GHISA (dal ted. giessen "versare"; fr. fonte; sp. hierro fundido; ted. Gusseisen; ingl. cast iron)
La ghisa si classifica tra i prodotti siderurgici che non sono congenitalmente malleabili. Essi possono divenirlo sino a un certo grado soltanto dopo opportuno trattamento termico; e allora sono noti commercialmente con il nome di ghisa malleabile (v. acciaio: Definizione e classificazione; e per la fabbricazione v. ferro).
Se consideriamo, per semplicità, la ghisa come costituita di una lega di ferro e carbonio, riservandoci poi di definire quali siano gli altri suoi costituenti chimici e quale influenza vi esercitino, possiamo differenziarla in due grandi categorie: ghisa bianca per l'aspetto della sua frattura derivante dal fatto che il carbonio si trova allo stato di carbonio combinato e cioè di carburo di ferro (Fe3C), e ghisa grigia in cui il carbonio si trova o in tutto o in parte allo stato di carbonio elementare. Se la maggior parte del carbonio si presenta allo stato di carbonio combinato, l'aspetto della frattura può essere in parte grigio, in parte bianco, donde il nome di ghisa trotata (fig. 1).
La differenziazione tra acciai e ghise trova un fondamento teorico nello studio del diagramma di equilibrio delle leghe ferro-carbonio, i cui costituenti strutturali dipendono dal tenore di carbonio contenutovi (v. acciaio: Diagramma di equilibrio delle leghe ferro-carbonio). Ma negli acciai, almeno nella quasi generalità dei casi, come nelle ghise bianche, il carbonio si trova sotto forma di carbonio combinato, mentre, come s'è detto, nelle ghise grige esso vi si trova in tutto o in parte sotto forma di carbonio elementare. La ragione di ciò risiede nella facile tendenza del carburo di ferro a decomporsi nei suoi elementi, ferro e carbonio, tendenza che è accelerata da un'elevata temperatura e dalla presenza di alcuni costituenti chimici e in specie del silicio, che, in maggiore o minore proporzione, si accompagnano sempre alla ghisa, e da altre condizioni sperimentali di cui diremo appresso. Quanto più elevata è la temperatura e quanto maggiore è, almeno entro certi limiti, la quantità di silicio presente, tanto maggiore è la tendenza a decomporsi del carburo di ferro. Essa aumenta anche col crescere del tenore di carbonio totale: onde si capisce anche come, avendo le ghise in generale un tenore di carbonio assai superiore a quello degli acciai (in generale superiore al 2,3 ÷ 2,4%), in esse la tendenza del carburo a decomporsi nei suoi elementi sia di gran lunga superiore che in questi. Questa è la ragione per cui il carbonio elementare non si riscontra se non in via affatto eccezionale negli acciai. Per renderci esatto conto della struttura metallografica delle ghise grige e delle proprietà fisiche e meccaniche che ne derivano, dobbiamo perciò prendere in considerazione non solo il diagramma "labile" ferro-cementite, ma anche il diagramma "stabile" ferro-carbonio elementare.
Il diagramma ferro-carbonio elementare. - Il carbonio elementare che si separa dalle leghe ferro-carbonio si designa col nome di grafite e di carbonio di ricottura. La prima è un importante costituente strutturale della ghisa grigia, il secondo della ghisa malleabile. Anche il carbonio elementare è solubile nel ferro fuso ed è capace di sciogliersi sino a una determinata percentuale nel ferro solidificato.
La fig. 2 riporta le linee di equilibrio tanto del sistema labile ferro-cementite quanto del sistema stabile ferro-carbonio elementare. In essa le linee tratteggiate si riferiscono all'equilibrio stabile. Ai due diagrammi sono comuni le linee ABC′, AH, HJB, NH, NJ e GOS′, mentre appartengono al sistema stabile le linee C′D′, E′C′F′, E′S′ e P′S′K′. Il significato di esse è analogo a quello delle CD, ECF, ES e PSK del sistema metastabile, e cioè: C′D′, separazione primaria di carbonio elementare, detto carbonio primario o grafite di schiuma; E′C′F′, separazione dell'eutettico soluzione solida γ + grafite: questa grafite eutettica si separa in forma assai più fine e suddivisa della grafite primaria; E′S′, separazione del carbonio elementare dalla soluzione solida γ: detto carbonio è designato come carbonio di ricottura o grafite proeutettoide. P′S′K′, separazione dell'eutettoide ferro α- carbonio di ricottura (grafite eutettoide).
Le concentrazioni dei punti singolari sono: E′, 1,3%, limite di solubilità del carbonio elementare nel ferro γ; C′, 4,25%, contenuto di carbonio dell'eutettico grafite-soluzione solida: la temperatura di solidificazione è a 1152°; S′, 0,7%, tenore di carbonio dell'eutettoide ferrite-carbonio: la temperatura di formazione dell'eutettoide 733°; la linea dell'eutettoide a grafite è quindi di 12° superiore a quella dell'eutettoide a carburo. L'esame röntgenografico ha dimostrato che le diverse forme di carbonio elementare che si riscontrano nelle leghe ferro-carbonio sono cristallograficamente identiche. Esse si differenziano tra loro solamente per le dimensioni dei cristalli, e precisamente il grano cristallino della grafite della ghisa grigia ha dimensioni da circa il doppio al triplo del carbonio di ricottura. Il reticolo spaziale del carbonio elementare è romboedrico. Molte delle curve del sistema stabile sono state determinate, α differenza di quelle del sistema labile, con metodi indiretti.
A complemento di questo accenno al diagramma ferro-carbonio elementare risultante dagli studî di R. Ruer, P.J. Goerens, J. Biren M. Ilijn e altri sperimentatori, accenniamo al fatto che ancora oggi non tutti ritengono necessario ricorrere al diagramma doppio per spiegare la presenza della grafite nella ghisa. Si può infatti ammettere che la grafite si formi nelle ghise che solidificano per rapida decomposizione del carburo di ferro e, poiché la velocità di decomposizione del carburo è, a parità di altre condizioni, tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura, che essa avvenga con crescente difficoltà nell'ordine seguente:1. grafitizzazione della cementite proeutettica; 2. grafitizzazione della cementite eutettica; 3. grafitizzazione della cementite proeutettoide; e infine, 4. grafitizzazione della cementite eutettoide. La disposizione nettamente eutettica della grafite che si osserva spesso nelle ghise grige (fig. 3) lascerebbe però ritenere che essa si sia separata direttamente dal liquido e non provenga dalla decomposizione del carburo.
