FORESTI, Giacomo Filippo (Iacobus Philippus Bergomensis)
Nacque a Solto, nel territorio di Bergamo, nel 1434 dalla nobile famiglia dei conti Foresti. Della sua giovinezza, probabilmente trascorsa presso Solto, sappiamo solo che fin dai primi anni dimostrò una particolare predisposizione per gli studi letterari.
Il 1° maggio del 1451 (per alcuni autori 1452, cfr. Tiraboschi e Belotti), il F. entrò nell'Ordine degli eremitani di S. Agostino nel convento di Bergamo come egli stesso afferma nel Supplementum chronicarum (ed. 1503, XV, p. 396b). In convento passò la maggior parte della vita dedicando agli studi e alla composizione delle sue opere il tempo lasciato libero dalle occupazioni religiose.
Nel 1471 egli stesso dice di essersi trovato in Brescia, dove fu testimone di uno spaventoso terremoto (ibid., XV, p. 408); ancora a Brescia si trovava nel 1478 quando, colpito dalla gravissima peste che imperversava nella città, riuscì, sebbene ritenesse di non avere più speranza, a salvarsi. Negli anni successivi, fra il 1491 e il 1492, il F. dimorò probabilmente per un certo periodo anche a Ferrara, presso gli Este.
Benché fosse prevalentemente uomo di lettere, il F. non poté sottrarsi completamente dall'assumere incarichi di un certo rilievo: fu priore a Imola nel 1494 e a Forli nel 1496. Dal 1499 fino alla morte visse in S. Agostino di Bergamo, occupandosi, oltre che dei consueti studi, anche di opere di ampliamento e sistemazione del convento. Un impegno particolare rivolse all'arricchimento della biblioteca, provvedendo direttamente all'acquisto di numerosi codici. Nel 194 fu scelto dal Civico Consiglio di Bergamo quale paciere per le lotte intestine che travagliavano la città.
Sulla data di morte del F. vi è qualche discordanza (Perini, p. 77); tuttavia la più attendibile sembrerebbe il 15 giugno 1520, come riportato nelle memorie del convento di S. Agostino (Pianetti, p. 104).
Il Supplementum chronicarum, dedicato "ad Magistraturri bergomensem", fu stampato per la prima volta a Venezia nel 1483 presso Bernardino Benali; a questa seguirono numerose edizioni. Nel 1485 l'opera venne infatti ristampata a Brescia presso B. Bonini e di nuovo a Venezia nel 1486, ancora presso B. Benali, presso B. Rizzo nel 1490, e nel 1492, mentre l'anno seguente ne venne stampata un'edizione a Norimberga da A. Koberger. Nel 1503, ancora a Venezia presso Albertino di Lissona Vercellese, usciva una nuova edizione riveduta e ampliata dal F. stesso, dedicata al cardinale di S. Prassede Antoniotto Pallavicino, intitolata Novissimae historiarum ommum repercussiones, quae Supplementum Supplementi chronicarum nuncupantur, che fu più volte riedita a Venezia sino alla metà del secolo. Nel 1535 era stata fatta un'edizione parigina con una aggiunta di vari autori sui fatti accaduti dal 1500 al 1535. Numerose edizioni ebbe anche la traduzione italiana apparsa per la prima volta a Venezia nel 1483: tra le più importanti quella veneziana del 1554 - con aggiunte tratte da opere di P. Giovio, P. Bembo, J. Carion (storiografo riformato) e M. Guazzo - e le tre edizioni curate da F. Sansovino (l'ultima nel 1581).
Il Supplementum è una sorta di storia generale che si propone di raccogliere in un unico libro le notizie meritevoli di esser tramandate ai posteri, sparse fino a quel momento in disparati testi. La narrazione procede per annate, secondo un rigoroso ordine cronologico: nella prima edizione l'opera constava di quindici libri, nell'edizione del 1503 il F. aggiunse un sedicesimo libro contenente gli avvenimenti degli ultimi venti anni.
I riferimenti ad altre opere costituiscono il carattere principale del Supplementum, per cui lunghissimo risulterebbe l'elenco delle fonti utilizzate dal F. (un elenco abbastanza completo è peraltro contenuto nel testo stesso). Tra le principali si trovano i Genealogia deorum libri di Boccaccio, soprattutto per la parte riguardante la storia degli dei, le Vitae pontificum del Platina, il Chronicon di s. Antonino. Il carattere prevalentemente compilativo dell'opera, che pare assemblare acriticamente materiali di varia origine, portò il F. a commettere non pochi errori e ad essere più volte accusato - con più o meno fondatezza da critici successivi - addirittura di plagio nei confronti di vari autori (cfr. Pianetti, pp. 148-151). Inoltre E. Pianetti avanza l'ipotesi che, nella stesura del Supplementum, il F. potesse essere stato aiutato da Ambrogio Calepio, suo confratello negli anni trascorsi presso il convento di Bergamo.
