BIANCHETTI, Giacomo
Figlio di Matteo, nacque a Bologna intorno al 1335.
Secondo il Dolfi, seguito dal Fantuzzi, sua madre fu Isotta Malatesta di Rimini, sposata da Matteo nel 1347; i due sarebbero stati uccisi dalla peste nell'anno successivo: tale ipotesi è stata contestata, però, con ragioni buone e convincenti dal Sorbelli. La famiglia Bianchetti ebbe d'altronde parecchi rami con nomi ricorrenti negli stessi tempi, sì che si trovano contemporanei del B. un Giacomo di Ghilino e un Giacomo di Niccolò appartenenti ai Bianchetti. La madre del B. sarebbe stata invece Lucia di Giacomo di Vittorio Sangiorgi, che si unì in matrimonio con Matteo nel 1331 e che risulta avergli portato in dote la somma, considerevole per quell'epoca, di lire 610. Del resto questo Matteo è detto figlio di Giacomo, nome tradizionale della famiglia, e ciò confermerebbe trattarsi del padre del Bianchetti.
Non appare accettabile l'ipotesi del Dolfi che vorrebbe il B. partecipe in età giovanile ad una guerra contro i Musulmani in Spagna sotto Arrigo III di Castiglia.
Già diciottenne, il B. nel 1353 si applicò allo studio notarile e fu immatricolato nel 1355. Lo troviamo ancora ricordato nel 1356 per uno strumento che a lui si riferisce, nel 1358 per la permuta di una casa e nel 1366 allorché sposò Caterina di Giovanni Orsini, romana. Fu degli Anziani nel 1387 (novembre e dicembre) e nel 1396 (gennaio e febbraio), fu gonfaloniere del popolo per l'ultimo trimestre del 1380, gonfaloniere di giustizia nel 1384 (marzo e aprile), riformatore dello Studio nel 1389, confermato per l'anno seguente insieme con Giacomo Griffoni, Giuseppe Cedropiani e Simone Bonsignori. Risulta far parte del Consiglio dei Cinquecento nel 1376; del Consiglio dei Quattrocento nel 1380, nel 1382, nel 1384 e nuovamente nel 1386; del Consiglio dei Seicento nel 1387: in quest'ultimo ufficio egli propugnò con altri la modifica del numero dei componenti.
Il B. fu nominato nel 1380 correttore della Società dei notai; non avendo accettato, fu sostituito per il terzo trimestre da Lando di Burone; la stessa carica fu invece da lui accettata per il secondo trimestre del 1397. Il suo più importante incarico fu comunque quello di "sovrastante" o "superstite", cioè di sovrintendente della Camera degli atti o Archivio pubblico di Bologna. Principale testimonianza ne è una lettera del cardinale diacono di S. Eustachio, Baldassarre Cossa, legato pontificio e vicario generale del papa in Bologna, scritta il 6 ott. 1403, che conferma in quel suo ufficio il B., tessendone ampi elogi.
Nel decreto del Cossa si dice che il B. era addetto alla Camera degli atti da più di quarant'anni, ma da principio come notaio e solo da venti anni e più come sovrastante, cioè circa dal 1380; "superstis ad cameram actorum comunis Bononie" risulta anche il B. in un documento del 1382relativo ad un compenso versato al B. per un'ambasceria (Sorbelli,Croniche, p. 334). Nel 1380sarebbe anche stato compiuto il restauro, con volte di pietra dello stesso edificio della Camera degli atti: il B., appena designato all'ufficio, dovette probabilmente insistere presso il governo, perché l'archivio fosse messo in condizioni di maggiore sicurezza. Errano pertanto, nel dirlo sovrastante per quaranta e più anni sia il Ghirardacci, sia dopo di lui altri, tra cui il Fantuzzi, tratti evidentemente in inganno dalle parole della cronaca cosiddetta Rampona (in Corpus Chronicorum Bononiensium, 2ed., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, III, in Rer. Ital. Script.), in cui si dice che il B. era stato alla Camera degli atti più di quarant'anni (cfr. anche Sorbelli,Un direttore..., p. 544). "Superstes" dell'archivio dunque, ma anche "chronista" come si esprime il registro dei mandati dell'anno 1395, e "repertor iurium ... existentium" nella Camera degli atti.
