MARCELLO, Giacomo
Figlio di Cristoforo di Vettore e di Criseida di Giacomo di Nicolò Priuli, vedova di Giacomo di Giovanni Barbo, nacque nel 1413 a Venezia in calle del Traghetto a S. Tomà, sestiere di S. Polo. Fu soprannominato Pirola - con dubbio proposito encomiastico - per distinguerlo da omonimi appartenenti ad altri rami del casato.
Si sposò giovanissimo, nel 1431, con Maria di Pellegrino di Tribuno Memmo, da cui ebbe vari figli.
Fra il 1442 e il 1444 un Giacomo Marcello compare tra gli eletti alla Quarantia, tribunale giudiziario che accoglieva esponenti del patriziato forniti di esperienza e prestigio, ma di mediocri fortune, per cui è probabile si tratti di altro personaggio; il dubbio si ripropone il 17 genn. 1447, in occasione di un'elezione al magistrato del Cattaver e ancora il 22 ag. 1451, data in cui depone la stessa carica, benché non riconducibile alla precedente nomina a motivo della eccessiva durata.
Il M. fu eletto sopracomito in Golfo, ossia comandante di galera nell'Adriatico, il 9 febbr. 1449. Il 23 ag. 1450 rifiutò il rettorato di Riva del Garda; accettò invece "alacri animo", il 3 dic. 1452, il comando di una delle galere operanti sul lago di Garda. Evidentemente gli era più congeniale la carriera nell'armata navale, sicché qualche mese più tardi, nella primavera del 1453, lo troviamo sopracomito nella squadra inviata tardivamente, sotto il comando di Giacomo Loredan, in soccorso di Costantinopoli (che cadde il 29 maggio) e, ancora nelle veste di comandante di galera sottile, risulta da diverso tempo imbarcato in data 7 nov. 1454. La caduta di Costantinopoli e la pace di Lodi (1454) comportarono il disarmo di parte dell'armata marittima, per cui il M. dovette per qualche tempo ripiegare su incarichi di diversa natura e il 22 luglio 1455 accettò l'elezione a camerlengo di Comun.
Riprese la vita del mare al comando di navi civili, nel 1457, allorché guidò nel Mediterraneo la muda di Alessandria, quindi (13 ag. 1458) assunse il capitanato di Pisino, in Istria, dove rimase sino al 30 maggio 1461, allorquando giunse a sostituirlo Giorgio Canal.
Nel 1460 il M. si era risposato con Chiara di Andrea di Almorò Venier, che gli diede una figlia, Cassandra; nella circostanza il M. aveva spostato la sua residenza a S. Marcuola, nel sestiere di Cannaregio. La nuova parentela gli consentì di acquisire maggior peso nella vita politica, come dimostra il fatto che dall'ottobre 1463 al settembre dell'anno seguente il M. entrò a far parte del Consiglio dei dieci; sostenne quindi un altro rettorato nell'altra sponda dell'Adriatico, a Spalato, dove rimase dal 6 maggio 1465 all'11 dic. 1467, come indirettamente è confermato dal fatto che il 15 nov. 1467 il figlio Alvise fu notificato all'avogaria, per l'estrazione della balla d'oro, da uno zio paterno, Francesco, non risultando il M. presente a Venezia. La permanenza del M. in Dalmazia si inquadra nell'ambito della guerra veneto-turca in Morea; un suo tentativo di ottenere per danaro la fortezza di Clissa, che costituiva un nodo strategico per il controllo dell'entroterra sottoposto alle incursioni degli Ottomani, non sortì buon esito a causa dell'opposizione del re d'Ungheria, Mattia Corvino.
Qualche mese dopo la scadenza del mandato e il ritorno in patria, nel maggio 1468 il M. accettò la nomina a provveditore in campo presso le truppe che operavano nel settore nevralgico del lungo conflitto, cioè nel Peloponneso.
