LAVAGGI, Giacomo Antonio
Ancora oscure rimangono le origini di questo scultore, nato con ogni probabilità a Roma tra il 1666 e il 1668 (Guerrieri Borsoi). Nel 1683 il L. vinse il terzo premio per la prima classe di scultura all'Accademia di S. Luca (Cipriani - Valeriani). Nel 1689 divenne membro della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Thieme - Becker), partecipando in seguito alle adunanze del 1700 e del 1705 (Bonaccorso - Manfredi). Pur avendo acquisito una buona tecnica anche nella scultura in marmo, si specializzò nella lavorazione dello stucco, prendendo parte ad alcuni cicli decorativi nelle più importanti chiese di Roma. La sua amicizia con lo scultore C. Rusconi lascerebbe presupporre un periodo di formazione nell'ambito dell'affollata bottega di E. Ferrata, di cui anche Rusconi fu allievo.
Nel 1686 il L. compare per la prima volta sulla scena artistica romana impegnato a realizzare in stucco la statua della Speranza per la cappella a sinistra dell'altare maggiore della chiesa di S. Ignazio (Titi).
L'opera faceva parte di un più ampio complesso decorativo concepito da A. Raggi (Enggass, Rusconi…, 1974) e comprendente le Virtù cardinali e teologali. Le otto figure furono affidate a C. Rusconi, ma i padri gesuiti decisero in seguito di ripartire più equamente la commessa: le quattro Virtù cardinali, nelle nicchie della cappella Ludovisi, al lato destro dell'altare, furono eseguite da Rusconi che ottenne in totale 60 scudi; quelle della cappella opposta vennero suddivise tra F. Nuvolone (Carità), S. Giorgini (Fede), F. Rainaldi (Religione) e il L., ai quali si corrisposero 15 scudi ciascuno. Insoddisfatti dell'onorario, dopo aver ricevuto il saldo, Giorgini e il L. intentarono causa contro i gesuiti. La vertenza si protrasse per oltre dieci anni concludendosi soltanto l'11 dic. 1699 con un verdetto favorevole ai padri (Montalto; Enggass, Rusconi…, 1974). Il modello preparatorio in terracotta del L., proveniente dalla collezione Farsetti, è conservato all'Ermitage di San Pietroburgo (Androsov).
Sul finire degli anni Ottanta la crescente affermazione dell'artista è testimoniata dalle importanti imprese che lo videro protagonista. Proprio nel 1689 il L. prese parte alla decorazione dell'altare dedicato al beato Amedeo di Savoia nella chiesa del Ss. Sudario di Roma (Marchionne Gunter, Documenti…), mentre tra il settembre del 1689 e l'agosto dell'anno successivo affiancò M. Maille nell'esecuzione del monumento al Connestabile Lorenzo Onofrio Colonna nella collegiata di S. Andrea a Paliano (Catalogo della Galleria…). Il rapporto di fiducia con la famiglia Colonna si rinsaldò nuovamente dieci anni più tardi quando il L. fu chiamato in qualità di restauratore a effettuare alcuni interventi di consolidamento delle statue antiche raffiguranti Clelia, Esculapio, e un Console (ibid.).
L'ultimo decennio del Seicento fu denso di commissioni per il L. a cominciare dal 1690 quando, in collaborazione con G. Calandrucci, L. Ottoni, P. Papaleo e G. Napolini, partecipò alla realizzazione degli apparati effimeri per la canonizzazione del beato Giovanni da Capestrano (Marchionne Gunter). Nel 1695 gli venne affidata l'esecuzione della statua marmorea di S. Elia per la balaustra presbiteriale di S. Maria in Transpontina.
