MANZONI (Manzù), Giacomo
Nacque a Bergamo il 22 dic. 1908 da Antonio, calzolaio e sacrestano a Sant'Alessandro in Colonna (quando il futuro papa Giovanni XXIII vi diceva messa da sacerdote), e da Maria Pesenti. Dodicesimo figlio, fu costretto per ristrettezze economiche a lasciare la scuola elementare e a entrare in una ditta di intagliatori, doratori e stuccatori. Nel 1921 si iscrisse al corso serale di plastica decorativa della scuola Fantoni, in cui venne notato dall'insegnante Aiolfi (Costantini), che lo prese come aiuto nella sua bottega di stuccatore ove rimase fino al 1927, quando partì per il servizio militare a Verona. Qui si iscrisse all'istituto d'arte ed ebbe modo di studiare le porte di S. Zeno e i calchi dell'Accademia Cicognini.
L'anno dopo avviò la sua attività autonoma di scultore, e partì poi per Parigi, da cui, però, dovette tornare per mancanza di mezzi di sostentamento. Nel 1930 si trasferì in una Milano piena di fermenti modernisti e frequentata in quegli anni da Carlo Carrà, Lucio Fontana e Fausto Melotti, cominciando a firmarsi "Manzù", dizione dialettale di un cognome impegnativo e assai diffuso. A ventidue anni ricevette la prima commissione pubblica: due rilievi di Santi e una scultura a tutto tondo dell'Immacolata per la cappella dell'Università cattolica di Milano, retta da padre Agostino Gemelli, il quale, non apprezzando la Madonna del M., la spostò nel portico. Nel 1932 l'editore Giovanni Scheiwiller gli dedicò la prima monografia; l'anno seguente si tenne nella villa Ardiani a Selvino presso Bergamo, dove egli aveva dipinto le pareti del salone, la sua prima mostra personale. La sua presenza nelle collettive nazionali divenne via via sempre più frequente (alla XX Biennale di Venezia del 1936 fu gratificato con l'acquisto di una Testina da parte del re).
Agli inizi degli anni Trenta erano già comparse le prime prove di uno dei suoi temi prediletti, nato dalla contemplazione di modelle di acerba bellezza e, più in generale, della figura femminile concepita soprattutto nella sua corporeità, la Bambina e sedia, di cui nel 1931 realizzò un disegno e nel 1933 la prima versione a grandezza naturale in rame sbalzato (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). La sedia fu sempre un oggetto molto significativo per il M., trattata autonomamente in numerose varianti, come quella in bronzo, a grandezza naturale, su cui è posata una composizione di frutti della terra (Ardea, Raccolta Manzù, citata d'ora in poi solo Ardea). E mentre realizzava dipinti e incisioni, opere in stucco, terracotta e marmo, con pari attenzione al sacro e al profano, manifestando ora un lirismo espressivo, ora un realismo brutale, ora una tendenza alla stilizzazione, guardando principalmente ad Aristide Maillol e a Medardo Rosso, una visita a S. Pietro in Vaticano gli suggerì il soggetto del "cardinale", di cui realizzò nel 1934 un primo disegno e nel 1936 un primo esemplare subito da lui stesso distrutto.
Snodo essenziale della sua ricerca intorno al problema del volume plastico piramidale e una delle espressioni più riuscite del suo genio, anzi "tra le più alte e nobili creazioni della scultura del XX secolo" (Carandente, p. 36), i "cardinali" realizzati, presenze monumentali chiuse in manti rigidi che generano solchi tesi e dritti, furono in tutto una cinquantina, seduti e stanti, grandi e piccoli, e non ebbero mai modelli reali tranne nel caso del Cardinale Giacomo Lercaro del 1953, ritratto dell'arcivescovo di Bologna, eseguito su richiesta del committente per S. Petronio, dove si trova tuttora.