La guerra, iniziata nel 1463, dopo un promettente esordio volgeva male per la Repubblica, incapace di resistere alla controffensiva di Maometto II e ormai costretta a ripiegare sulle piazzeforti marittime. Nel 1470, mentre il sultano guidava le truppe alla conquista di Negroponte (l'attuale Eubea), un contingente ottomano attaccava per via di terra Calamata: giudicata impossibile la difesa, il M. ordinava al rettore, Paolo Orio, di dare alle fiamme il castello e imbarcare i soldati e quella parte della popolazione che avesse preferito seguire le sorti della Serenissima, alla quale il M. riuscì a trovare una nuova sede nell'isola di Zante. In seguito, mentre la Signoria cercava di intavolare trattative di pace, egli otteneva il permesso di rimpatriare, essendo ormai persa tutta la Morea al di fuori di Modone e poche altre fortezze minori.
Il 1° marzo 1471 la moglie Chiara fece testamento, e morì probabilmente poco dopo; il M. era allora membro del Consiglio dei dieci (ottobre 1470 - settembre 1471) e qualche tempo dopo, il 17 novembre, lo troviamo fra gli elettori del nuovo doge, Nicolò Tron; alcune settimane più tardi, infine (8 dic. 1471), entrò podestà e capitano a Crema.
Non è facile dar conto di questa permanenza del M. in Terraferma, che rappresenta niente più che una momentanea interruzione di una carriera prevalentemente vissuta sul mare; di fatto, l'8 giugno 1473 il M. era di nuovo a Venezia, dove presentava una dettagliata relazione del suo operato nella Morea; il 5 novembre, poi, iscrisse il figlio Pietro all'estrazione della balla d'oro.
L'attenzione della Repubblica, allora, era rivolta all'Oriente, dove la regina di Cipro, Caterina Corner, era rimasta improvvisamente vedova, in un contesto di intrighi e sospetti che diedero vita a una congiura antiveneziana, scoppiata fra il 13 e il 14 nov. 1473. Onde prevenire possibili colpi di mano da parte aragonese, la Signoria inviò nell'isola una squadra navale al comando di Pietro Mocenigo, ai cui ordini militava il M., nominato provveditore in Armata. Si trattava di consolidare il vacillante potere della giovane Caterina, trasformando nel contempo il predominio veneziano nell'isola in un vero e proprio protettorato; l'operazione sortì buon esito e il M. rimase a Cipro con le sue navi dal febbraio 1474 sino al settembre 1475, quando fu sostituito nel comando da Giacomo Venier.
Rimpatriato, fu subito eletto consigliere ducale per il sestiere di S. Polo, dove evidentemente era tornato a risiedere; quindi, il 30 dicembre, commissario alla revisione delle truppe di Terraferma, ma rifiutò. Gli anni che seguirono furono scanditi da una fitta serie di incarichi: il 2 marzo 1476 fu dei quarantuno elettori del nuovo doge Andrea Vendramin; sei giorni dopo compare quale deputato ad accompagnare in Ungheria la moglie di Mattia Corvino, Beatrice d'Aragona; il 15 dicembre fu eletto capitano di Verona, dove rimase sino alla tarda primavera del 1478 (lesse la relazione in Senato il 7 giugno). A rafforzare il prestigio della famiglia contribuì, nel 1477, la nomina del fratello Vettore ad arcivescovo di Nicosia, la principale diocesi cipriota; poi, nell'ottobre 1478, il M. entrò nuovamente a far parte del Consiglio dei dieci e alla scadenza del mandato (settembre 1479) assunse ancora una volta la carica di consigliere ducale, e in questa veste il 23 marzo 1480 figura tra gli accompagnatori di Renato di Lorena, giunto a Venezia per un breve soggiorno. L'8 ottobre fu nominato capitano di Padova, ove badò soprattutto al ripristino o al consolidamento dei ponti sul Bacchiglione; nuovamente a Venezia, nel 1482 fu eletto per la terza volta consigliere ducale, ma fallì la nomina a procuratore di S. Marco.
Il 31 dic. 1482 fu eletto capitano da Mar nella cosiddetta guerra di Ferrara, che vedeva la Repubblica contrapporsi agli Estensi e agli Aragonesi di Napoli; "Patricio exercitato in mar" chiosa Sanuto (I, p. 326) a proposito di questa nomina, e tuttavia la successiva condotta del M. non riscosse l'approvazione del Senato: accusato d'inazione per aver indugiato gran parte dell'estate 1483 nel porto di Zara, a fine anno fu sostituito da Giacomo Venier, che però morì quasi subito, sicché il M. riebbe il comando dell'armata.