I costituenti strutturali delle ghise grige. - Le varietà di ghisa grigia commerciale non appartengono né al sistema labile né al sistema stabile, ma costituiscono una mescolanza di entrambi. La fig. 4 riporta la microstruttura di una ghisa contenente quasi esclusivamente carbonio grafitico e ferrite, e che rappresenta pertanto uno dei termini estremi della serie. La ghisa è ipereutettica, e perciò vi si riscontra grafite di schiuma in forma di grosse piastre, accanto a grafite eutettica, a carbonio di ricottura, formatosi per decomposizione della soluzione solida, e ferrite. Il metallo consta perciò di una matrice ferritica imbevuta di grafite. All'estremo opposto delle ghise grige si trovano le ghise contenenti solamente carbonio combinato, costituite perciò in definitiva di perlite e di un'elevata quantità di cementite libera (ghisa bianca; v. acciaio: Diagramma di equilibrio delle leghe ferro-carbonio; figure 14, 15 e 16). Le ghise bianche sono dure e fragili a cagione dell'elevata quantità di cementite presente, che è un costituente strutturale duro e fragile. Ma nei getti di ghisa, a meno di condizioni di raffreddamento del tutto eccezionali (il lento raffreddamento favorisce lo stabilirsi dell'equilibrio stabile, mentre il rapido raffreddamento favorisce lo stabilirsi dell'equilibrio labile), si riscontrano generalmente carbonio grafitico e carbonio combinato: e precisamente nella maggior parte dei casi essi contengono dal 0,25% all'1,50% di carbonio combinato, mentre la quantità di carbonio residua si trova allo stato di carbonio grafitico. Ora, poiché le proprietà del metallo dipendono dai costituenti strutturali presenti, e questi a loro volta dalla quantità di carbonio combinato, dette proprietà, e in particolare la resistenza e la durezza, dipenderanno in primo luogo dalla proporzione di carbonio combinato e grafite che contengono.
Le ghise grige possono perciò essere considerate come costituite di una matrice acciaiosa, la cui continuità è interrotta in maggiore o minor misura dalla presenza della grafite, a seconda della proporzione, delle dimensioni e della distribuzione degli elementi di essa. La matrice consta infatti di un aggregato di ferrite e cementite parzialmente associate per formare perlite. Nella ghisa priva di carbonio combinato, la matrice risulterà costituita di ferrite pura e perciò possiederà le caratteristiche di un ferro più o meno puro; col crescere del carbonio combinato la matrice risulterà costituita, come per gli acciai, di ferrite e perlite e parteciperà perciò dei caratteri degli acciai ipoeutettoidi a tenori crescenti di carbonio, sino a che, per un contenuto del 0,7-0,8% circa di carbonio, la matrice sarà costituita di perlite pura e possiederà i caratteri di un acciaio eutettoide. Se il tenore di carbonio supererà quello dell'eutettoide, si avrà presenza di cementite libera, analogamente a quanto si osserva in un acciaio ipereutettoide. In altre parole, allorché il tenore di carbonio combinato cresce, avvengono mutamenti strutturali nella matrice metallica della ghisa identici a quelli osservati e descritti nel caso dell'acciaio. La struttura delle ghise contenenti quantità crescenti di carbonio combinato è illustrata alle figg. 5, 6, 7. Alla fig. 8 si vede la microstruttura di una ghisa trotata, con zone contenenti cioè carbonio grafitico e zone che ne sono prive.
Proprietà fisiche e meccaniche della ghisa grigia in relazione alla sua microstruttura. - Esse dipendono, come s'è visto, dalle proprietà della matrice e dalla forma, dimensione e ripartizione della grafite. La durezza e la resistenza aumentano col crescere del tenore di carbonio combinato, la durezza continuamente, la resistenza sino alla composizione dell'eutettoide. Se si vorrà conseguire una buona resistenza, occorrerà pertanto aver cura di ottenere una matrice acciaiosa della maggiore resistenza possibile, e cioè completamente perlitica (con il 0,8% circa di carbonio combinato, poiché, come si sa, è il costituente perlitico quello che negli acciai possiede la massima resistenza) e inoltre diminuire il più possibile la quantità di carbonio grafitico che viene a interromperne la continuità, che è quanto dire diminuire la quantità di carbonio totale, e cercare che questo carbonio grafitico eccedente la composizione dell'eutettoide perlitico sia il più fine e il meglio uniformemente ripartito possibile. Ma nella pratica ordinaria al cubilotto non è facile contenere la quantità di carbonio totale entro limiti bassi (al di sotto del 3% in cifra tonda). Ci si deve, quindi, spesso accontentare di influire specialmente sulla costituziolle della matrice metallica, in modo che essa riesca il più vicino possibile a quella perlitica.
Tra le ghise di varia composizione, particolare menzione merita quella a composizione eutettica. Essa, come risulta dal diagramma riportato alla fig. 2, solidifica interamente a temperatura costante (punti C e C′), mentre tutte le altre ghise contenenti un tenore di carbonio maggiore o minore di quello corrispondente a detti punti solidificano entro un intervallo di temperatura, che è tanto più ampio quanto più la loro composizione si discosta da quella eutettica. Ora il compiersi della solidificazione entro un intervallo di temperatura, in certi casi considerevole, apporta un duplice ordine d'inconvenienti: da un lato viene favorita la segregazione chimica e la formazione del cono di ritiro; dall'altro, la formazione e la segregazione di larghe particelle di grafite, poiché, passando il metallo per uno stato semifluido prima della sua completa solidificazione, le particelle di grafite hanno tempo di ingrossarsi considerevolmente. Nelle ghise di composizione eutettica, invece, la solidificazione avviene a temperatura costante e rapidamente, e la grafite si separa in elementi finissimi distribuiti uniformemente nella matrice metallica. Ma l'eutettico delle leghe costituite di ferro e carbonio soltanto, si trova a una concentrazione del 4,3% circa di carbonio totale, contenuto evidentemente troppo elevato perché la matrice possa ancora risultare sufficientemente tenace: dovendosi cercare che la matrice risulti a struttura il più possibile perlitica (con il 0,8% circa di carbonio combinato) la forte quantità di grafite eccedente (il 3,5% circa) verrebbe infatti ad annullare i vantaggi che si conseguono con una sua distribuzione in elementi più fini e più uniformemente ripartiti. In pratica è presente però una certa quantità di silicio, il quale, oltre a favorire lo stabilirsi dell'equilibrio stabile a grafite, abbassa anche la concentrazione dell'eutettico sino a tenori di carbonio compatibili con una buona tenacità della matrice metallica. Le ghise relativamente povere di carbonio e a matrice perlitica sono note in commercio anche sotto il nome di ghise accioiose e si fabbricano correntemente già da lungo tempo per molti usi, ove si richieda una resistenza relativamente elevata. Esse verrebbero in certo modo a costituire un termine di transizione tra gli acciai e le ghise comuni. Il termine di ghisa acciaiosa è però alquanto improprio, poiché questo prodotto, a differenza dell'acciaio, non è malleabile, è poco duttile e contiene ancora quantità più o meno rilevanti di carbonio grafitico.
Nella pratica, dunque, se si richiedono getti assai facilmente lavorabili, e non interessa che siano molto tenaci, si dovrà cercare di avere un tenore più basso possibile di carbonio combinato; se invece interessa di avere una grande durezza, si dovrà cercare di ottenere una proporzione di carbonio combinato elevata, e perciò poca grafite libera; allorché si voglia un'estrema durezza, il carbonio dovrà essere tutto allo stato combinato, ma a questa durezza si accompagnerà allora una grande fragilità e i getti non saranno più lavorabili. Nella maggioranza dei casi, i getti dovranno possedere una durezza non troppo elevata, in modo da essere ancora facilmente lavorabili, e una resistenza sufficientemente elevata. Questa combinazione di proprietà si ottiene producendo una ghisa la cui matrice abbia un tenore di carbonio combinato compreso tra o,30 e o,80%.
