COLONNA, Giacomo
Uno dei sette figli maschi di Stefano il Vecchio, del ramo di Palestrina della famiglia, e di Gaucerande de l'Isle-Jourdain, il C. nacque in Francia, dove il padre si era rifugiato per sottrarsi alla vendetta politica di papa Bonifacio VIII. La data della sua nascita può essere stabilita grazie all'affermazione di una lettera di Giovanni XXII del 28 maggio 1328, secondo la quale il C., neoeletto vescovo di Lombez, si trovava allora nel ventisettesimo anno di vita: egli sarebbe quindi nato tra il giugno 1300 e il maggio 1301.
Al pari di altri suoi tre fratelli - Giovanni, Agapito e Giordano -, il C. fu avviato in tenera età alla carriera ecclesiastica. Nel 1316, all'età di appena quindici anni, era già in possesso di un canonicato a Noyons e a Chalons-sur-Marne. Oltre a questi benefici ecclesiastici ottenne, almeno fin dal 1327, la pievania di Laibach (Lubiana), appartenuta in precedenza al defunto cardinale Pietro Colonna. Non si conosce l'anno della sua elezione a canonico di S. Giovanni in Laterano, ma sappiamo che l'8 ag. 1328 dovette cedere quella carica perché era stato nel frattempo eletto vescovo di Lombez. In quell'occasione cedette anche il canonicato di Cambrai. Tra il 1322 e il 1327 studiò diritto nell'università di Bologna. Il 21 genn. 1322 ottenne da Giovanni XXII il privilegio di usufruire per un periodo di cinque anni, benché non residente, dei proventi del canonicato di Noyons. In questa lettera il pontefice accenna esplicitamente agli studi universitari del C. (una copia della dispensa pontificia fu inviata anche all'arcidiacono di Bologna).
Insieme con il C. andò allo Studio di Bologna anche il fratello Agapito, futuro vescovo di Luni, se così possiamo interpretare il fatto che anch'egli aveva ottenuto il 21 genn. 1322 da Giovanni XXII per gli stessi motivi la dispensa di usufruire dei proventi di un canonicato di Laon.
Il periodo del soggiorno bolognese dei C. può essere fissato con una certa precisione grazie alla testimonianza del Petrarca che ricorda di averlo conosciuto a Bologna mentre ambedue seguivano l'insegnamento del celebre maestro di diritto Giovanni d'Andrea. Il Petrarca si trattenne a Bologna dall'autunno del 1322 ai primi mesi del 1326. Contrariamente al Petrarca, che dovette rientrare anzitempo ad Avignone per la morte del padre, il C. riuscì a portare a termine regolarmente gli studi intrapresi.
Circa due anni dopo il suo ritorno a Roma, non ancora trentenne, il C. venne eletto vescovo di Lombez da Giovanni XXII il 28 maggio 1328. Il Petrarca attribuì questa nomina alle particolari doti e virtù dell'amico: di fatto, nell'affidare il governo della diocesi di Lombez al giovane C. il pontefice volle premiare il suo atto di coraggio, quando il 22apr. 1328 affisse sulla porta della chiesa di S. Marcello a Roma la bolla di scomunica dell'imperatore Ludovico il Bavaro. In quell'occasione il Petrarca gli dedicò il sonetto "Gloriosa columna".
La scelta della sede di Lombez, eretta a diocesi nel 1317 da Giovanni XXII, è da mettere in relazione con il fatto che la famiglia della madre del C. apparteneva all'alta nobiltà della Guascogna, regione nella quale, appunto, si trova Lombez. Al momento della nomina il C. non aveva l'età prevista dal diritto canonico, né era stato ancora consacrato sacerdote. Il papa gli concesse la necessaria dispensa per, l'età e quindi, il 29 luglio 1328, lo sollecitò a farsi consacrare entro l'anno. Il 20 luglio 1329 ebbe luogo la sua consacrazione a vescovo. All'inizio del 1330 il C. si recò ad Avignone per rendere visita al papa e al fratello cardinale e nella primavera di quell'anno intraprese il viaggio verso la diocesi di Lombez. Secondo il Petrarca non si trattenne a lungo nella città che ospitava la Curia romana. Tra il 1328 e il 1330 l'amministrazione della diocesi di Lombez era stata affidata da Giovanni XXII al fratello del C., il cardinale Giovanni Colonna.
