CAMPOSAMPIERO, Gherardo (Gherardino) da
Nacque, forse a Padova, attorno alla metà del sec. XII da Tisolino e da Cunizza da Onara o da Romano.
Il padre del C. apparteneva a quella feudalità minore che tanta parte aveva avuto nella vita del primo Comune. La posizione dei suoi feudi, che comprendevano tra l'altro i castelli di Camposampiero, Treville, Fonte e metà del castello di Campreto, posti ai confini tra il territorio padovano e quello trevisano, lo portò a interessarsi alla vita di tutt'e due le città. Raggiunse un notevole prestigio soprattutto in Padova, dove nel 1178 ricoprì la carica di console. Fu in relazione con gli Estensi, i da Camino e i da Onara o da Romano (con quest'ultimi si era anche imparentato), famiglie che il cronista padovano Rolandino ricorda assieme ai Camposampiero come le più importanti della Marca.
Le prime testimonianze documentarie relative al C. provengono dall'ambiente trevisano: nel 1190 fu presente ad una permuta di beni tra Gabriele da Prata e Federico e Olderico da Caporiaco, effettuata con l'intervento e la mediazione di Ezzelino II da Romano; quattro anni dopo, assieme al fratello Tiso, dovette restituire dei beni, di cui si era indebitamente impadronito, al vescovo di Treviso suo signore feudale, al quale nel 1195 giurò fedeltà per un feudo, forse lo stesso di cui gli venne rinnovata l'investitura nell'anno 1201.
Nella cronaca di Rolandino, tuttavia, si trovano notizie che si riferiscono a un periodo molto anteriore (secondo il Verci all'ottavo o agli inizi del nono decennio del XII secolo). All'episodio di cui fu protagonista il C. il cronista fa risalire l'odio inestinguibile tra i Camposampiero e i da Romano e l'origine delle guerre che travagliarono per lungo tempo la Marca trevigiana.
Cecilia, orfana di Manfredo d'Abano ed erede di vasti beni nel territorio padovano, dal tutore Spinabello da Xendrico era stata offerta in moglie al Camposampiero. Il padre di questo, Tisolino, mise a parte del progetto il suocero Ezzelino il Balbo da Romano che, accordatosi segretamente con Spinabello, concluse il matrimonio della fanciulla con il proprio figlio Ezzelino II detto il Monaco. Il C. per vendicarsi dell'inganno, colta l'occasione propizia, violentò Cecilia. Ezzelino, ripudiata la moglie, chiese giustizia al Comune di Padova che non volle procedere contro i Camposampiero, suoi ragguardevoli cittadini. La questione venne infine affidata, nel 1194 a Giordano Forzaté, abate di S. Benedetto, l'arbitro della politica padovana, che non accolse le richieste di Ezzelino. In cambio, però, il Comune di Padova offrì il proprio aiuto al da Romano allora in lotta per il predominio in Vicenza, tradizionale nemica dei Padovani. Momento saliente di questa alleanza, cui partecipò anche il marchese Azzo VI d'Este, fu la battaglia di Carmignano (1198), che si concluse con la vittoria di Ezzelino e dei suoi alleati.
Secondo il confuso racconto dell'Anonimo Torriano (meglio noto come Anonimo Foscariniano), che contiene anche palesi errori, l'avvicinamento di Padova a Ezzelino sarebbe avvenuto a tutto danno dei Camposampiero che sarebbero dovuti uscire dalla città e sarebbero stati privati di alcuni castelli dal loro avversario. Il C. e il fratello Tiso avrebbero allora favorito l'alleanza dei Veronesi coi Vicentini e avrebbero preavvisato questi ultimi dell'attacco padovano a Carmignano. Sempre secondo l'Anonimo Torriano il C. e Tiso, con l'appoggio del vescovo di Treviso, avrebbero favorito l'ingresso di Biaquino (I) da Camino in quella città, dove più tardi giurò la cittadinanza, mentre gli altri Caminesì ribelli erano tra i nemici di Treviso nella guerra per il Bellunese (Biaquino rientrò effettivamente a Treviso nel 1195 mentre l'Anonimo pone l'accaduto nel 1194). Il C. compare assieme al magnati trevisani in molti degli accordi che conclusero quella guerra: fu presente quando Almerico gastaldo del vescovo di Ceneda e Olderico de Rubeo, col consenso di Guecelletto da Prata, si fecero cittadini di Treviso (17 giugno 1199) e testimoniò alla concordia tra Guecelletto e Federico da Prata e il Comune di Treviso (18 giugno 1199); con il podestà ed altri cittadini il 29 giugno 1199 si impegnò davanti ai sindaci di Fregona, Mansol, Molini e altri luoghi sul fiume Livenza che avevano prestato il giuramento di obbedienza, di difenderli contro il patriarca di Aquileia; in quello stesso giorno anche il C. deve aver giurato fedeltà al Comune, come tutti i magnati e i capi parte. L'anno seguente presenziò alla concordia tra il Comune e il vescovo di Feltre e Belluno (2 febbraio), assieme ai concittadini e al podestà si impegnò (29 marzo) ad accettare le decisioni di Salinguerra, allora podestà di Verona, arbitro tra la città e il patriarca di Aquileia, e fu testimone alla sentenza, che giurò di osservare, pronunciata a Verona il 26 maggio.