Il M. eseguì anche bassorilievi, studi di teste femminili e prime sculture in bronzo, esponendo in varie città, oltre che, naturalmente, a Milano (dove intanto si era stabilito di nuovo), ottenendo nel 1934 il premio Grazioli dell'Accademia di Brera per lo sbalzo e il cesello con il bassorilievo Gesù e le pie donne.
Si era nel frattempo sposato con Antonia Oreni (il matrimonio, celebrato in S. Ambrogio, durò dal 1934 al 1952), dalla quale ebbe tre figli, di cui due bambine, Laurinia (1935) e Donatella (1938), entrambe morte piccolissime, e Pio (1939), che morirà a soli trent'anni.
Nel 1936 compì il suo secondo viaggio a Parigi, in compagnia di Aligi Sassu; l'anno dopo soggiornò a Roma dove, tra l'altro, eseguì la prima versione in piombo della Bambina sulla sedia, mentre veniva ammesso, insieme con altri artisti avversi a Novecento, alla galleria La Cometa, dove conobbe Cesare Brandi e Carlo Lodovico Ragghianti. Nel 1938 ebbe la sua prima sala personale alla XXI Biennale di Venezia, l'anno successivo espose alla III Quadriennale di Roma il primo piccolo Cardinale (Siena, villa Brandi a Vignano) e il David (Ardea), opere entrambe in bronzo e di grande respiro compositivo nonostante le dimensioni, risposta antiretorica alla visione monumentale della scultura ufficiale. Nella capitale conobbe la giovane figlia di una baronessa romana, Francesca Blanc, che ritrasse nuda in disegno e scultura (con la versione definitiva in bronzo di dimensioni naturali, Musei Vaticani, ottenne nel 1942 il gran premio alla IV Quadriennale di Roma), e che, per prima, gli ispirò il soggetto Passo di danza, sviluppato subito in scultura (un esemplare si trova ad Ardea). Nel 1939 eseguì la prima Crocifissione, otto rilievi in bronzo (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), ispirati alla guerra, giudicati però allora eretici e blasfemi.
Essi esprimono l'avversione del M. al nazifascismo, incarnato dal carnefice di Cristo, che assume a volte l'aspetto di un militare tedesco (contro cui si avventa un cagnolino), nudo ma con l'elmetto e le insegne, altre volte addirittura di un prelato. Violente furono le reazioni del Vaticano di fronte, per esempio, al particolare del cardinale che dà la mano a un soldato nazista, oppure di Cristo rappresentato scheletrico (Carandente, p. 18).
Crocifissione e Deposizione sono i temi che riunirà sotto il titolo "Cristo nella nostra umanità", ai quali il M. si dedicò maggiormente durante la guerra (ma anche dopo: nel 1950 realizzò infatti quattro rilievi sulla Passione per la chiesa di S. Eugenio a Roma), esprimendo, dietro il soggetto religioso, una carica umana lacerante, spesso rinunciando ai dettagli per rappresentare, per esempio con l'immagine di Cristo sospeso con le braccia distese e il capo reclinato senza corona e senza croce, il simbolo della sofferenza umana.
La sua attività didattica in Italia era cominciata nel 1940 all'Accademia di Brera, da dove il M. passò subito "in prestito" all'Accademia di Torino, fino al 1954, quando lasciò l'incarico dopo che il ministero della Pubblica Istruzione si era rifiutato di accogliere la sua riforma delle accademie di belle arti.
Nel 1944 a Laveno sul lago Maggiore il M. realizzò Studi di erbe e fiori, trenta disegni dal vero a penna su carta assorbente (che riprenderà più volte nelle incisioni), nati da un dialogo con la natura, rifugio dagli orrori della guerra; di proprietà della Fondazione Credito bergamasco, sono oggi in deposito presso la Galleria d'arte moderna e contemporanea dell'Accademia Carrara di Bergamo.
