GIACOMO di Nicola da Recanati
Non si conoscono le date di nascita e di morte di questo pittore, originario di Recanati, attivo in area marchigiana nel XV secolo.
La prima notizia relativa a G. risale al 9 apr. 1441, quando il vescovo di Recanati, il forlivese Nicolò delle Aste, commissionò a "Jacobus pictor de Recaneto" una pala ("conam amplitudinis octo pedum") che vedeva coinvolto anche l'intagliatore Pietro Andrea di Castelfidardo e per la quale G. doveva "ponere aurum venetianum finum et azurum ultramarinum et alios colores finos prout necesse fiunt". Si tratta della grande tavola menzionata nel 1859 da Vogel, destinata all'altare maggiore della cattedrale di S. Flaviano a Recanati e perentoriamente siglata, nello scomparto principale oggi nel Museo diocesano di Recanati, "1443 tempore D. Nicolai de Astis [de Foro] Livio episcopi Racanati et Macerate. Jacobus a Racanati pinxit". Un altro documento, del 27 ag. 1466, manifesta la volontà del pittore di lasciare i suoi beni, dopo la morte del figlio Antonio, al Tesoro del santuario di Loreto, per il quale aveva lungamente operato traendo ingenti profitti. Precedentemente, il 4 genn. 1461, egli aveva già disposto presso il santuario un beneficio "sodalitio S. Luciae" e si è pure supposto che avesse affiancato nel 1429 il pittore camerinese Olivuccio di Ciccarello nell'esecuzione di una perduta Adorazione dei magi nella stessa chiesa (Ricci).
La vicenda di G. aveva però preso avvio molto tempo prima. A lui è, infatti, attribuita la pala con la Visione di s. Pietro e santi (Macerata, Pinacoteca comunale) datata 1414 che, insieme con la di poco posteriore Visione del beato Pietro da Treia e santi, già in S. Francesco a Forano e ora nella parrocchiale di Treia, rappresenta la chiave di lettura per comprenderne gli esordi svolti in un recupero letterale, non scevro di schematismi, del folignate Giovanni di Corraduccio; a questo pittore, d'altronde, Boskovits (1977) aveva in un primo momento attribuito la pala di Treia che F. Todini (La pittura umbra dal Duecento al primo Cinquecento, I, Milano 1989, p. 21), al contrario, ha poi voluto accorpare alla personalità di Andrea di Cagno. L'influsso di Giovanni, che nel 1415-16 lasciava tracce della sua attività in S. Venanzio a Fabriano, nonché a Camerino e a Massa Fermana, si legge nei Ss. Battista e Francesco raffigurati nella tavola di Macerata, ripensati sulle due tavole con Quattro santi (Visso, Museo della collegiata) del pittore umbro, ma con accenti meno personali di quelli rivelati, per esempio, da Carlo da Camerino, che pure risentì non poco del suo influsso, in opere un tempo non casualmente ascritte allo stesso G. quali la tavola con Le stimmate di s. Francesco nel municipio di Falerone.
La difficoltà di inserire questi primi risultati apparentemente impermeabili al volto più noto di G. - una premessa stilistica è stata ravvisata negli affreschi frammentari della cappella cimiteriale di Castelferretti, presso Falconara (Boskovits, 1994, p. 283 n. 40) - trova una sua spiegazione nel carattere "sostanzialmente mimetico e non privo di velleità" (Bisogni, Per G. di N. da R., 1973, p. 53) della sua pittura: nel corso degli anni Venti, l'accostamento ai modi di Pietro di Domenico da Montepulciano che si era rivelato un decennio addietro, segna un più deciso, maturo coinvolgimento di G. nei fatti del tardogotico marchigiano di impronta costiera. All'apertura di questo decennio un primo aggiornamento del suo linguaggio è infatti visibile nella predella costituita da più episodi della Vita di s. Giacomo, di cui si sono sinora rinvenute tre tavole (La Spezia, Museo civico A. Lia; Camerino, Museo diocesano; Pau, collezione privata) che De Marchi (1992; 1998) ha attribuito a G. (Zeri aveva invece ipotizzato il nome del ferrarese Antonio Alberti, in F. Zeri - A.G. De Marchi, La Spezia. Museo civico A. Lia. Dipinti, Cinisello Balsamo 1997, pp. 25 s.), forse provenienti da S. Giacomo a Camerino, annesso a S. Maria in Via, ove nel 1925 Serra vide lo scomparto ora ospitato nel locale Museo diocesano.
