PARODI, Giacomo Filippo
Scultore, nato a Genova nel 1630, ivi morto nel 1702. Dal mestiere di falegname una precoce inclinazione lo spinse ad apprendere il disegno e l'intaglio. Specialmente protetto dal marchese F. M. Sauli, poté in due riprese studiare a Roma e, dopo qualche anno di tirocinio e di esperienza, ritornò trentenne a Genova.
Nei primi tempi del soggiorno genovese egli dovette occuparsi ancora di ebanisteria e di scultura lignea: poi incominciarono le commissioni per modesti lavori in marmo, finché nella piena maturità (a 45 anni) gli venne commesso dal marchese Sauli la grande statua del Battista per uno dei quattro nicchioni della Basilica di Carignano: questa elegante scultura, terminata nel 1677, fu giustamente ammirata e aprì al P. la via a più vaste opere anche fuori della città natale.
Nel 1678 egli è a Venezia, ove innalza il sepolcro al patriarca Francesco Morosini in S. Nicola dei Tolentini: nel 1686 è a Padova, ove nella Basilica del Santo erige il monumento al conte Orazio Secchi e, poco dopo, in Santa Giustina scolpisce quella Deposizione (la Madonna che tiene in grembo il Cristo morto, fra i Santi Giovanni e Maddalena), che è il suo capolavoro. La cappella del tesoro e delle reliquie, nella Chiesa del Santo, fu eretta su disegni del P., opera farraginosa, adorna di molte statue scolpite da varî artisti e in diverse epoche, che ebbe il suo compimento solo nel 1745.
Dopo il 1690 il P. fece ritorno a Genova, per allontanarsene raramente e solo per lavori ch'egli ebbe ad eseguire lungo le due Riviere. Fra le sue opere a Genova, ricordiamo: l'Immacolata e il Cristo alla colonna in Santa Maria del Rifugio, la Vergine col Bambino in S. Carlo, l'Immacolata e il Crisio morto (scultura in legno) in S. Luca, la fontana con Ercole nel palazzo Mari in Piazza Campetto, il monumento del cardinale Giulio Vincenzo Gentili (morto nel 1694) in Santa Maria di Castello, ecc. Fuori Genova, oltre i quattro Evangelisti, ora introvabili, che, secondo il Ratti, il P. avrebbe eseguiti per la chiesa italiana di Lisbona, egli fece una Maddalena per la chiesa di Bordighera, e un altare con l'episodio dell'Annunciazione per le monache dell'Annunziata a Savona: e quivi, per il monastero di Santa Teresa, scolpì uno stupendo Cristo morto in legno, che ricorda quello di S. Luca.
Il P., non sdegnando la scultura decorativa, produsse fontane, statue di ninfe e di satiri, gruppi allegorici per ville patrizie e per palazzi urbani (degne di nota le quattro Metamorfosi, fanciulli e ninfe mutati in fiori, che si ammirano, fra gli altri marmi, nella grande galleria del Palazzo Reale di Genova, genialmente decorata ad affresco dal figlio Domenico): e non di rado, memore dell'arte praticata nella giovinezza, amò ritornare all'intaglio eseguendo specchiere, letti, mobili d'angolo (Palazzi Bianco e Rosso), bizzarramente concepiti e lavorati con un virtuosismo che anche in questo campo lo rivelano un artefice maestro.
Eseguì anche molti busti in gran parte ignorati o dispersi: due ritratti assai belli, rappresentanti personaggi della famiglia Durazzo, sono nel Palazzo Reale di Genova (appartamento duca degli Abruzzi).
Il P. è un figlio del Seicento: nelle sue opere, se talvolta si mostra preso dal dinamismo del Bernini, tal'altra si accosta al fare classico dell'Algardi, più consono alla sua natura: il monumento al Morosini e quello al Gentili sono le due concezioni antitetiche che si riscontrano nella sua operosità di otto lustri. Non tutte le sue sculture rivelano un'uguale eccellenza.
Lasciò due figli, Gio. Battista e Domenico, pittori e scultori insieme, e allievi quali il Brustolon (durante il periodo veneto), G. A. Ponsonelli, Francesco Biggi, Domenico Garibaldo e Angelo Rossi. La tradizione barocca in Genova prosegue poi con Bernardo e Francesco Schiaffino, con Anton Maria Maragliano, con Francesco Queirolo, e si spegne onorevolmente con Nicola Traverso sul limitare del neoclassicismo.
Bibl.: C. G. Ratti, Delle vite dei pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769; S. Varni, Spigolature artistiche nell'Archivio della basilica di Carignano, ivi 1877; J. Doria, J. F. P., in Elogi di liguri illustri, II, ivi 1846; P. B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova, Padova 1857; Omicron [Ar. Pe.], G. F. P., in A Compagna, gennaio 1928; A. Moschetti, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXXVI, Lipsia 1932 (con bibl.); G. Delogu, La scultura italiana del Seicento e del Settecento, II, Firenze 1933.