FIAMMINGHI, Giacomo
Nacque a Luzzara (Reggio Emilia) il 9 ott. 1815, da Giuseppe e da Angela Grisanti. Trascorse i primi anni di apprendistato nella vicina Guastalla, presso A. Gualdi, passando poi alla R. Accademia di Parma, dove, per sei anni, fu allievo di G. B. Borghesi. Intorno al 1840, grazie all'amicizia con l'incisore P. Toschi, il F. passò all'Accademia di Firenze, come allievo di S. Jesi. A Firenze poté esercitarsi nello studio del nudo e della pittura toscana del Quattrocento. Sempre nel 1840 gli fu commissionata la pala con il S. Sebastiano curato dalle pie donne, ancora oggi conservata nella chiesa parrocchiale di Luzzara, che denota la sua preparazione accademica nel nudo del santo. Da Firenze, si trasferì a Mantova, città di origine genitori, dove rimase per due anni; a questo periodo risale probabilmente l'Autoritratto (Mantova, collezione privata).
Nel 1845 il F. si recò a Verona, sua vera patria d'elezione. Qui entrò a far parte dell'Accademia di pittura e scultura del cui segretario, il poeta A. Aleardi, era amico. Nel gennaio del 1858 fu tra i fondatori della Società di belle arti (Marchini, 1986) e, nello stesso anno, prese parte alla prima delle mostre organizzate dall'associazione veronese: vi espose il dipinto Nina o la pazza per amore, del 1850 circa (Verona, Galleria d'arte moderna; cfr. Marinelli, 1989), e un Autoritratto che lo impose all'attenzione delle famiglie veronesi, aprendogli così una interessante nicchia di mercato nel campo della ritrattistica borghese (Venturi, 1986, p. 195).
Sostenitore delle idee risorgimentali deluso per la mancata liberazione del Veneto da parte dei Piemontesi, il F. si trasferì a Milano nel 1860 e vi rimase fino al 1865, aprendo uno studio in via Cerva 16. Qui poté incontrare un gran numero di artisti veneti che avevano abbandonato la patria per motivi politici o economici, dato anche che la città lombarda era il principale punto di riferimento per i pittori veronesi. Con questo allontanamento, il F. riuscì anche a sfuggire alle continue richieste dell'arcivescovo filoaustriaco G. Neuschel, già titolare delle diocesi di Parma e Guastalla, che era entrato in contatto con lui al tempo della pala giovanile per Luzzara; del Neuschel il F. realizzò un Ritratto per la sacrestia della nuova chiesa di Boscochiesanuova (Verona), consacrata dall'arcivescovo nel 1853.
A Milano il F. cercò di ottenere il successo commerciale con dipinti di genere alcuni dei quali esposti alle mostre di Brera: nel 1863 presentò la Richiesta amorosa di ritratto, nel 1865 Il sospetto e Premio di scuola. Non avendo riscosso il successo economico sperato, il F. tornò a Verona nel 1865, poco prima della liberazione della città, e riprese alacremente la sua attività artistica e organizzativa, aprendo lo studio in palazzo Miniscalchi-Erizzo. Espose più volte alle mostre della Società di belle arti veronese: nel 1865 presentò nuovamente la Richiesta amorosa di ritratto, nel 1866 Frutti, nel 1868 Premio di scuola e nel 1872 Melagranata con uva rossa (Verona, Galleria d'arte moderna). Il F. abbandonò l'attività espositiva nel 1873, ricoprendo tuttavia l'incarico di professore di disegno presso la Scuola normale femminile di Verona fino a pochi anni dalla morte. Morì a Verona il 20 ott. 1895.
L'arte del F., eclettica e talvolta freddamente accademica, trovò un suo spazio privilegiato ed un certo sticcesso di mercato soprattutto nel ritratto, ma anche nella scena sociale di genere e nelle nature morte. Numerosi i ritratti per importanti famiglie veronesi, come i Miniscalchi-Erizzo, i Monga, i Forti. Tra le opere realizzate dal F. per quest'ultima famiglia (oggi tutte conservate presso la Galleria d'arte moderna di Verona) va notato il Ritratto di Israele Forti del 1854 (Marinelli, 1989; ripr. in Venturi, 1986), esempio di elevato livello della ritrattistica del F., improntata ad uno stile lucido ed aulico che intende collocare il personaggio all'interno del suo rango sociale attraverso l'oculato uso dell'abbigliamento e dell'ambientazione domestica. Di buon livello è anche l'inedito Ritratto dell'imperatore Francesco Giuseppe (1854; Mantova, Acc. Virgiliana). Tra i soggetti di genere di carattere sociale o amoroso Nina o la pazza per amore è l'unico esempio oggi noto, tra i molti documentati. Il dipinto, ispirato ad un melodramma assai famoso nella prima metà dell'Ottocento, testimonia la fase di passaggio, dalla pittura di storia alla cronaca sociale, che a Verona si stava realizzando proprio negli anni immediatamente precedenti alla metà dell'Ottocento, sulla scia o in contemporanea con i tentativi in tal senso esperiti dagli artisti milanesi (D. e G. Induno, soprattutto).
Fonti e Bibl.: F. Venturi, in La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, a cura di P. Brugnoli, I, Verona 1986, pp. 195-198; G. P. Marchini, L'Accademia di pittura e scultura di Verona, ibid., p. 586 n. 12; S. Marinelli, in Il Veneto e l'Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete, 1814-1866 (catal. della mostra, Verona), a cura di S. Marinelli - G. Mazzariol - F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 224 s.; Id., Tra Lombardia e Veneto: la pittura dell'Ottocento a Mantova e a Verona, in La pittura in Italia. L'Ottocento, Milano 1991, I, ad Indicem; G. Marini, ibid., II, p. 825 (con ulteriore bibliografia).