarista, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, II (1948), pp. 157-165; P.B. Salmon, Jacobus de Theramo and Belial, in London mediaeval studies, II, 1 (1951) pp. 101-116; N. Palma, Storia della città e diocesi di Teramo (rist. Teramo 1981), vol. V, pp. 92-100, voce: «Giacomo Paladini»; M.N.H. Ott, Jacobus de Theramo, in Die deutsche Literatur des Mittelalters Verfasserlexikon, IV (1983), pp. 441-447; J. Da Teramo, Belial: incunabula der Staats- und Stadtbibliothek Augsburg, a cura di A. Lettieri, Teramo 1985; B. Mondin, Dizionario dei Teologi, Bologna 1992, p. 468; C. Cardelle de Hartmann, Lateinische Dialoge 1200-1400: literaturhistorische Studie und Repertorium, Leiden 2007, pp. 721 s.
Sul Liber Belial e le altre opere di P.: J. La Caille, Histoire de l'imprimerie et de la librairie où l'on voit son origine et son progrès jusqu'en 1689, Paris 1689, p. 28; E. Bernard – H. Wanley, Catalogi librorum manuscriptorum Angliae et Hiberniae in unum collecti, cum indice alphabetico, Oxonii 1697, p. 143; A.M.J.J. Dupin, Notices historiques, critiques et bibliographiques sur plusieurs livres de jurisprudence française, Paris 1820, pp. 78-80; C.F. von Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, trad. it. a cura di Emmanuele Bollati, vol. II, Torino 1857, p. 650; G. Crugnola, Belial o Consolatio Peccatorum di Giacomo Paladini, in La Rivista Abruzzese di scienze lettere ed arti di Teramo, XII (1897), pp. 499 – 501; H.R. von Hagermann, Der processus Belial, Festgabe zum siebzigstein Geburtstag von Max Gerwig, Basel 1960, pp. 55-82; N.H. Ott, Rechtspraxis und Heilsgeschichte: zu Uberlieferung, Ikonographie und Gebrauchssituation des deutschen "Belial", Munchen-Zurich 1983; C. Cardelle de Hartmann, Die "Processus Satanae" und die Tradition der Satansprozesse, in Mittellateinisches Jahrbuch, XXXIX (2004), pp. 417- 430; G. Kocher, Prozessuale interaktion im Bild, in Symbolische Kommunikation vor Gericht in der Frühen Neuzeit, a cura di R. Schulze, Berlin 2006, pp. 281-297; J. Müller, Belial, in Handwörterbuch zur deutschen Rechtsgeschichte, I, 2 (2008), pp. 519 s.; F. Mastroberti - S. Vinci - M. Pepe, Il Liber Belial e il processo romano-canonico in Europa tra XV e XVI secolo, Bari 2012.