LAURO, Giacomo
Non si conosce la data di nascita del L., attivo prevalentemente in ambito romano come incisore, stampatore e conoscitore di antichità tra il 1583 e il 1645.
Il fatto che egli firmasse le sue opere come "Jacobus Laurus Romanus" lascia presumere che fosse originario di Roma e, al contempo, rende improbabile l'ipotesi di una possibile provenienza dai Paesi Bassi (Bertolotti, p. 221). Nulla si conosce della sua formazione. La prima testimonianza documentaria che attesta la sua presenza a Roma, in cui è definito "intagliatore di rame romano", risale al 1583 (ibid.); mentre la sua prima stampa conosciuta è un Tiberio con la daga (o Il gladiatore), pubblicata da C. Duchet nel 1585.
Nonostante abbia affrontato tematiche storiche, mitologiche, devozionali, il L. è noto soprattutto per la produzione di piante e vedute di città, a cominciare dalla veduta a volo d'uccello di Rocca Contrada (Arcevia), realizzata nel 1594 su disegno di E. Ramazzani (Anselmi). Nel 1599, basandosi su un disegno di A. Tempesta, il L. incise e pubblicò una pianta di Roma, ristampata nel 1630, dal titolo Septem Urbis ecclesiae cum earum reliquiis stationibus et indulgentiis.
Nel 1606 videro la luce la Pianta di una battaglia tra il re di Polonia e i ribelli nel 1605, nuovamente su disegno di Tempesta, e una stampa con la Traslazione della S. Casa di Loreto. Dell'anno dopo è una veduta a volo d'uccello della città di Tivoli. A testimonianza invece di un'intensa attività nel campo della ritrattistica stanno, per esempio, il ritratto di papa Paolo V del 1607, e successivamente quelli di Clemente VIII e Urbano VIII, inseriti nelle edizioni dell'Antiquae Urbis splendor insieme con i ritratti dei dedicatari. Si devono anche citare i ritratti comparsi nelle opere di A. Gallonio (Vita beati p. Philippi Nerii Florentini Congregationis oratorii fundatoris in annos digesta, Romae 1600), G.B. Della Porta (De distillatione lib. IX, ibid. 1608) e G. Castiglione (De Congregationis oratorii a b. Philippo Nerio fundatae institutis, Romae 1612).
A partire dai primi anni del secolo il L. stabilì contatti con personaggi di primo piano, riuscendo a creare quei presupposti che gli avrebbero permesso di lavorare con successo a opere più ambiziose. Ciò è confermato dalle notizie che si possono ricavare dall'Album o Liber amicorum, ricordato da T. Ashby (I, pp. 365 s.) e già facente parte della sua collezione.
L'Album contiene le copie di numerose lettere scritte al L. da vari personaggi illustri tra il 1600 e il 1636. Alcune di esse testimoniano un'intensa attività legata alla produzione di immagini sacre per le quali il L. aveva ottenuto già nel 1598 un privilegio da Clemente VIII. Dall'Album si desumono anche notizie sulla famiglia: in alcune lettere a lui scritte tra il 1611 e il 1612 viene ricordata la consorte, senza specificarne però il nome, e citati, tra i figli, Michele e "M. Gieronimo" (ibid., p. 367); uno di essi è forse il figlio inviato nel 1613 a Città della Pieve presso A. Pallavicino per migliorare nell'arte del disegno. Nel 1615 viene ricordata anche una figlia che si dedicava con successo all'arte della miniatura e che riceveva le lodi di Margherita Aldobrandini, duchessa di Parma; è assai probabile che per alcune opere il L. si avvalse della sua collaborazione. Dal Liber mortuorum della parrocchia di S. Maria e S. Gregorio in Vallicella si apprende che una figlia del L. morì nel 1600 (Bertolotti, p. 222). Almeno per un certo periodo egli visse nel rione Parione, come si deduce dalla testimonianza del cappellano di S. Maria ai Monti nel processo contro F. de' Paoli (1635) per il preteso furto di una matrice di rame appartenuta al L. e raffigurante il Senato di Polonia (ibid., pp. 222-225; Ehrle, pp. 8 s.).
