PETRONI, Giacinto
PETRONI (Petronio), Giacinto. – Nacque intorno al 1580, forse da una famiglia di antica nobiltà, i Petroni da Siena.
Entrato adolescente nella provincia romana dell’Ordine domenicano, pronunciò i voti nel convento di S. Maria sopra Minerva.
Gli anni della formazione segnarono il futuro del giovane Petroni: egli infatti ottenne – grazie alla solida reputazione che era riuscito a costruire a Salamanca, durante gli anni di studio – l’incarico di lector artium ad Avila. La carriera di professore lo condusse poi nuovamente a Roma: nel 1608 divenne lettore in teologia e baccelliere nello studium della Minerva e l’anno successivo gli fu conferito il titolo di professore in teologia, confermato nel 1611 dal capitolo dell’ordine che si tenne a Parigi.
Petroni, dunque, compì un percorso accademico di primo piano, favorito, oltre che dalle sue capacità, dalla protezione di Scipione Borghese, cardinal nipote di Paolo V e protettore dell’ordine domenicano. Non stupisce, perciò, che proprio Paolo V abbia nominato Petroni nel 1614 maestro del Sacro Palazzo e, in quanto tale, consultore del S. Uffizio. Petroni ricoprì tale carica fino al 1622 e questo periodo fu per lui assai fecondo: in questi anni, infatti, videro la luce le sue due principali opere filosofiche. Tra il 1620 e il 1622 venne pubblicato a Roma il poderoso trattato di logica in tre tomi, dedicato a Borghese, dal titolo In universam Aristotelis logicam quaestionum tomus primus, […] secundus, […] tertius, in cui viene rielaborato, seguendo la canonica struttura questionativa, un precedente lavoro concepito con finalità didattiche, l’Epitome dialecticae institutionis […] in tre libros divisa, stampata a Roma nel 1616 e destinata ai lectores artium dell’ordine domenicano. Nel 1621, poi, fu edito a Roma, con una dedica al nuovo papa Gregorio XV, il testo, di chiara impronta controriformistica, De necessitate praeconversionis aquae in vinum in confectione sacramenti sanguinis Christi, in cui viene analizzato, in un’ottica rigidamente postconciliare, il tanto dibattuto tema della transustanziazione eucaristica. Allo studio di argomenti logici e teologici, Petroni affiancò anche un interesse per la fisica, scrivendo delle Quaestiones in physicam, rimaste inedite.
In qualità di maestro del Sacro Palazzo, egli emanò, tra il 30 marzo 1615 e il 5 gennaio 1616, due bandi relativi alla regolamentazione della circolazione dei libri proibiti. In essi viene stabilita la necessità di una licenza per portare libri proibiti dentro e fuori Roma, per stampare e commerciare libri e per vendere patrimoni librari, di vivi o di morti; notevole, poi, è il volgersi dell’attenzione di Petroni non soltanto alle pubblicazioni in volume, ma a qualsivoglia stampa (storie, orazioni, lunari, immagini, persino ricette), a testimonianza di una viva consapevolezza della capacità di penetrazione popolare di questi particolari ‘generi’. La pubblicazione di un ulteriore editto di Petroni a proposito dei testi proibiti fu bloccata dalla congregazione dell’Indice, intenzionata a pubblicare un proprio decreto contro le opere che difendevano la teoria cosmologica eliocentrica copernicana. Tale decreto fu effettivamente emanato, il 5 marzo 1616, e firmato dal cardinale prefetto e da Francesco Maddaleni Capiferro, suo segretario. Da questo scontro interno alla burocrazia romana operante in materia di fede, Petroni, nel suo ruolo di maestro del Sacro Palazzo, uscì sconfitto e la congregazione dell’Indice stabilì definitivamente la sua autorità istituzionale nel decretare quali testi proibire e quali misure promuovere contro la loro diffusione.
Il 5 settembre 1622 Gregorio XV nominò Petroni vescovo di Molfetta – l’ordinazione a monsignore avvenne il 2 ottobre –, allontanandolo da Roma. Come emerge da due lettere inviate a Scipione Borghese (Forte, 1960), questa decisione colpì profondamente Petroni, il quale chiese accoratamente al suo protettore di essere reintegrato nella funzione di maestro del Sacro Palazzo.
