CARENA, Giacinto
Nacque a Carmagnola (Torino) il 25 apr. 1778 da Francesco Paolo, medico, e da Maria Catterina Maga Gallo. Finiti gli studi primari e quelli di filosofia nel paese nativo, nel 1799 ottenne un posto gratuito nel Collegio delle provincie di Torino, dove fu ripetitore di filosofia, fisica e geografia nel liceo. Poi divenne dimostratore nelle scuole di fisica dell'università torinese. Presso questa nel 1805 sostenne una tesi De animalium et plantarum analogia. Dissertatio inauguralis ad philosophiae professoris gradum assequendum (Torino 1805). Nominato professore, sostituì il docente Anton Maria Vassalli Eandi, nell'università e nella Real Accademia, dal 1806 al 1813, poiché nel 1814 si rifiutò di sostituire in via definitiva il Vassalli Eandi sgradito al governo restaurato. Intanto era stato nominato socio residente della classe fisico-matematica della Reale Accademia delle Scienze (1810), di cui divenne poi segretario aggiunto e, ancora successivamente, segretario titolare Questa stessa carica ricoprì nella Società d'agraria.
L'interesse di naturalista lo spinse a considerare i problemi della nomenclatura scientifica e della sua sistematicità: un primo scritto a tal proposito sono le Osservazioni intorno ai vocabolarii della lingua italiana, specialmente per quella parte che ragguarda alle definizioni delle cose concernenti alle scienze naturali, pubblicate a Torino nel 1831. In quest'anno ricevette l'Ordine equestre al merito civile, cui seguirono altre onorificenze (ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, cavaliere di croce d'oro dell'Ordine del Salvatore). I riconoscimenti gli facilitarono la strada delle ricerche cui prese a dedicarsi sempre più esclusivamente: quelle sulla completezza della nomenclatura scientifica, tecnologica, delle arti e dei mestieri nell'ambito della lingua italiana. Per portarle a termine ottenne finanziamenti pubblici, e così dal 1837 poté recarsi ogni anno parecchi mesi
a Firenze, dove svolse una inchiesta onomasiologica tra gli artigiani, negozianti, casalinghe. Nel 1840 pubblicò uno smilzo fascicolo, che doveva poi definire "specie di prodromo" alle successive più ampie pubblicazioni in materia, intitolato Prontuario di vocaboli attenenti a parecchie arti, ad alcuni mestieri, a cose domestiche e altre di uso comune, per saggio di un Vocabolario metodico della lingua italiana (Torino 1840). L'opera vera e propria, omonima, tardò ancora alcuni il primo volume, con sottotitolo Parte prima. Vocabolario domestico, apparve a Torino nel 1846 (seguirono subito una edizione di Napoli 1850 e una seconda edizione di Torino 1851); il secondo volume, con sottotitolo Parte seconda. Vocabolario metodico d'arti e mestieri, apparve a Torino nel 1853, e fu più volte ristampato a Torino e a Napoli (dove era giunto nel 1859 a una quarta edizione); un terzo volume dell'opera uscì postumo.
All'apparire del primo volume, il C. inviò una copia ad A. Manzoni, che ne trasse spunto per svolgere una serie di riflessioni sulla completezza dell'insieme lessicale di una lingua, sulla conseguente necessità di reperire tale insieme in un ambito sociale e regionale omogeneo, sulla pertanto inevitabile fiorentinità dell'italiano e, quindi, sulla inopportunità di accogliere (come il C. aveva fatto), accanto a un corpo di vocaboli fiorentini, alcuni geosinonimi d'altre parti d'Italia. Tali riflessioni il Manzoni affidò a una lettera inviata al C. in data 26febbr. 1847; il 6 marzo il C. rispose invitando Manzoni a rendere pubblica la lettera; il Manzoni rispose affermativamente, pur con esitazioni, il 29 marzo; ma solo tre anni dopo dette seguito all'idea pubblicando la lettera con revisione e ampliamenti, nel VI fascicolo delle sue Opere varie (ottobre 1850: vedi il testo fissato da M. Barbi-F. Ghisalberti, in A. Manzoni, Opere varie, Milano 1941, pp. 751-73).
La reazione del Manzoni, di sostanziale consenso, fu il segno più vistoso della stima che godeva il C., diventato socio dell'Accademia della Crusca, e caldamente elogiato dal celebrato filologo Amedeo Peyron (Gazz. piemontese, 21 ott. 1846).
Il C. morì a Torino l'8 marzo 1859.
