GIOVANETTI, Giacomo
Nacque il 1° giugno 1787 a Orta San Giulio (alto Novarese) da Giulio - un medico di buona fama che negli anni della Cisalpina aderì alle idee patriottiche - e da Angelina Jori. Fatti gli studi superiori ad Alessandria e poi a Novara, frequentò dal 1803 l'ateneo pavese, dove l'8 giugno 1807 conseguì la laurea in legge "a pieni voti".
Entrato subito nell'amministrazione giudiziaria del dipartimento novarese dell'Agogna (incluso nel napoleonico Regno d'Italia), nel 1809 il G. pubblicò a Novara il suo primo scritto, un Manuale destinato agli ufficiali dello stato civile, ai quali la legislazione rivoluzionaria e napoleonica aveva affidato la tenuta dell'anagrafe, sottraendola alla Chiesa e ai parroci. Questa pubblicazione facilitò l'avanzamento nella carriera del G., che fu inviato a Trento prima come segretario di quella procura e poi come sostituto del procuratore.
Caduto Napoleone, tornò a Novara per intraprendere la via dell'avvocatura inserendosi con duttilità nella fase di transizione dal farraginoso sistema di leggi tipico dell'ancien régime al sistema incentrato sui codici. Egli patrocinò così nel corso di circa tre decenni una nutrita serie di cause civili, tra cui particolarmente numerose e lucrose quelle relative alla condotta delle acque interne destinate a usi agricoli e industriali. In questa attività il G. si avvalse dei consigli giuridici di G.D. Romagnosi, con il quale era entrato in relazioni personali dal 1809 e del quale si considerò discepolo e amico.
Il vivo interesse per i problemi connessi al mondo delle acque è testimoniato anche dallo scritto Notizie storico-economico-politiche sul Novarese e sulle risaie, di cui il G. completò la prima parte nel 1828 e che non venne mai ultimato. È da rilevare che egli vi sosteneva la innocuità della risicoltura sul piano igienico-sanitario, e di conseguenza si dichiarava a favore dell'eliminazione di tutte le restrizioni riguardanti il "seminerio de' risi", coerentemente con quel convinto e integrale liberismo economico di cui il G. sarà uno dei più conseguenti sostenitori nel Piemonte di Carlo Alberto.
In questi stessi anni il G. venne definendo i propri orientamenti politici, caratterizzati da un liberalismo cauto e temperato, favorevole all'introduzione graduale di una serie di riforme amministrative ed economiche che valessero a svecchiare gli ordinamenti degli Stati sardi così da inserirli nell'ambito dei paesi più avanzati d'Europa. Questa decisa apertura verso la modernizzazione della società civile si accompagnava però a una presa di distanze dalle aspettative costituzionali dell'ala più avanzata del movimento liberale, perché nella visione del G. il perno dell'azione rinnovatrice doveva essere la monarchia sabauda, forte delle sue prerogative e non impacciata dalla presenza di una Camera elettiva. E una anticipazione di questo orientamento può essere considerato il comportamento del G. durante la rivoluzione piemontese del 1821. Il 20 marzo egli fu infatti incluso nella Giunta provvisoria di governo istituita dal reggente Carlo Alberto il 14 marzo; ma non diede alcun apporto a quell'organismo, così che non risultò compromesso agli occhi del governo del nuovo re Carlo Felice.
Le aspirazioni riformatrici del G. si manifestarono pubblicamente per la prima volta nel 1827, quando preparò per conto dell'amministrazione civica novarese - che lo aveva cooptato nel 1821 - un rapporto per il re in cui si chiedeva l'abrogazione degli antichi statuti novaresi, giudicati ormai anacronistici. Il governo prese tempo per la decisione; e il G. elaborò così un "commentario" in cui sosteneva che gli statuti, "creati in tempo di violenza e barbarie", non avevano più ragione di esistere in un'epoca in cui i governi centrali intendevano giustamente procedere sulla via della codificazione.