Pur se, secondo il Sorbelli, il termine "chronista" può alludere a un lavoro di ordinamento, interpretazione e glossa di documenti, che costituivano fondamento dei diritti del Comune catalogati in un numero di serie conveniente allo scopo, e quello di "repertor" riferirsi all'attività di recensore di documenti importanti per stabilire i diritti dell'amministrazione, si può sospettare che il "chronista" indichi anche l'attività più propriamente storiografica del Bianchetti.
Un'intricata problematica nasce dall'interpretazione di un passo della Rampona, inserito nella cosiddetta "cronaca A" tra la fine del 1394 e il principio del 1395: "Infrascripte sono antichità de Bologna, che ò reducte io frà Bartolomeo della Pugliola, de l'ordine de' frà Menuri tracte delle scripture de ser Iacomo de' Bianchitti, che fu veridicho et notevole cittadino, et ancho d'altri notevoli homini, a complacentia de Ridolfo fiolo de Filippo Ramponi honorevole cittadino di Bologna". Per l'Orlandelli, Bartolomeo della Pugliola, nella cronaca bolognese da lui composta, la cosiddetta Pugliola, di cui esistono due esemplari nella Biblioteca Universitaria di Bologna, viene ad essere un riduttore e, forse, un volgarizzatore di quella parte della cronaca Rampona che dipenderebbe da una terza cronaca probabilmente latina, non trovata, scritta presumibilmente dal Bianchetti. A tale riduzione il frate avrebbe aggiunto, forse fino alla morte, notizie proprie o desunte da cronisti coevi. Da questo rifacimento dipenderebbero i codici della Rampona della Biblioteca Universitaria di Bologna, Estense di Modena e Riccardiana di Firenze. Ma si tratta di ipotesi, che non possono sostanzialmente dirci nulla della cronaca, se vi fu, del Bianchetti.
Il B. fu forse il compilatore dei tre volumi intitolati Iura confinium Comunis Bononiae, ma senza dubbio è suo un codice cartaceo miscellaneo intitolato Provvisioni,diritti ed altro appartenenti al governo di Bologna, titolo che sembra essere stato apposto successivamente, di scrittura autografa.
Il primo quaderno reca in fine queste parole che indicano l'autore della collezione e il contenuto: "Iacobi de Blanchitis. Arbitria et immunitates collegiorum". Il terzo grosso quaderno contiene note, transunti, elenchi di materiale archivistico, tutto di mano del B. il cui nome figura in testa al fascicolo stesso. Tra le cose contenute nel fascicolo alcune indicano meglio, secondo il Sorbelli, la natura del lavoro compiuto, come: Abecedarium registri magni et registri parvi,Abecedarium testamentorum publicatorum,Abecedarium terrarum comitatus per quarteria,Abecedarium provisionum factarum tempore Populi Bononiensis anni 1376 (ribellione del Comune di Bologna alla Chiesa) e così via.
Intensissima l'attività del B. come ambasciatore, impegnato, in lunga serie di anni dal 1375 al 1399, in questioni alcune di carattere locale, altre di grande momento. La prima ambasceria di cui si ha notizia è del principio del 1375; ad essa si riconnettono tutte le altre del 1376 relative a Giovanni Acuto, le cui truppe, al soldo della Chiesa, avevano recato notevoli danni nel territorio di Firenze, sicché i Fiorentini si erano rivalsi saccheggiando il Bolognese. Il B., insieme con Andrea Bovi e con Mattiolo Beccadelli, si incontrò a Pietramala con gli ambasciatori fiorentini nel tentativo di cercare una soluzione che non fu raggiunta almeno per le truppe dell'Acuto: il capitano delle milizie fiorentine fu però punito. Il 21 nov. 1376 il B., nominato nunzio e procuratore del Comune di Bologna, fu inviato da Gregorio XI ad Avignone per presentargli un appello in difesa dalle accuse mosse dal legato pontificio Guglielmo Noellet, cardinale di S. Angelo.