L'apparato decorativo dell'altare maggiore della chiesa, disegnato da C. Fontana nel 1674, fu realizzato interamente in stucco da L. Retti (Titi); le quattro statue di santi per la balaustra, già previste nel progetto originario, furono sostituite nel 1695 con le attuali figure scolpite da M. Maille (S. Alberto), A. Rondone (S. Angelo), V. Felici (S. Eliseo) e dal Lavaggi. Le attribuzioni sono confermate da un memoriale della chiesa in cui sono specificate le cifre corrisposte agli artisti (165 scudi ciascuno) e alcuni importanti dati biografici. Nel caso del L., si legge che quella del "Santo Padre Elia fu scolpita, e lavorata da Giacomo Antonio Lavaggi, che abitava dietro del foro di Santa Maria in Via" (Arch. di Stato di Roma, Carmelitani calzati, S. Maria in Transpontina, 9, c. 431, segnalato in Catena), attestazione, quest'ultima, che trova conferma negli Stati delle anime della parrocchia, dove lo scultore abitò con la moglie Barbara Squarci e i figli dal 1693 al 1699 (Guerrieri Borsoi).
Una volta terminato l'impegno alla Transpontina, il L. venne coinvolto nei lavori dell'altare di S. Ignazio alla chiesa del Gesù, una delle imprese scultoree più significative del tardo barocco romano. Il L. intervenne in due distinte sezioni dell'imponente macchina d'altare ideata da padre Andrea Pozzo. Dapprima fu impegnato nella balaustra bronzea per la quale realizzò i modelli di due dei sedici putti che decorano gli otto candelabri. La coppia eseguita dal L., identificata su basi stilistiche da Enggass (The altar-rail…, 1974) in quella del primo balaustro di sinistra, venne saldata per 30 scudi il 20 luglio 1697. Il 3 novembre dello stesso anno, il L. fu invece pagato "sc. Quaranta per il modello d'un Angelo sopra il Frontespizio dalla parte dell'Evangelio" (Kerber).
In un primo momento la critica ha ritenuto che l'opera, insieme con il pendant modellato da S. Giorgini, fosse da identificare con una coppia di angeli in stucco situati immediatamente al di sopra della nicchia del santo, poi sostituiti con gli attuali due angeli che reggono la targa con il monogramma realizzati in marmo da P.E. Monnot entro il 1698. Tuttavia, Bacchi ha rilevato, anche a causa dell'incongruità cronologica, che le figure del L. e di Giorgini non erano dei modelli temporanei da sostituire con le sculture di Monnot, ma che in realtà si trattava di due opere autonome oggi perdute, poste al di sopra del "frontespizio" d'altare e segnalate in situ almeno fino al 1705 (De Feo).
Grazie alla sperimentata perizia acquisita nella tecnica dello stucco, il L. fu chiamato a partecipare alla decorazione plastica della navata di S. Maria in Vallicella. Attenendosi ai modelli realizzati da C. Rusconi, il L. eseguì i putti della prima campata che inquadrano i dipinti del genovese Domenico Parodi (L'arca dell'alleanza, a destra; La cacciata dei mercanti dal tempio, a sinistra). Gli stucchi furono completati entro il settembre del 1698 dal momento che il L. ricevette un primo pagamento il 2 settembre e il saldo il 23 successivo (Dunn).
A cavallo tra i due secoli, il L. fu attivo nella chiesa di S. Maria in Campitelli dove, insieme con un nutrito gruppo di scultori, contribuì in maniera sostanziale alla decorazione della cappella Altieri.