Occorre anche talvolta produrre getti di ghisa molto duri alla loro superficie, ma dolci e relativamente tenaci verso il centro. Il processo è in certo modo analogo a quello di cementazione dell'acciaio (v. cementazione), ma molto più semplice ed economico. Questo intento si consegue adottando una composizione chimica conveniente e regolando la velocità di raffreddamento in modo da evitare la formazione della grafite nelle parti che debbono risultare dure e favorendone la formazione nelle parti che debbono risultare molli. Il mezzo generalmente adoperato consiste nel colare su piastre di ferro quelle parti che debbono essere indurite, e su terra le altre parti. La più rapida solidificazione e l'ulteriore più rapido raffreddamento del metallo che viene in contatto con le piastre di ferro vi producono la formazione di cementite, e quindi durezza. I getti che ne risultano sono noti sotto la denominazione di getti in conchiglia (come ad esempio ruote temprate, cilindri temprati, ecc.).
Influenza della composizione chimica sulla struttura e sulle proprietà della ghisa. - I costituenti chimici che generalmente accompagnano la ghisa sono - oltre il carbonio, il quale influisce non solo sulla sua colabilità, ma anche, come si è visto, sui suoi caratteri metallografici, fisici e meccanici - il silicio, il manganese, il fosforo e lo zolfo. Essi provengono dalla ghisa d'altoforno (v. ferro: Fabbricazione) e perciò si trovano anche nel prodotto di seconda fusione. A seconda dello scopo da conseguire, il fonditore dovrà perciò curare di eseguire le sue fusioni mescolando convenientemente le materie prime (ghisa di prima fusione, rottame di ghisa o acciaio e altre opportune aggiunte), in modo da ottenere la composizione desiderata. Questi costituenti normali delle ghise possono variare entro limiti relativamente elevati, e cioè: carbonio da 3,0 a 3,6%; silicio da o,5 a 3%; manganese da 0,4 a 1,2%; fosforo da 0,3 a 1%; zolfo da 0,08 a 0, 15%. Nelle ghise di qualità il tenore di carbonio può discendere anche sino al 2,4%.
Sull'influenza del carbonio totale e del tenore di carbonio combinato sui costituenti strutturali della ghisa e sulle sue proprietà è stato detto in precedenza.
Il silicio, dopo il carbonio, è il costituente più importante. Esso si trova in soluzione solida nella ferrite. Sino a una certa percentuale, favorisce la formazione della grafite, e cioè lo stabilirsi dell'equilibrio stabile. La tendenza alla formazione della grafite aumenta rapidamente a partire da circa l'1% di silicio (fig. 9), per poi tornare a diminuire. Il silicio aumenta anche la tendenza alla decomposizione del carburo di ferro (fig. 10), tendenza che è tanto maggiore quanto più elevato è il contenuto di carbonio totale della ghisa: epperò l'azione combinata del silicio e del carbonio favorisce la grafitizzazione. Oltre a produrre questo importante effetto, il silicio abbassa la solubilità del carbonio nel ferro, cosicché, nel sistema binario ferro-carbonio, la linea C′D′ della fig. 2 si sposta verso sinistra con l'aumentare del tenore di silicio. Conseguentemente anche il tenore di carbonio dell'eutettico viene abbassato; la temperatura dell'eutettico viene invece innalzata da tenori crescenti di silicio (fig. 11). Così pure il tenore di carbonio della perlite si abbassa in modo pressoché lineare col crescere del tenore di silicio, mentre si alza la temperatura di trasformazione dell'eutettoide (fig. 12).
Il manganese si trova in parte disciolto nella ferrite, in parte nella cementite. Esso ha azione opposta a quella del silicio e perciò, quanto più elevato è il suo tenore, tanto maggiore è la tendenza della ghisa a solidificare bianca. Se il tenore di manganese si eleva al disopra dello o,8% occorre aumentare il silicio per evitare la formazione di una troppo forte quantità di carburo. Il manganese neutralizza anche gli effetti dannosi dello zolfo; e perciò occorre regolarne la quantità a seconda della quantità di zolfo presente. Quest'azione neutralizzante è dovuta alla grande affinità, che il manganese possiede per lo zolfo: dal solfuro di ferro si forma solfuro di manganese, che, per avere un punto di fusione assai più elevato, solidifica, ancor prima dell'inizio della separazione della soluzione solida, in cristallini dispersi nel liquido, i quali in questa forma non sono più nocivi alle proprietà della matrice metallica. In generale si ritiene che la quantità di manganese da aggiungere per lo scopo di cui si tratta. sia circa di due parti per una parte di zolfo. Il manganese infine innalza la solubilità del carbonio nel ferro circa di quanto il silicio l'abbassa.
Anche il fosforo è un costituente assai importante delle ghise. Esso abbassa la temperatura dell'inizio della solidificazione e la ghisa che lo contiene rimane perciò più a lungo liquida. Si combina con il ferro per formare fosfuro di ferro, il quale si trova nelle ghise grige sotto forma di eutettico fosforoso, a disposizione cellulare, ed è noto anche sotto il nome di steadite (fig. 13). Influisce sulla forma e sulla ripartizione della grafite; e se in quantità considerevole provoca la tendenza alla formazione di nidi di grafite. A somiglianza del silicio, infine, il fosforo abbassa rapidamente il contenuto di carbonio dell'eutettico.
Lo zolfo forma sia con il ferro sia con il manganese i solfuri corrispondenti. Esso, anche per contenuti minori dello o, 1%, ostacola notevolmente la separazione della grafite e apporta perciò un aumento del contenuto di carburo, la cui formazione va combattuta aumentando il tenore di silicio. La sua azione può essere neutralizzata, come si è detto, da un tenore sufficiente di manganese. Se s'innalza il contenuto di manganese sino a circa lo o,8%, si possono tollerare quantità di zolfo sino a 0, 15% senza che si constati un peggioramento delle proprietà della ghisa.