La fama del L. è affidata soprattutto all'Antiquae Urbis splendor, la sua opera più celebre, iniziata nel 1586 e suddivisa in quattro libri.
I primi due, datati rispettivamente 1612 e 1613 e pubblicati a Roma presso V. Mascardi tra il 1610 e il 1614, sono dedicati a Sigismondo III Vasa e a Carlo Emanuele I di Savoia, e comprendono novantanove tavole con i monumenti più rappresentativi della Roma antica. Nella prefazione il L. ricorda un lavoro preparatorio durato ventotto anni. Il terzo libro, dal titolo Antiquae Urbis splendoris complementum, è dedicato a Ranuccio Farnese e risale al 1615. Nei trentaquattro fogli che lo compongono sono ancora rappresentate architetture dell'antica Roma. Con il quarto libro (1628), intitolato Antiquae Urbis vestigia quae nunc extant e dedicato a Maurizio di Savoia, l'opera raggiunse complessivamente le centosessantasette tavole. Quest'ultima parte contiene ancora immagini della città antica e vedute di rovine, ma soprattutto incisioni con i più significativi edifici realizzati in epoche successive: le grandi basiliche, i palazzi nobiliari, le ville e i giardini. Alla prima edizione seguirono numerose altre: meritano particolare menzione quella del 1625 - realizzata in occasione del giubileo e pubblicata a Roma presso A. Fei, corredata sul retro di ogni tavola dalla traduzione in italiano, tedesco e francese del testo latino - e quella del 1637 ancora presso Mascardi (ripubblicata a Roma nel 1996 a cura di C. Cametti - C. Falcucci con il titolo Meraviglie della Roma antica. Templi, palazzi, terme e stadi. La grandezza della Roma imperiale nelle ricostruzioni ideali dei suoi monumenti), curata da G. Alto (Hans Gross) da Lucerna, guardia svizzera, ma anche abile cicerone molto richiesto come guida di Roma dai turisti stranieri, specialmente tedeschi. Nel 1699 la calcografia di D. De Rossi ripubblicò in una nuova veste tipografica la serie: fu suddivisa in due parti, quella con i monumenti della Roma antica (Romanae magnitudinis monumenta) e quella con le vedute e gli edifici della città moderna (Collectio antiquitatum Urbis). In entrambe, le immagini del L., che costituiscono comunque la parte preponderante, furono integrate con vedute di altri incisori.
Nel suo intento di ricostruire l'immagine della Roma antica, il L. elaborò un linguaggio semplice ed essenziale, ispirato in parte a modelli di artisti come P. Ligorio, A. Lafréry, E. Du Pérac. Tra i suoi propositi non c'era quello di operare una ricostruzione corretta e fedele dei monumenti, che infatti furono spesso reintegrati con elementi di fantasia, ma il desiderio di suscitare stupore e meraviglia, rendendo manifesti la grandezza e lo splendore degli antichi. Soprattutto nei primi tre volumi, gli edifici sono per lo più isolati dal contesto urbano; e le prospettive, impostate in modo elementare e non prive di una certa rigidezza formale, non sempre dimostrano una completa padronanza delle tecniche di rappresentazione. Nel quarto, mediante una grafica più sciolta e corsiva, il L. curò maggiormente l'inserimento nel contesto paesaggistico includendo anche figure di passanti, carri e animali. Oltre a riscuotere un notevole successo presso viaggiatori, turisti e pellegrini, che desideravano conservare il ricordo della loro visita alla città e, al contempo, appagare il proprio desiderio di erudizione, l'opera fu apprezzata da artisti come G.L. Bernini, F. Borromini, P. Berrettini da Cortona, A. Algardi in quanto repertorio di immagini, strumento di studio e utile fonte di ispirazione (Del Pesco, 1984 e 2000).
Negli anni 1630-45 il L. si dedicò alla pubblicazione di una serie di piante e descrizioni di città italiane e straniere in forma di piccoli opuscoli, alcuni dei quali furono raccolti nel 1639 sotto il titolo di Heroico splendore delle città del mondo.
