GHISA (XVI, p. 921; App. I, p. 667; II, 1, p. 1047)
La g. è destinata, in massima parte, alla fabbricazione dell'acciaio e solo il 12% circa viene utilizzato dalle fonderie per la produzione di getti. I getti di g., per motivi tecnici ed economici, non sono facilmente sostituibili, nelle costruzioni meccaniche, sia con getti di altre leghe sia con parti fabbricate con sistemi diversi dalla fusione.
In questi ultimi anni la fonderia si è meccanizzata ed ha fatto molti progressi; gli sforzi dei tecnici si sono, in particolare, orientati verso la realizzazione di getti con caratteristiche sempre più elevate, corrispondenti alle richieste dei progettisti e dei costruttori di macchine.
Tra i forni fusorî, il cubilotto, che è il tipo di forno più antico e più diffuso, ha subìto notevoli perfezionamenti con l'adozione del vento caldo e del rivestimento refrattario basico, aumentando così il suo rendimento termico e permettendo di ottenere fusioni di qualità migliore. Anche i forni elettrici, specialmente quelli ad induzione a frequenza industriale, hanno trovato interessanti ed utili applicazioni nella fonderia di ghisa.
La g. è costituita da una matrice acciaiosa, che possiede elevate caratteristiche meccaniche, nella quale sono disseminate, in modo vario, delle particelle di carbonio grafitico di forma e dimensioni diverse. La resistenza meccanica di una g. dipende quindi dalla natura della sua matrice ed è perciò funzione del tenore di carbonio combinato, cioè della cementite presente.
La resistenza della g. alle varie sollecitazioni è influenzata: dalla diminuzione della sezione resistente causata dalla presenza della grafite; dalla concentrazione degli sforzi e dall'effetto di intaglio dovuti alla quantità, alla forma ed alle dimensioni delle lamelle.
Le forme in cui si può presentare il carbonio grafitico in una ghisa si riducono, al limite, a due: quelle lamellari (fig. 1) e quelle sferoidali (fig. 2). Si possono ottenere g. con matrice ferritica, perlitica, sorbitica, martensitica, austenitica, ecc. e con grafite di forma e grandezza differenti, modificando opportunamente: la composizione; la velocità di raffreddamento; intervenendo con aggiunte e con adatti inoculanti ed anche, infine, trattando termicamente i getti.
Si migliorano di molto, con questi varî procedimenti, le caratteristiche senza poter tuttavia eliminare la fragilità, che è congenita nel materiale. La g., sotto forma di getti, ha una grande importanza nelle costruzioni meccaniche oltre che per il suo relativo basso prezzo anche, e soprattutto, per le seguenti proprietà tecnologiche: eccellente colabilità che permette il riempimento completo di forme anche molto complicate; facilità di elaborazione con forni fusorî abbastanza semplici; buona resistenza alle sollecitazioni ripetute; grande capacità di smorzamento delle vibrazioni; buona conducibilità termica; facilità di lavorazione sulle macchine utensili; buona resistenza alla corrosione ed all'usura; attitudine a poter modificare, facilmente, le sue caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche con appropriate aggiunte, in lega, di altri elementi.
Caratteristiche meccaniche. - Un problema importante, sia per il produttore sia per l'utilizzatore di getti di g., è quello di poter conoscere, a priori, con ragionevole approssimazione, le caratteristiche meccaniche dei pezzi da fabbricare e da mettere in opera. Anche in questa direzione si sono raggiunti dei risultati interessanti, regolando opportunamente la composizione chimica della g. in funzione dello spessore del getto, perché la struttura è determinata dalla velocità di raffreddamento nelle diverse sezioni del pezzo. Infatti la velocità di raffreddamento, che ha una notevole influenza sulla formazione della grafite, e quindi sulle caratteristiche della g., dipende, tra l'altro, dal sistema di formatura utilizzato, dallo spessore del getto, dalla sua forma e dimensione. Se i getti sono di notevole spessore solidificano più lentamente, per cui risulta, a parità di altre condizioni, la presenza di una maggior quantità di grafite o una diminuzione del numero delle particelle, che crescono, in compenso, di dimensioni, influendo notevolmente sulle caratteristiche della ghisa. Le forme e dimensioni della grafite sono state unificate (UNI 3775; v. fig. 3). Se i getti sono invece molto sottili la velocità di solidificazione può essere così elevata da dar luogo a formazione di g. bianca. Per ovviare a questo grave inconveniente è necessario aumentare il tenore in silicio della g. di una quantità calcolata in relazione allo spessore del getto da colare.
