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GHISA

di Leno MATTEOLI - Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)
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GHISA (XVI, p. 921)

Leno MATTEOLI

Ghise di qualità (p. 925). - Nella voce sono stati esaminati i principali fattori che influiscono sull'affinamento della grafite e si è veduto che uno dei più efficienti è il surriscaldamento della ghisa fusa; questo benefico effetto fu spiegato col fatto che il surriscaldamento, sciogliendo le ultime tracce di grafite grossolana preesistente, favorisce il sottoraffreddamento, e quindi la formazione di molti germi cristallini. Ma recenti esperienze avrebbero dimostrato che la grafite si scioglie completamente nella ghisa fusa anche a temperature inferiori a quelle di surriscaldamento, e quindi tale ipotesi non sembra del tutto soddisfacente.

Queste ricerche hanno anche mostrato la possibilità d'influire sulle dimensioni della grafite mediante il controllo delle inclusioni non metalliche del bagno fuso: così Norbury e Morgan, aggiungendo titanio alla ghisa, hanno dimostrato che le inclusioni ad alto punto di fusione favoriscono la formazione di grafite grossolana, mentre quelle il cui punto di fusione è inferiore alla temperatura di solidificazione della grafite ne favoriscono la deposizione in elementi assai più fini e meglio distribuiti.

Trattamenti termici delle ghise (v. anche termici trattamenti, XXXIII, p. 557). - Nel capitolo "Le ghise speciali" (XVI, p. gz7) si è accennato alla possibilità di migliorare le caratteristiche meccaniche dei getti di ghisa mediante trattamento termico; solo recentemente però si è riusciti a superare le gravi difficoltà connesse con questa operazione, prima fra tutte il pericolo delle fessurazioni, praticandola in determinate condizioni, su tipi di ghisa particolarmente adatti allo scopo. Infatti, solo se la matrice è prevalentemente perlitica e la grafite è finemente suddivisa e ben distribuita, il trattamento termico può produrre i miglioramenti desiderati.

Uno degli inconvenienti più temuti nel trattamento termico delle ghise (e specialmente in quello di bonifica) è costituito dal pericolo della grafitizzazione, cioè della decomposizione della cementite in grafite e ferrite: vi si ovvia con aggiunte di elementi, come cromo e molibdeno, formanti carburi più stabili della cementite. In generale le ghise da trattamento contengono 2÷2,4% di carbonio grafitico e 0,6÷0,9% di carbonio combinato.

Ricottura. - Per eliminare le tensioni interne dei getti spesso si pratica una ricottura a temperatura relativamente bassa per la durata di 1-5 ore, a seconda delle dimensioni del pezzo.

Per facilitarne invece la lavorazione alle macchine utensili, le ghise vengono sottoposte ad una ricottura detta di addolcimento, che produce coalescenza della perlite, mentre se è presente cementite libera (specialmente nelle zone dei getti solidificate troppo rapidamente e risultanti perciò a frattura bianca o trotata), questa si decompone con formazione di ferrite e di carbonio grafitico. La ricottura di addolcimento viene eseguita normalmente a 760°-820° e solo per certi tipi di ghisa contenenti forti quantità di elementi speciali occorrono temperature fino a 900°. La durata è funzione delle dimensioni dei getti e della composizione: le ghise a basso tenore di silicio e di carbonio totale necessitano di tempi di ricottura più lunghi di quelle che ne sono ricche; le ghise al cromo e al molibdeno richiedono anch'esse durate maggiori che non le ghise grige comuni.

Tempra e rinvenimento. - Il trattamento di bonifica (tempra e rinvenimento) viene praticato allo scopo di migliorare le caratteristiche meccaniche, e specialmente la tenacità e la resistenza all'usura.

Analogamente agli acciai, le ghise assumono con la tempera struttura martensitica, la quale col rinvenimento si trasforma in sorbitica.

La temperatura di tempra delle principali ghise da trattamento varia da 790° a 850°: il manganese, il nichelio, il molibdeno abbassano i punti di trasformazione, il che consente di eseguire la tempra a temperature più basse: il silicio e il cromo innalzano invece tali punti.

Il mezzo temprante più comunemente usato è l'olio: aggiunte di manganese, molibdeno, nichelio e cromo diminuiscono la velocità critica di tempra e permettono la formazione di martensite anche con raffreddamenti più lenti (in aria, p. es.).

Nell'annesso diagramma è mostrata l'influenza della tempra e della temperatura di rinvenimento sulla durezza e sul carico di rottura di una ghisa grigia comune.

Ove interessi la sola resistenza all'usura, il rinvenimento viene eseguito a temperature relativameme basse, e in certi casi viene addirittura omesso.

Riportiamo le composizioni tipiche di alcune ghise da bonificare, e le loro caratteristiche meccaniche dopo trattamento:

Nei getti di ghisa da temperare si dovranno evitare i profili molto complicati e in generale si dovranno osservare, come per gli acciai, tutte quelle precauzioni atte ad evitare il perico o di fessurazioní (v. termici, trattamenti, XXXIII, p. 559)

Fra le principali applicazioni delle ghise da trattamento sono da segnalare le camicie dei cilindri di motori a scoppio: si è notato che la resistenza all'usura dei cilindri di ghisa trattati termicamente è circa 2÷7 volte superiore a quella degli stessi cilindri in ghisa greggia di colata. Ancora maggiore è la resistenza all'usura delle camicie di ghisa nitrurate (v. cementazione, App.).

Ghise speciali (p. 927 e tabella a pag. 929). - Per quanto riguarda le ghise per parti di macchine o per costruzioni meccaniche in genere, quelle al molibdeno hanno trovato sempre più vaste applicazioni per le loro ottime caratteristiche di resistenza meccanica, resistenza all'usura e per il loro buon comportamento in servizio alle alte temperature.

