ONETO, Giacomo Giovanni Battista
ONETO, Giacomo Giovanni Battista. – Nacque a Genova il 5 settembre 1790 da Tomaso e da Nicoletta Custo.
La famiglia del padre e dello zio paterno Giuseppe era da tempo specializzata nel commercio internazionale di generi coloniali, attività proseguita con frutto dallo stesso Oneto, il quale, anche quando assunse statura di finanziere, continuò a essere menzionato nelle guide commerciali di Genova come «negoziante in coloniali» con magazzino in portofranco (acquistato dal padre sin dal 1800) e propria filiale a Lisbona (Il Cicerone ossia guida di Genova per l’anno 1842, p. 279; per l’anno 1847, p. 332; per l’anno 1855, p. 238; per l’anno 1857, pp. 210, 224) .
Il rapporto con il Portogallo non si limitò agli aspetti commerciali: da quel paese venne sua moglie Maria Eugenia Roiz De Silva, dal matrimonio con la quale nacque la figlia Teresa, andata in sposa al banchiere Giovanni Battista Rocca.
A Lisbona finanziò l’allestimento della Beatrice di Tenda di Vincenzo Bellini, impresa nella quale – riferì il milanese Il Pirata. Giornale di letteratura, varietà e teatri (17 maggio 1842, p. 374) – «non risparmiò né ricerche né spese per iscritturare artisti degni di quelle scene», benché fosse «avvolto nelle cure del commercio».
Non si hanno notizie certe né dei suoi studi (presumibilmente più pratici che teorici, come era consuetudine del ceto mercantile genovese), né della sua vita sino al dicembre 1841, allorché a 51 anni entrò a far parte della locale Camera di commercio. Dal 1836 ne era autorevole membro suo zio Giuseppe, il quale sei anni dopo uscì cedendo il testimone sia a suo figlio Francesco, destinato a una brillante carriera di banchiere, sia al nipote. Questi cominciò presto ad assumere un ruolo di primo piano (nel 1842, per esempio, fece parte di una ‘commissione del portofranco’ che raccolse ed elaborò numerose proposte di modifica alla normativa avanzate da commercianti e spedizionieri), divenendo già nel gennaio 1843 vicepresidente, carica tenuta sino al 1849. Poiché presidente di diritto era l’intendente generale, il vicepresidente, espressione del mondo economico e nominato annualmente, era di fatto la massima autorità dell’organo camerale.
Nei sei anni di vicepresidenza svolse un’intensa attività – facendo parte di tutte le principali commissioni delegate ai problemi del commercio, delle vie di comunicazione, dell’ammodernamento e della meccanizzazione dello scalo genovese – tanto da meritarsi, il 27 dicembre 1845, la dignità di cavaliere dell’Ordine mauriziano, e il 2 ottobre 1847 la nomina a consigliere di Stato straordinario. Nel 1846 fu incaricato di redigere un memoriale per Carlo Alberto nel quale, al ringraziamento per alcuni provvedimenti a favore del porto, affiancò le istanze del ceto mercantile; incontrando il sovrano in novembre, lo persuase – assicurando la disponibilità della Camera di commercio a fornire locali idonei – ad aprire a Genova scuole di chimica e di meccanica applicate alle arti, che, approvate con Regio brevetto il 3 dicembre, poterono entrare in funzione nel successivo autunno. Sempre nel 1846, allorché Genova ospitò l’VIII Congresso degli scienziati italiani realizzando per l’occasione un’esposizione «d’arti, d’industrie, di prodotti agricoli e di orticoltura», Oneto svolse un ruolo centrale nel comitato organizzatore. Nel 1847 fu tra coloro che più si adoperarono per convincere il governo a portare la costruenda ferrovia sin dentro Genova, a collegarla nel miglior modo possibile con il portofranco e a ubicare in città il principale ‘debarcadero’, come allora si diceva, cioè quella che sarebbe divenuta la stazione Principe. Nello stesso anno fece parte, in rappresentanza dell’ente camerale, di una commissione governativa latrice di alcune importanti – e disattese – misure per la tutela del patrimonio ittico del Mar Ligure.
