già (già mai)
1. Alla scarsa frequenza dell'avverbio che si riscontra nella Vita Nuova e nel Convivio (20 e 21 attestazioni rispettive), nelle cui prose manca il nesso ‛ g. mai ' (nella Vita Nuova, soltanto in XXXIII 5 2 [in rima] non debbo già mai [" mai più "] / veder la donna; e in Cv III Amor che ne la mente 78 'l ciel sempr'è lucente... / e... non si turba già mai [" mai "], in rima, e IV Le dolci rime 63 nazion che per gentil già mai s'intenda), contrastano più delle 25 occorrenze delle Rime (e 6 ‛ g. mai ') le 265 della Commedia (g. ne è la 54ª voce in rango decrescente di attestazioni e l'avverbio di tempo più usato), ripartite così: Inferno 92 g. e 8 ‛ g. mai ', Purgatorio 88 e 7, Paradiso 58 e 12 (incluso XII 18 del mondo che già mai più non s'allaga). Anche nel Fiore - di cui solo è il francesismo giadisse (vedi; CXLII 2 e CL 13) e sono tipici alcuni usi di g. (cfr. 2. 1.) - g. non è raro, con 75 occorrenze, seguito da una dozzina di ‛ g. mai ', ‛ g. ma ' (e CXXXIX 12 Nol ridottate più già mai a fatti). Nel Detto sono 4 ‛ g. mai ', ‛ g. ma '', un g. in frase negativa e già ma' sempre, " sempre ", al v. 9. L'uso in poesia di ‛ g. mai ' è sulla scia di una tradizione che, dai poeti siciliani (Giacomo da Lentini Madonna, dir vi voglio 39; Tommaso di Sasso D'amoroso paese 50) e toscani (Guittone Ahi, Deo, che dolorosa 79, in rima; Bonagiunta Fina consideransa 33; Dante da Maiano Null'omo 14), continua negli stilnovisti (Cavalcanti Io non pensava 1, Perch'i' no spero 1, in rima).
2. G. è per lo più avverbio di tempo, ma non ne manca un uso asseverativo che, estremamente raro in frase positiva (Vn XII 17 Potrebbe già [" certamente "] l'uomo opporre contra me; in If X 8 già son levati / tutt'i coperchi la connotazione temporale è almeno non necessaria, perché i sepolcri saran serrati / quando [le anime] di Iosafàt qui torneranno, vv. 10-11), è più frequente nella perentorietà della frase negativa (Vn VII 4 7 Amor, non già [" certamente non "] per mia poca bontate, / ma per sua nobiltate, / mi pose in vita... dolce e soave; Rime L 17 buon signor già non ristringe freno / per soccorrer lo servo quando 'l chiama; LXII 4 altro consiglio... / non vi si può già dar; If XXVIII 22 Già veggia, per mez ul perdere o lulla / ... così non si pertugia).
2.1. G. partecipa dell'immediatezza temporale (" a mala pena ") e dell'esclusione assoluta (" neppure ") in If XXIII 34 Già non compié di tal consiglio rendere, / ch'io li vidi venir con l'ali tese, e oscilla tra " oramai non " e " certamente non " in Pd IX 80 Già non attendere'io tua dimanda, / s'io m'intuassi, come tu t'inmii; Pg XI 23 Quest'ultima preghiera... / già non si fa per noi... / ma per color che dietro a noi restaro; XXIV 77 ma già non fia 'l tornar mio tantosto, / ch'io non sia col voler prima a la riva. La funzione di negazione perentoria è ben chiara nel Fiore: XL 4 [la Natura] nol v'assise / già per niente, ché non è si vana; XC 12 Ma già religione ivi non grana, / ma... nel cuor umile e piatoso; XCIV 12 Né lui né altri già ciò non credesse [" crederebbe "]; CCXX 13 Già per minacce non mi'ntrate sotto; CLXXXIV 9 e dicagli che già quella vendetta / non sarà fatta se non sol per lei; in XI 14, LXXI 6, cLli 13, CLIX 13 e CCXXI 9, nel sintagma ‛ g. tanto non ', g. vale " infatti ", " poiché "; cfr. XI 14 con umiltà tosto l'avra' maturo, / già [" poiché "] tanto non par fel né san pietanza, e v. Guittone Ahi, Deo, che dolorosa 50 " Amore, perché tanto / se' ... crudele, / già son te... fedele? ".
