CAVALLI, Giacomo
Nacque nel 1350 in Piemonte, forse a San Germano Vercellese. Era diacono, dottore in diritto e canonico della cattedrale di Vercelli quando, nemmeno un anno dopo l'inizio dello scisma di Occidente, il 1º giugno 1379 l'antipapa Clemente VII lo nominò, malgrado la sua giovane età, vescovo di Vercelli. Questa sede, infatti, era considerata vacante perché il suo titolare, Giovanni Fieschi, che era di obbedienza romana, era stato creato da Urbano VI cardinale e amministratore della diocesi. Nella storiografia si è in genere affermato che il C. non riuscì a prendere possesso della sua diocesi; sembra tuttavia che ciò non sia esatto: sulla base dei documenti a noi noti relativi al suo episcopato sembra invece di dover concludere che egli non solo entrò nella sua sede, ma arrivò a farsi riconoscere, nel corso dei numerosi anni del suo ministero pastorale, come il legittimo vescovo di Vercelli. Il 26 ag. 1379 Clemente VII gli concesse quattro canonicati nella cattedrale di Vercelli, e gli assegnò le prebende ad essi relative; l'11 settembre lo autorizzò con una bolla a farsi amministrare solennemente la consacrazione sacerdotale e quella episcopale da un vescovo di sua scelta.
Già allora il C. doveva risiedere nella sua sede, perché il 6 ag. 1380 venne incaricato di svolgere un'inchiesta per conto di Clemente VII al riguardo di alcune terre appartenenti alla mensa vescovile di Pavia che il vescovo locale voleva concedere in feudo. Negli anni successivi il C. dovette affrontare le difficoltà sollevategli contro a causa dello scisma; nella sua corrispondenza con Clemente VII si lamenta infatti per gli appelli senza fondamento che venivano interposti all'arcivescovo di Milano, di cui era suffraganeo, contro le sentenze da lui emesse. Secondo il C., l'arcivescovo di Milano, che era di obbedienza romana, dava sistematicamente ragione ai querelanti, se interpellato, solo per ostilità all'antipapa di Avignone ed ai suoi aderenti. Sicché il 27 luglio 1385 Clemente VII si risolse a decretare che gli appelli contro le sentenze del C. per le quali si era ricorso alla sede metropolitana di Milano venissero considerati nulli; egli stabiliva inoltre che da quel momento e sino al termine dello scisma ogni appello contro l'operato del vescovo di Vercelli fosse inoltrato direttamente alla Curia pontificia di Avignone. Lo stesso giorno, una seconda bolla di Clemente VII concesse al C. il potere di assolvere e di reintegrare nei loro benefici quei sostenitori di Urbano VI, il papa di Roma, che avessero riconosciuto l'autorità del pontefice avignonese. Il 18 agosto di quel medesimo anno, infine, il C. venne autorizzato a concedere in feudo alcuni diritti appartenenti alla Chiesa di Vercelli. Da tutti questi provvedimenti risulta con chiarezza che il C. in questo momento altro non è se non una pedina nella partita politica giocata dalla corte avignonese nell'Italia settentrionale.
Il 30 nov. 1385 il C. fu nominato da Clemente VII collettore pontificio in Lombardia e in Liguria. Il 2 agosto dell'anno successivo, per ostacolare le mire espansionistiche dei signori di Milano, concluse una convenzione col conte di Savoia Amedeo VII per regolare i loro diritti sulla città e sul territorio di Biella verso cui si volgevano appunto le cupidigie dei Visconti: nelle trattative si era fatto rappresentare, fra gli altri, dal vescovo di Moriana e dal cancelliere di Savoia.
