CARAFA, Giacomo
Apparteneva al ramo della Stadera della nobile famiglia napoletana dei Carafa e nacque probabilmente a Napoli prima della metà del secolo XIV. Secondo la tradizione della famiglia è considerato figlio di Tommaso, ciambellano e consigliere napoletano e capitano dell'Aquila; non è noto il nome della madre. Era fratello di quel Giovannello Carafa, che aveva avuto un ruolo importante nei disordini al tempo di Carlo III e che Urbano VI aveva cercato di attirare dalla sua parte (cfr. Litta).
Non sappiamo nulla dei suoi studi, ma pare che egli si sia trasferito in giovane età, forse tramite il cardinale Filippo Carafa suo parente, a Bologna dove diventò membro del capitolo della cattedrale. Come arcidiacono di Bologna il C. il 7 marzo 1383 decise l'assunzione di un giovane chierico nel Collegio degli scolari bresciani. Poco tempo dopo, probabilmente, Urbano VI lo nominò vescovo di Imola, vacante per la morte di Guglielmo Alidosi, che era avvenuta il 22 dic. 1382 per la peste. Il 16 nov. 1383 troviamo il C. come vescovo della diocesi, benché egli in quel momento fosse presente alla Curia pontificia dove ricopriva l'ufficio di referendario. Poco tempo dopo però dev'essere stato trasferito all'arcivescovato di Bari, il cui titolare, il cardinale Landolfo Maramaldi, era passato dalla parte dell'antipapa Clemente VII (1384). Tuttavia Urbano VI solo nella estate del 1386 provvide a nominare il successore del C. a Imola nella persona di Emanuele Fieschi; fino ad allora la diocesi era stata amministrata da frate Martino, vescovo di Laodicea, "capituli et ecclesie Imolensis ad presens vacantis in spiritualibus et temporalibus vicarius generalis".
Tuttavia, come arcivescovo di Bari il C. seguì la maggioranza dei prelati locali, passando all'ubbidienza avignonese, e fu quindi destituito da Urbano VI. Rimase però anche in seguito in possesso del suo arcivescovato, stringendo poi rapporti particolarmente stretti con il successore di Urbano VI, il napoletano Bonifacio IX, di cui godette la massima fiducia fino alla sua morte. Come referendario pontificio e cubiculario risiedeva lontano dalla sua diocesi, presso la Curia pontificia ed ebbe occasione di partecipare a decisioni importanti.
Il suo nome è ricordato per esempio tra quelle persone che assistettero all'approvazione, avvenuta nel concistoro pontificio, dell'accordo concluso con Perugia da Riccardo Caracciolo gran maestro dei giovanniti. Esercitò anche la funzione di iudex delegatus in una serie di controversie ecclesiastiche che si riferivano soprattutto, a diocesi della Germania meridionale. Numerose suppliche, conservate nel cod. 174 della Biblioteca di Stato di Eichstätt (Baviera), portano l'annotazione di "Barensis" oppure di "Iacobus" e testimoniano della sua attività di referendario. Per aumentarne le entrate Bonificio IX gli concesse il 18 ott. 1393 il priorato vacante dei canonici regolari di S. Andrea de Mannis nella diocesi di Torcello e il 10 marzo 1396 il monastero benedettino di S. Maria de Melita nella diocesi di Ragusa anch'esso vacante. Ancora poco prima della sua morte gli fu data in commenda, il 1º maggio 1400, l'abbazia benedettina di Monte Sacro nella diocesi di Siponto. Di altre manifestazioni di favore pontificio nei suoi confronti si ricordano il permesso di poter assolvere tutti quei diocesani che tornavano all'ubbidienza romana (13 sett. 1399), la riduzione dei membri del capitolo di Bari, tutti muniti di benefici, dai quarantadue originari a trenta e un decreto riguardante certi riti nel duomo e nella chiesa di S. Nicola a Bari. Queste due ultime concessioni e anche la "licentia testandi, ordinandi et disponendi libere de omnibus et singulia bonis, mobilibus et immobilibus" rilasciata dal pontefice portano la stessa data, il 9 genn. 1400.
Il C. dev'essere morto non molto tempo dopo: il 10 ag. 1400 infatti il papa concesse il monastero di S. Maria de Melita al suo scrittore e abbreviatore, il "magister" Tommaso Petra e il giorno seguente nominò Niccolò Pagano arcivescovo di Bari (cfr. Reg. Lat. 75. ff. 67r-68r, 84r-85r). L'abbazia di Monte Sacro solo il 23 nov. 1400 ricevette da Bonifacio IX un nuovo abate (ibid., ff. 73v-74r).
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Arm. XXIX/1, ff. 136v-137r; Oblig. et Sol. 52, f. 169v; Reg. Vat. 28, ff. 20r-21r; 42, ff. 85r-86r; 52, ff. 173r-174r; 67, ff. 277r-279v; 71, ff. 176rv; 75, ff. 57v-58v; 80, ff. 49r-50r; 313, f. 353r; 1318, ff. 140r-141v; Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, a cura di A. Theiner, III, Romae 1862, p. 56 n. 20; Monum. Vaticana res gestas Bohemicas illustrantia, V, Pragae 1903, pp. 453 ss. nn. 825 ss.; Chartularium Studii Bononiensis, IV, Bologna 1919, p. 189 n. CCXCV; G. N. Pasquali Alidosi, Li canonici della Chiesa di Bologna, Bologna 1616, p. 24; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, II, Venezia 1717, col. 640; VII, ibid. 1721, coll. 646 s.; A. M. Manzoni, Episcoporum Corneliensium sive Imolensium historia, Faventiae 1719, p. 254; G. Alberghetti, Compendio della storia... della città d'Imola, II, Imola 1810, pp. 137-139, 151; F. A. Zaccaria, Series episcoporum Forocorneliensium, II, Forocomelii 1820, pp. 150 s.; M. Garruba, Serie crit. de' sacri pastori baresi, I, Bari 1844, pp. 283-285; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, II, Venezia 1844, pp. 222, 239; XXI, ibid. 1870, p. 18; S. Gaddoni, Documenta ad historiam trium Ordinum S. Francisci in urbe Imolensi, in Arch. francisc. hist., V (1912), p. 557; B. Katterbach, Referendarii utriusque signaturae, Città del Vaticano 1931, p. XXX; Dict. d'Hist. et de Géogr. Eccl., VI, col. 800; C. Eubel, Hierarchia catholica medii aevi, I, Monasterii 1913, pp. 129, 284; P. Litta, Le fam. cel. ital., sub voce Carafa, tav. XV.