La composizione chimica, influenzando così profondamente la struttura della ghisa grigia, influisce notevolmente anche sulle sue proprietà fisiche e meccaniche. Abbiamo veduto che la grafite ha l'effetto d'interrompere la continuità della matrice metallica abbassandone la resistenza: questa perciò diminuisce rapidamente, a parità di altre condizioni, con l'aumentare del tenore di grafite, e, a parita di carbonio combinato, con l'aumentare del carbonio totale. Il silicio favorisce, come s'è veduto, la formazione della grafite; questa è anche favorita da un tenore di carbonio totale elevato; e perciò la resistenza e la durezza della ghisa sono tanto più elevate, quanto più bassa è, sino a certi limiti, la somma dei tenori di silicio e carbonio. La fig. 14 riporta la durezza Brinell, la resistenza alla flessione e la resistenza alla trazione della ghisa comune in funzione della somma dei tenori di carbonio e di silicio. I diagrammi mostrano come la durezza Brinell aumenti pressoché linearmente, mentre la resistenza alla flessione e la resistenza alla trazione aumentano prima più lentamente e poi più rapidamente col diminuire della somma C + Si. Ciò si spiega con la scomparsa della ferrite dalla matrice, che, divenendo completamente perlitica, diviene più resistente, Il manganese, nelle ghise comuni; aumenta la resistenza sino a circa l'1,5%; al disopra di questo tenore la resistenza diminuisce, poiché quantità di manganese elevate favoriscono la formazione del carburo di ferro duro e fragile (fig. 15). Il fosforo, sino al tenore di circa 0,3%, aumenta la resistenza per poi abbassarla rapidamente (fig. 16). Esso apporta fragilità; le ghise ricche di fosforo sono assai poco resistenti all'urto e alle sollecitazioni dinamiche in genere, e perciò per pezzi sollecitati ad urti non si dovrebbe superare questo limite. Sembra che questa rapida degradazione delle proprietà meccaniche che la ghisa subisce al disopra di o,3 ÷ 0,4% di fosforo sia dovuta al fatto che l'eutettico fosforoso (steadite) riesce a chiudersi in un reticolo continuo che abbassa la resistenza della matrice (fig. 13). Il fosforo aumenta la resistenza all'usura; e perciò, per ghise che debbono assoggettarsi ad usura, un tenore moderato di questo elemento è benefico.
Oltre a influire sulle proprietà meccaniche, gli elementi normalmente contenuti nelle ghise influiscono anche su una serie di proprietà fisiche, alcune delle quali importantissime per la tecnica della fonderia: così lo zolfo e il silicio aumentano la viscosità della ghisa liquida, mentre il fosforo la diminuisce fortemente, donde l'utilità di adoperare ghise piuttosto ricche di fosforo per getti artistici o a pareti molto sottili e di forme complicate, poiché, essendo molto fluide, riempiono facilmente ed esattamente le forme dando getti di grande perfezione. Altra proprietà importante in fonderia è il ritiro, che occorre conoscere per poter stabilire le dimensioni dei modelli in relazione alle dimensioni dei getti che ne dovranno risultare. È generalmente noto che i metalli e le leghe metalliche passano dallo stato liquido allo stato solido con diminuzione discontinua di volume e che lo stato solido ha generalmente un coefficiente di dilatazione minore dello stato liquido; ora i coefficienti di dilatazione dei liquidi e dei solidi sono entrambi praticamente lineari sino sotto lo zero se non si avverano anomalie allo stato solido provocate da trasformazioni allotropiche, il che sappiamo però avvenire nella ghisa. Ma le ghise si comportano in modo piuttosto singolare poiché, mentre la ghisa bianca, seguendo la generalità dei casi, fonde con aumento di volume, quella grigia fonde con diminuzione di volume. Le ghise grige perciò, solidificandosi e raffreddandosi, aumentano dapprima di volume e poi tornano a diminuire, mentre quelle bianche si solidificano diminuendo di volume. Ne segue che il ritiro è molto maggiore nelle ghise bianche e in quelle poco carburate che non nelle grige molto ricche di carbonio. L'aumento di volume che si accompagna alla solidificazione e all'inizio del raffreddamento della ghisa grigia sembra dovuto in prevalenza alla separazione della grafite. Tanto è vero che tutti gli elementi e le condizioni che la provocano diminuiscono il ritiro, e reciprocamente: così il silicio, provocando la grafitizzazione, diminuisce il ritiro, mentre il manganese e lo zolfo, impedendola, lo aumentano. Il lento raffreddamento favorisce la formazione della grafite, mentre il rapido l'impedisce, per cui le ghise colate in forme riscaldate o in secco mostrano un ritiro minore di quelle colate in forme fredde e in verde; le ghise in conchiglia, che solidificano bianche, hanno il ritiro piu elevato.
Influenza della velocità di raffreddamento e della temperatura di colata sulle proprietà della ghisa. - La velocità di raffreddamento esercita una notevole influenza sulla formazione della grafite e quindi anche sulle proprietà della ghisa alla grafite stessa intimamente connesse. La velocità di raffreddamento è determinata dalla natura della forma e dallo spessore del getto. A sua volta, la conduttività termica della forma dipende anche dalla temperatura e dal tenore di umidità. Se la forma è essiccata e riscaldata, rallentandosi la velocità di solidificazione e di raffreddamento, ha luogo una maggiore deposizione di grafite; se la forma è lasciata umida, l'umidità evaporando sottrae calore, accelerando il raffreddamento e opponendosi alla formazione della grafite. Ma poiché lo sviluppo d'umidità può provocare difetti nei getti, così le forme umide (dette in termine tecnologico in verde), più economiche, s'adoperano il più delle volte solo per pezzi a pareti sottili.
In quanto ai getti, se sono a pareti spesse solidificano più lentamente che se a pareti sottili, e perciò in essi si depone, a parità di altre condizioni, una maggiore quantità di grafite. Si osserva anche talvolta, con l'aumentare dello spessore, una diminuzione del numero degli elementi della grafite e un aumento delle loro dimensioni, come pure un aumento delle dimensioni dei reticoli di steadite: cause tutte producenti una diminuzione della resistenza meccanica della ghisa (fig. 17). Se i getti sono molto sottili, la velocità di solidificazione può essere tanto elevata, da dar luogo alla formazione di ghisa bianca; si fa allora ricorso all'aumento del tenore di silicio, la cui quantità va calcolata in relazione allo spessore dei getti.
Analoga influenza esercita la temperatura di colata. Quanto più è elevata, tanto più si surriscaldano le forme, e più lunga diventa la solidificazione. Le ghise colate assai calde contengono perciò, a parità di altre condizioni, maggiore quantità di grafite. Ma allorché si surriscalda la ghisa intervengono altri fenomeni (v. appresso) che possono modificare profondamente le proprietà meccaniche dei getti che da essa si ottengono.
Ghise di qualità.
1. Le ghise semplici di qualità. - Sino ad alcuni anni or sono la ghisa era considerata un materiale con proprietà meccaniche piuttosto scadenti, al quale si faceva ricorso specialmente per ragioni di costo e per la relativa facilità con cui da essa si potevano ottenere getti sani e perfetti. Alle scarse proprietà meccaniche si suppliva aumentando corrispondentemente le sezioni dei pezzi in opera. Si è veduto però che un aumento della sezione porta a una più marcata eterogeneità strutturale e in particolare alla formazione di maggior quantità di grafite in elementi assai grossolani, e perciò alla degradazione delle proprietà meccaniche del getto: ne segue che l'aumento della capacità di un getto di ghisa a sopportare determinate sollecitazioni non aumenta proporzionalmente all'aumento della sezione e che questo si risolve in gran parte in un inutile aumento del peso. Le interruzioni di continuità della matrice metallica prodotte dalla grafite conducono non solo alla diminuzione della superficie portante di un pezzo, ma a pericolosi aumenti di tensione ai margini delle lamelle di grafite; il materiale si rende così assai poco adatto per pezzi che debbono resistere a sollecitazioni dinamiche.
