GHIRLANDA (etimo incerto; fr. guirlande; sp. guirnalda; ted. Blumengewinde, Blumenkranz; ingl. garland)
Una distinzione netta fra la corona e la ghirlanda (sertum) non è sempre facile. Per quel che riguarda l'uso nel mondo antico, sembra che prima di divenire motivo ornamentale, individuale e artistico, essa sia stata adoperata come offerta funebre, così come la ritroviamo in tombe egizie e nel rituale funebre cui allude un passo delle XII tavole. Secondo Plinio (Nat. Hist., XXI, 4), sarebbe stato il pittore argivo Pausia (sec. IV a. C.) a lanciare la moda della ghirlanda di fiori intrecciati. Essa ebbe straordinaria fortuna; la ghirlanda di fiori, foglie e frutti divenne anche uno dei motivi preferiti della pittura e architettura ellenistica e romana.
L'uso delle ghirlande decadde nei primi secoli del cristianesimo, ma ricomparve con la moda dei chapels de fleurs; in Francia, verso il 1100, uomini e donne delle classi ricche portavano talora ghirlande di fiori l'estate, di foglie l'inverno; sorse allora una corporazione di chapeliers fleuristes, che ebbe a Parigi grandissima importanza. Nel 1250 anche in Italia si portarono ghirlande di fiori, e questa moda continuò per lungo tempo; le ghirlande furono però anche di penne, di fiori artificiali o addirittura corone d'oro e di gemme (v. corona; frontale). Nel sec. XVI, però, la ghirlanda di fiori decadde, detronizzata dalle ricche acconciature d'oreficeria, per ricomparire brevemente alla fine del Cinquecento, specie in Francia. Essa torna a trionfare come motivo ornamentale nel sec. XVIII, come guarnizione delle ampie vesti, nella decorazione, nell'oreficeria. Dalla fine del Settecento l'interpretazione fastosa di questo motivo (derivata dal Barocco) ritorna alla sua schietta semplicità; nel sec. XIX, nelle acconciature delle donne, col classicheggiare dei costumi, la ghirlanda neoclassica ritorna alla sua antica forma decorativa.
Bibl.: A. De Bruyn, Habitus variarum orbis gentium, Anversa 1581; C. Vecellio, Habiti antichi et moderni, Venezia 1589; A. De Bay, Les modes, Parigi 1857; M. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné du mobilier français de l'époque carlovingienne à la Renaissance, III, Parigi 1863, pp. 119-126; C. Merkel, I beni di Puccio Pucci, Roma 1886, p. 150; id., Come vestivano gli uomini del Decamerone, Roma 1898, p. 82.