DE POPOLI (Populi), Giacinto
Nacque ad Orta di Atella presso Caserta (De Dominici), o più probabilmente a Caserta nel 1631, sulla base del documento di matrimonio della sorella Antonia (Prota Giurleo).
Il D. è posto dal De Dominici tra i discepoli di M. Stanzione, con la precisazione che "... s'invaghì di quel nobil modo di tingere, e delle belle idee di que' volti, che in que' tempi dal solo Guido Reni poteano esser superate, e forse alcune solamente agguagliate ...". Il biografo sottolinea inoltre il favore goduto presso il cardinale Innico Caracciolo, che gli permise di ottenere dal pontefice il titolo di cavaliere.
Proprio l'assenza di tale sigla negli affreschi da lui firmati in S. Domenico Soriano, nella cappella Coscia (concessa a tale famiglia in data 16 giugno 1649), dove raffigurò alcune Scene della vita dis.Nicola, lascia supporre l'anteriorità di questi dipinti rispetto a quelli siglati "Eques", come gli affreschi dell'ampia cappella di S. Giacomo della Marca in S. Maria la Nova, sempre a Napoli, datati 1660. Questi rappresentano il più alto raggiungimento del D. la cui visione, allontanandosi da talune schematizzazioni tardomanieristiche, legate al perdurante influsso del Corenzio, si apre ad un notevole approfondimento culturale. Le basi stanzionesche, infatti, come i riferimenti al Reni e al Domenichino vengono integrati da un'acuta osservazione di F. Guarini, che si manifesta soprattutto nel Sogno di s. Giuseppe, e in particolare nell'angelo e nel piede del santo, che sporge oltre la cornice, a segnare un deciso riaggancio al metro caravaggesco.
Al gruppo di affreschi sulla volta, raffiguranti il già citato Sogno, l'Immacolata e l'Annunciazione, andranno aggiunti anche la Fuga in Egitto, l'Annuncio ai pastori e la Strage degli innocenti, nellamedesima cappella, anch'essi firmati e databili nella stessa epoca, non solo per le prevalenti scelte classicistiche, manifestamente forzate da un inadeguato restauro, ma soprattutto per l'evidente ancoraggio stanzionesco, cui fa riferimento in modo particolare la Vergine della Fuga, la cui acconciatura ricorda quella dell'analoga figura dell'Incoronazione di S.Giovanni delle Monache di Stanzione.
Dal 1664 il D. risulta iscritto nella corporazione dei pittori napoletani (Strazzullo).
Il Filangieri ricorda che nel 1665 dipinse ad affresco, per 710 ducati, i medaglioni sulle porte del monastero del Carmine Maggiore, nonché un'Allegoriadella Religione sulla volta del salone.
Tra il 1667 ed il 1669 risulta attivo in S.Maria della Sapienza, dove, nella cappella dedicata ai Ss.Gaetano da Thiene ed Andrea Avellino, eseguì, oltre ai dipinti della volta, il S. Gaetano che trascrive la regola (firmato, 1667), dove è manifesto l'influsso della tela di G. Marullo posta sull'altare maggiore. Nell'agosto del 1668 ricevette il saldo di pagamento per i dipinti "a fresco et a oglio nella cappella della Natività" (Arch. storico del Banco di Napoli, Banco della Pietà, matr. 600, 31 agosto). Mentre nelle tele raffiguranti la Madonna col Bambino e S. Anna con la Vergine e s. Gioachino i convincimenti classicistici trovano espressione attraverso un forte contrasto chiaroscurale che, pur operando in superficie, rimanda alla lezione di Stanzione negli anni del recupero delle scelte di G. B. Caracciolo detto il Battistello, gli affreschi rivelano un punto di arrivo profondamente diverso. Annullata programmaticamente ogni inclinazione naturalistica, nella Adorazione dei magi, nella Circoncisione e nel Riposo durante la fuga in Egitto (firmati e datati 1668-69), che spettano al D. e non al Marullo, come vorrebbe G. A. Galante (Guida sacra..., Napoli 1872, p. 105), si evidenzia un rinvigorito interesse cromatico che rivela un avvicinamento al linguaggio di L. Giordano. Allo stesso momento appartiene anche la decorazione della volta della cappella dell'Annunziata, dove sono raffigurati la Ss. Trinità, lo Sposalizio della Vergine e la Presentazione della Vergine al tempio, menzionati dal De Domenici. Negli affreschi della cappella della Concezione, saldati con pagamento del 9 genn. 1669 (Arch. storico del Banco di Napoli, Banco dell'Annunziato, matr. 425) viene coerentemente proseguito il discorso iniziato nella cappella della Natività attraverso la realizzazione di due temi biblici e di un Padre Eterno con l'Immacolata. A tali esiti di maggiore libertà cromatica, che movimenta i panneggi annullandone ogni rigorosa scansione formale, si contrappongono le tele presenti nella stessa cappella, la Nascita di Maria e l'Assunzione, nonché la Sacra famiglia (firm. e dat. 1669) per S. Giorgio a Salerno e l'Immacolata di S. Maria la Nova, ascrivibile ai medesimi anni, dato l'accresciuto interesse tenebristico che si attenua solo sulla superficie dei panni per dar luogo ad un vibrante ed articolato luminismo.