Le accresciute esigenze della tecnica, rivolta ad ottenere i maggiori alleggerimenti possibili nelle costruzioni per poter conseguire velocità elevate e l'introduzione sul mercato di tutta una serie di leghe leggiere (leghe di alluminio, e, più recentemente, leghe di magnesio), che sono venute a costituire un pericoloso concorrente delle ghise, hanno suscitato un improvviso fervore di ricerche intorno a questo prodotto per tentare di migliorarne il complesso delle proprietà meccaniche. Si è apportata così una profonda trasformazione nei metodi di fabbricazione e si è tolto alla pratica della fusione della ghisa al cubilotto, apparecchio conveniente per il suo elevato rendimento economico ma tecnicamente irrazionale e imperfetto, il predominio che aveva conservato per lunghissimo tempo.
S'è visto in precedenza come le proprietà meccaniche della ghisa dipendano da un lato dalle proprietà della matrice metallica, dall'altro dalla quantità, forma, dimensioni e ripartizione della grafite. Gli sforzi dei tecnici sono stati perciò volti a ottenere da un lato una matrice metallica la più resistente possibile, che si sa essere quella perlitica, dall'altro un abbassamento del tenore di grafite, e perciò del tenore di carbonio totale, e una ripartizione della grafite la più uniforme e in elementi più fini possibile, e perciò meno dannosi alle proprietà meccaniche della ghisa. Se si riuscisse a neutralizzare completamente gli effetti dannosi della grafite sulla matrice metallica, le ghise dovrebbero avvicinarsi per la loro resistenza a un acciaio completamente perlitico (resistenza alla trazione di circa 80 kg./mmq.), valore dal quale esse sono tuttora assai lontane. Ma mentre sino a pochi anni or sono nei getti di ghisa una resistenza a trazione di 12 ÷ 15 kg/mmq. poteva ritenersi come normale, oggi si possono garantire valori più che doppî, né è infrequente il caso in cui si possono raggiungere valori di 40 kg/mmq. L'ottenere una matrice prevalentemente perlitica non è in generale cosa difficile: basta regolare la composizione chimica, e in particolare il tenore di silicio in relazione allo spessore della parete o, a parità di composizione chimica, la temperatura delle forme, in modo da ottenere la necessaria velocità di raffreddamento.
Un abbassamento del tenore di carbonio totale porta anch'esso, come si è detto, a un aumento della resistenza meccanica della ghisa. Maurer ha tracciato un diagramma (fig. 18) simile a quello stabilito da L. Guillet per gli acciai speciali (v. acciaio), nel quale sono determinati i campi di esistenza della ghisa bianca, della ghisa perlitica e della ghisa ferritica in funzione delle percentuali di carbonio totale e di silicio. Questo diagramma è valido per velocità medie di raffreddamento. Le qualità di ghisa ad alta resistenza a basso tenore di carbonio si troverebbero circa nella zona contraddistinta con un circolo, e cioè con un contenuto di 2,4 ÷ 2,8% di carbonio totale per un contenuto di 1,5 ÷ 2,5% di silicio. Questa composizione richiede temperature di fusione e di colata più elevate: il materiale refrattario delle forme viene perciò maggiormente sollecitato, la fluidità della ghisa è minore e il ritiro più elevato. Tutte le operazioni metallurgiche debbono essere inoltre maggiormente curate.
Nel diagramma di F. Greiner e T. Klingenstein i campi di esistenza delle tre specie di ghisa sono delimitati in funzione della somma C + Si e dello spessore dei getti (fig. 19). Questo diagramma, sebbene non abbia un valore generale, fornisce utili informazioni sulla composizione che deve darsi a ghise di spessore differente per ottenere una matrice prevalentemente perlitica. Vi si nota come con l'abbassarsi del tenore di C + Si si allarghi il campo della perlite, come cioè la struttura perlitica divenga sempre più indipendente dallo spessore del getto, e cioè dalla velocità di raffreddamento. Queste relazioni costituiscono una guida preziosa nella fabbricazione di ghise di qualità.
Un notevole miglioramento delle proprietà meccaniche della ghisa può conseguirsi non soltanto abbassando il tenore di carbonio, ma affinando la grafite. Le ricerche di E. Schüz, di E. Piwowarsky, di H. Hanemann e di altri sperimentatori hanno condotto a precisare quali siano i principî teorici su cui questo affinamento si fonda e quali le condizioni sperimentali da realizzarsi per ottenerlo.
E. Schüz ha potuto dimostrare con una serie di ricerche sistematiche che, se la ghisa contiene una quantità sufficiente di silicio (oltre il 3%), anche con velocità di raffreddamento assai elevate (ghise a spessori assai sottili o gettate in conchiglia), la maggior parte del carbonio precipita sotto forma di grafite e la sua disposizione è prevalentemente eutettica. Questa elevata velocità di raffreddamento produce, secondo lo Schüz, un forte sottoraffreddamento della ghisa: la cristallizzazione avviene perciò in un campo in cui si forma un elevato numero di centri di crisiallizzazione: donde la formazione di grafite assai fine e assai uniformemente distribuita. L'elevato contenuto di silicio innalza anche la resistenza meccanica della ferrite: entrambi questi fattori apportano quindi un miglioramento delle proprietà della ghisa.
Una progressiva affinazione della grafite può aversi surriscaldando la ghisa fusa. Poiché il surriscaldamento ha come conseguenza una velocità di raffreddamento minore e quindi un aumento della durata della solidificazione, potrebbe ritenersi che ciò conduca alla separazione di quantità di grafite maggiori (v. p. 925). Gli studî di Piwowarsky hanno invece dimostrato che, almeno entro certi limiti di temperatura (da 1400° a 1500° a seconda del tenore di silicio contenuto nelle ghise), il surriscaldamento dà luogo alla separazione di una maggiore quantità di carburo, e che questa quantità è tanto maggiore, quanto più si prolunga il surriscaldamento (figg. 20, 21, 22, 23). La spiegazione di questo singolare fenomeno non è semplice, e molte ipotesi sono state avanzate, quale più quale meno soddisfacente. Soprattutto difficile è spiegare perché da una certa temperatura di surriscaldamento in avanti (al disopra di 1400-1500°) la quantità di carburo tomi a decrescere, per poi tornare a crescere al disopra di 1800°. Senza addentrarsi nel meccanismo di questo fenomeno, diremo che dai più si ritiene che con l'aumentare della temperatura e della durata del surriscaldamento si sciolgano progressivamente nel liquido le particelle di grafite grossolana preesistenti, le quali, oltre ad essere di per sé nocive alle proprietà meccaniche della ghisa, fungono anche da germi di cristallizzazione della grafite nella successiva solidificazione: attorno ad essi germi va perciò a deporsi altra grafite, donde un ingrossamento e una distribuzione dei suoi elementi la meno opportuna ai fini delle proprietà meccaniche che si desiderano. Un adeguato surriscaldamento della ghisa, oltre a disciogliere queste particelle, produce un sottoraffreddamento, e cioè un abbassamento della temperatura di solidificazione eutettica con conseguente aumento dei centri di cristallizzazione: nella successiva solidificazione le particelle di grafite si depongono perciò in elementi assai più fini e meglio distribuiti (fig. 24). Per il Piwowarsky, il surriscaldamento favorirebbe anche l'eliminazione dei gas e la purificazione della ghisa.
