GORZANIS (De Gorzanis, Gorzani), Giacomo (Jacomo)
Nacque in una imprecisata località della Puglia, probabilmente tra il 1520 e il 1525. Dal frontespizio della prima opera pubblicata, Intabolatura di liuto (1561), sappiamo che questo compositore e liutista era "cieco, pugliese, habitante nella città di Trieste".
A Trieste il G. risiedeva stabilmente fin dal 1557 (il 4 maggio di quell'anno veniva battezzata a S. Giusto la figlia Domenica Giacoma, avuta dalla moglie Dorotea) e vi dimorava con un certo decoro, risultando dal 1559 proprietario di diversi beni immobili. Un'ulteriore conferma viene dall'aver ottenuto nel 1567, allo scadere dei dieci anni prescritti dallo Statuto comunale, l'ambita cittadinanza triestina che mantenne fino alla morte.
Riguardo alla propria cecità, è il G. stesso che nella dedica de Il terzo libro de intabolatura di liuto (1564) si descrive "io privo di lume" e "io cieco".
Nel 1561 uscì a Venezia, "appresso Antonio Gardano", la sua Intabolatura di liuto… Libro primo; ed è ancora la dedica a rendere testimonianza circa la fama e la reputazione altissima goduta dal G., lì dove parla della "continua conversatione et prattica di valentissimi musici". Tali riferimenti ai consensi ottenuti dalla propria arte trovano oggettiva conferma in primo luogo nel fatto che due dei sei poderosi volumi pubblicati dal G., Il secondo libro e l'Opera nova, furono ristampati.
Risulta poi che dei suoi lavori giunsero in Inghilterra; alcuni ricercari e passamezzi pubblicati tra il 1561 e il 1579 si trovano infatti nella raccolta manoscritta per liuto nota come Dallis pupil's lutebook (1583-85; Dublino, Trinity College Library, ms. 410/1). Ma soprattutto è dai nomi dei destinatari delle dediche dei suoi libri che si comprende come il G. instaurò rapporti con alti dignitari della corte dell'imperatore Massimiliano II e con lo stesso arciduca dell'Austria Interiore, Carlo, cui è dedicato Il secondo libro delle napolitane a tre voci (Venezia, G. Scotto, 1571).
Fin dal suo primo volume le composizioni del G. sono dedicate al liuto, strumento di grande diffusione nel Cinquecento, in particolare il liuto a sei cori, ovvero con sei ordini di corde, la cui tecnica esecutiva aveva quasi raggiunto in Italia la piena maturità. La musica veniva redatta con un sistema, detto intavolatura, costituito dalla rappresentazione grafica della tastiera dello strumento nei vari momenti dell'esecuzione. Le difficoltà interpretative di queste intavolature nascono dalla mancanza di una grafia ritmica che precisi le rispettive durate di suoni simultanei; un ulteriore problema nei volumi del G. è dato dalla sistemazione spesso scorretta delle stanghette di divisione.
Nell'Intabulatura di liuto (1561) il G. dà forma alla suite di variazioni, riunendo a gruppi di due o tre, passamezzo-padovana-salterello (alternati a balli tedeschi e gagliarde), danze dal carattere popolare ora in movimento lento ora mosso, in cui uno stesso motivo melodico andava arricchendosi attraverso fioriture e abbellimenti. Motivi ispiratori erano spesso quelli di canti popolari famosi a quel tempo: La rocca e 'l fuso o La cara cosa, che si trasforma, quest'ultima, nella suite Passamezo della caracosa - Padoana del detto - Saltarello del detto contenuta ne Il secondo libro de intabulatura di liuto (Venezia 1562, perduto; ibid., G. Scotto, 1563; ibid., A. Gardano, 1565).
Il terzo libro de intabolatura di liuto (Venezia, A. Gardano, 1564), contiene, come i precedenti, passamezzi antichi e moderni, ovvero scritti su scale modali rispettivamente di modo dorico, o primo tono autentico del canto liturgico (corrispondente all'incirca all'odierno modo minore), e modo misolidio, o settimo tono autentico (corrispondente al maggiore). Sono inoltre presenti, alla fine dell'opera, due ricercari di particolare valore, tra quelli composti dal G., nei quali la tecnica contrappuntistica è posta al servizio dell'espressività.
Un capitolo importante nell'opera del G. è rappresentato dal manoscritto datato 1567 (Monaco, Staatsbibliothek, Mus. Ms. 1511a), dal semplice titolo Libro de intabulatura di liuto. Nel frontespizio si legge: "libro nel qualle si contengano Vinti quatro passa mezi Dodeci per be molle et dodeci per be quadro sopra dodeci chiave novamente composte con alcune napollitanae"; esso contiene, diversamente da quanto appare indicato, sette napolitane, un ricercare, e 24 saltarelli abbinati ai 24 passamezzi, dei quali rappresentano una variazione ritmica pur condividendo la stessa struttura armonica. Questi 24 dittici, coppia di passamezzo e saltarello, di cui 12 di modo minore e 12 di modo maggiore, sono composti a partire dal suono più basso del liuto (mi) ascendendo progressivamente su ognuno dei 12 semitoni della scala cromatica: dittico in fa minore e fa maggiore, dittico in fa diesis minore e fa diesis maggiore, e così via.
