MARMITTA, Giacomo
– Nacque a Parma, da Francesco, miniatore, e da Isabella Canossa, il 25 ott. 1504.
Intorno ai vent’anni la sua presenza è attestata a Venezia, dove conobbe P. Bembo, P. Aretino, B. Cappello e L. Dolce. In questo periodo cade forse il servizio presso il patriarca di Aquileia Marino Grimani, mentre è certo che nel 1538 il M. divenne segretario del familiare di Paolo III e futuro cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano. Nello stesso anno il M. seguì il prelato in Curia (il 1° agosto scriveva a L. Dolce da Parma, durante il viaggio, Della nuova scielta di lettere…, pp. 62-64) e fu in città almeno fino all’inizio del 1539 (lettere a Dolce del 18 ottobre e 13 dic. 1539, 28 febbr. 1539, ibid., pp. 44-46, 64-66).
Il 10 giugno 1539 era a Padova (lettera a Dolce, ibid., pp. 48-51), poi a Venezia, dove partecipò alle riunioni dell’Accademia della Fama, fondata da Federico Badoer. Di nuovo a Roma, il 7 marzo 1540 scriveva a Dolce congratulandosi per la traduzione in versi sciolti del primo libro delle Metamorfosi di Ovidio e raccomandandosi a F. Badoer, a Domenico Venier e «alla nostra virtuosa accademia» (ibid., pp. 46-48).
A questi anni risale l’amicizia con Giovanni Della Casa, come attestano i sonetti a lui indirizzati dal M. e due lettere, una di Della Casa al M., senza data (Della Casa, p. 134) e una di Carlo Gualteruzzi a Della Casa del 24 genn. 1545, in cui il M. è nominato in tono confidenziale (Corrispondenza Giovanni Della Casa - Carlo Gualteruzzi, pp. 99 s.). Altri legami sono testimoniati da una lettera di Trifone Benci a Dionigi Atanagi del 19 febbr. 1541 (Delle lettere facete e piacevoli, I, p. 460); inoltre il M. frequentava il veneziano Giovan Francesco Commendone, futuro cardinale (Marmitta, Rime, p. 149, son. Comendon mio, ne l’invide, et superbe), Paolo Manuzio, Annibal Caro (nelle Rime del Caro, p. 43, il sonetto di proposta del M. Lingua d’atro venen tutta cospersa, seguito dalla risposta, probabilmente relativi alla celebre disputa fra Caro e L. Castelvetro). Una lettera più tarda del M. a Pierino degli Organi (Delle lettere facete et piacevoli, II, pp. 265-267, 17 luglio 1550), attesta l’amicizia con il noto suonatore di cetra fiorentino, per cui M. dettò il testo della lapide, oggi perduta, nella chiesa dell’Aracoeli.
Nel 1544 Ricci, insignito dell’arcivescovato di Siponto (25 giugno), fu inviato nunzio apostolico in Portogallo. All’inizio di settembre il M. partì con lui per la sede. Il 25 ottobre erano a Saragozza, dove si trattennero fino alla fine dell’anno. Delle traversie e dei disagi del viaggio offrono testimonianza i sonetti Io me ne vo’ là dove il Tago apporta; Frate, del novo mio lungo viaggio (a un fratello il cui nome resta sconosciuto); Hor che per me si rasserena il cielo (Rime, pp. 26, 33). Il 19 genn. 1546 Ricci e il M. erano a Lisbona (son. Qui dove il mare ad Olisippo il piede, in Rime, p. 28). Il M. tornò a Roma poco dopo la morte di Paolo III (10 nov. 1549) per portare le condoglianze al cardinale Farnese. Ricci, richiamato poco dopo dalla nunziatura, fu insignito della porpora il 12 0tt. 1551 dal nuovo pontefice Giulio III.