Il complesso di fattori che influiscono sulla velocità di raffreddamento prende il nome di "massività". La "massività" influisce doppiamente sulla struttura delle g. perché non solo la grafite, ma anche la matrice stessa risente della velocità di raffreddamento. Mentre la grafite non è più suscettibile di modificarsi dopo la solidificazione del getto, la matrice può subire tutte quelle trasformazioni, allo stato solido, che di norma avvengono negli acciai.
Non si può pretendere, tuttavia, di rappresentare le qualità e le proprietà di un getto, la cui legge di raffreddamento varia da punto a punto, con quelle di una provetta di dimensioni prestabilite, colata a parte, sempre nelle identiche condizioni, con la stessa ghisa del pezzo. Questa provetta, anche se ci informa sulle qualità intrinseche della g., non può rappresentare le caratteristiche del getto, a meno che non si riesca a stabilire una relazione tra le proprietà della barretta e quelle del getto stesso. In questo caso il tipo di g. scelto deve essere adatto allo spessore del pezzo da colare.
Il fenomeno, delle caratteristiche che variano in funzione dello spessore del pezzo colato, è stato rilevato e studiato fin dal 1888 e risolto almeno in parte nel 1944 da A. Collaud, che propose la seguente equazione: log Rx = log R30 + 1,57 (log Hdx − log Hd30), in cui Rx è il carico di rottura del getto, R30 quello di una barretta di 30 mm di diametro, colata a parte con la stessa ghisa del pezzo fuso, Hdx e Hd30 la durezza del getto e della barretta standard, rispettivamente, e infine 1,57 una costante ricavata da determinazioni eseguite su 34 tipi diversi di ghisa.
Per facilitare l'utilizzazione dell'equazione logaritmica sono stati costruiti diversi nomogrammi con i quali è possibile la risoluzione immediata (fig. 4).
Malgrado tutto questo, il problema non è completamente risolto perché l'equazione di Collaud dà solo una informazione a posteriori e nessuna informazione a priori, e cioè nessuna previsione su quelle che saranno le caratteristiche del getto da colare.
Nel caso di un getto in acciaio la sola durezza Brinell può illuminarci sulla resistenza a trazione, che si può empiricamente calcolare, mentre nel caso della ghisa questo calcolo può tutt'al più darci la resistenza della sola matrice. Per mettere in relazione durezza e resistenza a trazione di una g. occorre una relazione più complessa con l'intervento di un altro fattore caratteristico e cioè del modulo di elasticità, tenendo presente che la diminuzione del modulo elastico nelle ghise, rispetto a quello dell'acciaio, deve essere riferita unicamente alla presenza della grafite. Non è quindi possibile risalire alla resistenza alla trazione di un getto attraverso la durezza Brinell senza conoscere il valore del modulo di elasticità; determinazione parecchio difficile in un pezzo fuso qualsiasi.
Si ricorre quindi al grado di saturazione del carbonio (Sc), che permette di conoscere la percentuale di eutettico rispetto alla austenite, e quindi, con una certa approssimazione, la quantità di grafite:
dove
(C. E. = carbonio eutettico; Ct = carbonio totale).
Su queste basi Collaud costruì un diagramma in funzione di Hd e Sc nel quale riuscì ad inserire le altre caratteristiche delle ghise.
