CAIMO, Giacomo
Nacque a Udine, il 24 ag. 1609, da Marcantonio e Adriana Rinoldi. Compiuti i primi studi, si trasferi a Roma presso lo zio paterno Pompeo, il quale lo collocò in qualità di paggio presso il principe Peretti, fratello del cardinal Montalto di cui era medico; e, nel 1624, lo volle con sé a Padova, ove il C., che a Roma aveva studiato lingue e letterature classiche, filosofia e retorica, s'iscrisse a giurisprudenza e si laureò brillantemente in utroque l'8 giugno 1629.
Già s'era messo in luce col Panegirico… per Girolamo Lando… podestà di Padova nel fine del Reggimento, edito a Padova da Gasparo Crivellari nel 1627: nell'operetta figuravano le lodi pronunciate sul podestà dallo zio in un pranzo alla presenza di gentiluomini forestieri. In realtà, lo scritto era di Pompeo, che, come scriveva al fratello Eusebio il 17 ott. 1627, aveva preferito attribuirlo al nipote "per convenevol riguardo".
Con la lettura de regulis iuris, conferitagli il 18 marzo 1632, iniziò l'attività accademica del C. nell'ateneo patavino, facilitatagli dalle benemerenze dello zio che aveva lasciato alla Repubblica la sua biblioteca - e fu il C. ad eseguire la volontà del defunto - e dalle amicizie influenti godute da questo, che non mancò di utilizzare e, se era il caso, di sapientemente ravvivare, come quando dedicava due operette postume di Pompeo rispettivamente a Girolamo Venier e a Domenico Molin.
Successivamente ottenne la lettura in "secondo luogo" di istituzioni civili (2 marzo 1634), abbinata, per 20 mesi, a quella delle Pandette (7 apr. 1637); quindi, dopo la lettura di "ragion civile" in "secondo luogo della sera" (3 nov. 1643), raggiunse col conferimento del "primo luogo" di diritto civile del 3 marzo 1651, il vertice della carriera. E, in 46 anni di insegnamento, in cui fu, tra l'altro, limitatamente al 1635-63, promotore di 500 lauree (uscì a Padova nel 1663 l'elenco coi "nomina, et cognomina praestantissimorum virorum quibus in Patavino… Collegio iurisprudentiae insignia contulit Iacobus Caimus"), sostanziosi furono i miglioramenti della retribuzione: i 150 fiorini annui iniziali - somma che il C. trovava "molto tenue" -aumentarono via via a 300, 900, 1.200, sino a divenire 1.900 nel 1676.
Così il Senato premiava anche la fedeltà del suo servizio, i rifiuti opposti a tanti allettanti inviti: lo avevano richiesto infatti le università di Pavia nel 1640, di Bologna nel 1641, di Messina nel 1642 e 1643, di Pisa e Parma nel 1668, e, ancora di Pavia nel 1669; lo aveva invano ricercato come consigliere il duca di Baviera nel 1667; e suo consigliere stabile l'avrebbe voluto il card. Rinaldo d'Este, presso il quale comunque dimorò, col permesso dei riformatori allo Studio, per 5 mesi nel 1662 in veste di consulente legale. Si erano inoltre valsi di lui, nel 1642, i principi Gonzaga in una vertenza col viceré di Napoli per la fortezza di Sabbioneta, e nel 1644, la duchessa di Mantova per una sua causa. E soprattutto il Senato era ricorso alla sua competenza, pur preferendo egli, per non lasciare Padova, non divenire consultore in iure:al parere suo e di Alessandro Sinclitico si deve la riserva, del 17 febbr. 1643, al luogotenente del Friuli della giurisdizione "maggiore" del feudo di Codroipo, di contro alle pretese in contrario dei conti Cossi; e, sempre col Sinclitico, fu consultato, nel 1643-44, a proposito dei "capitoli della pace d'Italia" e dell'intricata questione di Castro. Vari altresì gli onori e lusinghieri i riconoscimenti attribuiti al C.: se, forse, la giovane età impedì, nel 1641-42, la nomina ad auditore di Rota per Venezia, caldeggiata da Udine e Padova, fu creato principe dell'Accademia padovana de' Ricovrati nel 1646 e, il 12 ottobre dello stesso anno, consultore del S. Offizio; il 18 giugno 1648 fu investito della contea di Tissano; preside del Collegio veneto al Bo e del Collegio greco a S. Agostino, fu anche protettore della nazione greca di cui sostenne con vigore le ragioni, specie nelle dispute tra studenti oltramarini e oltramontani.