La tensione dei rapporti tra i Bolognesi e il legato avveniva in un momento critico della politica del papato per il recupero del controllo dei territori dello Stato della Chiesa, recupero complicato dalla contemporanea guerra degli Otto Santi e dai fermenti di ribellione sollecitati dai Fiorentini contro Gregorio XI. Un primo e più evidente motivo di malcontento dei Bolognesi era stato suscitato dal fatto che il legato, per soddisfare in qualche modo le truppe dell'Acuto, gli aveva ceduto il controllo di città e castelli in Emilia (Bagnocavallo e Castrocaro), con conseguenti devastazioni di quei territori. In Bologna, nella convinzione disperata che il saldo da parte di Avignone dei debiti continuamente contratti dal legato mai si sarebbe effettuato e nella certezza che anche la città stessa sarebbe stata in qualche modo saccheggiata dalle soldatesche dell'Acuto, si determinò un fronte unitario tra nobili (Maltraversi) e popolazione, che nel marzo del 1376 provocò l'attacco alla stessa persona del cardinale e la sua fuga a Ferrara. Di qui le rimostranze e le accuse al papa da parte del Noellet, mentre le truppe bretoni di Roberto di Ginevra irrompevano in Emilia. Forse, però, dietro i motivi contingenti, si nascondeva da parte del legato la preoccupazione di prevenire un ulteriore avvicinamento tra Bologna e Firenze: eventualità che doveva essere tanto più probabile, se si pensa che proprio nei giorni precedenti l'appello al pontefice il B. si era recato in Toscana e a Firenze (10 e 15 novembre), per motivi che non sono stati chiariti dal Sorbelli, che ha pur visto i documenti d'archivio relativi alle missioni, ma che potrebbero facilmente essere intesi come riferentisi alla necessità di avere contatti con la ribelle città toscana prima di compiere un passo presso il pontefice.
Nel settembre 1377 il B. fu ancora ambasciatore a Roma e il 12 marzo 1388 fu incaricato di trattare la costituzione di una lega con i Veneziani, i Fiorentini e altri. Il 27 febbr. 1383 egli e Niccolò di Guido da Zappolino rappresentavano Bologna per la rogazione di un compromesso che definisse i confini tra Bologna e Pistoia nella regione di Pavona. Inoltre nel 1392 fu sindaco e rappresentante di Bologna in occasione di una solenne ambasceria al papa Bonifacio IX volta a ottenere determinate concessioni del papa dichiarandogli ubbidienza, con l'ordine di far "adempiere appieno tutto quello che fosse necessario fare" (Ghirardacci, II p. 462).
Al principio del 1395, in considerazione delle guerre e dei disordini scoppiati nell'Italia settentrionale, il Comune sentì la necessità di costruire nuove fortezze a presidio del contado e incaricò il B., insieme con Giacomo Saliceti e con Giovanni Oretti, di scegliere i luoghi per l'erezione delle fortificazioni e di sovrintendere alla loro costruzione. Nel 1397 il B. si occupò dei lavori di costruzione di un fabbricato ai Bagni della Porretta, ed il 6 genn. 1398 acquistò la torre del paese di Montorio e case e terreni adiacenti in qualità di procuratore del Comune di Bologna.
Morì il 15 ott. 1405.
Aveva sposato in seconde nozze Gianna di Giovanni Tomasini. La figlia Lucia, il 4 ott. 1402, sposava Matteo Griffoni in seconde nozze.
Fonti e Bibl.: M. de Griffonibus,Memoriale historicum, in Rer. Italic. Script., 2ediz., XVIII, 2, a cura di L. Frati-A. Sorbelli,ad Indicem; O. Montalbani (G. A. Bumaldi),Bibliotheca Bononiensis, Bononiae 1641, p. 99; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 290, 348, 411, 413, 420, 428, 461, 462, 474, 476, 478, 488, 565; P. S. Dolfi,Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 142-143; P. A. Orlandi,Notiziario degli scrittori bolognesi e dell'opere stampate e manoscritte. Bologna 1714, p. 130; G. Fantuzzi,Notiziario degli scrittori bolognesi, VII, Bologna 1789, pp. 140-141, 148; A. Sorbelli,Le croniche bolognesi del sec. XIV, Bologna 1900, pp. 84, 92-94, 132, 204-206, 291-292, 301; L. Sighinolfi,Notizie su G. B. cronista bolognese, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 4, XI (1921), pp. 182-184; A. Sorbelli,Un direttore d'archivio del sec. XIV: G. B., in Misc. di studi stor. in on. di G. Sforza, Torino 1923, pp. 533-558; G. Orlandelli, in Diz. Biogr. degli Italiani, VI, Roma 1964, pp. 760 s., s.v.Bartolomeo della Pugliola.