Una nuova recente elaborazione del diagramma di Collaud è quella fatta in base alla "massività" ed alla resistenza alla trazione su barrette standard da 30 mm di diametro (fig. 5): con essa è possibile prevedere tutte le caratteristiche meccaniche di un getto, di qualunque peso e spessore esso sia, e scegliere quindi il tipo di g. che garantisca tali caratteristiche. Diagrammi analoghi sono stati di recente introdotti in parecchie unificazioni europee.
Effetto delle aggiunte sulle caratteristiche meccaniche. - Da almeno cinquant'anni i metallurgisti studiano la maniera di migliorare le caratteristiche meccaniche della g. cercando di influire, oltre che sulla struttura della matrice, anche sulla quantità, qualità e distribuzione della grafite e, soprattutto, sulla sua forma. Una delle tecniche impiegate a questo scopo consiste nell'aggiunta, in siviera, di un agente grafitizzante appropriato mentre la g. viene spillata dal forno. Questo sistema fu ideato da Meehan nel 1923 usando, con ottimi risultati, il siliciuro di calcio. Il procedimento venne poi generalizzato con l'impiego di inoculanti costituiti anche da altre sostanze, sia solide come la grafite, il ferro-silicio o leghe diverse, sia gassose come aria, azoto, argon.
Nel 1947 H. Morrogh e W. J. Williams, con addizioni di cerio, ottennero degli sferoidi di grafite che aumentavano di numero se, nella g. così trattata, si facevano inoculazioni di grafitizzanti come ferro-silicio e siliciuro di calcio. Inoltre, nello stesso anno A. P. Gagnebin e collaboratori dimostrarono che con aggiunta, in siviera, di magnesio, sia puro, sia alligato con nichel, rame, silicio, ecc., seguita da una inoculazione con ferro-silicio, si otteneva della grafite sferoidale nei getti allo stato grezzo di fusione. Si è riscontrato che della quantità prestabilita di magnesio, che si impiega per ottenere la grafite di forma sferoidale, parte viene consumata per disossidare e desolforare la ghisa e solo un piccolo residuo entra in lega, tanto che è sufficiente che ne resti da 0,04 a 0,07% per ottenere una perfetta sferoidizzazione della grafite, dopo inoculazione con ferro-silicio (fig. 6 e 7). La presenza anche di piccole tracce di impurezze costituite da titanio, stagno, piombo, alluminio, antimonio, arsenico, bismuto, ecc. ostacola la formazione della grafite sferoidale, per cui devono essere evitate o ridotte al minimo.
La g. ottenuta con questo procedimento è detta g. nodulare o g. sferoidale ed è costituita da una matrice metallica in cui sono dispersi solo degli sferoidi di grafite. Questi sferoidi, data la loro forma particolare, influiscono molto meno della grafite lamellare sulle caratteristiche meccaniche del materiale.
La struttura della matrice può essere variata, sia agendo sulla composizione, anche con aggiunte di eventuali elementi speciali, sia a mezzo di trattamenti termici a cui i pezzi possono essere sottoposti senza particolari difficoltà. La matrice può quindi risultare, a volontà, completamente ferritica, mista ferritico-perlitica, perlitica pura, martensitica, sorbitica, bainitica, austenitica, ecc. I trattamenti termici possono consistere in ricotture, in normalizzazioni, in bonifiche, ed in casi particolari anche in tempre superficiali realizzate alla fiamma o per riscaldamento per induzione elettrica ad alta frequenza.
Il fenomeno della sferoidizzazione della grafite è oggetto di numerosissimi studî e pubblicazioni, soprattutto per quanto riguarda il meccanismo di solidificazione di questo tipo di ghisa. Due sono infatti i punti fondamentali da chiarire, e cioè: in quale momento, durante o dopo il passaggio dallo stato liquido a quello solido, si formi la grafite, e perché il carbonio grafitizzi, dopo il trattamento col magnesio, in forma sferoidale anziché nella consueta forma lamellare.