Lasciò la sua biblioteca all'Accademia delle Scienze e la cura delle sue carte al Peyron, che sollecitamente curò la pubblicazione di quella parte di Prontuario che gli pareva più conforme a quelli che, dopo il '48, furono gli ideali suoi (e manzoniani) di "egemonia filologica della Toscana", e meno inquinata dalle propensioni classicistiche (un tempo anche sue, del Peyron) per un "congresso di dotti italiani" che sancisse con l'uso "un dialetto comune", propensioni cui il C. non appariva insensibile. Uscì così il terzo e ultimo volume del Prontuario di vocaboli coltitolo Parte terza postuma contenente il vocabolario dei veicoli su terra e dei veicoli su acqua, e di frammenti relativi ai vocaboli mercantili, alla zecca, ed al cavalcare (Torino 1860), cui era premessa una prefazione del Peyron (pagine non numerate da cui sono state tratte le citazioni di poc'anzi), con la quale il filologo si giustificava dall'aver manomesso le schede del C., scartando tutto ciò che fosse o gli paresse non toscano.
Negli studi lessicologici e linguistici, il C. si inserisce nella tradizione pratico-didascalica, più propriamente nella tradizione, già tardo-antica, dei dizionari cosiddetti ragionati, che presentano i materiali lessicali ordinati secondo l'affinità concettuale e la successione degli argomenti, ossia su una base onomasiologica. In questa tradizione il C. introduce un elemento di novità: l'inchiesta sul campo, l'intervista a nativi. Egli, cioè, rompe con l'abitudine di assumere come fonte lessicografica esclusiva l'uso scritto della lingua. Si tratta di una rottura da non sottovalutare in una tradizione lessicografica cruscante e libresca come era stata e doveva restare ancora a lungo quella italiana. Ma si tratta di ben poca cosa, e senza consapevolezza metodologica, come appare chiaro se il lavoro del C. si confronta con una direzione di ricerca a lui contemporanea e già ricca di sviluppi, cioè con le indagini dialettologiche sul campo che negli stessi anni si andavano avviando in vari paesi europei e che in Italia erano già cominciate ad opera di B. Biondelli. L'opera del C., fortunata negli anni dell'unificazione politica nazionale, come mostrano le varie edizioni torinesi e napoletane, fu dopo non molto messa in ombra da un lato dalla diffusione di più completi e pratici strumenti di consultazione lessicografica, come ad esempio il dizionario di mole ridotta, dall'altro lato dallo sviluppo delle indagini linguistiche e dialettologiche, su basi scientifiche ben più rigorose, promosse da G. I. Ascoli e dalla sua scuola. E la fortuna del suo nome nella nostra cultura è restata non ingiustamente legata soprattutto alla importante lettera indirizzatagli da A. Manzoni.
L'attività scientifica del C. fu molteplice, toccando varie discipline. Nel campo della fisica si ricordano: Description d'un instrument propre à indiquer et à mésurer l'inclinaison des vents à l'horizon…, in Mémoires de l'Académie des sciences de Turin, XVIII(1809-1810), 2, pp. 92-97; Description d'un nouveau baromètre pour les aeronautes, ibid., XX(1811-12), 1, pp. 345-54; Précis d'expériences sur la force des métaux, des bois, des fils de soie, de laine, etc. …, in Bibliothèque ital., XII(1804), pp. 63-70; Expériences pour l'examen des deux principales théories de l'electromoteur de Volta, ibid., pp.218-236. Questi lavori testimoniano un interesse non superficiale per le novità emergenti a cavallo fra il XVIII e il XIX sec. nel settore della fisica sperimentale (pila di Volta, navigazione aerostatica, ecc.). Tra gli studi dedicati alla zoologia, la Monographie du genre Hirudo, ou description des espèces de sangsues qui se trouvent, ou qui sont en usage en Piémont, I-II, Torino 1820-22), completata e parzialmente rettificata, è forse il più accurato e scientificamente valido: è condotto sulla base di una sperimentazione personale e contiene la descrizione non solo morfologica ma anche fisiologica ed etologica di dieci specie di sanguisughe.
Il C. ebbe vivo il senso dell'applicazione delle scienze alla tecnica con particolare riguardo all'agricoltura ed all'artigianato, che allora caratterizzavano lo sviluppo economico del Piemonte. Ne sono prova i numerosi articoli pubblicati nel Calendario georgico della R. Società agraria di Torino fra il 1820 e il 1827 e gli interventi alle sedute della sezione di agronomia ai congressi degli scienziati italiani, cui partecipò nel 1841.
Bibl.: I. Cantù, L'Italia scientifica contemporanea. Notizie sugli italiani ascritti ai primi 5 Congressi, Milano 1844, p. 111; G. Plana, Cenni biografici di G. C., in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XIX (1861), pp. LXXI-LXXIX (ivi, pp. LXXIII ss., elenco degli scritti del C.); G. Pitrè, Profili biografici di contemporanei italiani, Palermo 1864, pp. 37-41; C. Trabalza, Storia della grammatica italiana, Milano 1908, pp. 446-493; B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1960, pp. 613-15, 618.