AVOGADRO, Giacomo (Alberico)
Nacque a Bergamo da nobile famiglia intorno alla metà del sec. XIV, ricevendo il nome di Alberico in memoria del celebre Alberico da Rosate, suo avo materno.
Dal 1386 al 1396 insegnò diritto nella università di Padova, città in cui contrasse due matrimoni d'interesse con donne di altissima condizione, morte entrambe nel giro di pochi anni. Il nome di una di esse, che probabilmente fu la prima, ci è fornito dal Gloria che lo ricava da un documento del 4 marzo 1390, in cui compare, quale moglie di A., una certa Giovanna Brazolo; altri studiosi, invece, ignorando il nome di questa, hanno ritenuto che A. sposasse prima una certa Alba Chechilea e poi Alba Trapolina: è molto probabile che questi due nomi si riferiscano ad una sola persona, la seconda moglie di Avogadro. Rimasto vedovo ancora una volta, egli andò sempre più accostandosi alle pratiche di pietà e di religione finché, nel 1396, convinto da Bartolomeo Colonna, celebre predicatore, abbandonò la vita secolare ed entrò a far parte, col nome di Giacomo, dell'Ordine dei domenicani come frate laico (la condizione di uomo sposato gli impediva di prendere gli ordini sacri). Qualche tempo dopo fu destinato al convento dei SS. Giovanni e Paolo di Venezia, ove subì persecuzioni per aver osato criticare, benché laico, la rilassatezza di alcuni suoi confratelli rispetto all'osservanza della Regola. In seguito all'increscioso avvenimento, con il consenso del padre generale Tommaso da Fermo, poté lasciare l'Ordine: fatto questo che avvenne certamente dopo il 21 maggio 1401, data di elezione di p. Tommaso. L'11 giugno 1403 vestì, per mano del priore Bartolomeo Colonna, l'abito dei canonici regolari della Congregazione lucchese di Fregionaia, da poco riformata; nonostante l'impedimento della sua condizione di uomo sposato, poté essere ordinato diacono, per dispensa di Bonifacio IX. Al seguito del Colonna svolse la sua attività di predicatore in varie parti d'Italia.
Quanto mai controversa è la data della sua morte; alcuni studiosi la pongono al 1418, mentre altri sostengono che A. non poté morire prima del 1424 in quanto nei suoi scritti è menzionato il concilio di Basilea: affermazione questa evidentemente erronea poiché detto concilio non si tenne nel 1424, ma nel 1431. È da supporre quindi o che A. sia vissuto fino a questo anno o che abbia fatto menzione del concilio di Siena (12 febbr. 1424). Altri, e sono i più, affermano che A. morì prima del Colonna (1430).
Delle poche opere di A. non si conoscono edizioni e non si sa nemmeno se e dove siano conservati i manoscritti; ne diamo perciò i titoli così come sono tramandati dai suoi biografi: De legibus caesareae maiestatis iuxta earum vim ubique observandam; Tractatus rerum theologicarum complectens omnia quae dicta sunt a doctoribus pro usu theologiae in praxi.A.scrisse inoltre cinque Hymni devotissimi de D. P. Augustino.
Bibl.: C. Rosini, Lyceum Lateranense illustrium scriptorum..., I,Cesenae 1649, pp. 425-428; D. Calvi, Scena letteraria degli scrittori bergamaschi,I, Bergamo 1664, pp. 190 s.; G. M. König, Bibliotheca vetus et nova, Altdorfi 1678, p. 10; L. Cozzando, Libraria bresciana, I,Brescia 1694, pp. 99 s.; N. C. Papadopoli, Historia gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, pp. 211 s.; Magna bibliotheca ecclesiastica..., I,Coloniae 1734, pp. 120 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia..., I, 2, Brescia 1753, pp. 1268-1270; A. Gloria, Monumenti della Università di Padova, I, Padova, 1888, pp. 73 n. 186, 193 n. 421, 237 n. 1752; Dictionnaire d'Hist. et de Géogr. Ecclés., V, col. 1212.