Le varie teorie e le molteplici ipotesi si possono ridurre e raggruppare come segue e cioè: che la grafite si formi, indirettamente, per decomposizione della cementite; che la grafite si formi direttamente dal liquido; che la grafite precipiti dalla soluzione solida satura in carbonio. Quello che invece risulta certo è che nelle g. sferoidali si riscontra un fenomeno di sopraffusione molto rilevante, che non si nota nelle g. normali con grafite lamellare; che l'effetto del magnesio è proprio quello di provocare una notevole sopraffusione nella ghisa trattata con questo metallo; che la grafite a forma di sferoidi risulta meno stabile di quella lamellare.
In conclusione il problema appare veramente molto complesso e non esiste ancora una teoria generale che possa tener conto, spiegandoli, di tutti i fenomeni riscontrati. Tuttavia sembra molto probabile che: la grafite lamellare prenda quasi sempre origine dal liquido; che la grafite sferoidale si formi, il più delle volte, dal liquido; che la crescita degli sferoidi avvenga per diffusione del carbonio in un mezzo solido e cioè attraverso l'austenite; e che, a solidificazione avvenuta, possano anche generarsi degli sferoidi dalla cementite.
La composizione della g. più adatta alla produzione della sferoidale è all'incirca la seguente:
Lo zolfo e l'ossigeno devono essere contenutì in tenori i più bassi possibili perché, consumando inutilmente del magnesio, aumentano il costo dell'operazione. Questo tipo di g. può essere elaborato con qualsiasi forno fusorio, ma il cubilotto a rivestimento basico è ancora quello che tecnicamente dà i migliori risultati con la minore spesa.
Le g. sferoidali rappresentano un ottimo materiale moderno da costruzione che unisce tutte le buone qualità delle ghise grigie ad alta resistenza a quelle dell'acciaio fuso. Si possono, infatti, colare, senza difficoltà, getti a pareti sottili e molto complicati, che presentano una buona resistenza all'usura ed alla corrosione, che si lavorano facilmente sulle macchine utensili, che si possono trattare termicamente in vario modo e che posseggono le caratteristiche meccaniche più adatte alle diverse applicazioni industriali, che sono molto numerose, importanti ed in continuo aumento.
Ghise all'alluminio.- Tra le g. speciali di recente studiate sono da segnalare, in modo particolare, quelle contenenti alluminio, che possono trovare delle applicazioni interessanti nelle costruzioni per l'industria chimica ed elettromeccanica. L'aggiunta di alluminio in piccole quantità, circa l'uno, uno e mezzo per cento, non è una novità perché da tempo questo elemento era stato aggiunto, insieme al cromo (0,5-2%) e anche al molibdeno (0,30-70%), alle ghise, allo scopo di poterle indurire a mezzo della nitrurazione.
Sono invece quelle con tenori più elevati di alluminio che presentano nuove e più interessanti caratteristiche. L'alluminio è solubile nel ferro fino al 36% circa formando una soluzione solida che è magnetica fino a un contenuto del 17% di alluminio.
L'alluminio in tenori del 3-4% agisce come elemento grafitizzante del carbonio; aumentando progressivamente l'aggiunta, l'effetto grafitizzante diminuisce, tanto che col 10% circa la g. solidifica nella forma bianca perché tutto il carbonio contenuto nella lega si unisce al ferro ed all'alluminio per formare un carburo complesso, detto fase Σ.
Se si supera il 18% di alluminio il fenomeno si inverte: infatti scompare il carburo doppio e riappare la grafite che è dispersa in una matrice ferritica. Aumentando ancora il tenore di alluminio, e cioè superando il 27%, si forma un carburo di alluminio, Al4C3, che appare in forma aciculare in matrice ferritica. In funzione dell'alluminio aggiunto aumentano la resistenza all'ossidazione a caldo anche in presenza di solfo e la resistività elettrica della g. mentre diminuisce progressivamente la densità. Anche le caratteristiche meccaniche variano notevolmente, e superando il 5% di alluminio le g. diventano sempre più fragili. Interessante il diagramma riportato in fig. 8.