Realizzata su progetto dell'architetto S. Cipriani, la cappella fu commissionata dal principe Angelo Altieri per ospitare il monumento funebre suo e quello della moglie Vittoria Parabiacchi. In base all'accurata descrizione che si legge nei Pregi dell'architettura (1706), Vaccondio attribuisce al L. il ritratto a mezzo busto della principessa e i due "Genij piangenti con faci" adagiati sopra l'urna della stessa; tuttavia l'analisi del Registro dei mandati conservato nell'Archivio Altieri e reso noto da Anselmi, ha rivelato una diversa suddivisione dei lavori. Il busto e uno dei due geni erano stati inizialmente affidati a M. Maille, il quale ricevette pagamenti fino al 30 ag. 1701; dopo questa data la sequenza degli acconti si interrompe quasi certamente a causa della sopravvenuta morte dell'artista. Il L., a cui era stato commissionato soltanto uno dei geni per l'urna al prezzo di 60 scudi, fu quindi chiamato a realizzare il pendant della piccola figura e soprattutto a portare a termine il busto di Vittoria Parabiacchi, lasciato incompiuto da Maille. Il suo intervento si riscontra principalmente nel volto e nel collo piuttosto allungato, che ricorda quello della Speranza in S. Ignazio. Vaccondio, inoltre, attribuisce al L. e ad A. Rondone i due putti che sorreggono lo stemma di casa Altieri, posti sopra l'arcone d'ingresso della stessa cappella. L'autore non specifica a chi spetti ciascuna delle due figure e per questo propone di attribuire al L. il putto sulla destra dello stemma. Il morbido modellato del corpo, il volto paffuto e l'espressione vagamente attonita rimandano direttamente al coevo genio collocato sulla sinistra della tomba di Vittoria Parabiacchi e ai due putti della balaustra dell'altare di S. Ignazio. Ancora dal Registro dei mandati dell'Archivio Altieri è emerso che il L. avrebbe dovuto eseguire, per 60 scudi, una gloria di stucco "con due putti in atto di sostenere la corona di stelle" (Anselmi), destinata a sormontare l'altare della cappella. A causa di un mutamento del progetto originario, il gruppo venne rimosso - o addirittura non fu mai realizzato - per lasciare spazio agli affreschi di G. Passeri nel catino absidale (Vaccondio; Romano). Secondo Schiavo, il L. lavorò, sempre in S. Maria in Campitelli, anche nella seconda cappella a sinistra, dedicata a S. Giovanni, di patronato del cardinale Paluzzo Altieri. Qui, in collaborazione con L. Ottoni, modellò in stucco uno dei due angeli reggicartiglio posti sopra il timpano dell'altare.
Dopo il 1703, il L. sembra non prendere più parte attiva alla vita artistica pur mantenendo contatti con alcuni degli scultori con cui aveva precedentemente collaborato; nel 1714, infatti, lo si trova impegnato a stilare l'inventario dello studio del defunto L. Retti (Guerrieri Borsoi). Il L. morì a Roma l'11 dic. 1718, lasciando i suoi beni ai figli Giuseppe, Giovanni Battista, Nicola e Andrea.
Nell'inventario dell'abitazione, stilato l'11 febbr. 1719 e completato da un'aggiunta del 3 aprile, sono citati numerosi quadri, ma nessuna opera o modello di scultura; ed è poi riportata una lista di alcune abitazioni possedute in varie parti di Roma. La discreta estensione di tali proprietà lascia supporre che il L., parallelamente all'attività di scultore, fosse impegnato anche nel campo della compravendita d'immobili (Arch. di Stato di Roma, Trenta notai capitolini, Uff. 27, vol. 271, cc. 80-84, 92r, 138-140, 159r-160r, 142-155, 345-346).