Tale mutamento deve avere alle spalle le opere licenziate intorno al 1420 da Pietro di Domenico (gli affreschi in S. Nicolò a Osimo e il polittico nel battistero di questa città datato 1418), senza esimersi da un certo sapore padano affine a quello vulgato da Antonio Alberti o da altre personalità emiliane; si veda per esempio la Storia di s. Giovanni Boccadoro nella Galleria Estense di Modena, attribuita al Secondo Maestro di Carpi in rapporto alla tavola di Pau.
A una data posteriore al 1424, anno di consacrazione della collegiata di Sant'Elpidio a Mare, spetta quell'unicum iconografico rappresentato dalle otto deliziose tavolette con Storie di s. Elpidio (Parigi, Musée des arts décoratifs), già rivendicate a G. da Longhi, e ora correttamente identificate da Bisogni (Per G. di N. da R., 1973). In esse, nonostante i disagi di conservazione, si registra una nuova, arricchita confluenza di diversi moventi culturali, dalle importazioni fermane di Iacobello del Fiore (Storie di s. Lucia dall'omonima chiesa di Fermo; polittico dell'Art Museum di Denver proveniente dalla chiesa di S. Pietro a Fermo), ai più aggiornati risultati di Pietro di Domenico: il racconto, aperto in accarezzati orizzonti marini, volge oramai alla sensibilità maturata da quest'ultimo negli affreschi dell'oratorio fermano di S. Monica, annesso a S. Agostino, in particolare nell'episodio di S. Giovanni a Patmos. Tale decorazione, non anteriore al 1425, vide infatti la partecipazione di G. in subordine a Pietro, che può essere ravvisata nella Predica del Battista in carcere, nel Banchetto di Erode e lungo la crociera, ove si colgono spunti narrativi vicinissimi alle Storie di s. Elpidio. Le concessioni a taluni aspetti di costume che distinguono queste opere sono un motivo dominante dell'influenza esercitata anche da Lorenzo Salimbeni, palmare - oltre che nella Madonna, già in collezione Marshall, accostata a G. da Boskovits (1994, pp. 283 s., n. 40) - nella coeva Madonna in trono tra s. Ginesio e s. Lorenzo affrescata da G. in S. Michele a San Ginesio e desunta dalla lunetta compiuta nella cripta della collegiata dal Salimbeni. In relazione alle parti compiute da G. nell'oratorio di S. Monica è pure l'affresco nella chiesa di S. Francesco a Fermo raffigurante una Pietà e santi, che forse gli appartiene, il cui collegamento, accanto al S. Antonio Abate del Musée du Petit Palais di Avignone, spetta a De Marchi (1998). Ma alla produzione di questo decennio si può aggiungere una tavoletta (in origine destinata a comporre una predella, ma di cui si ignora l'ubicazione attuale) con la Predica di un santo, la cui riproduzione si conserva presso la fototeca della Fondazione R. Longhi a Firenze. A questa data, verso il 1430, la successione delle opere si interrompe, riprendendo con il polittico di S. Flaviano del 1443.
