CONTI, Giacomo
Figlio di Giovanni, operaio, e di Paolina Pompeo, nacque a Messina nel 1813. Ricevette i primi insegnamenti di piaura a Messina, allievo di L. Subba, di cui abbandonò in seguito l'insegnamento per recarsi prima a Napoli e successivamente a Roma grazie agli aiuti ricevuti dal banchiere F. Grill.
A Napoli non si lasciò attrarre da quella scuola di vedutisti, che pure era fiorente al principio dell'Ottocento, in quanto, più figurista che paesaggista, preferì seguire la sua naturale inclinazione che lo portava a prediligere la pittura di storia. Nel 1834 era a Roma, a proseguire i suoi studi di pittura presso l'Accademia di S. Luca, allievo di F. Podesti e F. Coghetti, come attestano gli atti dell'Accademia stessa, che lo vedono vincitore dei secondo premio per un disegno di nudo in un concorso del settembre di quell'anno (Roma, Arch. dell'Accademia di S. Luca, Catal. dei disegni della scuola del nudo, B. 745).
Trasferitosi a Siena, familiarizzò con F. Nenci, insegnante (poi anche direttore) presso l'Accademia di belle arti di quella città, alla quale il C. si era iscritto per completare la sua formazione artistica vincendo tre medaglie d'oro. Tornato a Messina, ricevette numerose commissioni (Oliva, 1954. p. 216). Ritornato in Toscana, esegui La disfida di Barletta, quadro di vaste dimensioni che, dopo una esposizione a Firenze, fu acquistato dalla granduchessa di Toscana. Il quadro dovette essere compiuto intorno al 1847, a giudicare da una lettera di quell'anno del Nenci, il quale si augurava che l'opera del C. incontrasse il favore dei pubblico (Melani, p. 38). Successivamente il C. si accinse a dipingere quattro opere d'ispirazione risorgimentale commissionategli da un signore inglese ma, per la sopraggiunta morte del committente, pote eseguire solo La sollevazione popolare del 12 genn. 1848 in Palermo.
Recatosi a Messina nel 1854, dipinse a fresco la volta dell'abside della chiesa del monastero di S. Maria della Scala (distrutta nel terremoto del 1908); Melani riproduce (p. 39) il bozzetto dell'affresco raffigurante S. Benedetto che riceve nella grotta di Subiaco i figli di due patrizi romani e, entro due tondi, S. Maria della Scala e S. Scolastica. Dopo aver compiuto queste opere venne inviato dal comune di Messina a Napoli per eseguirvi i ritratti del re, della regina e del fratello del re, Leopoldo conte di Siracusa, al quale fece dono del 12 genn. 1848 a Palermo (cfr. De Gubernatis).
Tornato nella città natale, il C. dipinse, sempre per incarico del comune, I novellatori del Decamerone (già nella sala del palazzo municipale: distrutto nel terremoto), La danza delle ore o stagioni (presentato alla Esposizione nazionale di Torino del 1884: catal., p. 23) e il soffitto dei teatro Vittorio Emanuele (distrutto). Nel 1861 il C. espose a Firenze (Esposizione nazionale) Il re delle Due Sicilie Federico II che riceve da Michele Scoto la traduzione delle opere di Aristotele, per il quale P. Selvatico, che criticava aspramente il falso teatralismo di quel genere di pittura, formulò un giudizio meno severo riconoscendogli "qualche dote" (Lecondizioni dell'odierna pittura storica..., Padova 1862, p. 27).
Altre opere del C., eseguite a Messina sono: Bancoche appare a Macbeth, La morte di Romeo, Falconiere del XIII sec., Baccante, andate tutte disperse, come una Addolorata per la cappella reale di Messina per la quale, alla stessa maniera che per altre opere precedenti, il C. ricevette le lodi di diversi letterati e storici del tempo che frequentava e di cui era amico (Accascina, p. 55).
Tornato a Firenze, il C. nel 1868 si accinse all'opera più impegnativa della sua maturità: I Vesprisiciliani. Ilgrande quadro (m 4 x 2,50) fu completato nel 1870 e venne acquistato dal comune di Messina per il Museo civico. Anche questo è andato distrutto; ce ne rimane tuttavia il bozzetto (olio su tela, centimetri 33,50 x 46), conservato alla Galleria d'arte moderna di palazzo Pitti a Firenze, dove giunse nel 1939 per legato del figlio dei C., e dove venne esposto nel 1973-74 nel corso della mostra Romanticismo storico, curata da S. Pinto (catal., p. 321). Durante il suo ultimo soggiorno siciliano, il C. dipinse per un privato La parabola del buon samaritano, destinata dal committente, P. Grili, all'ospedale per gli storpi, oggi ospizio di Collereale, dove si trova tuttora. Tornato definitivamente a Firenze, tra l'altro dipinse (1873) per la chiesa madre di Barceliona (Messina) Il martirio di s. Sebastiano, tuttora in loco;dal 1877 ricoprì l'incarico di ispettore delle RR. Gallerie di Firenze per l'esportazione degli oggetti d'arte. Morì a Firenze il 9 aprile del 1888.
Purtroppo, come si è potuto vedere, la maggior parte delle pitture del C. andò distrutta col terremoto di Messina del 1908; quindi, per una analisi stilistica della sua opera, ci si deve basare unicamente su alcune riproduzioni di bozzetti e disegni preparatori (Melani, 1924), che erano stati conservati dal figlio del C. e che furono esposti a Carrara nel 1934 (E. Mauceri, Messina e la Tostra celebrativa del marmo in Carrara, Messina 1934, p. 397). Da questi si nota come la sua pittura, formale ed estremamente corretta nella composizione del disegno, mostri di risentire, come indica del resto la stessa scelta dei soggetti per lo più storico-patriottici o di gusto letterario, del romanticismo moderato e purista dei pittori accademici toscani come il Mussini o l'Ussi, di cui il C. fu amico, in contrasto con la poetica "realista" dei macchiaioli.
Fonti e Bibl.: P. Raffaelli, Dipinti di G. C...., in Letture di famiglia, Trieste 1858, pp. 279-281; A. De Gubernatis, Diz. degliartisti italiani viventi, Firenze 1889, pp. 136-137; V. Saccà, La cattedra di belle arti nella univ. di Messina, Messina 1900, pp. 79-81; L. Callari, Storia dell'arte contemp. ital., Roma 1909, p. 203; A. Melani, G. C...., in Emporium, LIX (1924), pp. 36-42; M. Accascina, Ottoc. sicil., pittura, Roma 1939, pp. 55, 117 s.; G. Oliva, C. G., in Annali della città di Messina, VIII, Messina 1954, pp. 214-217 (con bibl.); Storia della pitt. ital. dell'Ottocento, I, III, Milano 1975, ad Indicem;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 335; Diz. enc. Bolaffi dei pittori e degli incitori ital., III, Torino 1972, pp. 424 s.