3. La funzione di avverbio di tempo è costante nel nesso ‛ g. mai ', pur nella varietà delle prospettive, con riferimento al futuro, come in Pd II 95 Da questa instanza può deliberarti / esperÏenza, se già mai la provi, o al passato, come in XXX 23 Da questo passo vinto mi concedo / più che già mai... / soprato fosse comico o tragedo, in Pg XI 60 non so se'l nome suo già mai fu vosco, e nell'interrogazione retorica di If. . XXIX 121 Or fu già mai / gente sì vana come la sanse?
All'indefinitezza semantica di questi usi si collega, in frase negativa, l'esclusione di ogni eventualità di passato, presente o futuro, come in If I 27 lo passo / che non lasciò già mai persona viva, XXIV 89, XXIX 76 - in contesti narrativi, cioè, nei quali la negazione precede ‛ g. mai ' - e XIII 74 già mai non ruppi fede / al mio segnor; XXVII 64, XXXI 96 già mai non move (dalla struttura metrica eguale a VI 110 già mai non vada), in dialoghi nei quali la negazione segue ‛ g. mai '. Nelle altre cantiche la posizione della negazione è indifferente ai contesti; la negazione è premessa in Pg V 15, XIV 120, XXXIII 92, Pd III 117, VI 123, VII 42, XIX 9, XX 107; è posposta in Pg VIII 122, XXIV 137, XXIX 66, Pd II 7 già mai non si corse (simmetrico a IV 124 già mai non si sazia), V 46 già mai non si cancella (simmetrico a XXIX 36 già mai non si divima).
4. Con funzione di avverbio di tempo g. indica o priorità assoluta e distacco dal momento cui si riferisce l'esposizione, o l'intersecarsi di due, raramente più, piani narrativi. Del primo uso gli esempi sono assai numerosi e permettono di distinguere il riferimento al passato in quanto premessa del momento principale della narrazione, da quello a un passato che, con varia accentuazione della consapevolezza che i processi temporali sono irreversibili, si colora talvolta di un tono leggendario, mitico.
4.1. Si passa, perciò, da formulazioni lineari che collegano semplicemente tra loro due momenti (Vn III 9 Con ciò fosse cosa che io avesse già veduto... l'arte del dire parole per rima, propuosi di fare uno sonetto; VIII 2 e 6 13, XII 4, XIII 1, XXIV 3, XXXVIII 6; Rime XCI 21 sanno lo cammin, si come quelli / che già vi son passati; Pd IX 67 L'altra letizia, che m'era già nota / ... mi si fece in vista / qual fin balasso, XXII 141) ad altre in cui è più drammatica la consapevolezza dell'irreversibilità, perché i due estremi temporali non sono collegati, ma opposti (Vn XVIII 4 lo fine del mio amore fue già lo saluto di questa donna; Rime XL 13 La figura che già morta sorvene / è la fermezza; CIV 13 Tempo fu già nel quale... / furon dilette; / or sono a tutti in ira ed in non cale; Rime dubbie IV 5 eri già bianca, e or se' nera e tetra; If I 67 Non omo, omo già fui; Pg VIII 117 a me, che già grande là era). A questa irreversibilità si assomma un valore perentorio in Rime LXVII 20 ma poi che [gli occhi della donna] sepper... / che per forza di lei / m'era la mente già ben tutta tolta, / con le insegne d'Amor dieder la volta.
Del Convivio (ove pur compaiono questi usi in I IV 13 quelli a li quali la mia fama era già corsa, IX 10, II VIII 11, XII 4, XIII 10, IV XXVIII 5) sono specifiche le locuzioni di I I 10 la quale a li occhi loro, già è più tempo, ho dimostrata, e V 9 se coloro che partiron d'erta vita già son mille anni tornassero a le loro cittadi. G. significa " nel passato ", " prima ", in II XIII 10 certe declinazioni, certe construzioni sono in uso che già non furono, e molte già furono che ancor saranno: si come dice Orazio... " Molti vocabuli rinasceranno che già caddero ".