Le convinzioni innovatrici del G. si dispiegarono con tutta evidenza negli anni immediatamente successivi, quando egli si inserì con crescente rilievo nel contesto dell'attività riformatrice di Carlo Alberto. Fu infatti uno dei più decisi sostenitori della necessità di introdurre nei domini sabaudi un liberalismo flessibile ma generalizzato, grazie a un insieme di provvedimenti diretti a smantellare le bardature vincolistiche e protezionistiche che ostacolavano lo sviluppo economico. Questa convinzione liberista, espressa già nel 1832 in una memoria (non destinata alla pubblicità) indirizzata alle autorità per chiedere l'eliminazione dei vincoli relativi all'ubicazione delle manifatture tessili, venne esposta in una lettera data alle stampe a Torino all'inizio del 1833 (Lettera dell'avv. G. Giovanetti, consigliere della città di Novara, all'Amministrazione della medesima, sulla convenienza dell'abolizione delle tasse annonarie) a sostegno delle intenzioni manifestate dal governo di togliere i vincoli annonari, le mete e i calmieri; le tasse e le restrizioni in quella materia, si argomentava nello scritto, anziché "raggiungere lo scopo di contenere la cupidigia de' venditori e procurare la buona qualità, il giusto prezzo e l'abbondanza delle derrate", portavano a effetti opposti. E questa presa di posizione si inseriva in una più generale prospettiva liberista, perché la libertà annonaria era "intimamente legata co' principj della libertà agricola e commerciale, che sono fecondi di ricchezza, ed ajutano maravigliosamente i progressi della civiltà quando sono applicati con giudizio ad uno Stato come il nostro, nel quale l'ordinamento economico non molto si discosta dalle basi naturali, ed anzi va sempre più alle medesime avvicinandosi".
Il G. ribadì nei mesi seguenti le sue tesi liberiste, dapprima in una recensione a uno scritto di G.B. Michelini sulle leggi forestali apparsa sui milanesi Annali universali di statistica (settembre 1833), un periodico di cui il G. fu assiduo collaboratore, e poi nella memoria Della libera estrazione della seta greggia dal Piemonte (Torino 1834; seconda ed. "corretta ed accresciuta", Vigevano 1834), giudicata da uno studioso autorevole come G. Prato "il frutto migliore dell'intera polemica" sulla libertà di esportazione delle sete.
Alla metà degli anni Trenta il G. era quindi divenuto uno dei principali ispiratori della politica cautamente riformatrice e liberista di Carlo Alberto e uno degli intellettuali più in vista del Piemonte, tanto che fu chiamato a collaborare alla redazione del codice civile del 1837 per la parte attinente alle acque. E non meraviglia quindi che egli fosse tra le non molte persone invitate dal ministro degli Interni A.M. Tonduti conte de l'Escarène a esprimere un parere sul problema della riforma delle opere pie destinate a combattere il pauperismo. Contrariamente a quel che ci si sarebbe potuto attendere da uno strenuo propugnatore del "lasciar fare", il G. si disse invece favorevole a una attenta regolamentazione delle opere pie da parte dello Stato, dal momento che quegli enti svolgevano una "funzione sociale" rientrante a pieno titolo nelle competenze del potere regio.
La consapevolezza crescente del peso assunto dai problemi economici e sociali nella vita del suo tempo convinse il G. dell'opportunità che i privati e soprattutto lo Stato si impegnassero a fondo sui problemi dell'istruzione e dell'educazione, visti come motori centrali del progresso. Egli figurò così in primo piano nel movimento per la creazione in Piemonte di asili infantili modellati su quelli di F. Aporti, e fu l'ispiratore dell'Istituto civico Bellini di arti e mestieri, una delle primissime esperienze di scuola tecnica piemontese inaugurata a Novara nel dicembre 1837. E proprio la competenza da lui dimostrata nel campo dei problemi educativi indusse Carlo Alberto a consultarlo sulle riforme da apportare al sistema scolastico piemontese. Nacque così una lunga memoria (approntata fra la fine del 1840 e l'inizio del 1841) in cui il G. analizzava la condizione delle strutture scolastiche in Piemonte e proponeva un organico programma d'intervento, basato sulla necessità di migliorare ed estendere il più capillarmente possibile - e con una particolare attenzione per l'educazione femminile - il sistema formativo incentrato sulle elementari; e questo con un'azione affidata allo Stato, cui spettava il diritto di regolare, dirigere e sorvegliare "l'educazione ed istruzione del popolo", nel duplice intento di accrescere le risorse intellettuali e quindi economiche del paese, e di orientare intellettualmente e politicamente i giovani.