I nuovi principî cui s'informa la moderna tecnica di fabbricazione delle ghise di qualità stanno anche apportando una profonda trasformazione nei mezzi con cui esse venivano sino a pochi anni or sono prodotte. Sia che si tenda ad abbassare il tenore di carbonio totale per diminuire la quantità di grafite presente, sia che si tenda a surriscaldare la ghisa per rendere la grafite la più innocua possibile, si richiedono nella fusione temperature più elevate di quelle ottenibili nella normale marcia del cubilotto, una marcia più calda del forno è resa anche necessaria dal fatto che, se si vuole evitare una dannosa carburazione del metallo - che è tanto più facile e tanto maggiore quanto più povera di carbonio totale è la carica - occorre abbreviare il più possibile il tempo di permanenza della carica in contatto con il coke, occorre cioè condurre la fusione il più rapidamente possibile. Gli sforzi dei tecnici si sono perciò rivolti da un lato a migliorare, con opportuni accorgimenti, la marcia del cubilotto, dall'altro a ricercare altri tipi di forni coi quali, senza troppo aumentare il prezzo di costo del prodotto, l'operazione metallurgica potesse compiersi in modo più regolare e la composizione del prodotto potesse meglio controllarsi.
Un miglioramento della marcia del cubilotto si è ottenuto proporzionando meglio la quantità del vento alle cariche di coke e ripartendo e proporzionando meglio le dimensioni, il numero e la disposizione degli ugelli. Altri vantaggi si sono conseguiti preriscaldando il vento, insufflando moderate quantità di acqua nella zona degli ugelli, con che si ottiene un aumento della velocità di combustione del coke e una contrazione della zona di combustione del forno con conseguente aumento della temperatura della zona di fusione. Miglioramenti della marcia del cubilotto si ottengono inoltre iniettando al disopra degli ugelli polvere di carbone mediante aria compressa, o munendolo di bruciatori ausiliari ad olio. Sono stati studiati anche mezzi per desolforare, affinare e degasificare la ghisa come esce dal cubilotto. Così la desolforazione può compiersi aggiungendo al bagno sali contenenti prevalentemente carbonato sodico. Altri correttivi possono essere aggiunti in secchia o alla carica. Un altro metodo per migliorare la ghisa è il cosiddetto metodo "di agitazione della ghisa fusa": con l'agitazione si riesce infatti a meglio degasificare il metallo, e se ne rende più uniforme la composizione, si facilita la separazione dal bagno delle impurezze e si favorisce la soluzione della grafite grossolana. L'operazione si compie di solito in un avancrogiolo riscaldato che viene assoggettato ad un moto vibratorio e rotatorio (metodo Storeck), o viene tenuto in energica agitazione (metodo Dechesne).
Ma per produrre ghise di qualità oggi si tende a emanciparsi sempre più dal cubilotto. I forni ai quali più di frequente si fa ricorso sono il forno a riverbero e il forno elettrico. Recentemente è stato introdotto nella fonderia il forno Brackelsberg, che si appresta a divenire un pericoloso co1icorrente del cubilotto. Sembra infatti che esso presenti i vantaggi del forno a riverbero e del cubilotto senza presentarne gli svantaggi; con esso possono prodursi ghise della voluta composizione, assai pure, omogenee e calde, a un prezzo in generale non superiore a quello delle ghise fabbricate al cubilotto ordinario. Il forno elettrico resta però sempre l'apparecchio ideale per ottenere ghise di qualità. Con esso è possibile regolare a piacimento i tenori dei costituenti, compiere in modo pressoché completo la desolforazione, la defosforazione e la disossidazione e regolare a piacimento la temperatura del bagno: altri pregi sono un minor calo del prodotto e una maggiore elasticità nella scelta del materiale da rifondere, che può essere di qualità scadente. Alla sua generalizzazione si oppongono però ragioni economiche: l'istallazione ne è costosa e il prezzo della caloria elettrica è spesso assai elevato. È molto usato il processo "duplex" cubilotto-forno elettrico: il cubilotto serve da apparecchio fusorio e il forno elettrico per l'affinazione del prodotto.
2. Le ghise speciali. - Analogamente a quanto accade per gli acciai, notevoli miglioramenti possono apportarsi alle ghise mediante aggiunte di elementi speciali. Ma, mentre negli acciai speciali le migliori proprietà vengono sviluppate mediante adatti trattamenti termici (v. acciaio: Acciai speciali), nelle ghise, a meno di casi particolari e ad eccezione di una ricottura intesa a eliminare eventuali effetti di tempra e quindi a migliorarne le lavorabilità o a eliminare almeno in parte le tensioni interne, i trattamenti termici non possono praticarsi per il pericolo che i getti si fessurino e per altri gravi inconvenienti cui dà luogo la presenza della grafite.
Molte sono le ricerche eseguite sull'influenza che elementi speciali, quali il nichel, il cobalto, il cromo, l'alluminio, il titanio, il vanadio, il tungsteno, il molibdeno, il rame, ecc., esercitano sulle proprietà della ghisa; e sicuri e sensibili sono stati sinora i vantaggi conseguiti con aggiunte di opportune quantità di nichel, di cromo e di molibdeno. Ma perché l'aggiunta di questi elementi speciali possa essere realmente vantaggiosa, occorre influire anche sulla distribuzione della grafite, poiché, come abbiamo veduto, le proprietà meccaniche della ghisa sono influenzate più dallo stato della grafite presente che dalla natura della matrice metallica. E perciò, quanto meno nociva sarà la grafite alle proprietà del metallo, tanto più intensamente gli elementi speciali potranno far sentire la loro azione sulle proprietà della matrice.
Il nichel aggiunto alla ghisa produce una duplice azione: esso da un lato favorisce, analogamente al silicio, lo stabilirsi dell'equilibrio stabile a grafite, dall'altro agisce sulla matrice metallica, convertendola in costituenti strutturali di transizione sorbite e martensite, con conseguente aumento della durezza. La sostituzione di una parte del silicio con il nichel appare perciò assai conveniente. Ma poiché il nichel come agente grafitizzante è meno energico del silicio, per compensare l'azione di questo ne occorre una quantità maggiore, quantità che dipende largamente dalle condizioni sperimentali. Il nichel aumenta la tenacità della ghisa e ne rende più uniforme la microstruttura, specie quando si tratti di getti a spessore diverso. Esso ne aumenta anche la densità, e diminuisce la tendenza a dar zone porose. La ghisa al nichel è anche meno sensibile all'azione della tempra; si presta perciò assai bene per una quantità di applicazioni quando si vogliano getti assai sottili e resistenti meccanicamente. Le aggiunte più comuni di nichel si aggirano intorno all'1%, ma per scopi speciali la quantità di nichel può essere aumentata sino ad ottenere ghise austenitiche, che non sono più magnetiche (così ad esempio le leghe Nomag, che contengono il 20 ÷ 25% di nichel).