Fonti e Bibl.: F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma (1674-1763), ed. comparata a cura di B. Contardi - S. Romano, Firenze 1987, pp. 97, 239; L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori, ed architetti moderni, ed. critica dedicata a V. Martinelli, introd. di A. Marabottini, Perugia 1992, pp. 366 n. 11, 942 n. 31; A. Riccoboni, Roma nell'arte. La scultura nell'Evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942, p. 305; P. Pecchiai, Il Gesù di Roma, Roma 1952, pp. 176 n. 2, 184; C. Catena, Transpontina. Guida storica e artistica, Roma 1954, p. 54 n. 140; L. Montalto, Andrea Pozzo nella chiesa di S. Ignazio al Collegio romano, in Studi romani, VI (1958), pp. 675-679; A. Nava Cellini, Due opere di S. Giorgini nella chiesa romana di S. Maria della Scala, in Paragone, X (1959), 111, p. 49; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1964, pp. 192-194; B. Kerber, Andrea Pozzo, Berlin 1971, pp. 162 n. 134, 177 n. 255, 187; R. Enggass, The altar-rail for St. Ignatius's chapel in the Gesù di Roma, in The Burlington Magazine, CXVI (1974), pp. 182 s., 188 doc. 51, 189 doc. 64; Id., Rusconi and Raggi in S. Ignazio, ibid., pp. 258-262; Id., Early eighteenth-century sculpture in Rome, University Park, PA, 1976, pp. 31, 58 n. 31, 111 s., 133; S. Romano, Contributi a Giuseppe Passeri, in Ricerche di storia dell'arte, 1977, n. 6, p. 165 n. 12; M. Dunn, Father Sebastiano Resta and final phases of the decoration of S. Maria in Vallicella, in The Art Bulletin, LXIV (1982), pp. 609 n. 80, 613, 610 n. 127, 615 n. 140, 618; A. Nava Cellini, La scultura del Seicento, Torino 1982, p. 115 n. 43; Le statue berniniane del colonnato di S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, pp. 205, 210, 212-214, 225; M. Pedroli Bertoni, S. Maria in Campitelli, Roma 1987, pp. 103 s., 111, 115; A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni di figura nell'Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, Roma 1988, p. 110; V. De Feo, Andrea Pozzo: architettura e illusione, Roma 1988, pp. 95, 99; Catalogo della Galleria Colonna in Roma. Sculture, a cura di F. Carinci et al., Roma-Busto Arsizio 1990, pp. 26, 49 n. 159, cat. 109; P. Ferraris, A. Gherardi e la cappella di S. Cecilia in S. Carlo ai Catinari a Roma, in Studi di storia dell'arte, II (1990), p. 217; M.B. Guerrieri Borsoi, Gli stucchi di S. Marta al Collegio romano nell'attività di Leonardo Retti, in Bollettino d'arte, LXXV (1990), 61, pp. 111 s. nn. 24, 52; Alle origini di Canova. Le terrecotte della collezione Farsetti (catal.), a cura di S. Androsov, Venezia 1991, pp. 96 s.; A. Anselmi, Sebastiano Cipriani. La cappella Altieri e "I pregi dell'architettura" oda di Giambattista Vaccondio, in Studi sul Settecento romano, IX, Roma 1993, pp. 205 s., 215 nn. 27 s., 216 s. n. 48; C. Barbieri - S. Barchiesi - D. Ferrara, S. Maria in Vallicella…, Roma 1995, pp. 44, 175 n. 214; D. Sinisi - O. Verdi, I registri delle lettere patenti della Presidenza delle strade (1691-1701), in Archivi e cultura, n.s., XXVIII (1995), pp. 191, 225, 231; A. Bacchi, Scultura del '600 a Roma, Milano 1996, pp. 809, 813, 842; Andrea Pozzo, a cura di V. De Feo - V. Martinelli, Milano 1996, p. 243; A. Angelini, Gian Lorenzo Bernini e i Chigi tra Roma e Siena, Cinisello Balsamo 1998, p. 145; G. Bonaccorso - T. Manfredi, I Virtuosi al Pantheon 1700-1705, Roma 1998, pp. 59, 65, 143; O. Ferrari - S. Papaldo, Le sculture del Seicento a Roma, Roma 1999, pp. 101, 173 s., 224, 331, 342; A. Marchionne Gunter, L'attività di due scultori nella Roma degli Albani: gli inventari di Pietro Papaleo e Francesco Moratti, in Studi sul Settecento romano, XIX, Roma 2003, pp. 77, 95, 127; Id., Documenti e nuove attribuzioni di opere in chiese romane tra Sei e Settecento, in Studi romani, LI (2003), pp. 340, 243, docc. 2, 3, 14; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 469.