Probabilmente organizzata in tre ordini - come supposto da Bisogni (1998) - l'opera comprendeva, ai lati della Madonna dell'Umiltà (Recanati, Museo diocesano), le figure dei santi Flaviano (Prato, Antichità Alfredo Moretti), GiovanniBattista,Girolamo (Bologna, Pinacoteca nazionale) e Vito (ubicazione ignota: Bisogni, 1998, p. 286), accompagnate dalla Crocifissione nella cuspide (Sotheby, London, 12 dic. 1984, n. 16) e da due Storie di s. Flaviano (Avignone, Musée du Petit Palais) nella predella. A distanza di tempo il modello è ancora un'opera di Pietro di Domenico: il polittico di S. Vito a Recanati, probabilmente additato dal committente ed esattamente ricalcato negli scomparti maggiori, benché raggelato in tremuli, anodini effetti di superficie, in bamboleggianti moduli facciali, che rivelano un contatto ormai devitalizzato, benché qualitativamente ancora apprezzabile, con la fonte.
La presenza di s. Bernardino nell'Incoronazione della Vergine della parrocchiale di S. Maria Assunta a Montecassiano facilita una datazione avanzata di questo testo già involutivo: oltre la metà del secolo G. torna allo schema della pala a scena unica, gremita di sottopresenze nei pilastrini e lungo la carpenteria, con lo stesso assiepamento delle tavole degli esordi, di quarant'anni prima. Un atteggiamento analogo pervade, in stanche movenze esornative e calchi ripetitivi, il Crocifisso in S. Michele a Fermo, i lacerti in S. Agostino e in S. Maria delle Grazie a Recanati, posteriori al 1456, gli affreschi lacunosi nell'abside della cripta di S. Maria di Rambona, rinvenuti da Vitalini Sacconi, e un'Annunciazione affrescata nella facciata del convento di Forano.
La vicenda di G., che copre quasi un cinquantennio di attività, è paradigmatica di quel filone di cultura adriatica che, specialmente nelle Marche, si diffuse in diramazioni stratificate nell'entroterra, accogliendo stimoli umbri e interferendo con il percorso di vari artisti camerinesi e fabrianesi. Il suo rapporto, presumibilmente anche di natura professionale, con Pietro di Domenico, di cui fu uno stretto seguace, e l'indefessa aderenza a quelle invenzioni che dovettero venir meno con la scomparsa del mentore ne fecero con il tempo poco più che un ripetitore destinato a provincializzarsi. Le opere del sesto decennio eludono qualsiasi aggiornamento in chiave di più libera articolazione spaziale e ci consegnano l'immagine di una mentalità più ligia ai canoni di mestiere che a quella perizia naturalistica e vivacemente umorale sulla quale si era educata.
Fonti e Bibl.: A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, I, Macerata 1834, p. 184; J.A. Vogel, De Ecclesia Recanatensis et Lauretana earumque episcopis commentarius historicus, I, Recineti 1859, pp. 203, 215; L. Venturi, A traverso le Marche, in L'Arte, XVIII (1915), pp. 20 s.; U. Gnoli, Pietro da Montepulciano e G. da R., in Bollettino d'arte, s. 2, I (1921-22), pp. 574-580; L. Serra, Elenco delleopere d'arte mobili delle Marche, in Rassegna marchigiana, III (1925), pp. 416, 427; R. Longhi, Una "Coronazione della Vergine" di Pietro di Domenico da Montepulciano, in Vita artistica, II (1927), pp. 18-20; R. van Marle, The development of the Italian schools of painting, VIII, The Hague 1927, pp. 270-274; XIV, ibid. 1933, p. 19; XV, ibid. 1934, pp. 4, 69; I. Patrizi, Le grandi orme dell'arte del Quattrocento in Recanati, Recanati 1928, p. 29; A. Colasanti, La pittura del Quattrocento nelle Marche, Milano 1932, pp. 21 s.; I. Patrizi, Immagini residue d'un vasto affresco