Finita la guerra, il M. incontrò la milanese Alice Lampugnani, che gli si era rivolta per avere un ritratto del figlio e che acconsentì a diventare sua modella per un centinaio di disegni, una testa, due busti e il celebre bronzo dal titolo Grande ritratto di signora (1946: Milano, collezione Lampugnani), cui il M. attese per circa due anni (la seconda versione sempre in bronzo è al Museum of Modern Art di New York).
Ne emerge un'immagine di donna riservata e pudica, raccolta in una sorta di lunga casacca monacale, dalla cui scollatura si intravede il seno mentre la gamba sbuca dall'orlo, regalandole un tocco di sensualità, accentuata dal modellato increspato e vibrante.
Intanto, nel 1947, anno in cui si tenne al palazzo reale di Milano la sua prima grande retrospettiva, presentata da Lionello Venturi, il M. realizzò un altro suo capolavoro, la versione grande in bronzo della Fanciulla sulla sedia (Torino, Galleria d'arte moderna e contemporanea), mentre attendeva all'illustrazione delle Georgiche di Virgilio (Milano, Hoepli, 1948).
Dall'estate del 1954 fino al 1960, insegnò scultura nella Sommerakademie di Salisburgo, insieme con Oskar Kokoschka, cui fu affidata la classe di pittura (un suo ritratto in bronzo del 1960 circa si trova oggi ad Ardea). Qui nel 1954 incontrò la ballerina bavarese e modella per i giovani allievi scultori Ingeborg Schabel, che divenne la sua compagna di vita, con la quale il M. si trasferì a Roma nel 1958.
Il M. poté sposare Inge solo nel 1972; nel 1981 il loro rapporto si interruppe formalmente, arrivando a una separazione consensuale nel 1983, seguita nel 1987 da un riavvicinamento. Da questa unione nacquero i figli Giulia e Mileto. La Schabel fu inoltre ispiratrice di molti ritratti e di numerosi studi. È lei il soggetto di tante varianti del Passo di danza, di cui una versione scultorea fu inaugurata nel 1964 a Detroit per la fontana davanti alla sede della Gas Company, delle Pattinatrici (la versione in bronzo del 1956 circa è conservata ad Ardea), della Donna con bambino, di cui una versione in ebano del 1968 si trova a Roma, presso la Camera dei deputati.
Nel 1947 il M. decise di partecipare al concorso per la realizzazione di tre porte della basilica vaticana, di cui una fu da lui ideata (in collaborazione con monsignor Giuseppe De Luca) ed eseguita nell'arco di oltre un decennio, dal momento del suo incarico ufficiale nel 1952.
Gli studi per la porta di S. Pietro furono esposti alla XXXII Biennale di Venezia, mentre le varie fasi del lavoro furono riprese in un documentario di Glauco Pellegrini. Il primo bozzetto ebbe due varianti: nella prima le ante erano suddivise in otto pannelli ciascuna, mentre nella seconda erano costituite da due zone, una superiore, l'altra inferiore, divise al centro da due medaglioni. Il penultimo e ultimo bozzetto ripresero il secondo schema; e fu così anche per l'opera definitiva, benedetta il 28 giugno 1964 da papa Paolo VI. Il tema della porta, che inizialmente sarebbe dovuto essere "Il trionfo dei santi e dei martiri", divenne invece la "Morte" (al M. di certo più congeniale), affrontato con una drammaticità espressiva eccezionale. Sul verso, visibile dall'interno della basilica quando la porta è chiusa, fu raffigurato l'episodio centrale del pontificato di papa Giovanni XXIII, cioè L'apertura del concilio ecumenico Vaticano II, che si svolge entro un lungo pannello, una striscia figurata sottile rispetto all'altezza dei battenti, con la solenne processione dei prelati. Il recto fu diviso invece in due zone: nella superiore vennero raffigurati la Morte di Maria e la Morte di Cristo in cui le figure emergono con nettezza, nonostante lo "stiacciato" lievissimo; la parte inferiore fu concepita invece affollata. Otto formelle rettangolari presentano scene simboliche, dalla Morte di Abele a quella di Giuseppe, di Stefano protomartire lapidato, di Gregorio VII e, nella fascia sottostante, la Morte per violenza, Giovanni XXIII in preghiera (aggiunto dopo la morte del pontefice e posto in sostituzione del pannello raffigurante la Morte per acqua) e, infine, le morti civili, nell'aria e sulla terra. Al centro, con funzione di picchiotti, furono sistemati due altorilievi che rappresentano un tralcio di vite e un fascio di spighe, entrambi simboli eucaristici. Altri sei altorilievi più piccoli sono nella parte bassa delle ante con raffigurazioni di uccelli (un gabbiano, un corvo, una civetta) e di altri animali connessi con l'idea della notte, del sonno e, dunque, della morte (un ghiro, un riccio, una tartaruga che morde un serpente). Nell'assenza di cornici di riquadro, i parametri prospettici restano il piano di fondo, che ha il senso dello spazio infinito, e il rilievo delle figure, che si muovono con un calmo ritmo classico, che ne determina i volumi.