L'Anonimo Torriano narrando gli avvenimenti del 1199 parla di una pacificazione tra i Camposampiero ed Ezzelino il Monaco, che era cittadino di Treviso. In realtà, se pacificazione vi fu, fu solo momentanea: nel 1204 il C. assieme al fratello Tiso dovette ricorrere all'aiuto di Azzo VI d'Este contro Ezzelino il Monaco che aveva occupato il castello di Campreto, posseduto indiviso dai due fratelli e da Maria da Camposampiero, loro cugina. Il da Romano intendeva rivendicare i diritti della figlia illegittima Adelasia avuta da Maria da Camposampiero, che aveva sedotto per vendicarsi dell'oltraggio subito da Cecilia. L'intervento del vescovo di Padova Gerardo, che offrì la mediazione propria e quella della città, evitò che si giungesse all'uso delle armi. La controversia venne risolta a vantaggio dei Camposampiero che anche in seguito appaiono i soli proprietari del castello.
Due anni dopo, secondo il Bonifaccio, il C. assieme al fratello parteggiò per i San Bonifacio a Verona contro i Montecchi, la fazione alleata ad Ezzelino. Nello stesso anno, a Venezia, avrebbe attentato alla vita del da Romano; così afferma Rolandino, ma il Maurisio, contemporaneo all'accaduto, attribuisce la responsabilità del fatto al marchese d'Este. Non si hanno ulteriori notizie del C. che nel 1222 era già morto.
Aveva sposato in prime nozze Ortensia, figlia di Uguccione de Boso, podestà di Padova nel 1186-87, che poi ripudiò. Da lei avrebbe avuto il figlio Florio, vissuto a Mantova e trasferitosi a Padova solo dopo la caduta di Ezzelino, che il genealogista trecentesco Giovanni da Nono afferma invece essere figlio naturale. In seconde nozze sposò Daria da Baone dalla quale ebbe un figlio, Tisolino, morto giovane nel 1222 combattendo per il marchese d'Este contro Salinguerra, per non essersi voluto arrendere a nemici di rango inferiore al suo, e due figlie: Maria e India, quest'ultima sposa di Biaquino (II) da Camino e madre di Gherardo signore di Treviso.
Fonti e Bibl.: Treviso, Archivio vescovile, cod. AC, ff. 6v, 42r, 64v; Padova, Bibl. civica, ms.BP 29/1239: G. da Nono, De generatione aliquorum civium urbis Paduae, f.3v; Treviso, Bibl. comunale, ms.1392: Anonimo Torriano, Historia trivisana manoscritta, ff. 58r-60v; Padova, Bibl. civica, dattiloscr. BP. g. 216: G. Camposampiero, Domus de Campo Sancti Petri. Storia genealogica dei Camposampiero, pp. 1010-1053; A. S. Minotto, Acta et diplomata e regio tabulario Veneto, II, Venetiis 1871, sect. I, pp. 27-30; sect. II, p. 66; G. Maurisii Cronica..., in Rer. Ital. Script., 2 ediz., VIII, 4, a cura di G. Soranzo, p. 14; Rolandini Patavini Cronica..., ibid., VIII, 1, a cura di A. Bonardi, pp. 15-21, 30 s.; G. Bonifaccio, Ist. di Trivigi..., Venezia 1744, p. 159; L. A. Muratori, Delle antichità estensi..., I, Modena 1717, pp. 35-36, 364; G. B. Verci, Storia della Marca trivigiana..., I, Venezia 1786, doc. XXX p. 34; Id., Storia degli Ecelini..., Bassano 1779, I, pp. 83-87, 288-290, 324; III, docc. LXVI p. 133, LXVIII p. 138, LXIX p. 143; A. Gloria, Monumenti dell'università di Padova (1222-1318), Venezia 1884, p. 13; G. B. Picotti, I Caminesi, Livorno 1905, doc. I p. 245.