CARACCIOLO, Giacomo
Figlio di Troiano duca di Melfi e di Maria Caldora, nacque a Napoli nella prima metà del XV secolo. Alla morte del Padre, nel 1449, mentre il fratello Giovanni diveniva duca di Melfi, ricevette la contea di Avellino.
Morto Alfonso I d'Aragona (27 giugno 1458), il C. ancora giovanissimo si recò col fratello Giovanni ai primi di luglio a rendere omaggio a Ferrante, designato, benché illegittimo, dal padre a succedergli nel Regno. Durante la cerimonia dell'incoronazione avvenuta a Barletta il 4 febbr. 1459 ebbe l'incarico di portare l'elmo regio. Quando prese forza l'opposizione dei baroni contro Ferrante, capeggiata dall'autunno dello stesso anno dal pretendente angioino, il C. non vi aderì, ma dopo la sconfitta aragonese a Sarno del 7 luglio 1460, mentre Giovanni Caracciolo passava dalla parte del duca Giovanni, egli assunse un atteggiamento ambiguo cercando di non dichiararsi per nessuno dei due partiti. L'anno successivo, mentre le sorti del partito aragonese volgevano al meglio, il sovrano cercò di guadagnare alla sua causa il giovane barone; ma questi si sottrasse ancora una volta ad una chiara presa di posizione. Il re gli scrisse personalmente ed anche Alessandro Sforza interpose i suoi buoni uffici; ma il C. si decise a rendere note le condizioni per una sua adesione alla causa regia soltanto quando il sovrano puntò le bombarde contro il castelo di Gesualdo, ove egli si era rifugiato. Chiedeva una condotta di centocinquanta lance, ingrandimenti territoriali, la liberazione della sorella Caterina, contessa di Montesarchio, e del nipote prigionieri in Castelnuovo; inoltre egli avrebbe voluto Melfi, nel caso che fosse stata tolta al fratello. Il re accolse tutte le richieste, tranne l'ultima; ciononostante il C. cercò di prendere ancora tempo prima di sottomettersi. Ferrante allora ruppe gli indugi e, accordatosi direttamente con gli abitanti del luogo, iniziò il bombardamento del castello, provocando la fuga del conte, che si rifugiò a Guardia Lombardi (Avellino), dove erano accampati l'Angiò ed Ercole d'Este. Rimasto poco dopo senza il sostegno di questi ultimi, le cui truppe si erano disperse per mancanza di alloggi e di denari, il C. si trovò di nuovo solo ad affrontare l'esercito regio e non poté evitare che l'Aragonese conquistasse i suoi feudi.di Paternopoli e Taurasi. Soltanto allora - inizi dell'ottobre del 1461 - il C. aprì trattative con il re per il tramite dello zio Marino Caracciolo conte di Sant'Angelo. Raggiunto un accordo, l'11 dicembre il C. si presentò al sovrano, che lo accolse con benevolenza, lo perdonò e lo reintegrò nei suoi possedimenti.
Il C. si mantenne fedele a Ferrante per un certo periodo di tempo e nel 1465 accolse a Napoli Ippolita Sforza, figlia del duca di Milano, andata sposa ad Alfonso d'Aragona. Nel marzo del 1468 era ancora in possesso dei suoi feudi, ma, prima della metà dell'anno, non si sa in seguito a quali avvenimenti, fu dichiarato ribelle e subì la confisca dei beni. La contea di Avellino fu divisa fra Galcerano de Requesens, ammiraglio catalano, e Luise Gesualdo, conte di Conza, che ne acquistò una parte nel 1478. Da allora il C. visse ospite del fratello Giovanni, il quale non cessò mai di rivendicare per la famiglia il possesso della contea confiscata. Di lui si hanno poche altre notizie. Uscì dall'ombra nel 1485, durante la seconda rivolta dei baroni contro Ferrante, quando operò numerose scorrerie nelle terre dell'Avellinese. L'anno successivo il fratello chiese per lui al papa il cappello cardinalizio e nel novembre, allorché si sottomise ad Alfonso d'Aragona, inviò il C. a prestare omaggio al duca in suo nome, prima di raggiungere a sua volta il campo regio.
Il C. morì prima del 1495 a Ferrara, appena tornato in Italia dopo un breve soggiorno in Francia, senza figli legittimi.
Fonti e Bibl.: G. G. Pontano, Historiae Neapolitanae, in G. Gravier, Raccolta..., V, Napoli 1769, p.19; Regis Ferdinandi primi instructionum liber..., a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 300 s.; G. B. Carrafa, Dell'historie del Regno di Napoli, Napoli 1572, p. 114v; S. Ammirato, Delle fam. nobili napoletane, II, Firenze 1651, pp. 127 s.; G. A. Summonte, Dell'hist. della città e Regno di Napoli, III, Napoli 1675, pp. 277, 543; A. Di Costanzo, Historia del Regno di Napoli, Napoli 1710, p. 479; E. Nunziante, Iprimi anni di Ferdinando d'Aragona, in Arch. st. per le prov. napol., XVIII (1893), p. 460; XX (1895), pp. 229, 244, 499; XXI (1896), pp. 276, 524-28; G. Paladino, Per la storia della congiura dei baroni..., ibid., n. s., IX (1923), p. 268; F. Scandone, Storia di Avellino, II, 2, Napoli 1950, pp. 83 s.; G. Vitale, Le rivolte di Giovanni Caracciolo…, in Arch. stor. per le prov. napol., s. 3, V-VI (1968), pp. 10, 16-18, 20-27, 29, 35; F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. XLI, XLV bis 1.