Entrato in contatto con Giovanni XXIII, bergamasco e di umili natali come lui, il M. fu incaricato di realizzare diversi esemplari del busto del pontefice (tra il 1960 e il 1963 ne produsse sette, di cui quattro da lui distrutti, gli altri tre conservati presso i Musei Vaticani, al Museo di S. Marco a Venezia e in collezione privata), alcune teste (due delle quali ad Ardea), l'emblema del concilio ecumenico Vaticano II per il pavimento del portico di S. Pietro e, dopo la morte del papa, la maschera e il calco della mano destra di lui (oggi nel Museo di papa Giovanni a Sotto il Monte). Divenuto ormai artista di fama internazionale, il M. espose in numerose mostre in Italia e all'estero, gratificato da importanti riconoscimenti (divenne membro dell'Académie royale de Belgique e, nel 1954, accademico di S. Luca, il massimo riconoscimento per un artista italiano) e premi (tra i quali, nel 1966, il premio Lenin per il rafforzamento e la pace dei popoli, devoluto dal M. a favore dei feriti e dei bisognosi della guerra in Vietnam).
Tra il 1955 e il 1957 ricevette l'incarico per la porta centrale, detta poi "dell'Amore", del duomo di Salisburgo, finita tre anni dopo, nella quale anticipò la struttura compositiva e alcuni motivi sviluppati poi nella porta "della Morte".
La porta del M., che celebra la virtù cardinale dell'Amore, sotto forma di Charitas, mentre le laterali, realizzate da altri scultori, raffigurano la Fede e la Speranza, è costituita da due ante alte quasi 5 m, con quattro rilievi che celebrano figure di santi, battenti in forma di spighe e di tralci di vite, simboli dell'eucarestia, e un fregio in basso con quattro uccelli simboli della carità: chioccia, corvo, colomba e pellicano. Sulla faccia interna sono invece due cardinali (i fondatori dell'arcivescovado) a tutto tondo, in funzione di battenti, che si ripetono anche nella chiave del portale.
Un'ultima porta, quella detta "della Pace e della Guerra", fu invece realizzata tra il 1965 (anno in cui si recò in Costa Azzurra per conoscere Pablo Picasso) e il 1969 per la chiesa di St. Laurenz a Rotterdam, caratterizzata da grandi figure e barocchi panneggi emergenti in altorilievo. La Pace venne qui raffigurata nel settore superiore, fisso, della porta, la cui parte inferiore venne invece riempita di rilievi in una composizione unitaria, nonostante la linea divisoria delle ante.
Il tema della Pace e Giustizia fu svolto in altorilievo per la Cassa di risparmio delle province lombarde nel 1970 e per il palazzo di Giustizia delle Comunità europee a Lussemburgo qualche anno dopo.