Dopo questa fatica, che valse al suo autore il conferimento delle patenti di nobiltà ereditaria, il G. si impegnò anche nell'attività dell'Associazione agraria, costituitasi a Torino nell'agosto 1842. Probabilmente fu l'attività svolta in questo sodalizio che contribuì a rafforzare il rapporto di stima reciproca stabilitosi fra il conte C. di Cavour e il G. già da vari anni. Non stupisce quindi che Cavour indicasse al conte A. d'Angeville, che alla fine del 1843 gli aveva chiesto un parere sul progetto da lui presentato alla Camera dei deputati francese in tema di irrigazioni, proprio il G. come "uno dei più abili giureconsulti del Piemonte" e come la persona più adatta a dare suggerimenti su quella questione.
Il G. accettò l'incarico e nel giro di poche settimane terminò lo scritto Du régime des eaux, stampato nel giugno 1844 a Parigi per conto delle autorità francesi. La tesi di fondo della memoria era che una legislazione razionale sulle acque interne doveva sancire la più ampia libertà di circolazione e di utilizzazione. Il diritto proprietario andava cioè subordinato all'utile collettivo, così da garantire il "passaggio forzato" delle acque sui fondi altrui, "previo compenso".
Nel biennio cruciale 1846-47, coerentemente con la propria fiducia in un riformismo affidato all'iniziativa di una monarchia salda nella pienezza dei suoi poteri, il G. fu tra i principali ispiratori delle riforme firmate il 29 ott. 1847 da Carlo Alberto, le quali, introducendo una temperata libertà di stampa e soprattutto avviando un nuovo ordinamento dei Comuni e delle Province incentrato sulla libera elezione (su base censitaria) dei Consigli comunali, incidevano in senso liberaleggiante non più soltanto sul piano amministrativo ma anche su quello politico. E la parte essenziale avuta in questa occasione dal G. venne largamente apprezzata dai contemporanei e dallo stesso Cavour, che il 10 nov. 1847 gli indirizzava queste parole: "A voi, più che ad altri, debbesi attribuire l'entrare risoluto del nostro governo nella via salutare delle riforme amministrative e politiche".
Il G. non ebbe invece una parte diretta nella preparazione dello statuto albertino, una svolta istituzionale che considerava prematura e pericolosa. Aderì però prontamente alla richiesta di entrare nel gruppo dirigente del partito liberalmoderato fattagli verso la metà del febbraio 1848 da Cavour. Testimonianza tangibile della sua accettazione del passaggio al regime costituzionale resta l'opuscolo pubblicato a Novara tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo con il titolo Lo statuto fondamentale ossia la costituzione albertina. Lo scritto da un lato sottolineava il carattere assai largo delle basi statutarie; dall'altro sosteneva la tesi di fondo della centralità e sacralità di un forte potere monarchico, garante di una ordinata libertà, investito del diritto di dirigere le relazioni internazionali e di dichiarare la guerra, titolare del potere esecutivo e del comando delle forze armate.
Nominato senatore il 3 apr. 1848, nei suoi interventi parlamentari (22 maggio, 30 luglio, 21 ottobre) il G. tornò a insistere sulla necessità di mantenere salda l'unità dell'orientamento politico e del comando militare nelle mani del re, impegnato nella guerra con l'Austria. In questa ottica si dichiarò contrario alla sussistenza del governo provvisorio lombardo sotto specie di Consulta straordinaria; sostenne infatti il 19 luglio - discutendosi il progetto di legge che intendeva regolare il regime transitorio della Lombardia prima della sua annessione al Piemonte - che il popolo lombardo con la decisione della "fusione", già pienamente operante di diritto e di fatto, aveva conferito al governo di Carlo Alberto "il diritto di reggerlo e amministrarlo", e che quindi era impossibile lasciare in vita il governo provvisorio senza contraddire il voto espresso dai lombardi.
Allarmato dal conferimento dell'incarico di governo a V. Gioberti e dall'indirizzo di sinistra dato al ministero di coalizione che questi avrebbe formato il 15 dic. 1848, il G. scrisse il 14 di quello stesso mese una lettera al re per esortarlo a non cedere alle pressioni dei democratici e a sciogliere le Camere dopo aver denunciato alla nazione "gli errori e le perfidie dell'opposizione". E la sua proposta di soluzione della crisi, poco rispettosa dello spirito costituzionale, anticipava la via che sarà scelta da M. d'Azeglio nel novembre-dicembre 1849 con il proclama di Moncalieri.