Nella prima lettera, risalente al 10 luglio 1623, egli chiese al cardinale di perorare la sua causa con il successore di Gregorio XV, allora in fin di vita; nella seconda, scritta il 2 settembre seguente, dopo la morte, a luglio, di Gregorio XV e la successiva elezione di Urbano VIII il 6 agosto 1623, venne ripetuta ancora una volta la richiesta. Il desiderio di tornare a Roma, però, non fu assecondato e Petroni iniziò a interessarsi al suo territorio, scrivendo anche alcune operette di carattere amministrativo sulla diocesi di Molfetta.
Nel 1626 Urbano VIII scelse Petroni come delegato dell’Inquisizione romana a Napoli; tale incarico, date le forti resistenze delle autorità istituzionali locali e della popolazione all’introduzione dell’Inquisizione romana, richiedeva grande abilità politica: Petroni scelse la via del rigore e del rifiuto di ogni compromesso.
Emblematico della sua intransigenza è il caso del tipografo Domenico Maccarano, di origine romana, ma residente a Napoli. Questi pubblicò nel 1626, senza aver ricevuto l’autorizzazione del vescovo, il testo Aestivum otium ad Repetitionem ritus 235 del giudice della Gran corte della vicaria Pietro Urries, concernente il rapporto tra Stato e chierici dal punto di vista giurisdizionale. Data l’assenza di licenza per la stampa di questo scritto, Petroni fece arrestare e rinchiudere Maccarano nelle carceri del nunzio, scatenando decise reazioni nelle autorità. Il Consiglio collaterale accusò Petroni di aver agito in modo irregolare, dato che la legislazione ecclesiastica non prevedeva arresto e carcerazione per un reato quale quello commesso da Maccarano. Nonostante ciò, Petroni, dopo aver costretto il tipografo a trascorrere circa un mese e mezzo nelle segrete del nunzio, lo fece trasferire in quelle della Corte arcivescovale e solo dopo quest’ulteriore periodo di carcerazione, grazie all’intervento del consigliere Ferrante Brancia, Maccarano fu rilasciato. Gli scontri però non terminarono e Petroni continuò a far incarcerare non solo laici comuni, sovente persino di posizione ragguardevole, ma anche ufficiali e commissari nell’esercizio delle loro attività.
Le autorità napoletane furono costrette, a causa di tale rigida inflessibilità, a chiedere che l’inquisitore fosse sostituito e Petroni fu infatti rimosso dall’incarico nel giugno 1633.
Fu vescovo di Molfetta fino alla morte, che lo colse nel settembre 1648.
Fonti e Bibl.: I bandi dei libri proibiti si leggono in: Roma, Biblioteca Casanatense, PER est. 18.4 391 bis, PER est. 18.4 410 bis, PER est. 18.4 410. L’ulteriore editto è attualmente conservato a Roma presso l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, Index, Protocolli, 35, f. 17r e f. 17v.
V.M. Fontana, Sacrum Theatrum Dominicanum, Romae 1666, p. 233; J. Quétif - J. Echard, Scriptores ordinis praedicatorum, II, Lutetiae Parisiorum 1721, p. 553; A. Salvemini, Saggio storico della città di Molfetta, I, Napoli 1878, pp. 44-47; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, II, Città di Castello 1892, pp. 35-37; B.M. Reichert, Acta Capitulorum generalium ordinis praedicatorum, VI, Romae 1902, pp. 106, 151, 258; I. Taurisano, Hierarchia ordinis praedicatorum. Pars Prima, ed. altera, Romae 1916, p. 56; P. Gauchat, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, IV, Münster 1935, p. 238; S.L. Forte, I Domenicani nel carteggio del card. Scipione Borghese, protettore dell’Ordine (1606-1633), in Archivum fratrum praedicatorum, XXX (1960), p. 415 n. 149, p. 416 n. 150P; P. Lopez, Inquisizione, stampa e censura nel Regno di Napoli tra ’500 e ’600, Napoli 1974, pp. 242-244; F. Beretta - M.-P. Lerner, Un Édit inédit. Autour du placard de mise à l’Index de Copernic par le maître du Sacré Palais Giacinto Petroni, Galilaeana, III (2006), pp. 199-216.