Negli stessi anni a New York realizzò due fontane e nel 1965 i rilievi Madre col bambino e Tralcio di vite sulla facciata del palazzo d'Italia al Rockefeller Center.
Intanto già dal 1964 il M. aveva deciso di ritirarsi in campagna, in una villa nei pressi della località denominata Campo del Fico, oggi ribattezzato Colle Manzù, in prossimità di Aprilia, dove ebbe casa, studio e fonderia; non molto distante, ad Ardea, nel 1969 inaugurò la sua "Raccolta Amici di Manzù", esposizione permanente, donata nel 1979 allo Stato e aperta al pubblico nell'aprile del 1981.
La Raccolta, contenente oltre quattrocento opere del M., fra sculture, dipinti, incisioni, gioielli e medaglie (rubati di recente e in parte recuperati), disegni (alcuni dei quali parzialmente distrutti in seguito a un allagamento e poi restaurati, nei quali appare un M. straordinario dal tratto spontaneo e fluido), è sede distaccata della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
Nell'ultima fase della sua carriera il M. si dedicò prevalentemente a temi laici e sensuali, che replicò in numerose opere conservate presso la Raccolta Manzù di Ardea. L'artista cominciò ad avvalersi di nuove libertà formali che portarono a opere festose, scevre della sua tipica crepuscolare malinconia. Particolarmente felici gli esiti che raggiunse con il tema degli Amanti, in cui l'abbraccio disperato diventa espressione di un furore appassionato e incontrollabile, generando un intreccio di corpi quasi fantastico, con lo Striptease, anch'esso prodotto di un erotismo ormai svincolato dagli scrupoli di obbliganti committenze, con i Figli in carrozza, raffigurazioni gioiose, e con i ritratti, soprattutto quello di Inge, ripetuto in numerosi esemplari, come anche il suo corpo modellato in varie pose e grandezze. Ma non meno interessanti appaiono altre tematiche come il Cestino di frutta (evidente omaggio a Michelangelo Merisi, il Caravaggio, da lui effigiato in una grande scultura in bronzo di proprietà della Provincia di Bergamo), la Tebe (sua nuova modella), il Muro dell'Odissea e Ulisse e Penelope.
Il M. si dedicò anche alla scenografia, disegnando bozzetti e costumi (tempere, pastelli, gouaches e collages conservati nella quasi totalità ad Ardea). La prima volta fu nel 1964 al teatro dell'Opera di Roma per l'Edipo re di I. Stravinskij (del quale poi nel 1971 realizzò la tomba per il cimitero di Venezia), ove fuse alla perfezione i simboli primari della tragedia greca con la sintesi della modernità in una scena di grande sobrietà; seguirono, sempre a Roma, l'Histoire du soldat di Stravinskij alla Filarmonica e La follia di Orlando di G. Petrassi al teatro dell'Opera, quindi il Tristano e Isotta di R. Wagner alla Fenice di Venezia, Prélude à l'après-midi d'un faune di C. Debussy al XV Festival di Spoleto, l'Elektra di R. Strauss alla Deutsche Oper di Berlino, l'Ifigenia in Tauride di Chr. Gluck al teatro Comunale di Firenze e il Macbeth di G. Verdi al teatro dell'Opera di Monaco (H. von Graefe). In questo campo il M. rivolse un particolare interesse ai colori, stesi a larghe campiture, e alle materie diverse, come veline increspate e trucioli di legno, usati per gli effetti plastici.