L’impegno alla guida della Camera di commercio, lungi dall’interferire con gli affari (un Ruolo de’ commercianti, armatori e fabbricanti del settembre 1848 lo annoverava fra i 46 ‘negozianti’ di prima classe su un totale di 1037 censiti), rappresentò anche un ottimo strumento di ascesa sociale e politica. Dell’ente camerale, infatti, facevano parte alcuni dei più bei nomi del commercio, dell’imprenditoria e della finanza: personaggi come Raffaele Rubattino, Bartolomeo Parodi, Carlo Bombrini, Sebastiano Balduino, Carlo Grendy si andavano inserendo con successo entro quella nuova élite di affaristi aristocratici e borghesi che avrebbero sfruttato al meglio le occasioni offerte all’economia genovese dalla politica di Cavour. L’inserimento fu altresì marcato dalla partecipazione di Oneto alle nuove associazioni culturali interclassiste, come il Casino di ricreazione sorto nel 1836, o la Società promotrice di belle arti aperta nel 1849.
La consacrazione del suo ruolo di primo piano nel panorama economico della città e dello Stato si ebbe già a partire dal marzo 1844, in coincidenza con la fondazione della Banca di Genova, primo istituto di emissione del Regno. Oneto, pur non figurando tra i nove fondatori, fu tra i primi azionisti e l’11 luglio entrò nel Consiglio di reggenza dell’istituto con il compito di ottenere dal governo una dilazione sul versamento di metà dell’ammontare delle azioni, concessa il 3 ottobre 1844. Del Consiglio di reggenza divenne presidente nel giugno 1847, subentrando a Bartolomeo Parodi dimessosi a seguito di contrasti col governo sul progetto di apertura della Banca di Torino. Il nuovo presidente – a differenza del ben più spregiudicato direttore Bombrini – fu fautore di una gestione bancaria molto prudente; proprio per questo, benché nel marzo 1848 come vicepresidente della Camera di commercio avesse fatto stanziare una somma notevole a favore dell’erario e promosso tra i commercianti una raccolta di fondi per sostenere le spese di guerra, nell’agosto si oppose all’idea che la Banca concedesse un prestito al governo. Fu dunque con viva apprensione che accolse il r.d. 7 settembre 1848 col quale il ministero ordinava alla Banca di Genova l’apertura di un mutuo di 20 milioni alle Regie Finanze, sciogliendola nel contempo dall’obbligo del pagamento in contanti a vista dei suoi biglietti, cioè disponendone il corso forzoso. Nonostante i vantaggi che avrebbero potuto derivare agli azionisti, questo atto d’imperio suscitò forti opposizioni a Genova e nel Consiglio di reggenza; Oneto dapprima cercò una scappatoia, poi presentò le dimissioni – spinto anche dalla forte campagna antigovernativa dei circoli democratici, i cui giornali asserivano «che il governo ritirava il numerario e che non si pagava più che in biglietti» (Guderzo, 1970, p. 587). Alla fine rimase e fu anzi decisivo, grazie al duplice ruolo nell’istituto bancario e in quello camerale, nel far accettare il provvedimento tanto agli azionisti della Banca quanto al mondo del commercio.
L’anno dopo accrebbe le proprie benemerenze agli occhi del governo favorendo la fusione tra la Banca di Genova e quella di Torino: fusione da lui auspicata fin dal 12 luglio 1848, che – sanzionata il 17 luglio 1849 dall’assemblea degli azionisti genovesi dietro sua proposta – portò alla creazione della Banca nazionale. Dieci giorni dopo fu nominato senatore.
Luigi Cibrario, nel presentarne i titoli il 13 agosto, ricordò il suo ruolo di vicepresidente della Camera di commercio e soprattutto di presidente della Banca di Genova, sottolineando «i servigi che […] la medesima ha reso allo Stato», e lo incluse «nella categoria di quei benemeriti che con servizi eminenti hanno illustrato la patria» (Atti del Parlamento subalpino, 1862, p. 10). Ma aveva titolo per sedere nella Camera alta anche in virtù del censo, essendo «uno dei principali banchieri dello Stato» (ibid.), con un patrimonio di gran lunga superiore a quello richiesto dall’art. 33 dello Statuto. Nel marzo 1849, in uno scambio epistolare tra Ilarione Petitti e Michele Erede, si era addirittura adombrato, ma invano, un suo incarico ministeriale.
