BOSELLI (Boselly), Giacomo (Jacques)
Nacque a Savona il 5 dic. 1744 da una Paola e da Giuseppe proprietario di fornace, discendente da antica e nobile famiglia bergamasca. Dal padre egli apprese certamente i più sottili segreti della lavorazione ceramica. Il 17 nov. 1768, dopo un obbligatorio tirocinio di sei anni (detto "incarnatione"), fu ammesso al maestrato dell'"Arte sottile dei Pignatari" (Morazzoni, 1951, pp. 34 s.).
Cadono pertanto vecchie e più recenti ipotesi (Curtil-Boyer) che vogliono il B. un francese trasferito in Italia. Tutto il contrario, invece: il savonese B. deve, infatti, essersi spesso recato a Marsiglia a perfezionarsi nella tecnica della famosa ceramica di quella città. D'altronde sappiamo che artisti francesi lavoravano da tempo nella fornace savonese del padre (Maggi) e da loro il giovane B. poté apprendere il gusto e la tecnica d'Oltralpe. Resta per noi il fatto che tutti i pezzi francesizzanti o francesizzati del B. furono eseguiti a Savona a cominciare dal 1768 o poco più avanti. Essi recano pure la firma francesizzata in "Jacques Boselly" (spesso, ma dopo il 1798, unita a quella di "Joseph Reibaud" o "Raibaud", e cioè del socio savonese Giuseppe Robatto). Due sono le ipotesi più plausibili per spiegare tale comportamento dei due Savonesi. Innanzi tutto per non pagare il dazio di esportazione e per meglio smerciare i prodotti in Francia; d'altro canto la fama che in Italia godevano le ceramiche francesi deve aver spinto i due artisti a trasformare i loro nomi per sempre più divulgare la loro produzione anche da noi, per un pubblico che aveva meno esigenze, imitando quella più celebre marsigliese di una "Vedova Perrin" o di un Gaspard Robert.
Il B. fu quindi certamente un commerciante piuttosto abile e astuto che non si peritò di trasformare il suo nome, e addirittura di sfruttare ceramiche di altre fabbriche straniere come attestano numerosi pezzi recanti il marchio della ben nota fabbrica inglese di Wedgwood e decorati dal B. a soprasmalto a terzo fuoco. Ma il Savonese fu anche un vero artista. Gli stili più disparati allora in voga si rinnovano continuamente nelle fornaci boselliane.
La più celebre maiolica azzurra dei Guidobono stava ormai scomparendo sotto la spinta di un gusto settecentesco più frivolo e leggero. Il B. afferrò immediatamente l'occasione con una ricerca del sempre più nuovo, del fantasioso, della nota frizzante e capricciosa; ed ebbe anche il merito di introdurre con originale interpretazione il gusto della maiolica di Strasburgo e Marsiglia che si basa specialmente su un tipo di decorazione floreale (rose, tulipani, miosotis) divulgato in Italia. Ma un diverso tipo, ispirato dalla manifattura savonese dei Levantino, è prettamente ligure: quelle figurette rapidamente schizzate sui fondi di piatti o sulle anse dei vasi e delle zuppiere ricordano certo il Callot, ma anche il Travi e il Magnasco; e quei paesaggetti rustici, ora in verde, ora in rosso porpora, son tutti liguri, studiati spesso dal vero sulle balze dell'entroterra savonese fra mare e monte. Tale decorazione è forse la più raffinata fra quante ne sortirono dalle officine del B. e assai spesso eseguita proprio sui più begli esemplari di maiolica Wedgwood.
La vasta produzione indusse il B. ad accogliere nelle sue officine una schiera numerosa di artisti pittori e scultori. Fra i primi troviamo Angelo Stefano Brusco, pittore di frutta, fiori, animali e paesaggi, fratello del più noto "Bruschetto" che, come afferma l'Alizeri, non disdegnò ugualmente di decorare ceramiche presso, il Boselli. Altro assiduo pittore decoratore fu G. T. Torteroli detto il "Sordo" che predilesse dipingere fiori, paesi ma anche "bambocciate o lepidezze sul fare del maestro Giovanni Agostino Ratti" (Alizeri). Da ricordare ancora Gerolamo Besio, G. B. Croce, i fratelli Mantero, Santo Tagliafico, Antonio Cappellano e lo stesso G. A. Ratti, indirettamente, con i numerosissimi disegni. Per le imitazioni di ceramica forestiera, il B. si servì pure di maestri francesi e tedeschi fatti venire appositamente a Savona. Il Maggi accenna anche a una ricca raccolta di disegni del Sei e Settecento acquistata dal B. per le sue maestranze. E fra i più assidui artisti è da annoverare la bellissima moglie Chiara, assai abile nel decorare la ceramica boselliana con fiori e paesaggi. Per quanto riguarda gli scultori plasticatori, il maestro si servì dei più noti lavoranti a Genova quali L. Fontana, F. Martinengo detto il "Pastelica", A. Casaregis, F. Ravaschio e S. Traverso. La loro opera si indirizzò principalmente verso la creazione di gruppi in maiolica e in porcellana che tuttavia, in Savona, si riduce a una specie di pâte tendre. Tali gruppi, dal gusto prettamente classicheggiante, erano detti "trionfi" e venivano posti dai Genovesi al centro tavola durante i festeggiamenti per l'elezione del doge. I soggetti, naturalmente, erano assai spesso ispirati alla mitologia o a fatti illustri di guerre vittoriose. Una iniziale concorrenza per tali manifatture fra il B. e il Robatto sfociò in un accordo o meglio in una stretta collaborazione fra i due artisti che si unirono quindi in società firmando insieme, e quasi sempre alla francese, i pezzi creati.