Secondo una congettura dei Foresti (p. 181), il C. si sarebbe recato ad Avignone una prima volta tra la fine dei suoi studi a Bologna (1326-1327) e il 1328 e lì avrebbe rivisto il Petrarca. Quando nel 1330 andò a prendere possesso dell'episcopato di Lombez, volle che il Petrarca lo accompagnasse. A questi si aggregarono Lello di Pietro Stefano Tosetti, nobile romano (il Lelio del Petrarca) e Ludovico di Beeringen detto Santo "magister in musica" (che Petrarca chiamerà Socrate).
A Lombez il C. soggiornò per circa tre anni. Nel 1333, recatosi ad Avignone per rendere visita al fratello cardinale, fu da questo inviato a Roma per occuparsi di problemi urgenti relativi alla situazione politica della famiglia. Il Petrarca, di ritorno dal suo viaggio in Fiandra, si dolse, scrivendo da Lione, che il vescovo fosse partito per Roma senza aspettarlo (Fam., 1, 6).
A Roma e nelle terre vicine si erano riaperti violenti, contrasti tra le fazioni nobiliari e, in particolare, tra i Colonna e gli Orsini, culminati nell'agguato teso da Stefanuccio Colonna a San Cesareo nel 1333 in cui vennero uccisi Bertoldo Orsini e Francesco Anguillara. Il cardinale Giovanni Orsini, zio di Francesco, che era allora cardinale legato in Toscana, entrò nello Stato pontificio con le milizie che aveva al suo comando e si pose a devastare le terre dei Colonna distruggendo Giove. Giunto fin sotto Roma, assalì anche le case dei Colonna di Palestrina. Il C. partì da Avignone per Roma forse per desiderio dello stesso Giovanni XXII che si stava allora prodigando per evitare il peggio e sanare la discordia fra le due fazioni.
A Roma il C. si trattenne per sette anni, fin dopo che era stata conclusa una tregua tra gli Orsini e i Colonna (settembre-novembre 1337). Quando il Petrarca venne a Roma (gennaio 1337), il C., che si trovava allora a Palestrina, gli andò incontro, insieme con il padre Stefano il Vecchio e con cento uomini d'arme: il viaggio attraverso la Campagna romana era allora pieno di insidie. Fu l'ultima volta che Petrarca incontrò il C., di certo uno dei suoi più intimi amici e confidenti.
Nel 1341 il C. decise di ritornare nella sua diocesi, e, come al solito, fece tappa ad Avignone, dove rivide il fratello cardinale. Il suo secondo soggiorno a Lombez non durò però a lungo, perché la morte lo colse di lì a poco. Il 30 ag. 1341 il C. aveva ottenuto da Giovanni XXII la facoltà di redigere il proprio testamento. Il 1° ottobre venne eletto il suo successore a Lombez, Antonio abate di Fontfroide. La data della sua morte deve quindi essere collocata nel mese di sett. del 1341.
In una lettera inviata da Arquà intorno al 1370 a Filippo Cabassoles, cardinale vescovo della Sabina, il Petrarca racconta che il C. era stato destinato poco prima della sua morte al patriarcato di Aquileia (Sen., XVI, 4). Il C. avrebbe scritto al fratello cardinale e ad alcuni amici, tra i quali lo stesso Petrarca, giurando che egli stimava essere stato esaltato già troppo e non voler salire più in alto.
Le spoglie mortali del C. furono trasportate a Roma a cura del fratello cardinale e per interessamento del Petrarca tre anni dopo la sua morte. Il Petrarca ebbe nel settembre la notizia della morte dell'amico, proprio quella stessa notte che gli era apparso in sogno, morto (Fam., V, 7).
Il 15 febbr. 1341 il Petrarca aveva annunciato al C. la sua partenza in quel giorno da Avignone per Roma, ove la domenica di Pasqua, cioè l'8 aprile, avrebbe dovuto essere laureato in Campidoglio (Fam., IV, 6).Per esprimergli la sua gioia, il vescovo inviò al poeta un sonetto ("Se le parti del corpo mio distrutte"), che il Foresti (p. 185) considera "notevole per la sua gaia freschezza e ingenuità che ha del primitivo ma anche per la sfoggiata bravura delle rime rare". Il Petrarca ebbe la notizia della morte, dell'amico ancor prima di poter rispondergli. Più tardi, comunque prima del suo ritorno in Provenza nel 1345 (Foresti), venutogli casualmente sott'occhio il foglio nel quale aveva trascritto quel sonetto. (Vat. lat. 3916, c. 1), rispose con il celebre sonetto "Mai non vedranno le mie luci asciutte".