4.2. La lontananza nel tempo è vagamente indicata da g., quasi ad alludere a un passato che, in quanto adombrato dall'emblematicità del mito, in alcuni casi simboleggia un'esperienza ricorsiva, se non presente. Quest'uso, che vede g. in proposizioni con il verbo per lo più al passato remoto o prossimo, è anche nelle Rime (LVIII 13 mille donne già per esser tarde / sentiron pena de l'altrui dolore; XCV 1 I' ho veduto già senza radice / legno; CI 25 Io l'ho veduta già vestita a verde), e nel Convivio (I XI 10 E io ne vidi già molte in uno pozzo saltare; III VIII 10 alcuno già si trasse li occhi, perché la vergogna d'entro non paresse di fuori), ma è diffuso nella Commedia: If 151 molte genti fé già viver grame; VIII 125 ché già l'usaro [la tracotanza] a men segreta porta (per la ripresa formale di che già con e già, sia pure con altro valore, all'incipit del v. 128, cfr. 5.); XVIII 121 già t'ho veduto coi capelli asciutti; XXI 94 così vid'io già temer li fanti; XXII 1 Io vidi già cavalier muover campo; Pg XXXI 117 li smeraldi / ond'Amor già ti trasse le sue armi; Pd IV 62 Questo principio, male inteso, torse / già tutto il mondo, e 100 Molte fiate già, frate, addivenne (con egual incipit di VI 109 Molte fiate già pianser li figli); XIII 82, 136 legno vidi già... / correr lo mar... / perire... a l'intrar de la foce; XXIII 80.
L'indeterminatezza semantica di g. allude a un passato la cui conoscenza, presunta nel lettore, deve o può suggerirgli ricordi storici ed echi leggendari; così in If XIV 15 [la rena] che fu da' piè di Caton già soppressa; 96 sotto 'l cui rege fu già 'l mondo casto; 97 Una montagna c'è che già fu lieta / d'acqua e di fronde, e 100 Ria la scelse già per cuna fida (3 attestazioni in 4 versi nella dislocazione mitica della narrazione); XX 16 Forse per forza già di parlasia / si travolse così alcun del tutto; XXIV 139; XXIX 29 colui che già tenne Altaforte; XXXI 118 O tu che... / recasti già mille leon per preda; Pg V 52 Noi fummo tutti già per forza morti; XVIII 91 E quale Ismeno già vide e Asopo; XX 79, XXIV 32, XXVI 77, Pd vili 36, IX 93, XII 88, XVIII 127, XXII 38, XXIII 39; XXIV 111 la... pianta / che fu già vite e ora è fatta pruno; XVII 32 per ambage, in che la gente folle / già s'inviscava pria che fosse anciso / l'Agnel di Dio.
4.3. Più spesso g. indica l'intersecarsi di due - o più - piani narrativi: un'azione si sviluppa nel corso di un'altra, e con vivace e immediato procedimento stilistico al lettore viene presentato il fluido concatenarsi delle vicende, sì da rendere intuitivo, in alcuni brani della Commedia, il continuo e mirabilmente inavvertibile acquisto della Grazia. In questa struttura espressiva, che talvolta serve semplicemente a indicare il momento in cui qualcosa avviene, e non è infrequente all'inizio di canti della Commedia - in una sorta di variazione puntualizzante del verso iniziale del poema stesso, con la quale si richiama talora un'indicazione locale o una determinazione temporale precedentemente accennata -, è per lo più usato l'imperfetto o il trapassato prossimo nella proposizione che contiene g., contrapposta ad altra proposizione che può essere: a) principale, per lo più posposta, ma in qualche caso addirittura implicita; b) dipendente temporale, introdotta quasi sempre da ‛ quando '. In ambo i casi, il verbo di queste proposizioni è un passato remoto o un presente storico.