Il disegno come forma artistica autonoma, spesso rivolta all'osservazione di maestri antichi e moderni, fu per il M. un'occupazione importante, come l'arte grafica in generale, incisioni, acqueforti e acquetinte. Nel 1976 venne allestita una sua mostra di opere grafiche ad Ardea e nel 1980 furono donate al Museo Puškin di Mosca diciotto tempere dal titolo Copie dai miei maestri antichi e moderni e al Museo nazionale del governo giapponese a Tokyo quattordici tempere sul Nuovo Testamento; sempre a Tokyo nel 1973 era stato inaugurato un museo a lui dedicato. Il M. realizzò inoltre illustrazioni per libri tra i quali le Laudi di Iacopone da Todi (Milano, Uomo, 1945), le Opere e i giorni di Esiodo (Roma, Edizioni dell'Elefante, 1966), l'Edipo re di Sofocle (Verona, Officina Bodoni di Giovanni Mardersteig, 1968), Il falso e il vero verde di S. Quasimodo (Verona, Ghelfi, 1973), l'Odissea nella traduzione dello stesso Quasimodo (Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1977: le venti tempere originali furono donate dall'artista al Guggenheim Museum di New York). Un po' ovunque predilesse la linea marcata ed energica e i colori, quando presenti, tenui e lievi.
Inoltre, fondamentale fu per il M. la pittura, di cui sono esempio una serie di dipinti dai colori brillanti sul tema Pittore con modella che vennero esposti alla galleria Galatea di Torino nel 1965.
Nella fase tarda della sua carriera si interessò anche alla medaglistica, realizzando, per esempio, su commissione papale, un esemplare per gli ottant'anni di Paolo VI nel 1977 e l'anno dopo uno per il bicentenario del teatro alla Scala. In questi anni strinse con la sua città natale un nuovo legame donandole il Monumento al partigiano, con il quale rese omaggio alla propria fede politica, inaugurato congiuntamente alla mostra antologica "Manzù a Bergamo" (1977), e che si andò a sommare alle altre opere regalate a Bergamo, riunite poi in una sala a lui dedicata nel 1980 dall'Accademia Carrara. Nel 1979, in occasione dei suoi settant'anni, si tenne una personale all'Accademia delle arti del disegno a Firenze, nel cui catalogo sono raccolte le rare dichiarazioni rilasciate dal M. sulla sua opera. Nel 1980 eseguì l'altare, il tabernacolo, due pareti laterali e il complesso degli arredi sacri per il nuovo presbiterio nel santuario di S. Rita da Cascia. Nel 1982 fu presentato alla Mostra internazionale del cinema di Venezia il film Il vento e l'amore. Progetto Manzù di Glauco Pellegrini. Nel 1989 venne inaugurata a New York, di fronte al Palazzo di vetro, nel piazzale delle Nazioni Unite, l'ultima sua grande realizzazione: una scultura in bronzo, alta m 6,50, su una base d'oro, raffigurante la Madre col bambino. Fu questa per il M. ormai ottantenne l'impresa più difficile e ardua in cui si fosse cimentato. L'idea del grandioso progetto fu dell'editore d'arte Norberto Georges Kuri. Il tema era stato affrontato dal M. altre volte. Il movimento doveva essere quello della madre che solleva il proprio bambino, significando vita, speranza, futuro. Nel 1986 aveva schizzato già il disegno, nel 1988 era pronto un "bozzettone" di oltre 3 metri. Tutto era stato calcolato nel dettaglio, persino la scelta della legna di quercia per una migliore fusione.
Il M. morì nella sua casa di campagna, in prossimità di Aprilia, il 17 genn. 1991. L'anno dopo la sua salma venne traslata dal cimitero Monumentale del Verano di Roma alla Raccolta Manzù di Ardea, dove l'artista è tumulato nel Monumento funebre dedicato alla sua memoria nel giardino davanti all'ingresso del museo.