In ognuno di essi il frontespizio è seguito dalla dedica a un personaggio illustre, dalla pianta corredata di legenda, spesso derivata dall'opera di predecessori, e infine da una breve descrizione della città. Nell'opuscolo intitolato Historia dell'antichissima città di Cortona in Toscana del 1639 (Roma, Lodovico Grignani) la pianta della città, datata 1634, reca oltre alla firma del L. quella di Pietro da Cortona (rist. anast., 1981, con il titolo Dell'origine della città di Cortona in Toscana e sue antichità).
La data di morte del L. non è nota. Egli risulta già deceduto nel 1650, quando il teologo S. Gregorowic scriveva al figlio Michele per esprimergli stima e affetto (Ashby, I, p. 365).
Fonti e Bibl.: A. Bertolotti, Artisti belgi ed olandesi a Roma nei secoli XVI e XVII, Firenze 1880, pp. 221-225; A. Anselmi, La pianta panoramica di Roccacontrada, oggi Arcevia, disegnata da E. Ramazzani nel 1594, in La Bibliofilia, VIII (1906), pp. 177 s.; F. Ehrle, Roma prima di Sisto V. La pianta di Roma di Du Pérac - Lafréry del 1577, Roma 1908, pp. 8 s., 22, 26; B. Disertori, La R. Calcografia. Antichi vedutisti e paesisti, in Emporium, LVII (1923), 339, pp. 156-158; T. Ashby, Un incisore antiquario del Seicento, I, Note intorno alla vita ed opere di G. L., in La Bibliofilia, XXVIII (1926-27), pp. 361-373; II, L'opera "Antiquae Urbis splendor", ibid., pp. 453-460; III, ibid., XXIX (1927), pp. 356-369; IV, L'Heroico splendore delle città del mondo, ibid., XXXI (1929), pp. 105-122; C. Huelsen, Saggio di bibliografia ragionata delle piante icnografiche e prospettiche di Roma dal 1551 al 1748, Firenze 1933, pp. 10, 58, 86 s., 111; P. Arrigoni - A. Bertarelli, Piante e vedute di Roma e del Lazio conservate nella Raccolta delle stampe e dei disegni, Milano 1939, ad ind.; C.A. Petrucci, Catalogo generale delle stampe tratte dai rami incisi posseduti dalla Calcografia nazionale, Roma 1953, p. 73; A. Petrucci, Il Caravaggio acquafortista e il mondo calcografico romano, Roma 1956, pp. 19, 66, 114 s., 121 s.; N. Nobiloni, A Frascati. L'incantato giardino di Lucullo e Annibal Caro, in Capitolium, XXXIV (1959), 3, p. 17; Le piante di Roma, a cura di A.P. Frutaz, Roma 1962, I, pp. 65 s., 71 s., 76, 207; II, tavv. 35, 58-61; A. Baudi di Vesme, Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII sec., II, Torino 1966, p. 607; D. Del Pesco, Una fonte per gli architetti del barocco romano: l'"Antiquae Urbis splendor" di G. L., in Studi di storia dell'arte in memoria di Mario Rotili, Napoli 1984, pp. 413-436, tavv. CCII-CCVIII; Id., Dai templi alle basiliche: le due Rome di G. L. (1625), in Roma sancta. La città delle basiliche, a cura di M. Fagiolo - M.L. Madonna, Roma 1985, pp. 276-278; M. Fagiolo, La città delle basiliche, in I.A. Chiusano et al., Roma dei grandi viaggiatori, a cura di F. Paloscia, Roma 1987, pp. 118, 122 s.; Indice delle stampe… De' Rossi. Contributo alla storia di una stamperia romana, a cura di A. Grelle Iusco, Roma 1996, ad ind.; Borromini e l'universo barocco (catal.), a cura di R. Bösel - C.L. Frommel, Milano 2000, pp. 48, 175, 258; D. Del Pesco, Borromini e la Roma antica di G. L., in Francesco Borromini. Atti del Convegno internazionale, Roma… 2000, a cura di C.L. Frommel - E. Sladek, Milano 2000, pp. 284-296; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 460.