Il 5 genn. 1342 il Petrarca scrisse una lettera consolatoria per la morte dell'amico al fratello Giovanni Colonna (Fam., IV, 12) e un'altra a Lelio (Fam. IV, 13).
Ancora da vecchio, scrivendo a Luca della Penna, da Arquà il 27 apr. 1374 (Sen., XVI, 1), il poeta canterà le lodi del C., al quale fu sempre riconoscente per averlo introdotto nella famiglia Colonna e peraverlo fatto accogliere tra i "familiares" del cardinale Giovanni (1330, dopo il suo ritorno da Lombez). Secondo la critica petrarchesca (Foresti), il C., al quale il Petrarca aveva già dedicato la poesia metrica latina "Quia faciam, quae vita mihi, rerumque mearum" (I, 7), sarebbe il destinatario della canzone "0 aspettata in ciel beata e bella", che il Petrarca scrisse in occasione della crociata promossa da papa Giovanni XXII nel concistoro del 26 agosto del 1333.
Fonti e Bibl.: F. Petrarca, Epistolae seniles, Lugduni 1601, XVI, I; XVI, 4; Poesie minori delPetrarca, a cura di D. Rossetti, III, Milano 1834, pp. 202-223; Le rime di F. Petrarca, a cura di G. Salvo Cozzo, Firenze 1904, p. 7 n. X; F. Petrarca, Le familiari, a cura di V. Rossi, Firenze 1933 (lettere indirizzate al C.: I, 6; II, 9; IV, 6; cfr. inoltre I, 4; II, 13; IV, 12 e 13; V, 7); Benoît XII, Lettres communes, a cura di J.-M. Vidal, Paris 1902-1911, nn. 5402, 8428, 8769; Jean XXII, Lettres communes, a cura di G. Mollat, Paris 1921-1946, nn. 454, 577, 14969, 28918, 29217, 41397, 41726, 41765, 42735, 43131, 43714, 44231, 44861, 45476, 45756, 46846, 50887, 50888, 54232; J.-F. de Sade Mémoirespour la vie de François Pétrarque, I, Amsterdam 1764, p. 148; A. Coppi, Memorie colonnesi, Roma 1855, pp. 107 s., 116-125; G. Fracassetti, Lettere di F. Petrarca delle cose familiari libri ventiquattro... volgarizzate e dichiarate, V, Firenze 1867, ad Indicem; Id., Lettere senili di F. Petrarca volgarizzate e dichiarate, II, Firenze 1870, adIndicem; L. Couture, Pétrarque et Jacques C., Toulouse 1880; E. Sicardi, Il sonetto del Petrarca a G. C., in Fanfulla della Domenica, 1902; F. Lo Parco, Il Petrarca e G. C. a Tolosa (conXV documenti inediti dell'Archivio Vaticano), in Memorie della R. Accademia di archeologia, lettere e belle arti, I (1911), pp. 227-249; E. MartinChabot, Contribution à l'histoire de la famille Colonna de Rome dans ses rapports avec la France, in Annuaire-Bulletin de la Société de l'histoire deFrance, LVII (1920), pp. 137-190; H. Cochin, Pétrarque et Jacques C., ibid., LIX (1922), pp. 96-134; F. Rizzi, F. Petrarca e il decennio parmense (1341-1351), Parma 1934, pp. 62 ss.; G. Billanovich, Gli umanisti e le cronache medioevali. Il "Liber pontificalis", le "Decadi" di TitoLivio e il primo umanesimo a Roma, in Italia medioevale e umanistica, I (1958), p. 124; E. H. Wilkins, Life of Petrarch, Chicago 1961, pp. 7-14, 20, 25, 30 s., 212; A. Foresti, Aneddoti della vitadi F. Petrarca, a cura di A. Tissoni Benvenuti, Padova 1977, ad Indicem; C. Eubel, Hierarchiacatholica, I, Monasterii 1913, p. 310; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v.Colonna, tav. V.