a) Vn IV 1 io divenni... poi di... fraile... condizione... e molti pieni d'invidia già si procacciavano di sapere... quello che ìo volea... celare; If X 115 E già 'l maestro mio mi richiamava; / per ch'i' pregai lo spinto; XVII 118 Io sentia già... il gorgo / ...per che... la testa sporgo; XVIII 100 Già eravam là 've lo stretto calle / ... s'incrocicchia / ... Quindi sentimmo gente; XIX 7 Già eravamo... / montati... / Io vidi... / la pietra livida; XX 4 Io era già disposto... / e vidi gente; XXVII 34 io, ch'avea già pronta la risposta, / sanza indugio a parlare incominciai; XXXIII 43 Già eran desti, e l'ora s'appressava / ... e io senti' chiavar l'uscio di sotto; Pg II 1 Già era 'l sole a l'orizzonte giunto / ... Ed ecco... / m'apparve; VIII 49, IX 44, XII 12 e 115, XIII 23, XIV 142; XV 37 Noi montavam, già partiti di linci, / e " Beati misericordes! " fue / cantato; XVII 70; XIX 37 Sù mi levai, e tutti eran già pieni / de l'alto dì i giro; del sacro monte; XXI 130, XXII 76; XXIII 37 Già era in ammirar... / ed ecco... / volse a me li occhi un'ombra; XXV 109, XXVII 109; XXVIII 1 Vago già di cercar... / la divina foresta... / sanza più aspettar, lasciai la riva (il verbo è implicito nella duratività aspettiva dell'aggettivo vago; - per il contrasto con un'espressione immediata, introdotta da sanza, cfr. sopra, If XXVII 34 -, e il passo si richiama a XXVIII 22 Già m'avean trasportato i lenti passi / dentro a la selva antica... / ed ecco più andar mi tolse un rio); Pd VIII 64; IX 7 E già la vita di quel lume santo / rivolta s'era al Sol... / Ed ecco un altro... / ver' me si fece; XVIII 1 Già si godeva solo del suo verbo / quello specchio beato, e io gustava / lo mio...; XXI 1 Già eran li occhi miei rifissi al volto / de la mia donna... / E quella non ridea; ma " S'io ridessi ", / mi cominciò; XXVIII 32 Sopra seguiva il settimo sì sparlo / già di larghezza; XXXI 53 La forma... di paradiso / già... avea compresa / ... e volgeami ... / Uno intendéa, e altro mi rispuose; XXXIII 51 ma io era / già per me stesso tal qual ei volea; XXXIII 143 A l'alta fantasia qui mancò possa; / ma già volgea il mio disio... / l'amor che muove il sole e l'altre stelle.
Nell'accorata rievocazione di Firenze antica, g., che ritorna ben nove volte in 40 versi (Pd XVI 90, 100, 102, 103 Grand'era già, 107 Lo ceppo... / era già grande, e già eran tratti, 118, 121, 122, 133), indica il già fiorente sviluppo di quella condizione storica che, prospettata prima nei difetti che ancora non avea (XV 100-111 Non avea catenella... / Non faceva, nascendo, ancor paura / ... Non avea case di famiglia vòte / ... Non era vinto ancora), inquadra il così dolce ostello (XV 132) in cui Cacciaguida nacque (XVI 40) e vide (vv. 87-93 Io vidi... e vidi... / e vidi) gli alti Fiorentini (v. 86), il cui ‛ pregio ' non era ancora " quasi... già tutto perito " (Guittone Ahi lasso, or è stagion 10).