del Quattrocento nella chiesa recanatese delle "Grazie", Recanati 1932; L. Serra, L'arte nelle Marche, II, Roma 1934, pp. 383 s.; P. Rotondi, Studi e ricerche intorno a Lorenzo e Iacopo Salimbeni…, Pietro da Montepulciano e G. da R., Fabriano 1936, pp. 117-123; F. Zeri, Giovanni Antonio da Pesaro, in Proporzioni, II (1948), p. 166 n. 2; R. Longhi, Sul catalogo della mostra di Verona, in Paragone, IX (1958), 107, p. 75; I. Patrizi, Affreschi quattrocenteschi della chiesa delle Grazie a Recanati, in Il Casanostra. Strenna recanatese, 1962, n. 95, pp. 51-72; P. Rotondi, Il Maestro della Beata Serafina, in Scritti di storia dell'arte in onore di Mario Salmi, II, Roma 1962, p. 174; L. Dania, La pittura a Fermo e nel suo circondario, Fermo 1967, pp. 25 s.; F. Rossi, Appunti sulla pittura gotica tra Ancona e Macerata, in Bollettino d'arte, LIII (1968), p. 202; A. Rossi, in Restauri nelle Marche (catal.), Urbino 1970, pp. 84-87; P. Zampetti, La pittura marchigianada Gentile a Raffaello, Milano s.d. (ma 1970), p. 15; A. Rossi, in Pittura nelMaceratese dal Duecento al tardogotico (catal.), Macerata 1971, pp. 144-152; L. Vertova, Painting in the Maceratese, in The Burlington Magazine, CXIII (1971), p. 691; F. Bisogni, in Restauri nelle Marche (catal.), Urbino 1973, pp. 125 s.; Id., Per G. di N. da R., in Paragone, XXIV (1973), 277, pp. 44-62; G. Vitalini Sacconi, Una proposta per G. di N. da R., ibid., pp. 63-65; M. Boskovits Osservazioni sulla pittura tardogotica nelle Marche, in Rapporti artistici tra le Marche e l'Umbria. Atti… Fabriano-Gubbio… 1974, Perugia 1977, p. 44 n. 40; P. Scarpellini, Giovanni di Corraduccio (catal.), Foligno 1976, passim; M. Laclotte - E. Mognetti, Avignon, Musée du Petit Palais. Peinture italienne, Paris 1977, nn. 83 s.; F. Grimaldi, La chiesa di S. Maria di Loreto nei documenti dei secoli XII-XV, Ancona 1984, p. 69 n. 84; A. De Marchi, Per un riesame della pittura tardogotica a Venezia: Nicolò di Pietro e il suo contesto adriatico, in Bollettino d'arte, LXXII (1987), p. 66 n. 112; Id., in La pittura in Italia. Il Quattrocento, a cura di F. Zeri, II, Milano 1987, p. 739; D. Righi, ibid., pp. 636 s.; P. Zampetti, Pittura nelle Marche, I, Firenze 1988, pp. 296, 298 s., n. 4; W. Angelelli, in W. Angelelli - A.G. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli, Milano 1991, p. 157; A. De Marchi, Gentile da Fabriano. Un viaggio nella pitturaitaliana alla fine del gotico, Milano 1992, ad ind.; A. Tambini, Note su alcuni dipinti del Quattrocento nelle Marche, in Studi per Pietro Zampetti, a cura di R. Varese, Ancona 1993, pp. 110 s.; M. Boskovits, Immagini da meditare. Ricerche su dipinti di tema religioso nei secoli XII-XV, Milano 1994, pp. 281-286; L. Dania, La pittura a Fermo e nel Fermano nella prima metà del Quattrocento, in Vittore Crivelli e la pittura del suo tempo nel Fermano, a cura di S. Papetti, Milano 1997, pp. 30 s.; F. Bisogni, in Fioritura tardogotica nelle Marche (catal.), a cura di P. Dal Poggetto, Milano 1998, pp. 284-287; A. De Marchi, A sud di Ancona: gli invii da Venezia e la scuola della costa, ibid., pp. 34 s., 38, 282 s.; M. Minardi, in Lorenzo e Iacopo Salimbeni di Sanseverino e la civiltà tardogotica, a cura di V. Sgarbi, Milano 1999, p. 175; S. Papetti, Vicende di santi e di pittori: cicli pittorici tardogotici fra le Marche meridionali e l'Abruzzo teramano, ibid., p. 62; M. Paraventi, Per il gotico internazionale nelle Marche, ibid., pp. 27 s.; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori…., V, p. 394.