All’indomani della nomina in Senato, si adoperò per la creazione nel Collegio - convitto nazionale di Genova di due corsi di studio speciali dedicati alla scienza del commercio e alla contabilità commerciale. Dopo di che la sua attività parlamentare fu praticamente nulla, sia perché assorbito da altri impegni, sia per una certa avversione – da cattolico osservante se non da clericale – per quelle scelte del ministero Cavour reputate contrarie agli interessi della Chiesa. Ben più assiduo il suo lavoro nella Banca nazionale, in quel Consiglio di reggenza genovese che a lungo ne rappresentò il vero organo direttivo, e nelle varie commissioni – compresa quella incaricata nel 1859 di redigere il nuovo statuto della Banca stessa – in cui il suo nome figura, assieme a quello di pochi altri, con grande continuità. Assai tangibile anche la sua presenza – non più come ‘negoziante’ ma come banchiere e finanziere, talvolta in accordo e talaltra in rivalità con il cugino Francesco – nelle maggiori iniziative imprenditoriali che videro la luce a Genova durante il ‘decennio di preparazione’ grazie soprattutto ai finanziamenti concessi dal governo.
Quando nel 1851 Cavour assegnò alla compagnia di Raffaele Rubattino il servizio di navigazione a vapore tra Genova e la Sardegna, successivamente esteso sino a Tunisi, Oneto fece parte del gruppo di speculatori (Émile De la Rue, Giacomo Filippo Penco, Carlo Bombrini, Domenico Balduino) che sostennero e finanziarono l’impresa dell’armatore genovese, avendo investito cospicui capitali in varie attività economiche dell’isola (tonnare, saline, miniere) ed essendo perciò molto interessati al collegamento. L’anno dopo, sempre per iniziativa di Rubattino, si costituì la Compagnia transatlantica: Oneto e Bombrini, che erano ai vertici dell’istituto di emissione, ebbero un ruolo decisivo nel farvi confluire molti investitori, tanto che Cavour poté notare compiaciuto «il grande afflusso di capitali piemontesi con quelli genovesi per un’impresa marittima» (Coppini, 1994, p. 59). Nel giugno 1853 nacque per iniziativa di Paolo Antonio Nicolay la Compagnia del nuovo acquedotto, nella quale Oneto occupò una posizione rilevante come consigliere di amministrazione dal 1854 al 1871. Sempre nel 1853 fu tra quei banchieri genovesi e non che cercarono di promuovere una Banca italo-americana, in previsione dei collegamenti che la Transatlantica avrebbe realizzato con il Nuovo Mondo. Nel luglio 1854 venne fondata la Società promotrice della ferrovia ligure orientale, e di nuovo fu tra i fondatori e poi nel consiglio di amministrazione.
Era ormai parte integrante di quella ristretta élite di operatori economici che avevano trovato nell’alleanza con il potere politico e nella consonanza con i grandi progetti cavouriani gli strumenti per realizzare colossali profitti con rischi estremamente limitati. Non per nulla fu in prima fila (con Bombrini, Rubattino, Balduino, Antonio Quartara, De la Rue, Giuliano Cataldi, Giacomo Parodi) tra quei banchieri e commercianti che, il 30 novembre 1858, inviarono al conte un indirizzo di ringraziamento, pubblicato poi sui principali giornali genovesi, che rappresentò per Cavour un concreto successo nella sua opera di ‘riconquista’ dell’opinione pubblica genovese, dopo i lunghi anni della diffidenza e della rivalità nei confronti della monarchia sabauda e del governo di Torino.
Dopo l’Unità sia per il peso degli anni, sia per una scarsa simpatia verso il nuovo regno, Oneto – pur rimanendo nel Consiglio della Banca nazionale – fece vita sempre più ritirata.
Morì a Genova,nella sua bella casa di palazzo Franzoni in piazza Luccoli, il 25 febbraio 1873.
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