Per circa quarant'anni il B. tenne accese le sue fornaci non tralasciando di seguire, o meglio interpretare, ogni evoluzione stilistica verificatasi in Europa nel campo ceramico per tutta la metà del Settecento e oltre. L'artista variava anche la tecnica, spesso passando dalla terraglia alla vera maiolica, dall'ingobbio al biscotto di porcellana.
Il gruppo maggiore delle ceramiche boselliane, il più conosciuto, è formato da maiolica con decorazione a terzo fuoco (piccolo fuoco). La produzione va dai semplici vasi al tornio a quelli stampati con rilievi, dalle zuppiere alle grandi alzate fino alle deliziose statuine.
La moda cinese, che sin dal Seicento si era andata divulgando in Europa, fu largamente imitata nel seguente secolo. Sul finir di questo e ai primi dell'Ottocento, il B. e il Robatto si cimentarono cercando appunto di imitare la porcellana bianca cinese, specie per i "trionfi"; ma già anni prima il solo B. aveva cercato una decorazione in maiolica sul gusto cinese. Tuttavia, le pagode, gli omini dai lunghi baffi, col codino e con costumi che solo apparentemente imitano la moda cinese, campeggiano in fragili paesaggi che nulla o quasi hanno dell'esotico ma che invece, sia nei colori sia nel disegno, affondano le radici nella più pura tradizione savonese. Piacevolissime bambocciate, dunque, per lo scherzoso atteggiamento dei personaggi da opera buffa veneziana. Solo con le singole statuette, quasi sempre firmate "Jacques Boselly", si giungerà ad una più intima interpretazione del soggetto: damine incipriate, gruppi di giovani contadini vestiti a festa o nei loro rozzi costumi campagnoli: piacevoli soprammobili che oggi apprezziamo proprio per questa loro spigliata spontaneità di esecuzione, ma che ai contemporanei dovevano sembrar tanto popolareschi in confronto ai decantati quanto freddi e roboanti gruppi di "trionfi".
E classicheggiante, del 1786, è il noto tempietto ionico esastilo, alto oltre quattro metri, che il B. innalzò nella sua casa savonese di via Torino e oggi nei giardini pubblici della città, purtroppo assai deteriorato.
Trattasi di una leggiadra costruzione esagonale in muratura, tutta rivestita di lastre di maiolica policroma. Sulla fronte, in alto, sono posti due medaglioni con le personificazioni di Genova e dell'Arte. Su due angoli laterali vi erano un tempo i busti dei genitori del B., oggi meglio conservati nella Civica Pinacoteca di Savona. Il tempietto si prolunga poi con un terrazzo rettangolare pure in ceramica, a cinque coppie di pilastri alti circa tre metri e recanti medaglioni a imitazione di cammei e collegati fra loro con festoncini.
Il 6 nov. 1808 il B. morì improvvisamente nella sua villa di Legino (Savona), ed è sepolto in quella chiesa parrocchiale di S. Ambrogio. La morte è registrata nel Liber defunctorum di questa chiesa e della chiesa di S. Giovanni di Savona.
II B. può essere considerato il più noto degli antichi ceramisti liguri, l'ultimo di quella scuola savonese che aveva visto il suo più grande sviluppo poco dopo il 1650 con la ceramica azzurra dei Guidobono e con la fresca fantasia multicolore dei Chiodo, dei Folco, dei Levantino e di tante altre famiglie di ceramisti che avevano aperto i loro forni a Savona e ad Albissola fra Sei e Settecento.
Fonti eBibl.: F. Alizeri, Notizie dei Professori del Disegno in Liguria. Dalla fondaz. dell'Accademia, I, Genova 1864, pp. 117 s., 254; II, ibid. 1865, ad Indicem;Genova, Bibl. Civica Berio, Maggi, Manoscritto sulla maiolica ligure (seconda metà sec. XIX); J. Boselli, Filiation de la famille Boselli, Paris 1897, p. 29; F. Noberasco, Le corporazioni artigiane savonesi, in Atti della Soc. savonese di st. patria, V (1922), pp. 3-77; M. Labò, La ceramica di Savona, in Dedalo, IV (1923-1924), pp. 446-450; F. Noberasco, La ceramica savonese, in Atti della Società savonese di storia patria, VII (1925), p. 237; C. Migliardi-F. Noberasco-I. Scovazzi, Statuti corporativi savonesi, Savona 1931, pp. 127-44; M. Signorile, L'arte della ceramica a Savona e ad Albissola, Savona 1936, p. 15; O. Grosso-G. Morazzoni, Mostra dell'antica maiolica ligure dal sec. XIV al XVIII (catal.), Genova 1939, pp. 36 s., ill. XCIII-CVIII; Mostra delle antiche maioliche ital., (Albissola Marina; catal.), Savona 1947, pp. 50 ss.; G. Morazzoni, La maiolica antica ligure, Milano 1951, pp. 34-36; tavv. 123-144; C. Curtil-Boyer, Jacques Boselly faïencier marseillais, in Faenza, XXXIX (1953), pp. 156 s. (con la bibliografia francese); A. Lane, Figures and other work by G. B. of Savona, in Schweizer Freunde der Keramik, Mitteilungsblatt 32, 1955, pp. 16 s.; Id., G. B...., in The Connoisseur, CXXXVI(1955), pp. 161-164; C. Barile, G. B. ceramista savonese, Savona 1961; A. Lane, La porcellana ital., Firenze 1963, p. 60; S. Levy, Maioliche settecentesche, I, Milano 1964, pp. 25 s., tavv. 158-165, 167 s., XXVI-XXIX; P. Torriti, G. B…, Genova 1965.