Ma questo fu anche l'ultimo atto politico di rilievo del G., che il 21 ott. 1848 era stato nominato presidente della sezione di grazia e giustizia del Consiglio di Stato: egli si spense infatti a Novara il 22 genn. 1849, compianto dal sovrano di cui era stato ascoltato consigliere nella lunga stagione delle riforme e in quella degli esordi dello Stato costituzionale.
Altri scritti di G. Giovanetti (per l'elenco completo v. L'opera cinquantenaria…, 1884): Manuale degli ufficiali dello stato civile in cui sono gradatamente tracciate le operazioni da farsi nella formazione de' singoli atti e le module per ciascun d'essi…, Novara 1809; Degli statuti novaresi. Commentario, Torino 1830; Della successione intestata del marchese Luigi Gaudenzio Cacciapiatti nel territorio della città di Novara, ibid. 1830; Elogio di Gaudenzio De-Pagave, in Aprimento solenne della Civica Casa d'industria e di ricovero pei poveri di Novara, Novara 1836; Dello statuto novarese concernente i lasciti del marito alla moglie. Ragionamento detto addì 23 nov. 1836 all'udienza del R. Tribunale di Prefettura di Novara…, ibid. 1837; Interpretazione di una servitù contrattuale di acque. Ragionamento nella causa Giuseppe Antonio Rognoni contro i fratelli Omodei, ibid. 1837; Maria Canavese, ossia L'assedio dell'isola di San Giulio nel 1529. Racconto storico, in Strenna novarese a beneficio dell'Asilo per l'infanzia, ibid. 1841, pp. 17 ss.; Du régime des eaux et particulièrement de celles qui servent aux irrigations, Paris 1844 (traduzioni italiane: Venezia 1873; Napoli 1883); Nella solenne distribuzione de' premii agli allievi dell'Instituto civico Bellini d'arti e mestieri. Discorso detto il 18 ag. 1844, ibid. 1844; Elogio del cavaliere avvocato D. Giovanni Prina sindaco di prima classe della città di Novara…, ibid. 1848; Pareri dei giureconsulti e pubblicisti Giovanetti e Sclopis intorno al credito dell'antico distretto di Lugano verso l'I.R. Corte d'Austria, Lugano 1850; Le risaie novaresi, a cura di A. Viglio, Novara 1937.
Fonti e Bibl.: Oltre a quelle indicate in bibliografia, lettere del G. sono conservate nell'Accademia delle scienze di Torino (Carte Federico Sclopis), nella Biblioteca civica di Torino, nella Biblioteca provinciale di Torino (Carte Baruffi), nella Biblioteca universitaria di Pavia, nel Museo centrale del Risorgimento di Roma e nella Biblioteca universitaria di Heidelberg (Carte Mittermaier). C. Negroni, Lodi funebri di G. G. dette nella chiesa de' Ss. Matteo e Marco di Novara in occasione delle solenni esequie 1849, 24 gennaio, Novara 1849; A. Manno, L'opera cinquantenaria della R. Deputazione di storia patria di Torino…, Torino 1884, pp. 289-291; G.B. Finazzi, Notizie biografiche ad illustrazione della "Bibliografia novarese" pubblicata nel 1886, Novara 1890, ad nomen; A. Professione, Alcune lettere inedite di Cavour e G., Novara 1898; R. Asperi, G. G., Novara 1905; F. Gabotto, Lettere inedite di Luigi Cibrario a G. G. (1835-1848), in Il Risorgimento italiano, X (1917), pp. 221-256; G. Prato, G. G.ed il protezionismo agrario nel Piemonte di Carlo Alberto, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, LIV (1918-19), pp. 565-612; Id., Fatti e dottrine economiche alla vigilia del 1848. L'Associazione agraria subalpina e Camillo Cavour, Torino 1920, passim; I. Raulich, Un manipolo di lettere del conte di Castagnetto a G. G., in Rass. stor. del Risorgimento, IX (1922), pp. 841-869; A. Luzio, Il canonico Marentini e le sue discolpe a Carlo Felice, in La rivoluzione piemontese dell'anno 1821, a cura di F. Lemmi et al., Torino 1923, pp. 475-522; F. Patetta, La rivoluzione piemontese del 1821 giudicata da G. G., in La rivoluzione piemontese del 1821. Studi e documenti, a cura di T. Rossi - C.P. Demagistris, II, Torino 1927, pp. 503-513; F. Borlandi, La morte del Romagnosi in due lettere inedite di G. G. a Defendente Sacchi, in Boll. stor. piacentino, XXV (1930), pp. 63-69; A. 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