Nella tabella annessa sono raccolte le composizioni medie dei tipi di ghisa più usati per alcune particolari costruzioni meccaniche:

Tra le ghise resistenti alla corrosione si sono affermate, specialmente per la loro resistenza all'acido nitrico concentrato e all'acido solforico caldo, quelle al 14÷18% di silicio e al 0,8÷0,9 di carbonio (Silal): le caratteristiche meccaniche di questi materiali sono piuttosto deficienti, ma sembra che l'aggiunta del 2% circa di alluminio le migliori.

Anche le ghise austenitiche al nichelio-cromo-rame (tipo Niresist, Nimol) hanno trovato impieghi sempre più vasti, specialmente come materiali resistenti agli alcali ed agli acidi minerali diluiti. La composizione di queste leghe oscilla entro vasti limiti (C = 2 ÷ 4% Ni = 5 ÷ 35%, Cr = 2 ÷ 8%, Cu = 2,2 ÷ 16%, Mn = 3 ÷ 10%, Al = 0 ÷ 3%), ma la composizione media più usata è la seguente: C = 3%, Si = 1,5%, Mn = 1%, Ni = 14%, Cu = 7%, Cr = 2%. Le caratteristiche meccaniche delle ghise austenitiche sono ottime e la loro resistenza alla corrosione è paragonabile a quella dei migliori bronzi.

Anche le ghise resistenti al fuoco si sono molto diffuse. Uno dei maggiori inconvenienti cui le ghise dànno luogo quando si riscaldano per lungo tempo a temperature elevate è quello noto sotto il nome di "rigonfiamento" o "ingrossamento", cioè aumento permanente di volume.

Il rigonfiamento sembra dovuto alla decomposizione del carburo in grafite e ferrite (decomposizione, la quale, come è noto, avviene con aumento di volume), cui si accompagna un'ossidazione interna: quest'ultima sarebbe facilitata dal fatto che l'aria può penetrare nell'interno del materiale attraverso le cavità microscopiche che si formano a causa della diversa dilatazione termica del ferro e del carbonio grafitico. Numerosi fattori influiscono sull'andamenio di questo fenomeno, fra i quali ricordiamo: a) la composizione, e specialmente il contenuto elevato in carbonio e silicio, che, favorendo la decomposizione del carburo, favoriscono anche il rigonfiamento, mentre il nichelio ed il cromo lo ostacolano; b) la struttura: la grafite finemente distribuita è preferibile a quella grossolana; c) il contenuto in gas: le ghise contenenti gas rigonfiano più facilmente di quelle che ne sono esenti (p. es., ghise fuse nel vuoto); d) l'atmosfera durante il riscaldamento: il rigonfiamento è più forte con atmosfere ossidanti o ricche in vapor d'acqua che non in quelle neutre: e) la temperatura: il rigonfiamento è tanto più forte quanto più alta è la temperatura: le oscillazioni attorno alla temperatura di trasformazione aggravano notevolmeme l'entità del fenomeno.

Per sollecitazioni a temperature non molto elevate si può usare, come si è veduto, una ghisa a basso tenore di fosforo nella quale il contenuto di silicio non superi l'1,5%. Per sollecitazioni medie hanno fatto buona prova alcune ghise a basso tenore di elementi speciali (Cr = 0,30 ÷ 0,70, Si = 1,5 ÷ 2,5) contenenti 0,35 ÷ 0,80% di molibdeno.

Le ghise al silicio del tipo Silal presentano una buona resistenza all'ossidazione, ma si usano molto limitatamente a cagione della loro fragilità.

Finalmente fra i tipi che più si prestano a resistere a temperature elevate si ricordano, oltre alle ghise austenitiche precedentemente citate, le ghise al cromo-nichelio-silicio del tipo Nicrosilal (Cr = 1,8%, Si = 6,0%, Ni = 18%, Cr = 2%, Mn 〈 1%).

Bibl.: A.S.T.M. (Amer. Soc. for Testing Materials), Symposium on castiron, XXXIII (1933), pp. 115-273; P. Oberhoffer, Das technische Eisen, Berlino 1936; H. Jungbluth, Gusseisen. Werkstoff-Handbuch Stahl und Eisen, Blatt L-11. - Per le ghise di qualità: A. L. Norbury e E. Morgan, in Journ. Ir. Steel Inst., CXXXIV (1936), pp. 327-358; E. Piwowarsky, Die Giesserei, ibid., XXIV (1937), p. 510. - Per i trattamenti termici: F. E. Hurst, in Journ. Ir. Steel Inst., CXXV (1932), p. 223; J.W. Bolton, Foundry, ibid., LXII (1934), p. 18; M. v. Schwarz e A. Väth, Die Giesserei, ibid., XXI (1934), p. 345; A. Le Thomas, Die Giesserei, ibid., XXIII (1936), p. 339; A. A. Timmins, in Foundry Trade Journ., LIV (1936), pp. 421-423. - Per le ghise speciali: J. W. DOnaldson, in Journ. Soc. Chemical Industry, L (1931), p. 787; A. L. Norbury e E. Morgan, in Journ. Ir. Steel Inst., CXXVI (1932), p. 301; E. Morgan, in Foundry Trade Journal, XLIX (1933), pp. 31-34 e 47; A. Le Thomas e M. Ballay, in Revue de Métallurgie, XXXIII (1936), pp. 24-37; H. J. Tapsell, M. L. Becker e C. G. Conway, in Journ. Ir. Steel Inst., CXXXIII (1936), pp. 303-347; J. W. Donaldson, in Foundry Trade Journal, LIV (1936), pp. 417-423.

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