Il cromo, rendendo più stabile il carburo, aumenta la durezza della ghisa; esso sembra sciogliersi in parte nella ferrite e in parte formare con la cementite un carburo doppio. Le aggiunte più comuni che si fanno alla ghisa si aggirano intomo allo o,5%, per migliorarne le proprietà meccaniche, e specialmente la resistenza all'usura. Più frequenti sono le aggiunte contemporanee di opportune quantità di cromo e di nichel. Esse possono essere fatte in proporzioni variabilissime, che possono andare sino al 20% di nichel, ad esempio, per prodotti particolarmente resistenti alla corrosione, sino al 25 ÷ 30% di cromo per prodotti particolarmente resistenti al calore. In questi casi è però evidente che non può più parlarsi di ghise, ma di leghe speciali. Nei casi più comuni ci si limita a tenori assai più bassi. Le ghise con aggiunte concomitanti di nichel e cromo sono fra tutte le più diffuse. Esse presentano, anche in getti a spessori assai diversi, una notevole uniformità di struttura, una matrice assai fine prevalentemente sorbitica, una buona lavorabilità, una buona resistenza alla corrosione; e tutte le proprietà meccaniche ne risultano migliorate, e i miglioramenti possono raggiungere sino il 120% per la resistenza alla flessione, l'80% per la resistenza alla trazione e all'urto. Queste ghise hanno anche un'elevata resistenza all'usura. I rapporti più opportuni sono di almeno 2,5 di nichel per 1 di cromo. Interessanti sono anche le ghise al cromo-nichel allorché si desiderino durezze superficiali assai elevate, come nelle ghise temprate, nelle quali, con opportune aggiunte e proporzioni di questi due elementi, possono raggiungersi durezze Brinell sino a 700. Le ghise al cromo-nichel sono adoperate per molteplici usi, come ad esempio per cilindri di laminatoi, compressori, ingranaggi, anelli di pistoni, blocchi di cilindri per motori, camicie per cilindri; per pezzi resistenti a pressione, come pompe, valvole, sedi di valvole; per ruote dentate, per matrici per magli e presse, per getti resistenti ai reagenti chimici, ecc. Il molibdeno innalza anch'esso notevolmente le proprietà meccaniche, la resistenza all'usura e la resistenza al calore. Studî eseguiti presso l'Istituto scientifico tecnico Ernesto Breda di Milano hanno dimostrato che l'optimum di proprietà si ottiene con circa l'1,5% di molibdeno. Con tale percentuale la resistenza alla flessione e quella alla trazione risultano aumentate del 75%, quella alla compressione del 100% rispetto a ghise non contenenti molibdeno fabbricate in analoghe condizioni.
Nella tabella a pag. 929 sono raccolte le composizioni delle ghise più comunemente adoperate per gli scopi della pratica e l'indicazione delle caratteristiche meccaniche fondamentali che per esse possono richiedersi.
Ghisa malleabile. - La ghisa malleabile è un prodotto di proprietà intermedie tra quelle dei getti di acciaio e dei getti di ghisa. Essa infatti possiede una certa tenacità e duttilità, di cui la ghisa grigia è priva, ma che è inferiore a quella dell'acciaio; entro certi limiti si lascia perciò piegare e foggiare, donde il nome di ghisa malleabile. Non è però fucinabile, o lo è in misura assai limitatata. Scopo della sua fabbricazione non è perciò di produrre pezzi da assoggettare poi a deformazione meccanica, ma pezzi che vengono messi in opera nella loro forma pressoché definitiva, analogamente a quanto si pratica con i getti di acciaio. A questi si preferisce la ghisa malleabile, sebbene abbia requisiti meccanici nel loro insieme inferiori, allorché si tratta di ottenere getti molto complicati a pareti sottili o molto piccoli, che in acciaio non potrebbero riuscire sani e perfetti. I getti di ghisa malleabile hanno inoltre una superficie liscia e pulita, che negli acciai, risultando invece generalmente imperfetta e vaiolata, richiede una lunga e costosa pulitura. Il loro prezzo di costo è d'altra parte assai inferiore a quello di analoghi pezzi in acciaio fucinato.
La produzione di ghisa malleabile consta di due distinte operazioni: la prima consiste nell'ottenere un getto di ghisa bianca e quindi duro e fragile (v. p. 922), la seconda nel sottoporlo a un opportuno trattamento che lo rende tenace, duttile e facilmente lavorabile. Questa seconda operazione può essere eseguita con due metodi essenzialmente diversi: con un metodo si cerca di decomporre, mediante appropriata ricottura (a 700-800°) in ambiente neutro protetto dai gas del forno, il più completamente possibile il carburo di ferro in carbonio elementare (carbonio di ricottura) e ferro (ferrite). Questo carbonio risulta così distribuito in piccoli noduli ai giunti dei cristalli di ferrite ed è perciò assai meno dannoso della grafite in filamenti e lamelle alle proprietà meccaniche della matrice, la quale risulta così duttile e tenace. Questo metodo è detto "metodo americano " e il prodotto che ne risulta viene designato commercialmente col nome di ghisa malleabile nera perché la sua frattura, a cagione della grande quantità di carbonio di ricottura presente, risulta nera (fig. 25, n. 2). Con un altro metodo si pongono in contatto con i pezzi da malleabilizzare, a elevata temperatura e per tempi che variano da 40 a 90 ore, sostanze ossidanti capaci di ossidare il carbonio e di eliminarlo allo stato gassoso. Questo metodo è detto "metodo europeo" e il prodotto che ne risulta viene designato commercialmente col nome di ghisa malleabile bianca perché la sua frattura, in seguito all'eliminazione della maggior parte del carbonio contenutovi, risulta bianca (fig. 25, n. 1). Esiste anche in commercio un prodotto intermedio tra questi due, chiamato ghisa malleabile a cuore nero, in cui lo strato periferico risulta bianco in seguito alla decarburazione e il cuore risulta nero per la presenza di carbonio elementare prodottosi per decomposizione della cementite (fig. 25, n. 3).
I due processi americano ed europeo sono quindi essenzialmente diversi, poiché con il primo quasi tutto il carbonio originario rimane nella ghisa in forma di carbonio elementare, mentre nel secondo esso viene eliminato più o meno completamente. Poiché il processo di ossidazione del carbonio è assai lento, il metodo europeo si segue soltanto per pezzi sottili, che possono essere completamente decarburati in un tempo ragionevole; l'americano invece si preferisce per pezzi di grande spessore.
