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CUSANI, Giacomo

di Franca Petrucci - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)
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CUSANI (Cusano), Giacomo

Franca Petrucci

Figlio di Antonio, protofisico di Filippo Maria Visconti, e di Elisabetta Busca, nacque nel 1418 probabilmente a Milano. Compì studi giuridici e, licenziatosi in ambedue i diritti, fu ascritto al Collegio dei giureconsulti di quella città. Consigliere di Filippo Mario Visconti, morto questo, aderì alla Repubblica Ambrosiana. Di lui si giovarono i governanti quando dopo il trattato di Rivoltella (18 ottobre 1448), stipulato da Francesco Sforza con Venezia, tentarono di far recedere dalle sue decisioni il condottiero e di richiamarlo all'antica fede verso Milano.

Mentre lo Sforza si dirigeva verso Piacenza, lo raggiunsero a Castiglione d'Adda sei ambasciatori inviati dalla Repubblica, capeggiati dal C. e da Bartolomeo Moroni. Essi tentarono più che altro di toccare le corde del sentimento del condottiero: la Repubblica si offriva comunque di fare tutto quello che era in suo potere e che egli potesse desiderare; chiedeva inoltre che egli almeno lasciasse liberi di tornare a Milano i capitani che lo desiderassero. Com'è noto, l'ambasceria non ebbe alcun successo, pur se lo Sforza rispose con la consueta misura, riproponendo inoltre la sua candidatura come erede, in quanto genero, del duca defunto. Avuta lo Sforza, poco dopo, Piacenza, fu raggiunto di nuovo a Binasco da un'ambasceria milanese, formata oltre che dal C., da Giorgio da Lampugnano, Pietro Cotta, Tommaso Moroni e Paolo Amiconi. Avevano la medesima commissione dei primi inviati e, come racconta il Corio, aggiunsero soltanto che il popolo milanese non poteva credere che egli "sì apertamente gli facesse guerra", e che lo esortava a chiedere ciò che voleva, perché esso gli avrebbe accordato qualsiasi cosa fosse in suo potere di concedergli; inoltre domandava ancora una volta che lasciasse libere di tornare alla Repubblica le genti assoldate dai Milanesi. Anche quest'ambasceria, come si sa, ebbe esito negativo; e lo Sforza inviò insieme con i legati un suo fido, che andò a perorare la sua causa fin dentro Milano. Gli ambasciatori dopo il loro abboccamento con il condottiero subirono l'aggressione di alcuni soldati, i quali furono poi puniti dallo Sforza, che fece anche risarcire i danneggiati.

Il 1° ott. 1449 il C. divenne uno dei capitani e difensori della libertà della Repubblica. In seguito, durante il periodo sforzesco, non si hanno di lui molte notizie; tuttavia pare che sia stato in buoni rapporti con i duchi, se il 6 ott. 1466 Bianca Maria e Galeazzo Maria lo crearono membro del Consiglio di giustizia. Fu particolarmente nelle buone grazie del duca Galeazzo Maria tanto è vero che una delle figlie del C. sposò per suo volere un certo Carlo Varisino.

Il duca volle che le nozze avvenissero nel castello di porta Giovia ed egli stesso partecipo alla cerimonia ed ai festeggiamenti. Il 20 dicembre del medesimo anno il C. passò a far parte del Consiglio segreto. Nel 1474 partecipò a riunioni ristrette con il duca ed ebbe l'incarico, nell'aprile, di preparare i documenti che gli ambasciatori milanesi avrebbero sottoposto all'imperatore. Nell'ottobre del 1476 fu uno dei consiglieri che, in assenza del duca, ricevettero l'ambasciatore di Maometto II. Il 25 ag. 1478 gli fu accordata, insieme con il fratello Paolo, che in seguito divenne domenicano, l'esenzione da ogni tassazione su tutti i beni che possedevano nel ducato. Aveva fatto parte del Collegio dei giurisperiti della Fabbrica del duomo di Milano negli anni 1436, 1438, 1449, 1452, 1454, 1457, 1461, 1462, l'anno successivo era stato deputato di Provvisione dello stesso organismo.

Il C. aveva sposato Ginevra Casati, da cui ebbe Antonio, e quindi Enrica Casati, da cui ebbe Girolamo, Rizzardo, che fu giureconsulto, Donato, Giovanni Pietro, Caterina e Maddalena. Sue figlie furono anche Chiara e Dorotea.

Del C. si ignora la data della morte: l'ultima notizia a lui relativa è quella del testamento, rogato il 30 agosto 1483.

Fonti e Bibl.: Annali della Fabbrica del duomo di Milano, II, Milano 1877, pp. 69, 75, 120, 143, 151, 171, 204, 211, 218; Gli uffici del dominio sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1948, pp. 12, 40; I registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, p. 110; I diari di Cicco Simonetta, a cura di A. R. Natale, Milano 1962, pp. 13, 78, 111, 119, 212, 265; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 1255, 1260; G. Simonetta, Rerum gestarum Francisci Sfortiae... Commentarii, in Rerum Ital. Script., 2 ediz., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 251, 256; F. Cognasso, La Repubblica di S. Ambrogio, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 428 s.; F. Calvi, Famiglie notabili milanesi, III, Milano 1884, s. v. Cusani, tav. III.

Vedi anche
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giàcomo
giacomo giàcomo s. m. [voce fonosimbolica, raccostata al nome pr. Giacomo]. – Nella locuz. pop. fare giacomo giacomo, detto delle gambe che tremano, si piegano per paura, per debolezza, ecc.: ho le gambe che mi fanno giacomo giacomo.
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