Testimonianze a stampa del suo insegnamento padovano ci restano la Prolusio… in lauream… Georgii Patelarii nobilis cretensis (Patavii 1636), i programmi di alcuni suoi corsi impressi nel 1644 dal Pasquati e da Paolo Frambotti nel 1645 e 1646, e, soprattutto, le Lucubrationes variae, un volume in folio di oltre 500 pagine edito a Padova, nel 1654, dal Pasquati, in cui conduce, specie sulla scorta della legislazione e della giurisprudenza romana, un minuziosissimo esame di singole questioni di diritto patrimoniale ed ereditario: "de dotibus et dotium iure", "de divisione fructium inter maritum et uxorem", "de formula aquiliana circa nepotes posthumos haeredes instituendos quam proponit Scaevola", "de substitutionum natura, et effectu", "de legatorum, et fideicommissorum origine, progressu, exaequatione", "de fideicommissis ex prohibitione de non alienando", "de iure accrescendi". Il tomo, che figura come primo nel frontespizio, si chiude con "hic sit finis huius tractatus, et primi voluminis"; quanto al secondo, o non uscì, o tali sono da intendersi quelle, peraltro introvabili, in alteram infortiati partem lucubrationes, di cui parla il Liruti.
Meno tecnica, più legata all'attualità, la De iure belli dissertatio, apparsa a Padova nel 1678, colloca il C.tra i cultori di diritto delle genti; manca un qualsiasi anticipo sulle idee correnti, anzi il trattatello costituisce una chiara ordinata esposizione delle più tradizionali tra queste.
Rigidamente ancorato a dottrine di derivazione tomistica, il C. ritiene legittima la guerra se decretata da principe supremo per "giusta causa", vale a dire la lotta "contra infideles et a vera religione devios" e, in genere, la "recta intentio" di promuovere il bene ed evitare il male. Si dilunga quindi sulla dichiarazione, doverosa per una regolare apertura delle ostilità, sul modo di combattere, "virtute" e "insidiose", col valore e con stratagemmi tattici.
La mancata menzione del Grozio - mentre Alberico, Gentili è più volte citato - è con tutta probabilità da attribuire a scrupoli di natura religiosa nei confronti di un autore posto all'Indice;non per niente lo scritto compariva col dichiarato proposito di sottoporre "omnia censurae Sacrosanctae Romanae Ecclesiae, a cuius placitis vel latum unguem recedere in animo non est".
Gli interessi del C. non si limitavano al solo diritto, ma si volgevano, sia pure superficialmente, anche ad altri campi: episodico verseggiatore latino, fu curioso di antichità e anche di scienza, come attesta il fatto che, a Mantova nel novembre del 1641, illustrò, non senza pretese di competenza, "quaedam instrumenta", tra cui un cannocchiale costruito da Galileo.
Il C. morì a Padova il 24 febbraio del 1679.
Fonti e Bibl.: Molte notizie sul C. offrono le varie buste dell'Archivio Caimo, acquistato nel 1899 dalla Biblioteca comunale V. Ioppi di Udine, ove ha la segnatura ms. 2407, e attualmente depositato presso l'Archivio di Stato di Udine, di cui si segnala in particolare la busta 90 contenente duecento lettere del C. "comprese minute di lettere a personaggi ragguardevoli e sue memorie di Padova 1627-678"; Venezia, CivicoMuseo Correr, Cod. Cicogna 2530/43, 2860, cc. 170r-175v, 3060/1 con, rispettivamente, una lettera di supplica del C. del 15 luglio 1635, una scrittura anonima "circa la contesa fra li signori dottori Caimo et Galvan ferrarese primarii di raggion civile e Mancini et abbate Marchiani canonisti primarii"; copia del discorso pronunciato dal C. in occasione della laurea in utroque di Giovanni Delfino; Padova, Arch. antico dell'univers., Acta nationis Germanicae iuristarum 1650-1709, pp. 9, 238, 311, 450; un tetrastico latino del C. in Applausi dell'Accademia de' Ricovrati alle glorie… di Venezia, in congiuntura che si partiva… di Padova… Girolamo Basadonna suo podestà, Padova 1679, p. 64; G. Galilei, Opere (ediz. naz.), XVIII, p. 370; XX, pp. 407-408; Acta nationis Germanicae artistarum (1616-1636), a cura di L. Rossetti, Padova 1967, p. 295; G. C. Capodagli, Udine illustrata, Udine 1665, pp. 199-200; N. C. Papadopoli, Historia gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, p. 139; G. Facciolati, Fasti gymnasii Patavini, II, Patavii 1757, pp. 137, 142, 158, 182, 185; B. Asquini, Cent'ottanta e più comuni illustri del Friuli, Venezia 1735, p. 106; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, p. 176; III, ibid. 1830, p. 126; G. G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, IV, Venezia 1830, pp. 206-11; F. Di Manzano, Cenni biogr. dei letterati ed artisti friulani, Udine 1885, p. 46; G. D. Ciconi, Udine e la sua provincia, Udine 1862, p. 328; S. Gemma, Il "Deiure belli" di G. C., in Memorie storiche forogiuliesi, XIX(1923), pp. 211-214; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, II, p.4; XLVI, p. 149; XLIX, pp. 77, 84; LXXVIII, pp. 126, 143.