Ma, come rivela la Madonna con Bambino e santifrancescani (firm. e dat. 1674), nell'ex convento dei cappuccini di Caserta, l'orientamento classicistico conseguente a una progressiva inclinazione del pittore verso l'esempio di A. Vaccaro e di F. Di Maria, comportò un'eccessiva schematizzazione formale, che risultò palese ai successivi committenti: nel 1675 gli vennero contestati dai domenicani di S. Pietro Martire i quattro affreschi per il coro.
La data di morte va fissata all'8 giugno 1675 sulla scorta del ritrovamento documentario del Salazar (1904) presso l'archivio della chiesa napoletana di S. Maria Rotonda, che ha negato validità all'affermazione dedominiciana: "... venne a mancare circa gli anni 1682".
Tra i dipinti segnalati dalle fonti, ma andati distrutti, vanno collocati la Madonna del Rosario per S. Francesco delle Monache, il quadro per la Congregazione dei mercanti ai Lanzieri e la tela coi Ss. Filippo e Giacomo per la Congrega del Ss. Sacramento, annessa alla parrocchiale di Marano.
Fonti e Bibl.: B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori e architetti napoletani [1742-45], Bologna 1971, III, pp. 116 ss.; O. Giannone, Giunte sulle vite de' pittori napoletani, a cura di O. Morisani, Napoli 1941, p. 121; S. Ticozzi, Diz. dei pittori dal rinnovamento delle belle arti fino al 1901, Milano 1818, II, p. 149; C.T. Dalbono, Massimo, i suoi tempi e la sua scuola, Napoli 1874, p. 110; G. Filangieri di Satriano, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napol., III, Napoli 1883, p. 461; L. Salazar, Docum. ined. intorno ad artisti napoletani del XVII secolo, in Napoli Nobilissima, V (1896), p. 23; G. Cosenza, La chiesa e il convento di S. Pietro Martire, ibid., IX (1900), p. 62; A. Colombo, Il monastero e la chiesa di S. Maria della Sapienza, ibid., XI (1902), pp. 63, 68; L. Salazar, Marco Del Pino da Siena ed altri artisti dei secoli XVI e XVII, ibid., XIII (1904), pp. 17-22; F. Nicolini, Chiesa e convento di S. Domenico Soriano, ibid., XV (1906), p. 53; V. Acampora, I Camaldoli di Napoli, in Riv. stor. benedettina, V (1910), p. 26; W. Rolfs, Gesch. der Malerei Neaples, Leipzig 1910, pp. 280 s.; G. D'Addosio, Documenti inediti di artisti napol. dei secoli XVI e XVII dalle polizze dei Banchi, in Arch. stor. per le provincie napol., XI-V (1920), p. 95;G. Rocco, Il convento e la chiesa di S. Maria la Nova di Napoli nella storia e nell'arte, Napoli 1928, p. 262; G. Molinaro, Chiesa e convento di S. Maria la Nova, Napoli 1932, pp. 13 s.; Mostra della pittura napol. dei secoli XVII, XVIII, XIX (catal.), Napoli 1938, p. 73; V. Prota Guirleo, Pittori napol. del Seicento, Napoli 1953, pp. 34 s.; F. Strazzullo, La Corporazione dei pittori napol., Napoli 1962, pp. 6, 27; O. Ferrari, Le arti figurative, in Storia di Napoli, Napoli 1970, VI, 2, pp. 1244, 1354; G. Ascione, G. D. ..., in Antologia di belle arti, 1980, 15-16, pp. 165 ss.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVII, pp. 267 s. (sub voce Populi, Giacinto de).