Giacobbe (Iacobbe)
Patriarca, secondogenito di Isacco; gemello di Esaù, ne comprò prima la primogenitura (Gen. 25, 20-34), poi lo privò della benedizione paterna per istigazione della madre Rebecca. Dopo la sua lotta con l'angelo, gli fu comandato di cambiare il proprio nome in quello di Israele (Gen. 32, 24-28) diventando in tal modo capostipite degli Israeliti. Dalla prima moglie Lia, figlia maggiore di Laban, ebbe sei figli, Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Isacaro, Zebulon e la figlia Dina; dalla seconda moglie Rachele, sorella minore di Lia, ebbe due figli, Giuseppe e Beniamino. Oltre a questi figli, il patriarca ne ebbe due altri, Dan e Naftali, dalla serva di Rachele, Bila, e ancora due, Gad e Aser, dalla serva di Lia, Zilpa.
D. dimostra di conoscere perfettamente sia il patriarca che le molte circostanze biografiche che la lunga tradizione esegetica della Bibbia ha tipologicamente elaborate. Troviamo infatti la prima menzione di G. in If IV 59-60 Israèl con lo padre [Isacco] e co' suoi nati / e con Rachele, per cui tanto fé, dove Virgilio appunto lo chiama ben allusivamente Israele, richiamando dunque il passo scritturale: " Quod nomen est tibi? Respondit: Iacob. At ille, Nequaquam, inquit, Iacob appellabitur nomen tuum, sed Israël; quoniam, si contra Deum fortis fuisti, quanto magis contra homines praevalebis? " (Gen. 32, 27-28). La seconda menzione, non meno allusiva, è in Pd VIII 130-132 Quinci addivien ch'Esaù si diparte / per seme da Iacòb; e vien Quirino / da sì vil padre, che si rende a Marte, affidata a Carlo Martello, nel cielo di Venere, ove vien discussa la questione relativa al rapporto tra l'ereditarietà e la Provvidenza divina, e l'accostamento tra G., scelto come exemplum per la tradizione israelita, e Quirino, per la tradizione romana, diventa emblematico.
La terza menzione, nell'Empireo, è affidata a s. Bernardo, e il patriarca è ancora menzionato con il fratello Esaù, in Pd XXXII 68-69 quei gemelli / che ne la madre ebber l'ira commota, nel passo in cui viene dibattuta la questione relativa alla predestinazione e dove, nell'impiegare l'exemplum di G., D. traduce letteralmente il passo della Scrittura ("[Dio] dedit conceptum Rebeccae. Sed collidebantur in utero eius parvuli... Duae gentes sunt in utero tuo, et duo populi ex ventre tuo dividentur... Qui prior egressus est rufus erat et totus in morem pellis hispidus... ", Gen. 25, 21-25), impiegando il diverso color dei capelli come immagine per dimostrare il diverso grado di grazia. L'ultima menzione di G. nella Commedia compare nel ricupero ancora scritturale della scala vista in sogno da G., con la scala celeste, nel cielo di Saturno, in Pd XXII 71 Infin là sù la vide il patriarca / lacobbe porger la superna parte, f quando li apparve d'angeli sì carca, che è come sempre traduzione diretta del passo scritturale: " Viditque in somnis scalam stantem super terram et cacumen illius tangens caelum; angelos quoque Dei ascendentes et descendentes per eam " (Gen. 28, 12-13).
Il nome del patriarca compare anche in due passi della Monarchia, direttamente, e indirettamente nell'epistola a Cangrande, ove gl'Israeliti sono definiti come domus Iacob, in riferimento al salmo 113 (Ep XIII 21).
Sia nel primo passo (Mn I XIII 4 Et hinc destrui potei./ error illorum qui bona loquendo et mala operando credunt alios vita et moribus informare, non advertentes quod plus persuaserunt manus Iacob quam verba, licet illae fa/sum, ilia vera persuaderent), che nel secondo (Assummunt etiam argumentum de lictera Moysi, dicentes quod de femore Iacob fluxit figura horum duorum regiminum, quia Levi et Iudas: quorum alter fuit pater sacerdotii, alter vero regiminis temporalis, III V 1-2), il nome del patriarca non solo è assunto a simbolo, come dicevamo, ma collegato con la ricca tradizione figurale che ne aveva fatto a volta a volta un typus Christi, a cominciare da s. Ilario (" Iacob, qui interpretatur supplantator, tum descendens in Aegyptum, tum luctans cum angelo; aut habens visionem, aut Laban filiam nubens, Christum praesignabat ", Patrol. Lat. IX 878), continuata ininterrottamente attraverso s. Ambrogio (XIV 624), s. Gregorio Magno (LXXVI 563), Rabano Mauro (CVII 591, 610; CXI 38), fino a Ruperto di Deutz (CLXVII 490, CLXIX 100, CLXX 23), o un typus Ecclesiae (" Iacob, populum Novi Testamenti praefigurabat... ", come si legge in s. Gerolamo (Patrol. Lat. XXV 888) e più oltre in s. Agostino (XXXVI 1015) fino a Ruperto di Deutz (CLXVII 459) o, infine, typus Apostolorum vel iustorum a partire da s. Agostino che per primo scrisse: " Iacob, per varias suae vitae circumstantias, electos et illorum virtutes praefiguravit, necnon et coelorum regnum " (Patrol. Lat. XXXIV 567, XXXVII 1597-1598, 1771-1772, 1936, XXXIX 31, 34, 687, XLI 518), attraverso Rabano Mauro (CVIII 10-11) fino a Ruperto di Deutz e Piero Cantore. Ugual fortuna tipologica è riservata al secondo nome del patriarca, e cioè Israele, per opera di s. Gregorio Magno (" Israel dicitur ecclesia, id est, in quo est Deus, et videns Deum ", Patrol. Lat. XXXIV 255) e di Alcuino (" Israel, id est, vir Deum videns, electos et vitam contemplativam significat ", C 1105), che è generata dal salmo 113, e come tale impiegato da D. in Pg II 46 e in tale accezione cantato dalle anime approdanti alle rive del Purgatorio.