Pur continuando a svolgere le mansioni di segretario di Ricci, negli anni successivi il M. maturò una conversione spirituale, che lo indirizzò a una vita devota e ritirata. Determinante in questa svolta fu probabilmente l’incontro nel 1556 con Filippo Neri, con il quale il M. strinse un legame molto forte. Il M. frequentò la Congregazione dell’oratorio presso la chiesa di S. Girolamo della Carità e la sua poesia si aprì a contenuti spirituali. Bernardo Tasso nell’Amadigi lo ricorda come «il Marmitta gentil, ch’a Dio rivolto / da le cure del mondo in tutto sciolto» (c. C, ott. 40, vv. 7-8) e nei sonetti indirizzati a Della Casa databili a questo periodo il M. invita il destinatario a un recupero della dimensione religiosa, del resto in linea con il petrarchismo dalla forte impronta morale dell’interlocutore. Più singolare è la testimonianza del filosofo e medico calabrese Giovan Battista Modio, anch’egli legato a Filippo Neri, che nel suo dialogo Il convito, overo Del peso della moglie (Roma 1554) introduce il M. nella loggia di Psiche del palazzo della Farnesina, già appartenuto ad A. Chigi, a discutere del pregio delle corna, in dotta compagnia di Alessandro Piccolomini, del vescovo di Piacenza Catalano Trivulzio, di T. Benci e altri.
Sebbene nel M. maturasse l’insoddisfazione per il mestiere di segretario, secondo quanto egli stesso scrisse a Bernardino Pino il 7 dic. 1557 (Della nuova scielta di lettere…, IV, pp. 189-192), nel 1559 partecipò, al seguito di Ricci, al conclave seguito alla morte di Paolo IV. Dal neoeletto Pio IV ottenne, insieme con gli altri conclavisti parmensi (Girolamo Garimberti, Gabriele Longo, Agostino e Cesare Bonelli), il titolo di cavaliere palatino.
Negli ultimi anni il M. fu afflitto da una malattia che lo portò alla morte il 28 dic. 1561 a Roma, assistito fino alla fine da Filippo Neri. Fu sepolto nella chiesa di S. Girolamo della Carità.
Il M. non si curò di pubblicare le sue rime; da un certo punto in poi forse anche perché la sopravvenuta conversione fece apparire ai suoi occhi superata la produzione precedente, di contenuto amoroso e mondano. In vita apparvero sparse in miscellanee: Rime diverse di molti eccellentiss. autori, Venetia, G. Giolito, 1545 (cfr. ed. critica, a cura di F. Tomasi - P. Zaja, Torino 2001, pp. 95, 301, 369, 434 s.); Rime di diversi nobili huomini et eccellenti poeti nella lingua thoscana. Libro secondo, Venetia, G. Giolito, 1547; Libro terzo delle rime di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori, Venetia, Al segno del pozzo, 1550; Libro quarto delle rime di diversi eccellentissimi autori nella lingua volgare, Bologna, A. Giaccarello, 1551; Il sesto libro delle rime di diversi eccellenti autori, Venetia, Al segno del pozzo, 1553; Tempio alla divina signora donna Giovanna d’Aragona, Venetia, P. Pietrasanta, 1555; Rime di diversi autori eccellentissimi. Libro nono, Cremona, V. Conti, 1560.
Solo dopo la morte Atanagi raccolse una quindicina di sonetti in De le rime di diversi eccellentissimi autori thoscani (Venetia, L. Avanzi, 1565) e il figlio adottivo del M. Ludovico Spaggi, conte del Sacro Palazzo Lateranense, raccolse tutta la produzione in un codice (ora Parma, Biblioteca Palatina, Parmense, 864), cui premise una dedica al cardinale Ricci. Le Rime furono pubblicate a Parma, per S. Viotti, nel 1564 con una doppia dedica: quella dello Spaggi a Ricci e una dello stampatore al duca di Parma Ottavio Farnese. Il codice comprende 240 componimenti (sonetti, canzoni, madrigali, sestine, un capitolo in terza rima), molti dei quali non si trovano nella stampa, e, a differenza di quella, non presenta partizioni interne. La stampa si compone infatti di una prima parte, contenente 186 poesie (di cui 177 sonetti), e una seconda, con 96 poesie (di cui 94 sonetti); segue un’appendice di sonetti responsivi (pp. 188-198). Fra i destinatari delle liriche, oltre a papa Paolo III, spiccano D. Atanagi, P. Barbato, P. Bembo, B. Cappello, Stefano e Vittoria Colonna, G.F. Commendone, G. Cenci, G. Della Casa, L. Dolce, F.M. Molza, Benedetto Varchi. In parte ispirata alla gravitas dellacasiana, la poesia del M. testimonia un’adesione meditata al codice petrarchesco, reinterpretato alla luce di una personale cifra pensosa, dietro la quale si intravede la lettura dei classici (Orazio). Al motivo amoroso, si intrecciano temi morali e politici, affrontati nei componimenti di tenore idillico-pastorale, oppure nei sonetti indirizzati agli amici letterati. Nelle liriche della seconda parte emergono accenti di conformismo religioso, connessi all’influenza esercitata da Filippo Neri negli ultimi anni della vita del Marmitta.