In effetti la condotta del M. non appare del tutto censurabile, tenuto conto del fatto che a Zara la sua galera aveva subito un infortunio; inoltre, per recuperare il prestigio compromesso egli aveva pubblicamente, ma invano, sfidato a battaglia la flotta di Ferdinando d'Aragona, ormeggiata a Brindisi. Reintegrato nel comando, con l'aprirsi della campagna del 1484 diede maggior vigore alle operazioni militari, occupando parte della penisola salentina.
Il 19 maggio 1484 assalì e conquistò Gallipoli, ma morì nel corso del combattimento per un colpo di bombarda.
Gli subentrò nel comando Domenico Malipiero, che propose di seppellirlo sul posto, ma i marinai si opposero e vollero riportare il cadavere a Venezia. Il M. fu sepolto nella chiesa dei Frari, presso il coro, dove è tuttora visibile l'iscrizione funeraria fatta apporre dai figli Ludovico e Pietro. Nonostante il lungo servizio prestato e le numerose prestigiose cariche sostenute, sembra esser morto povero, come proverebbero i 2500 ducati deliberati dal Senato nel giugno 1484 per fornire di conveniente dote una figlia del M., Isabella.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti…, IV, cc. 459, 475; Avogaria di Comun, Balla d'oro, regg. 162, c. 100v; 164, cc. 261r, 262r; Prove di età per patroni di galere e altre cariche, reg. 177, c. 54r; Segretario alle Voci, Misti, regg. 4, cc. 4r, 28r, 82v, 89r, 107r, 111v; 5, cc. 17v, 25r; 6, cc. 19v, 51v, 77v, 81v, 97r; 14, cc. 77v, 109r, 153r; Senato, Terra, reg. 10, c. 5v; Senato, Mar, regg. 5, c. 64r; 12, cc. 27v, 36r; 11, cc. 51r, 64r, 152r, 158r, 167r; Capi del Consiglio dei dieci, Notatori, reg. 1, cc. 1v, 4v, 5v; Notarile, Testamenti, b. 1186/84 (testamento della moglie, Chiara Venier); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Li pretiosi frutti del Maggior Consiglio, II, cc. 183v-184v; Mss. P.D., C 758/8; P. Cirneo, Commentarius de bello Ferrariensi…, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Script., XXI, Mediolani 1732, col. 1213; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, p. 212; D. Malipiero, Annali veneti dall'anno 1457 al 1500, a cura di F. Longo - A. Sagredo, in Arch. stor. italiano, s. 1, 1843-44, t. 7, parte 1a, pp. 43, 181, 284 s.; M. Sanuto, Le vite dei dogi. 1474-1494, a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Padova 1989, pp. 18 s., 69, 71, 152, 164, 292, 310, 326; II, Padova 2001, pp. 359, 363, 369 s., 389 s., 409, 419, 426-430, 434, 456, 493; Id., Le vite dei dogi. 1457-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, II, Venezia 2004, pp. 42, 101, 132, 146, 158, 200 s.; M.A. Sabellico, Historiae rerum Venetarum…, in Degl'istorici delle cose veneziane…, I, 2, Venezia 1718, pp. 780, 848 s., 860 s.; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, p. 100; E.A. Cicogna, Della famiglia Marcello patrizia veneta, Venezia 1841, pp. 19 s., 40; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, IV, Venezia 1855, pp. 414 s.; I. Schiappoli, La marina degli Aragonesi di Napoli, in Arch. stor. per le provincie napoletane, n.s., XXIX (1943), pp. 85 s., 88; J.E. Law, Lo Stato veneziano e le castellanie di Verona, in Dentro lo "Stado italico". Venezia e la Terraferma fra Quattro e Seicento, a cura di G. Cracco - M. Knapton, Trento 1984, p. 120; G. Gullino, Le frontiere navali, in Storia di Venezia…, IV, a cura di A. Tenenti - U. Tucci, Roma 1996, p. 83.