Per tale accordo il C. si riservava il palazzo episcopale di Biella, e rimaneva a suo carico l'onere di fornire l'alloggio per il rappresentante del conte; ad Amedeo VII era riconosciuta la giurisdizione omni modo sul territorio di Biella. Il presule rimetteva inoltre ad Amedeo VII tutti i diritti che la Chiesa di Vercelli percepiva in Biella, esclusi quelli destinati al mantenimento dei fabbricati di sua proprietà, il pedaggio di Zumaglia, e le rendite che la Chiesa di Vercelli aveva già dal conte di Savoia. Verrua e San Germano erano escluse dalle clausole della convenzione in quanto appartenenti al conte.
In questo periodo Clemente VII stava cercando di indurre a scendere in Italia il giovane fratello del re di Francia, Luigi, allora duca di Turenna (e poi duca di Orléans), che il matrimonio con Valentina Visconti per procura (4 apr. 1387), aveva fatto entrare in possesso della città e del territorio di Asti. Fu così che gli abitanti dell'Astigiano, divenuto ormai provincia francese, furono obbligati a riconoscere nel campo ecclesiastico l'autorità di Clemente VII. Al fine poi di accrescere l'influenza del suo protetto, con bolla del 24 apr. 1387 il pontefice avignonese autorizzò il C. a porre la sua Chiesa sotto la protezione del duca. Il dispositivo del documento afferma esplicitamente che era stato lo stesso vescovo di Vercelli a invocare l'aiuto di Luigi di Turenna per porre fine alle continue usurpazioni di cui era vittima.
La manovra non sortì tuttavia l'effetto sperato: le opposizioni e l'ostilità da cui il C. era stato circondato sin dalla sua nomina a vescovo di Vercelli stavano infatti per avere il sopravvento. È vero che ancora il 3 marzo 1389 gli veniva indirizzata una bolla, con la quale Clemente VII gli ingiungeva di accordare determinate dispense ad alcuni laici della sua diocesi, ma questo è l'ultimo atto che si conservi relativo alla sua attività come vescovo di Vercelli. Infatti quando il cardinale Ludovico Fieschi passò all'obbedienza avignonese nell'ott. 1404,una bolla di Benedetto XIII gli confermò poco dopo, il 26 novembre di quel medesimo anno, il titolo e la carica di amministratore della Chiesa di Vercelli, che aveva già goduto quando era tra i fedeli del pontefice romano. Bisogna dunque ritenere che già da qualche tempo il C. avesse rinunziato ad esercitare i suoi diritti episcopali. Sul piano giuridico, tuttavia, la questione venne risolta solo il 26 ag. 1412, quando il cardinale Fieschi rinunziò al suo mandato e Giovanni XXIII gli dette un successore nella persona di Ibletto Fieschi, ma solo dopo aver trasferito il C. a Turnu Severin, una diocesi della Valacchia suffraganea di Kalocsa-Bács, e dopo aver allontanato Matteo Ghisalberti, che era stato creato vescovo di Vercelli dopo la defezione di Ludovico Fieschi dal pontefice romano Innocenzo VII. Sembra tuttavia che il C. non abbia mai assunto effettivamente il governo della diocesi di Turnu Severin, dato che non ci sono pervenuti i relativi obblighi di pagamento del "servizio comune". È, questa del 1412, l'ultima menzione a noi pervenuta sul C.: dopo questa data, infatti, il suo nome non ricorre più nelle fonti in nostro possesso.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Registra Avinionensia, 259, f 359; 320, f. 286v; Registra Vaticana, 291, ff. 136v, 160; 292, f. 197; 296, ff. 116v, 132; 298, ff. 138 s.; Collectoriae, 359, f. 219v; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra…, IV,Venetiis 1719, col. 805; G. Claretta, Reminiscenze antiche di Verrua di Monferrato, in Arch. stor. lomb., VIII(1881), pp. 235-237; N. Valois, La France et le Grand Schisme d'Occident, II, Paris 1896, pp. 138 s.; III, ibid. 1901, p. 393; J. Favier, Les finances pontificales à l'époque du Grand Schisme d'Occident, Paris 1966, p. 718; C. Eubel, Hierarchia catholica...,I, Monasterii 1913, pp. 449, 520.