Per quanto riguarda le applicazioni industriali le g. col 4% circa di alluminio, data la loro notevole resistenza alla ossidazione ed alla solforazione, possono essere impiegate per cassette da cementazione, per storte per la distillazione dello zolfo e per la fabbricazione del solfuro di carbonio, per raspe di mescolazione del solfuro sodico, ecc. Quelle con tenori più alti di alluminio, oltre il 20%, possono trovare utile impiego in parti di forni, per resistenze elettriche fuse, per costruzioni elettromeccaniche, per parti che debbano resistere all'abrasione ed alla ossidazione a temperature elevate, ecc. (per es. i denti dei bracci mescolatori dei forni per l'arrostimento delle piriti o di altri minerali contenenti zolfo).
Produzione. - La produzione mondiale di g. e ferroleghe, nonostante le contrazioni registrate in Europa ed in Asia in seguito alla guerra, risultava nel 1948 lievemente superiore al livello d'anteguerra grazie soprattutto agli aumenti verificatisi nell'America Settentrionale. Fra il 1946-48 e il 1953-55 la produzione è raddoppiata nell'Europa Occidentale, triplicata negli stati che rientrano nel blocco sovietico e ha continuato ad espandersi sia negli Stati Uniti d'America, sia nel Canada.
Nel 1953-55 la produzione di g. e di ferroleghe dell'Europa Occidentale, degli S. U. A. e del Giappone risultava superiore del 76% a quella del 1936-38, mentre la produzione di minerali di ferro cresceva nel medesimo periodo di tempo del solo 62%. Il rapporto della produzione di g. e di ferroleghe rispetto a quella di minerali di ferro saliva così al 133% nel 1953-55 dal 120% nel 1946-48. Questo aumento riflette sia la crescente importanza delle ferroleghe nella produzione totale, sia la tendenza dei paesi industriali a rivolgersi più frequentemente a fonti estere per i loro rifornimenti di minerali di ferro. Così, nei paesi industriali si aveva, infatti, un aumento di 54 milioni di t per la g. e le ferroleghe e di 40 milioni di t per i minerali di ferro, mentre nei paesi esportatori di materie prime si verificava il contrario: la produzione di minerali di ferro cresceva di 14 milioni di t e quella di ghisa e di ferroleghe di soli 4 milioni di tonnellate.
Nel 1957 la produzione è salita pressoché ovunque, ad eccezione del Belgio, dell'Ungheria, dell'India e del Sudafrica. Per molti paesi si sono toccati nuovi massimi. Ad esempio negli S. U. A., ove la produzione di acciaio grezzo con 112,7 milioni di short tons (da 907 kg) era risultata inferiore sia a quella di primato del 1955 (117,0 milioni) sia a quella del 1956 (115,2 milioni), si aveva un aumento per quella di g. e di ferroleghe che saliva a 70,8 milioni di t contro 67,8 milioni nel 1956.
Complessivamente la produzione mondiale raggiungeva 205 milioni di t nel 1957. Fra i maggiori paesi produttori figurano, accanto agli S. U. A. e all'URSS, la Repubblica Federale di Germania, la Francia, il Giappone e il Belgio.
Uno dei principali problemi che l'industria siderurgica europea si è trovata a dover affrontare in questi ultimi anni consisteva proprio nella copertura del fabbisogno di rottami: ciò ha determinato la tendenza, registratasi in numerosi paesi, ad espandere in maggior misura la produzione di g. rispetto a quella di acciaio. Ciò non ostante in molti paesi la produzione di acciaio ha continuato ad aumentare con un ritmo più elevato di quello registrato dalla ghisa. Le eccezioni sono costituite dal Lussemburgo, la regione della Saar, la Svezia, la Gran Bretagna, la Cecoslovacchia e la Romania.
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