b) Vn II 1 Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto... quando a li miei occhi apparve... la gloriosa donna de la mia mente; III 11 5; XXIII 13 e già detto avea " O Beatrice ", quando riscotendomi apersi li occhi; If XV 13 Già eravam de la selva rimossi / ... quando incontrammo d'anime una schiera; XVI 1 Già era in loco onde s'udia 'l rimbombo / ... quando tre ombre... si partito; XXIII 19 Già mi sentia... / quand'io dissi; XXVII 1 e 2 Già era dritta in sù la fiamma... / e già da noi sen gia [si osservi il giuoco di parole] / ... quand'un'altra... / ne fece volger; XXXII 103; 124 Noi eravam partiti già da ello, / ch'io vidi due ghiacciati in una buca; XXXIII 26 e 103; XXXIV 10 veder mi parve un tal dificio ... / Già era... / là dove l'ombre tutte eran coperte; Pg V 1 Io era già da quell'ombre partito / ... quando... / una gridò; VIII 1 Era già l'ora che volge il disio / ... quand'io incominciai (che richiama VII 85-87); IX 2 La concubina di Titone antico / già s'imbiancava... / quand'io... / in su l'erba inchinai (che richiama VIII 85-93); IX 9, XII 73; XV 4 tanto pareva già inver' la sera / essere al sol del suo corso rimaso / ... quand'io senti'; XX 124 Noi eravam partiti già... / quand'io senti'; XXII 1 Già era l'angel dietro a noi rimaso / ... quando Virgilio incominciò; XXII 115 e 118 Tacevansi ambedue già li poeti / ... e già le quattro ancelle eran del giorno / rimase a dietro... / quando il mio duca...; XXX 41 l'alta virtù che già m'avea trafitto / prima ch'io fuor di puerizia fosse. Ne mancano chiari esempi nel Paradiso.
5. Con una certa analogia con gli usi di cui a 4.3., g., in una proposizione con il verbo al presente, indica l'incalzare del passato sul momento attuale: ne nasce la rappresentazione complessa di un presente che in sé ingloba eventi precedenti e prospettive future. Quest'uso sembra limitato alle Rime e alla Commedia, specialmente al Paradiso. Cfr. Rime XLIX 7 vostro valore / avanti ch'io mi sia guari allungato, / mi tien già confortato / di ritornar la dolce mia speranza; LXVII 82 Qui giugnerà, in vece / d'una ch'io vidi, la bella figura, / che già mi fa paura; CIII 32 la morte... ogni senso / co li denti d'Amor già mi manduca; Rime dubbie XIII 8, XV 8, IV 13; If VIII 128 e già... discende l'erta / ... tal che per lui ne fia la terra aperta; Pd XV 69 la voce tua sicura... / suoni la volontà... / a che la mia risposta è già decreta; XVI 57 lo puzzo / del villan... / che già per barattare ha l'occhio aguzzo; XVII 49 Questo si vuole e questo già si cerca, / e tosto verrà fatto; XIX 145; XXII 14 se 'nteso avessi... / già ti sarebbe nota la vendetta / che tu vedrai innanzi che tu muoia XXX 3 Forse ... / ci ferve l'ora sesta, e questo mondo / china già l'ombra... / quando 'l mezzo del cielo... / comincia a farsi tal; XXXI 45 quasi peregrin che si ricrea / nel tempio del suo voto riguardando, / e spera già ridir com'ello stea.
6. E chiaro dagli esempi riportati a 4. e 5. che g. s'inserisce funzionalmente in una serie di strutture stilistiche, strettamente collegate, a loro volta, con l'utilizzazione che D. fece del fenomeno sintattico dell'aspetto verbale. D'altronde, che g. sia usato in determinate strutture stilistiche, confermano, sulle 265 occorrenze della Commedia, le 71 attestazioni in inizio di verso (21 nell'Inferno, 23 nel Purgatorio, 17 nel Paradiso), ove g. è preceduto 13 volte da ‛ e ' (rispettivamente 7, 5 e 1), 10 da ‛ che ' (2, 4, 4), 2 da ‛ ma ' (1 nel Purgatorio, 1 nel Paradiso), 1, nell'Inferno, da ‛ né '. Inoltre, in 17 di questi versi, g. è seguito - specialmente nell'Inferno e nel Purgatorio - da una forma dell'imperfetto di ‛ essere ', mentre l'imperfetto di ‛ essere ' è seguito da g. in 2 casi (più un'attestazione di ch'eran già, temp'era già, tant'era già, più era già, grand'era già, e due di io era già).