Tale opera del G. riveste un'importanza particolare, perché, anticipando di circa un secolo e mezzo il Das wohltemperierte Klavier di J.S. Bach, rappresenta uno dei primissimi esempi di ciclo compositivo svolto su tutti i dodici suoni della scala per uno strumento, come il liuto, che praticava di fatto, data la sistemazione dei suoi tasti, il temperamento equabile.
Nel 1570 il G. abbandonò la produzione riservata esclusivamente al liuto solo dando alle stampe Il primo libro di napolitane che si cantano et sonano in leuto (Venezia, G. Scotto), una raccolta di 25 villanelle alla napolitana: brevi componimenti di tre o quattro strofe quasi sempre a tre parti, scritte per voce di soprano e liuto (o per liuto solo). Dato lo spiccato carattere vocale, non si esclude possano essere state destinate anche all'esecuzione per sole voci; ciò che le caratterizza è la varietà dei passaggi armonici e l'indeterminazione tonale, nel continuo oscillare dal maggiore al minore. Le napolitane hanno notevole importanza nella produzione del G. il quale, constatato il successo della prima raccolta, diede alle stampe - come già detto, nel 1571 - Il secondo libro delle napolitane a tre voci, questa volta dichiaratamente affidate alle voci sole.
Ancora per liuto solo apparve a Venezia nel 1579, per A. Gardano, un'edizione dell'Opera nova de lauto… libro quarto, che contiene accanto a passamezzi, padovane e saltarelli, caratterizzati da variazioni melodiche e ritmiche per aumentazione e diminuzione, anche sei fantasie, tra le quali spiccano la seconda e la quinta. Questo volume è importante anche per fissare l'anno della morte del G.: nel frontespizio e nella dedica è il figlio Massimiliano a presentare "le poche fatighe con lungo studio composte dalla buona memoria de mio patre". Un'opera postuma quindi, e poiché l'ultimo documento che riguarda il G. è del 1574, la morte dovrebbe essere sopraggiunta tra quest'anno e il 1579, forse a causa della peste che tra il 1576 e il 1577 colpì con violenza Trieste.
Tra le edizioni moderne del G. si segnalano, tutte a cura di B. Tonazzi: XV napolitane, Locarno-Wilhelmshaven 1963; Musiche scelte dalle intavolature per liuto - Musik aus alten Lautenbüchern für Gitarre, ibid. 1963, pp. 8 s. (trascrizione per chitarra); Libro de intabulatura di liuto, 1567, Milano 1975 (trascrizione in notazione moderna e studio biobibliografico).
Fonti e Bibl.: Lautenspieler des XVI. Jahrhunderts, a cura di O. Chilesotti, Leipzig 1891, pp. IX, 26-43; O. Chilesotti, Note circa alcuni liutisti italiani della prima metà del Cinquecento, in Rivista musicale italiana, IX (1902), 1, pp. 55 s.; 2, p. 251; Id., La rocca e 'l fuso, ibid., XIX (1912), p. 375; Id., Jacomo G. liutista del Cinquecento, ibid., XXI (1914), pp. 86-96; G. Reichert, Der Passamezzo, in Kongress-Bericht. Gesellschaft für Musikforschung Lüneburg 1950, a cura di H. Albrecht - H. Osthoff - W. Wiora, Kassel 1951, p. 97; F. Ghisi, Strambotti e laude nel travestimento spirituale della poesia musicale del Quattrocento, in Collectanea historiae musicae, I (1953), pp. 64-66; L.H. Moe, Le problème des barres de mesure. Étude sur la transcription de la musique de danse des tablatures de luth du XVIe siècle, in Le luth et sa musique, Paris 1958, a cura di J. Jacquot, pp. 265 s., 274; G. Radole, G. G. "leutonista et cittadino della magnifica città di Trieste", in Bericht über den Internationalen Musikwissenschaftlichen Kongress Wien im Mozartjahr 1956, a cura di E. Schenk, Graz-Köln 1958, pp. 525-530; A. Zecca-Laterza, G. G., liutista del Cinquecento, tesi di laurea, Università di Cremona-Parma, 1963; M.L. Martinez-Göllner, Die Augsburger Bibliothek Herwart und ihre Lautentabulaturen, in Fontes artis musicae, XVI (1969), p. 37; B. Tonazzi, Il cinquecentista G. G. liutista e cittadino di Trieste, in Il Fronimo, aprile 1973, n. 3, pp. 6-21; I. El-Mallah, Die Pass'e mezzi und Saltarelli aus der Münchner Lautenhandschrift von Jacomo G., Tutzing 1979; Id., Ein Tanzzyklus des 16. Jahrhunderts für Laute von G. G., Tutzing 1979; Répertoire international des sources musicales, B-VII, Handschriftlich überlieferte Lauten- und Gitarrentabulaturen des 15. bis 18. Jahrhunderts, pp. 218 s.; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, IV, p. 309; Die Musik in Gesch. und Gegenwart, V, coll. 534 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 276; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), X, p. 166.