Il F. dovette conoscere molto bene anche Dante; sicuramente aveva letto la Commedia ed è probabile dovesse anche conoscere il commento di Benvenuto. Si può supporre avesse letto anche direttamente la Monarchia - da lui designata col titolo De monarchia mundi - mentre dalla Genealogia deorum del Boccaccio trasse notizie sul soggiorno dei poeta in Francia e sugli ultimi suoi anni. Proprio sul confronto delle notizie riportate su Dante, H. Grauert ha fondato la dimostrazione del rapporto di filiazione esistente fra il Supplementum del F. e il Liber chromcarum di H. Schedel, edito a Norimberga nel 1493 (cfr. Rostagno, p. 187), mentre una forte analogia viene riscontrata dalla Pianetti fra l'opera del F. e le Enneadi di M. Sabellico (Marcantonio Coccio) che apparvero tra il 1498 e il 1504 (Pianetti, pp. 156-161).
La seconda delle opere importanti del F., il De plurimis clarú selectisque mulieribus, fu stampata nel 1497 a Ferrara per "Laurentius de Rubeis de Valentia", col titolo: De plurimis claris scelectisque [sic] mulieribus opus prope divinum novissime congestum, dedicata a Beatrice d'Aragona regina d'Ungheria. Venne poi ripubblicata a Parigi all'interno di una raccolta di opere sulle donne illustri: De memora bilibus et claris mulieribus: aliquot diversorum scriptorum opera, per Ioannem Ravisium, Parisiis, "ex aedibus Simonis Colinaei", 1521, cc. 14v-160r. Il modello principale di quest'opera è senza dubbio il De mulieribus claris del Boccaccio: tanto nello schema quanto nella trattazione il F. segue così da vicino il suo modello che non si è esitato a parlare di vero e proprio plagio.
Altra questione sulla quale si è appuntata l'attenzione dei critici è quella del rapporto intercorrente tra l'opera del F. e un'altra a essa contemporanea, la Gynevera de le clare donne di Sabadino degli Arienti che, sempre ispirandosi al Boccaccio, si compone di biografie di donne per la maggior parte appartenenti al sec. XV. Le numerosissime analogie hanno fatto ipotizzare un diretto rapporto di filiazione tra di esse, portando a sospettare ora l'uno ora l'altro autore di plagio (per un quadro riassuntivo delle posizioni critiche in proposito v. Chandler, pp. 346 s. e Zaccaria, pp. 520 s.). Tuttavia - nota ancora il Chandler - fu l'opera del F. a godere di maggior fama tra i suoi contemporanei e a divenire la fonte per altre raccolte che trattavano di donne illustri; questa fu, infatti, stampata due volte mentre l'opera dell'Arienti rimase manoscritta sino al 1888. In particolare il testo del F. sembra aver avuto particolare risonanza in Francia dove, oltre ad avere una seconda edizione nel 1521, venne imitato da Antoine Dufour nell'opera Les vies des femmes célèbres del 1504, e citato come una delle principali fonti da Jean Dagoneau per il suo La rose des nymphes illustres, composto tra il 1580 e il 1590.
Il F. scrisse anche un Confessionale seu interrogatorium, manuale per confessori di scarso interesse letterario, stampato per la prima volta a Venezia intorno al 1500 da B. Benali.
Fonti e Bibl.: D. Calvi, Scena letteraria degli scrittori bergamaschi, Bergamo 1664, pp. 196-199; G. Tiraboschi, Storia della lett. italiana, Modena 1776, VI, 2, pp. 19 ss.; IX, ibid. 1781, pp. 104 s.; H. Grauert, Neue Dante-Forschungen, in Historisches Jahrbuch, XCIII (1897), pp. 58-87 (rec. di E. Rostagno, in Bull. della Soc. dantesca, V [1897-98], pp. 187-191); L. Torretta, Il "Liber de claris mulieribus" di G. Boccaccio, in Giorn. stor. della lett. ital., XI, (1902), pp. 50-60; H. Wicruszowski, Lebens und Bildungsideale der italienischen Frau im Zeitalter der Renaissance, nach J. Ph. Bergomensis: De claris mulieribus, in Festschrift zum 25. jährigen Bestehen des humanistischen Gymnasiums in Köln, Köln 1928, pp. 15-29; D.A. Perini, Bibliographia augustiniana, II, Firenze 1938, pp. 77 ss.; E. Pianetti, Fra' I.F. F. e la sua opera..., in Bergomum, XXXIII (1939), pp. 100-109, 147-174; S.B. Chandler, Appunti su Giovanni Sabbadino degli Arienti, in Giorn. stor. della lett. ital., CXXX (1953), pp. 346-349; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Bergamo 1959, ad Ind.; A. Azzoni, I libri del F. e la biblioteca conventuale di S. Agostino, in Bergomum, LIII (1959), pp. 37-44; P.F. Sands, Antoine Dufour, Jacques Philippes and "le racheter des hommes", in Bibliothèque d'human. et Renaiss., XXXIX (1977), 1, pp. 81-87; G. Heanneau, Dufour et son modéle, ibid., pp. 89 s.; V. Zaccaria, La fortuna del "De mulieribus claris" del Boccaccio nel sec. XV: Giovanni Sabbadino degli Arienti, I. F. F. e le loro biografie femminili (1490-1497), in Il Boccaccio nelle culture e lett. nazionali, a cura di F. Mazzoni, Firenze 1978, pp. 519-545; Enc. dantesca, II, p. 966; Rep. fontium historiae Medii Aevi, s. v.; Dict. dhist. et de géogr. ecclés., XVII, coll. 1040 s.