Alcune rime sono, commentate, nell’antologia Lirici europei del Cinquecento. Ripensando la poesia del Petrarca, a cura di G.M. Anselmi et al., Milano 2004, pp. 23, 62, 451 s., 455, 467-473.
Fonti e Bibl.: Lettere del M. sono conservate in Arch. di Stato di Parma, Raccolte e miscellanee, Epistolario scelto, ad nomen; De le lettere facete, et piacevoli… Libro primo, a cura di D. Atanagi, Venetia 1561, p. 460; Libro secondo, a cura di F. Turchi, ibid. 1575, pp. 265-267; Rime del commendatore Annibal Caro, Venetia 1569, p. 43; Della nuova scielta di lettere di diversi nobilissimi huomini, et eccell. ingegni…, a cura di B. Pino, II, Venetia 1574, pp. 44-51, 62-66; IV, ibid. 1582, pp. 189-192; G. Della Casa, Opere, V, Napoli 1732, p. 134; Una lettera inedita del padre J. M., Perugia 1900; A. Caro, Lettere familiari, a cura di A. Greco, I, Roma 1957, p. 288; Corrispondenza Giovanni Della Casa - Carlo Gualteruzzi (1525-1549), a cura di O. Moroni, Città del Vaticano 1986, p. 99; P. Aretino, Lettere. Libro terzo, a cura di P. Procaccioli, Roma 1999, p. 149; A.M. Graziani, De vita Commendoni, Paris 1649, pp. 20 s.; I. Affò - A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, IV, Parma 1793, pp. 61-68; P.G. Bacci, Vita di s. Filippo Neri, Firenze 1851, p. 128; A. Ronchini, Notizie biografiche intorno a J. M. parmigiano, in Atti e memorie delle Deputazioni di storia patria per le provincie modenesi e parmensi, I (1863), pp. 149-156; B. Janelli, Diz. biografico dei parmigiani illustri, Genova 1877, pp. 239-241; F. Rizzi, L’anima del ’500 e la lirica volgare, Milano 1928, ad ind.; C. Pariset, Un buon lirico parmigiano del ’500, in Aurea Parma, XXII (1938), pp. 121-127; H. Jedin, Kardinal Giovanni Ricci (1497-1574), in Miscellanea Pio Paschini, Roma 1949, p. 304; A. Greco, S. Filippo Neri in una lettera inedita di Annibal Caro, in Riv. di storia della Chiesa, IX (1955), p. 263; Il primo processo per s. Filippo Neri, a cura di G. Incisa della Rocchetta - N. Vian, I, Testimonianze dell’inchiesta romana: 1595, Città del Vaticano 1957, pp. 27 ss.; B. Basile, Petrarchismo e manierismo nei lirici parmensi del Cinquecento, in Le corti farnesiane di Parma e Piacenza (1545-1622), II, a cura di A. Quondam, Roma 1978, pp. 102-106; De Dante à Chiabrera. Poëtes italiens de la Renaissance dans la Bibliothèque de la Fondation Barbier-Mueller, a cura di J. Balsamo - F. Tomasi, I, Genève 2007, pp. 472 s.