La composizione della ghisa da malleabilizzarsi con il metodo americano va fissata in modo che il processo di malleabilizzazione riesca facilmente e regolarmente e che i getti acquistino le proprietà desiderate. Poiché su questo processo influisce enormemente il tenore di silicio, è evidente l'importanza di contenerlo entro determinati limiti: se infatti il tenore di silicio è troppo basso, la formazione del carbonio di ricottura è resa più difficile, donde la necessità di adoperare temperature troppo elevate e durate troppo lunghe che, oltre a rendere il processo antieconomico, potrebbero condurre a bruciare o ad ossidare la ghisa; se il tenore di silicio è troppo elevato, esso può dar luogo alla separazione di grafite nel getto, com conseguente peggioramento del prodotto che ne deriva. Ma poiché la formazione della grafite dipende anche dalla velocità di raffreddamento (v. p. 925), il limite massimo di silicio compatibile con la formazione di ghisa completamente bianca dovrà esser fatto diminuire con l'aumentare dello spessore del getto.
Anche il tenore di carbonio va regolato opportunamente nei getti da malleabilizzarsi poiché, se troppo elevato, interrompendo la continuità della matrice metallica, ne abbassa notevolmente la resistenza meccanica, se troppo basso, il processo di malleabilizzazione viene ostacolato, essendo la decomposizione del carburo resa più difficile (v: p. 924).
Lo zolfo e il manganese ritardano la decomposizione del carburo; lo zolfo può addirittura impedirla e perciò il suo tenore va tenuto al di sotto di determinati limit. (0,06%), mentre il tenore di manganese va regolato, per quanto si è detto a p. 924, a seconda del tenore di zolfo, di cui può neutralizzare gli effetti dannosi. Il fosforo, sebbene non eserciti alcuna sensibile influenza sul processo di malleabilizzazione, deve essere contenuto in limiti molto bassi perché diminuisce notevolmente la tenacità e la resistenza all'urto del prodotto.
I limiti entro cui può variare la composizione dei getti da malleabilizzarsi sono i seguenti: carbonio 2,6-3,2%; silicio o,30-1,25%; manganese o,60% max.; fosforo 0,20% max; zolfo 0,06-0,07% max.
Come si è detto sopra, la ghisa americana bene malleabilizzata dovrebbe possedere una struttura completamente a ferrite e carbonio di ricottura, e cioè in essa il carburo di ferro dovrebbe essere totalmente decomposto. La presenza di perlite va evitata, poiché diminuisce la duttilità: ciò si ottiene raffreddando, dopo ricottura, in modo da mantenere la temperatura ancora per alcune ore poco al disotto di Ar1, e cioè di 721° circa (v. acciaio).
Alla fig. 26 sono riportate la microstruttura di una ghisa normale da malleabilizzarsi la microstruttura di una ghisa parzialmente malleabilizzata, e quella di una ghisa nera completamente malleabilizzata, costituita da una matrice a ferrite pura con noduli di carbonio di ricottura ai giunti nei grani di ferrite. (Si tratta quindi d'un prodotto strutturalmente assai omogeneo). Poiché la ferrite è un costituente non troppo resistente ma duttile, le ghise americane possiedono una resistenza alla trazione che si aggira mediamente intorno a 35 kg/mmq. con allungamento in generale superiore al 10% misurato su barrette standard di mm. 12 di diametro e mm. 60 di lunghezza utile.
Le ghise malleabili bianche presentano proprietà in generale alquanto diverse derivanti dal loro diverso processo di fabbricazione. La composizione della ghisa di partenza è intanto un poco diversa. Un basso tenore di carbonio è favorevole, perché diminuisce il tempo di malleabilizzazione; lo zolfo è in generale assai meno nocivo perché non si tratta tanto di decomporre il carburo di ferro, quanto di eliminare il carbonio presente. Si rende in tal modo possibile adoperare prodotti di partenza meno puri anche fabbricati con la pratica ordinaria al cubilotto. I getti vengono collocati in casse contenenti minerali di ferro, o battiture, e le casse vengono poi esposte per un tempo sufficientemente lungo in forno riscaldato tra 800° e 1000°. Durante la ricottura si ha lenta e incompleta decomposizione del carburo di ferro, a cagione della quantità di zolfo relativamente elevata che i getti contengono, e decarburazione prodotta dall'ossigeno delle sostanze ossidanti. Il ciclo di ossidazione può essere immaginato a questo modo. L'ossido di ferro comincia a sviluppare ossigeno già a 600°, che si combina con il carbonio che si trova alla superficie del pezzo per formare anidride carbonica; l'anidride carbonica formatasi reagisce con altra quantità di carbonio, dando ossido di carbonio, che a sua volta si ossida nuovamente a contatto con l'ossigeno del mezzo ossidante dando nuovamente luogo alla formazione di anidride carbonica. Il ciclo si ripete così indefinitamente sino a decarburazione completa.
La ghisa malleabile ottenuta col procedimento europeo non ha una microstruttura uniforme in tutta la sua sezione. Il tenore di carbonio aumenta dalla periferia al centro; e, anche per tenori di carbonio eguali, la sua ripartizione e il suo stato (carbonio grafitico e combinato) possono essere differenti da pezzo a pezzo. Alla fig. 26 è riportata la microstruttura di una ghisa malleabilizzata normalmente: alla periferia si nota una zona completamente decarburata costituita di ferrite; procedendo verso l'interno, si riscontra tanto più carbonio, quanto maggiore è lo spessore del pezzo; una parte del carbonio presente è allo stato di perlite, mentre un'altra parte si trova allo stato di noduli di carbonio di ricottura; all'interno del pezzo non si riscontra più ferrite. In getti assai spessi, specie se la ghisa è stata ottenuta al cubilotto, si riscontra talvolta al cuore anche cementite libera: nelle ghise malleabili di qualità, che debbono essere molto tenaci, occorre evitarla; è particolarmente dannosa se in forma di retieolo. Nelle ghise povere di zolfo ottenute col procedimento al crogiolo o al forno a riverbero o al forno elettrico, la cementite del cuore si decompone completamente, cosicché la loro struttura consta di ferrite, perlite e carbonio di ricottura immerso nella matrice metallica. La ghisa a cuore nero presenta normalmente un bordo decarburato, cui seguono uno strato di perlite e un cuore costituito di ferrite e carbonio di ricottura.
I getti al cubilotto hanno in genere le proprietà più scadenti, perché più ricchi di zolfo e di carbonio. Il tenore di silicio, pur influenzando poco la resistenza a trazione della ghisa malleabile bianca, ne diminuisce la duttilità e la resistenza all'urto. Un tenore di manganese sino all'1,3% aumenta la resistenza a trazione, mentre non influisce sull'allungamento.
Ghise malleabili di qualità corrente dànno una resistenza a trazione in genere superiore a 32 kg/mmq. con allungamenti superiori al 2%, mentre ghise di qualità dànno resistenze a trazione in genere superiori a 40 kg/mmq., con allungamenti superiori al 5%.
La ghisa malleabile trova applicazione nella fabbricazione di piccoli pezzi del peso sino a pochi grammi. Con essa si fanno pezzi per serrature, per armi, per macchine da cucire, ghiere, catene, bicchieri, mote, matrici, chiavi, giunti per cinghie, cavatappi e morsetti, leve, volantini, ecc. Inoltre si adoperano pezzi di ghisa malleabile per le più diverse parti nella costruzione di macchine agricole, di motori, per ruote di carrozze (mozzi, manicotti) per macchine casalinghe, magneti e molti altri usi.
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