Fondata su un'interpretazione personale dei canoni estetici classici, con l'aggiunta del problema della luce, l'arte del M., tradizionalista e moderna insieme, si caratterizza essenzialmente per una permanente dualità, a volte una convivenza faticosa, tra ispirazione cristiana e fede laica e socialista (ma il M., pur interessato al dibattito politico, non partecipò direttamente ad alcun movimento), tra senso religioso che, come egli stesso ammetteva, gli proveniva dall'insegnamento materno, e anelito alla carnalità proprio della sua natura, tra slancio di sublimazione e sensualità, tra semplicità rurale e raffinatezza; dualità che si traduce comunque in una propensione per le forme elementari, la naturalezza delle pose e dei gesti (preferibilmente di donne di bellezza prorompente ed elegante e dai profili dolci e alteri), la plasticità dei volumi, ora perentori e concisi, ora nervosi e "sensibili", privi come sono, spesso, di contorno netto. Definito il "Michelangelo del 2000", il M. costituì, insieme con Arturo Martini e con Marino Marini, "l'intelaiatura sulla quale la scultura moderna italiana fonderà le sue basi" (Carandente, p. 6).
Fonti e Bibl.: G. Scheiwiller, Manzù, Milano 1932; C. Brandi, G. Manzù: studi per la porta di S. Pietro. Bozzetti e varianti esposti alla XXXII Biennale internazionale di Venezia, Milano 1964; A. Ciranna, G. Manzù: catalogo dell'opera grafica (incisioni e litografie) 1929-1968, Milano 1968; Raccolta Amici di Manzù (catal.), Ardea 1969; B. Heynold von Graefe, Manzù e il palcoscenico, Milano 1972; J. Rewald, G. Manzù, Milano 1973; Manzù a Bergamo (catal., Bergamo), con testo di C. Brandi, Gorle 1977; G. Manzù. Esposizione per le celebrazioni del suo settantesimo anno (catal.), Firenze 1979; G. Fallani, Manzù farà la porta di S. Pietro?, Bologna 1980; G. Manzù: ori e argenti (catal.), a cura di C.L. Ragghianti, Firenze 1980; Manzù per Bergamo, Gorle 1982; M. De Micheli, G. Manzù, Milano 1988; Manzù pittore, a cura di I. Schabel Manzù, Bergamo 1988; G. Pellegrini, Manzù. Un film, Povegliano Veronese 1988; C. Brandi, Manzù: le porte. Roma, Salisburgo, Rotterdam, Cinisello Balsamo 1989; G. Manzù (catal., Castel Ivano), a cura di D. Eccher, Calliano Trento 1991; I. Schabel Manzù - S. Milesi, Lo scultore e la ballerina, Bergamo 1993; G.C. Argan - C. Brandi, Manzù, Forte dei Marmi 1993; L. Velani, La Raccolta Manzù. Catalogo delle sculture, Latina 1994; R. De Grada, G. Manzù: disegni, Bergamo 1995; Manzù e l'oro, l'arte e l'artigianato (catal., Bergamo), s.l. 1995; T. Kellein, G. Manzù: i cardinali, Lausanne 2000; Omaggio a Manzù (catal.), Matera 2000; S. Milesi, Manzù e papa Giovanni: sculture dell'anima, Bergamo 2001; G. Carandente, Manzù, Firenze 2002; C. Costantini, Vita di Manzù, Roma 2002; Manzù. L'uomo e l'artista (catal.), a cura di C. Strinati, Roma 2002; G. Manzù: opere dal 1937 al 1982 (catal., Savigliano), a cura di A. Busto - M. Pacella, Caraglio 2003; G. Manzù. Galleria d'arte moderna e contemporanea. Accademia Carrara, Bergamo, a cura di M.C. Rodeschini Galati, Bergamo 2004; G. Manzù: trenta studi di erbe e fiori (catal.), a cura di M.C. Rodeschini Galati - G. Rinaldi - L. Tarantola, Bergamo 2004; Manzù in Università cattolica: un contributo del '900 all'arte sacra, Milano 2004; L'amore secondo Manzù: il pittore e la modella (catal., Palermo), a cura di M. Calvesi, Roma 2005; Manzù: l'avventura di Ulisse (catal., Ancona), a cura di E. Steingräber, Milano 2005; Manzù: la bellezza femminile (catal., Chieti), a cura di G. Manzoni, Bergamo 2005.